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DIREZIONE GENERALE PER LE POLITICHE
ATTIVE E PASSIVE DEL LAVORO
Programma Operativo PON Governance e Azioni di Sistema
(FSE) 2007-2013
Obiettivo 1 - Convergenza [IT051PO006]
PROGETTO
“IL MIGLIORAMENTO DELLE PERFORMANCE PER LA GIUSTIZIA”
PON "Governance e Azioni di Sistema"
Obiettivo 1 - Convergenza [IT051PO006]
Asse E – Capacità istituzionale
OBIETTIVO SPECIFICO 5.3
CUP: J79D10000300007
L’utilizzo del modello CAF negli uffici giudiziari coinvolti nel Progetto
interregionale/transnazionale Diffusione di best practices negli uffici giudiziari
italiani. Analisi delle principali esperienze e lezioni per gli uffici giudiziari
localizzati in area Roc
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L’utilizzo del modello CAF negli uffici giudiziari coinvolti nel Progetto
interregionale/transnazionale Diffusione di best practices negli uffici giudiziari
italiani. Analisi delle principali esperienze e lezioni per gli uffici giudiziari
localizzati in area Roc1
Ottobre 2013
1. Introduzione. Le esperienze di percorsi di autovalutazione prima del Progetto
Best Practices
In tema di giustizia e uffici giudiziari, l’analisi delle esperienze internazionali mostra come il
tema della qualità dei servizi e delle performance delle organizzazioni giudiziarie abbia
ricevuto negli ultimi due decenni una specifica e diffusa attenzione, pur se con traiettorie
che mettono in luce sia difficoltà sia – in vari casi – una continua evoluzione verso pratiche
sempre più approfondite.
Nel nostro Paese il dibattito si è sviluppato con un ritardo maggiore rispetto ad altre realtà,
dato che le prime esperienze sono state realizzate a partire dal 2004-5. I fattori che hanno
influenzato questo ritardo sono molteplici. Come a livello internazionale, anche in Italia il
tema della valutazione delle performance degli uffici giudiziari ha sollevato discussioni in
ragione dell’esigenza di trovare un equilibrio tra i processi di accountability e il rispetto
dei fondamentali principi di indipendenza del magistrato nella conduzione delle proprie
competenze giurisdizionali e di autonomia della magistratura. Peraltro, nel nostro Paese
incide anche la debole preparazione dei magistrati e del personale amministrativo in tema
di competenze manageriali. Un altro fattore è costituito dal debole coordinamento, come
spesso accade nelle organizzazioni di tipo professionale, tra attività giurisdizionale e lavoro
amministrativo di staff, con la conseguenza di una limitata responsabilizzazione dei
magistrati sulle problematiche organizzative complessive e sulla rilevanza dei meccanismi
di feed-back derivanti dai sistemi di valutazione e autovalutazione.
Si consideri, inoltre, che la posizione di presidente degli uffici giudicanti è stata per lungo
tempo considerata come un premio alla carriera, non collegata a capacità dirigenziali e
manageriali (in parte questo anche per i capi delle procure). Ancor oggi viene spesso
sostenuta – per inerzia, in relazione alla situazione esistente nel recente passato – la
richiesta di una sostanziale responsabilità delle autorità centrali dello Stato (Consiglio
superiore della magistratura e Ministero della giustizia) per la funzionalità e la performance
delle strutture, cosa che ha come conseguenza la rinuncia ad utilizzare gli ampi spazi di
autonomia che comunque i capi degli uffici hanno a disposizione, come emerge dalle
differenti modalità organizzative e dalle diverse pratiche in uso nelle varie strutture.
In ogni caso, poco prima della metà del decennio iniziato col nuovo secolo, alcune
esperienze di riorganizzazione avviate autonomamente da singoli uffici hanno sottolineato
l’opportunità di sviluppare capacità manageriali nel settore giudiziario e la rilevanza delle
competenze connesse alla misurazione e valutazione delle performance. Il Tribunale di
Torino ha sviluppato, a partire dal 2001, un progetto volto alla riduzione dei tempi dei
processi civili e delle pendenze, anche attraverso la predisposizione di un sistema di
Questo report è stato elaborato nell’ambito del Progetto MPG – Miglioramento delle performance della
giustizia, coordinato dal Dipartimento della funzione pubblica in collaborazione con il Ministero della giustizia,
ed ha tenuto conto di materiali raccolti dai ricercatori impegnati in tale iniziativa. Inoltre, ha tenuto conto, per
l’esperienza italiana di utilizzo del modello CAF, del paper: Melloni, Erica. 2012. Approfondimento per la
personalizzazione degli strumenti di supporto del processo di autovalutazione nel settore della giustizia.
Roma, Centro nazionale risorse CAF.
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monitoraggio dei singoli fascicoli. Qualche anno più tardi, la Procura della Repubblica di
Bolzano ottiene un finanziamento (erogato dalla Provincia di Bolzano e basato su risorse
derivanti dai fondi europei) per un progetto di riorganizzazione che porterà in alcuni anni
alla definizione dei processi primari, alla elaborazione di una carta dei servizi e del bilancio
sociale, alla realizzazione di un (semplificato) processo di autovalutazione basato sul
modello CAF, finalizzato alla partecipazione al Premio Qualità Pubblica Amministrazione
(nell’ambito del quale sarà premiata). Nello stesso periodo, il Tribunale per i minorenni di
Salerno partecipa ad una iniziativa del Formez (Percorsi di qualità, 2004-05) e realizza un
processo di autovalutazione utilizzando il modello CAF, attraverso il quale definisce i
processi primari, delinea alcune strategie di fondo e individua i principali stakeholder di
riferimento; partecipa inoltre alla prima edizione del Premio Qualità Pubblica
Amministrazione (2005-06).
Sono le prime esperienze di un attivismo che, seppure limitato ad alcune realtà, inizia a
farsi strada. Un momento rilevante, che sancisce lo sviluppo dell’attenzione per le
questioni organizzative e gestionali degli uffici giudiziari, è costituito dall’elaborazione – tra
il 2007 e il 2008 – del Progetto interregionale/transnazionale Diffusione di best practices
negli uffici giudiziari italiani. Il progetto, che ha iniziato ad essere attuato a partire dalla
fine del 2009, è tutt’ora in corso; gli uffici giudiziari coinvolti sono nel complesso circa 200,
molti dei quali hanno concluso le attività e un certo numero sta, invece, iniziando in questo
periodo i lavori (che dovranno essere conclusi a metà del 2015). L’iniziativa è finanziata
dal Fondo sociale europeo ed è stata promossa, oltre che dalla Commissione europea, dal
Ministero della giustizia, dal Dipartimento della funzione pubblica, dal Ministero del lavoro
e dalle regioni e province autonome. L’obiettivo di fondo è quello di fare riferimento
all’esperienza della Procura di Bolzano per diffondere presso altri uffici giudiziari, mediante
il finanziamento dell’assistenza tecnica, una serie di interventi di analisi organizzativa,
proposte di riorganizzazione (compresa la coerenza tra strumentazione ICT e processi di
lavoro), strumenti gestionali. Il cuore del progetto è costituito dalle analisi e dagli
interventi di reingegnerizzazione dei processi di lavoro, sia intra- che inter-struttura (ad
esempio, tra procure e tribunali, o tra tribunali e corti d’appello). A questo fine, le linee
guida del progetto nazionale hanno sottolineato l’opportunità di realizzare percorsi di selfassessment quale premessa per gli interventi di riorganizzazione e per l’elaborazione di
progetti di miglioramento. Nelle fasi precedenti l’avvio delle attività nei primi uffici
selezionati, il Ministero della giustizia ha organizzato una serie di seminari formativi per il
personale referente delle attività di progetto, nel corso dei quali è stato dato uno spazio
significativo alla presentazione del modello di autovalutazione CAF. Nello stesso periodo
(2008-2009), sulla base di una collaborazione tra Ministero della giustizia e Dipartimento
della funzione pubblica, è stata elaborata una versione del modello CAF personalizzata per
il settore giudiziario; un gruppo di lavoro formato da esperti del Centro risorse nazionale
CAF e da dirigenti e personale amministrativo di vari uffici giudiziari, ha approfondito le
caratteristiche distintive del settore e integrato con specifici esempi il modello. L’assenza di
magistrati nel gruppo di lavoro, a causa di ritardi negli accordi con il CSM, ha in parte
limitato la compiutezza del documento, che in ogni caso ha costituito un punto di
riferimento per le successive esperienze.
Sempre nello stesso periodo, il Dipartimento della funzione pubblica ha promosso il
seconda edizione del Premio Qualità Pubblica amministrazione (2007-08). La
partecipazione al premio prevedeva la presentazione di una relazione di autovalutazione
basata sui criteri del modello CAF; sulla base dell’esperienza della Procura di Bolzano, è
stata promossa un’azione di comunicazione diretta agli uffici giudiziari per favorire la
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partecipazione all’iniziative. Rispetto alla prima edizione del premio (2005-2006), cui
partecipò solo il Tribunale per i minorenni di Salerno, le application presentate in questa
edizione sono state sei: Procura di Bolzano, Tribunale di Modena, Tribunale di Reggio
Emilia, Procura di Palermo, Giudice di pace di Bologna e Ufficio Personale del Ministero
della giustizia; la Procura di Bolzano è stata poi selezionata per uno dei premi finali.
Tuttavia, per evidenziare le difficoltà accennate all’inizio, alla terza edizione del Premio
(2010) non ha partecipato nessun ufficio del settore.
Successivamente a questi interventi, possono essere ricordate alcune ulteriori iniziative
formative. Un laboratorio realizzato dal Dfp-Formez nel periodo 2010-11 per un gruppo di
uffici giudiziari, che ha condotto alcune delle strutture coinvolte ad elaborare relazioni di
autovalutazione (alcune più approfondite, altre abbozzate; si è trattato del Tribunale di
Genova; dei Tribunali per i minorenni di Genova, di Salerno, e di Lecce; dei Tribunali di
sorveglianza di Lecce, Catanzaro e Siracusa). L’altra iniziativa, realizzata nello stesso
periodo dal CSM per i vertici degli uffici giudiziari, ha sviluppato un intervento di
approfondimento per tutti i dirigenti degli uffici giudiziari italiani, riservando – nelle sue
varie edizioni – un modulo alla valutazione delle performance organizzative e ai percorsi di
autovalutazione.
2.
Percorsi
di
autovalutazione
nell’ambito
del
Progetto
interregionale/transnazionale Diffusione di Best Practices negli uffici
giudiziari italiani
2.1. Introduzione
Come anticipato, nell’ambito dell’attuazione Progetto interregionale/transnazionale
Diffusione di best practices negli uffici giudiziari italiani (d’ora in poi: Progetto Best
Practices) è stato suggerita l’elaborazione di percorsi di autovalutazione quale approccio
preliminare all’analisi ‘As Is’ dedicata alla mappatura dei processi di lavoro, punto di
partenza per gli interventi di riorganizzazione e di ottimizzazione delle dotazioni dei sistemi
informativi.
Il Progetto Best Practices è ancora in corso (terminerà nel 2015), e quindi non si possono
trarre conclusioni definitive sulle esperienze realizzate. Tuttavia, alcuni dati possono essere
ricostruiti attraverso le informazioni raccolte dal Progetto MPG – Miglioramento
Performance Giustizia, realizzato dal Dipartimento della funzione pubblica in collaborazione
con il Ministero della giustizia, che ha il compito di monitorare il progresso del Progetto
Best Practices.
Secondo le rilevazioni effettuate nel luglio 2013, gli uffici coinvolti sono quasi 200, di cui
149 hanno avviato le attività; tuttavia, gli uffici che sono in avanzata realizzazione o hanno
concluso gli interventi sono 94. Il monitoraggio effettuato a quella data si basa sulle
risposte di 92 uffici, in sostanza la stragrande maggioranza di quelli che hanno
effettivamente già realizzato in gran parte le azioni previste.
Gli uffici che dichiarano di aver realizzato percorsi di autovalutazione sono 23; di questi 19
dichiarano di aver utilizzato il modello CAF.
Tuttavia, una documentazione compiuta è rinvenibile attualmente solo per poche di queste
esperienze, ed in particolare per tre uffici, la Corte d’Appello, il Tribunale e la Procura di
Milano. Tutte queste strutture hanno sperimentato un percorso basato sul modello CAF.
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Anche alcuni uffici siciliani hanno sviluppato percorsi di autovalutazione CAF, tra cui il
Tribunale di Gela, la Procura di Sciacca2, il Tribunale di Sciacca3 e, con particolare
evidenza, la Procura di Caltagirone4 (di questi casi, tuttavia, non si dispone ad oggi della
documentazione relativa). Inoltre, la Procura generale di Bologna ha preso spunto dal
modello per attività di autoanalisi.
Le visite on site effettuate nell’ambito del Progetto MPG hanno fatto emergere, tuttavia,
che spesso i processi di valutazione della situazione ‘As Is’ sono stati realizzati senza
seguire un approccio basato sull’auto-valutazione e il coinvolgimento intensivo del
personale interno, ma sono stati elaborati principalmente dai soli consulenti esterni.
2.2. Il CAF presso la Corte d’appello di Milano
In ordine cronologico, la Corte d’appello di Milano ha avviato un percorso di
autovalutazione nei primi mesi del 2010, dopo l’avvio nell’autunno 2009 del Progetto Best
Practices. Poco dopo l’avvio delle attività, il vertice della Corte è stato caratterizzato da
vicende che poi hanno portato nel corso dell’anno a mutamenti, in seguito ai quali l’ufficio
è rimasto senza presidenza fino al luglio 2011; nello stesso tempo, anche la posizione di
dirigente amministrativo era scoperta; si è trattato di una prima difficoltà da superare per
la definizione delle responsabilità in merito al Progetto e alla realizzazione del percorso di
autovalutazione.
Una volta individuato il referente del Progetto Best Practices, si è proceduto
all’organizzazione del Gruppo di autovalutazione (GAV), composto da dieci soggetti,
quattro magistrati e sei rappresentanti del personale amministrativo, che hanno coperto le
aree penale, civile e servizi amministrativi. L’avvio delle attività è stato caratterizzato
dall’esigenza di condividere sia le tappe del percorso di autovalutazione che lo specifico
linguaggio utilizzato sia nell’ambito della valutazione che dell’approccio alla qualità. Aspetto
condizionato da due fattori: da un lato, la formazione sia dei magistrati che del personale
amministrativo non contemplava, fino al recente periodo, nozioni riguardanti competenze
manageriali; dall’altro lato, la carenza di esperienze specifiche nell’ambito giudiziario, se si
eccettua la personalizzazione del Caf Giustizia e le poche precedenti applicazioni, ha dato
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Presso la Procura di Sciacca, la fase di analisi e diagnosi, condotta anche attraverso il CAF, ha fatto
emergere diversi aspetti critici tra i quali uno scarso livello di condivisione del programma organizzativo
specie nei livelli più operativi della struttura organizzativa e la conseguente assenza da parte di tutto il
personale di un’adeguata compartecipazione al perseguimento degli obiettivi triennali prefissati.
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Presso il Tribunale di Sciacca, l’autovalutazione basata sul CAF è stata elaborata da un gruppo di undici
persone, rappresentanti delle articolazioni del Tribunale, attraverso la compilazione collettiva del
questionario e la successiva elaborazione di una relazione sottoposta al dirigente.
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Condotta da un gruppo di lavoro costituito da 8 componenti, il lavoro di autovalutazione CAF presso la
Procura di Caltagirone è consistito in una prima fase di: raccolta di evidenze, sistematizzazione degli
approcci utilizzati e rilevazione di dati di performance dell’ufficio, come previsto nei 9 criteri del modello.
Sono seguiti incontri di approfondimento che hanno portato alla stesura del Rapporto di Autovalutazione
CAF della Procura strumentale alla individuazione e progettazione delle iniziative di miglioramento.
Le principali proposte di miglioramento seguite alla fase di analisi-diagnosi sono state:
 Disaggregazione degli obiettivi triennali in attività/compiti pianificati dai singoli servizi con
attribuzione delle competenze al personale incardinato negli stessi con individuazione degli obiettivi
dei dirigenti di servizio e dei compiti del personale;
 Applicazione stabile e sistematica di principi di Total Quality Management (TQM);
 Standardizzazione di incontri periodici volti a coinvolgere il personale nella definizione/condivisione
degli obiettivi dell’organizzazione: incontri per socializzare gli obiettivi del programma organizzativo;
 Strutturazione e standardizzazione dell’attività di ascolto degli stakeholders e dei loro bisogni.
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inizialmente la sensazione ai partecipanti di essere coinvolti in un esercizio trasferito da
contesti distanti dal settore giudiziario quanto a caratteristiche e finalità. Qualche esempio
può essere utile. La concettualizzazione degli utenti e degli stakeholders ha costituito un
primo ostacolo; per magistrati (in particolare) e per il personale di cancelleria e
amministrativo è usuale fare riferimento alla giustizia come un potere dello stato, oppure
come una funzione pubblica, al servizio della collettività; così che non v’era esperienza nel
categorizzare i soggetti coinvolti in funzioni e in servizi in termini di stakeholders e
utenti/beneficiari diretti e indiretti; si consideri, inoltre, che nei procedimenti giudiziari le
relazioni tra organi giudiziari e parti in causa sono quasi sempre mediate dagli avvocati (a
parte una serie di fattispecie riguardanti la cosiddetta volontaria giurisdizione e la richiesta
di documenti e autorizzazioni). Classiche frasi emerse nelle prime riunioni (ma non solo
presso la Corte d’Appello di Milano) sono le seguenti:
- I concetti aziendali non sono applicabili al nostro settore, noi non produciamo
bulloni
- La valutazione può interferire con l’indipendenza del singolo magistrato nella
gestione della funzione giurisdizionale
- Noi non siamo come le altre amministrazioni, ad esempio i comuni; non produciamo
servizi; non produciamo in funzione della soddisfazione degli utenti, ma in funzione
della soddisfazione delle norme
- Non possiamo considerare alla stregua di utenti le persone accusate di delitti
- Per noi utilizzare il termine ‘portatori di interessi’ suona male, perché noi dobbiamo
giudicare in funzione della legge e non degli interessi
- Per noi ‘processo’ indica il procedimento giurisdizionale…
Ancora, ha sicuramente costituito un elemento di insofferenza il frequente ricorso alla
lingua inglese proprio della letteratura in argomento.
Inoltre, le difficoltà del vertice e in seguito l’assenza di presidente, così come del dirigente
amministrativo, ha limitato in parte la legittimazione dei lavori.
Tutti questi fattori hanno inizialmente influenzato il comportamento dei soggetti coinvolti
nel GAV e i referenti del Progetto Best Practices, che hanno suggerito – con particolare
riferimento ai magistrati – di presentare il percorso come un lavoro che avrebbe richiesto il
minor tempo possibile e ridotto all’indispensabile le riunioni in plenaria.
In considerazione dell’inesperienza dell’organizzazione e del GAV in tema di percorsi di
autovalutazione e di orientamento alla qualità, la consulenza ha optato per proporre un
approccio semplificato all’utilizzo del modello CAF:
a) il GAV è stato suddiviso in due sottogruppi, formati da magistrati e amministrativi: uno
per una lettura dei vari criteri sotto il profilo dell’andamento ‘interno’; l’altro per una lettura
orientata a trattare il versante esterno, con particolare riferimento ai tipi di soggetti
coinvolti; i risultati dei sottogruppi sono stati poi condivisi in sedute plenarie;
b) si è iniziato a trattare i criteri riguardanti i risultati, con l’idea di strutturare una base di
informazioni sulle performance della Corte d’appello per poi affrontare il tema delle cause
di tali esiti attraverso l’analisi dei fattori abilitanti;
c) il testo dei sotto-criteri e degli esempi CAF è stato seguito solo in modo sporadico nella
prima parte delle attività: la maggior parte dei componenti del gruppo di lavoro aveva una
visione delle attività limitata allo specifico ambito di impiego, così che è mancata
inizialmente una visione complessiva, impedendo una elaborazione sistematica
dell’autovalutazione.
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Si consideri anche che pure la consulenza aveva una conoscenza limitata
dell’organizzazione delle corti d’appello e del sistema giudiziario in generale.
Dopo le prime riunioni, si è deciso di dedicare una parte delle attività:
 alla realizzazione di interviste individuali ai componenti del gruppo di lavoro, per
elaborare un primo quadro delle linee di attività principali e delle criticità;
 alla raccolta dei dati di base in grado di definire un primo scenario dei risultati
dell’organizzazione.
Questo secondo compito ha fatto emergere una delle maggiori difficoltà nel condurre
l’esercizio di autovalutazione, e cioè la complessità di ricostruire set minimo di misure
attendibili, con almeno una limitata serie storica (triennale), in grado rappresentare in
modo sufficientemente completo le varie attività della Corte. Le informazioni sul settore
giudiziario sono raccolte dal Ministero della giustizia per comporre statistiche circondariali
e complessive, nell’ambito del sistema statistico nazionale; a livello di singolo ufficio non
esistono sistemo di controllo interno, per cui gli unici dati disponibili sono quelli che
vengono assemblati per le statistiche ministeriali; si tratta di dati che derivano dai sistemi
informativi esistenti, che oltre ad presentare alcune carenze per la costruzione dei
principali indicatori di performance, presentano anche limiti di affidabilità a causa sia delle
modalità di inserimento all’origine delle informazioni sia dei mutamenti di percorso che i
procedimenti posso avere durante la trattazione dei fascicoli (per cui possono cambiare i
settori responsabili).
Quindi, la conduzione degli incontri non ha seguito la trattazione sistematica dei criteri CAF
(dal criterio 9 al criterio 1); la strategia seguita è stata quella di partire da questioni di
rilevanza condivisa (e in particolare, domande che sollecitavano la competenza
professionale dei membri del gruppo di lavoro), cui “agganciare” domande più complesse:
ad esempio:
 definire i processi di lavoro/servizio primari (anche sulla base delle analisi condotte
da un altro gruppo di lavoro del Politecnico di Milano);
 categorizzare l’utenza a partire dalla definizione di beneficiari/destinatari di attività e
funzioni concettualizzabili come servizio (un accusato è comunque portatore di
diritti che vanno tutelati; molte attività di un ufficio giudiziario sono chiaramente
servizi ad un utente diretto, ad esempio nell’ambito dei compiti degli uffici
amministrativi nell’erogazione di documenti; elementi di qualità della prestazione
sono presenti anche nella conduzione della funzione giurisdizionale, si pensi alla
relazione con i testimoni; ecc.);
 individuare gli stakeholder e gli ambiti di qualità definibili nella relazione con questi.
Nel corso dei lavori è stata la consulenza che ha regolarmente elaborato i verbali delle
riunioni e, mano a mano, la scrittura dell’autovalutazione relativamente ai vari criteri.
I lavori sono proseguiti fino al marzo 2011, data della conclusione della Relazione di
autovalutazione, un documento di oltre 70 pagine che comprende anche i punteggi di
autovalutazione che il GAV ha attribuito all’organizzazione sulla base dei vari criteri e
sottocriteri CAF5; e comprende anche l’indicazione di punti da trattare per un successivo
proseguimento del percorso.
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I punteggi sono stati attribuiti prima individualmente dai componenti del GAV; la consulenza ha poi fornito
una valutazione ‘esterna’; il GAV ha poi discusso collegialmente formulando i punteggi finali sulla base della
comparazione tra i punteggi individuali, e considerando la versione della consulenza.
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Tra i fattori positivi da sottolineare a conclusione di questa prima fase del percorso, è di
rilievo l’interesse maturato in particolare nel personale di cancelleria e amministrativo, che
ha trovato nel GAV un luogo in cui rappresentare al personale di magistratura l’esigenza di
integrare l’attività giurisdizionale con il lavoro amministrativo, che costituisce non solo un
supporto, ma nelle fasi post-sentenza risulta indispensabile per la conclusione dei
procedimenti. Inoltre, il GAV ha potuto contare via via su un positivo sostegno anche dei
magistrati coinvolti; nel complesso, l’opportunità di rappresentare l’attività della Corte sulla
base di processi di lavoro, mostrando il contributo delle varie componenti dall’entrata del
fascicolo fino alla fase di esecuzione delle sentenze, ha permesso ai componenti il formarsi
di una competenza trasversale in precedenza poco elaborata e presente solo nei soggetti
che potevano contare su esperienze diversificate.
Al contrario, un elemento di forte criticità è emerso nel corso dei lavori, e cioè la
sottovalutazione delle forti difficoltà di una parte della struttura; il venir meno nel corso del
2010 del vertice dell’organizzazione, la difficoltà della consulenza nella ricostruzione delle
misure di performance, l’inesperienza dei componenti del GAV nell’affrontare i percorsi di
autovalutazione, ha limitato in un primo momento la trattazione di alcune aree di
debolezza.
Tra le conclusioni di questo primo percorso, il GAV aveva indicato l’opportunità di
realizzare un’indagine somministrando un questionario al personale amministrativo della
Corte d’appello, come supporto all’idea di sviluppare una prima traccia di politica delle
risorse umane, in un contesto caratterizzato dalla limitata mobilità interna e da interventi
forzatamente guidati dalle amministrazioni centrali. La riflessione di fondo era comunque
di indagare gli spazi per un’azione locale.
Così, con il sostegno del referente del Progetto Best Practices e del GAV, nella primavera
del 2011 è stato elaborato un questionario basato sul modello CAF, adattato alle specificità
della Corte d’Appello e condiviso con il Gruppo di autovalutazione.
Il questionario utilizzato è caratterizzato da 49 affermazioni riguardanti:
 leadership
 politiche e strategie
 gestione del personale
 comunicazione, coinvolgimento e innovazione
 attenzione agli utenti
 formazione
 gestione delle risorse
 clima organizzativo
Rispetto a queste affermazioni si è chiesto di esprimere il proprio livello di accordo e
disaccordo (per niente/poco/abbastanza/molto/non so) per concludere con una domanda
a risposta aperta, volta a raccogliere proposte e suggerimenti. Il questionario è stato
somministrato in forma anonima e cartacea a tutto il personale in servizio della Corte
presente in un giorno specifico del giugno 2011. Ogni copia è stata firmata e timbrata
dall’Ufficio del Personale Amministrativo, che ha consegnato in totale 182 copie. Al termine
della rilevazione, dieci giorni più tardi, sono stati riconsegnati 115 questionari compilati, di
cui 109 validi. Il tasso di risposta è stato significativo, pari a quasi il 60 % del totale dei
questionari distribuiti.
L’analisi delle risposte rilevate ha permesso di evidenziare spazi di discussione in
precedenza non affrontati dal GAV (comprese gli aspetti sopra citati) dal momento che
sottolineavano in modo piuttosto chiaro l’esistenza di criticità specifiche (spesso in modo
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circostanziato, in grado di favorire interventi rapidi e poco costosi. I risultati dell’indagine
sono stati internalizzati in un nuovo Rapporto di autovalutazione CAF finale. Il Rapporto è
stato presentato e discusso con il nuovo presidente insediatosi nel settembre 2011.6
Il personale interno coinvolto nel percorso CAF è stato oggetto di intervista nel corso della
visita on site dei ricercatori impegnati nel monitoraggio del Progetto Best Practices
(ricercatori coinvolti nel progetto MPG – Miglioramento delle performance della giustizia).
Il magistrato referente del Progetto e che ha guidato il GAV ha sottolineato la positività
dell’esperienza, specialmente per la positiva partecipazione del personale amministrativo,
che ha avuto uno spazio per far emergere le criticità dal proprio punto di vista; in
particolare, considera rilevante l’indagine attraverso il questionario somministrato ai
dipendenti, che ha evidenziato una serie di fattori da migliorare in termini di gestione delle
risorse umane: purtroppo, lo stesso magistrato evidenzia come alcuni interventi possibili
non siano stati messi in pratica: “Criteri attrattivi del CAF sono stati (1) in primo luogo il
fatto che avesse una risonanza a livello Europeo, che ci permetteva di avere collegamenti
e raffronti con l'Europa; (2) in secondo luogo ci è stato presentato come utile occasione di
valutazione interna e di coinvolgimento e fidelizzazione soprattutto per gli amministrativi.
Al gruppo di lavoro ha partecipato di più il personale amministrativo (che di solito è
estraneo rispetto ai processi di programmazione) con competenze trasversali, scelti in
base ad una copertura per settore. La molla essenziale è stata la prospettiva di
coinvolgimento del personale amministrativo negli obiettivi della Corte, perché
normalmente viene tenuto ai margini. L'esito principale è stato il rilevamento
dell'insoddisfazione per la mancata trasparenza e la mancanza di comunicazione da parte
della dirigenza… . Il CAF … bisognerebbe ripeterlo ora che sono passati 2 anni. Ora
nessuno però segue quest'iniziativa”.
2.3. Il CAF presso il Tribunale di Milano
Anche presso il Tribunale di Milano il Progetto Best Practices ha preso avvio verso la fine
del 2009. In questo caso, la direzione delle attività ha potuto contare su una forte
leadership interna, basata sul presidente e su alcune altre figure di rilievo nell’ambito del
dibattito sull’innovazione organizzativa degli uffici giudiziari. Inoltre, il tribunale aveva già
avviato da alcuni anni alcuni interventi di modernizzazione, tra cui l’attuazione del
‘processo civile telematico’, anche attraverso il coinvolgimento di una serie di istituzioni
locali e l’ordine degli avvocati; soggetti raccolti attorno al Tavolo per la giustizia della Città
di Milano.
In relazione all’esigenza di velocizzare il supporto della consulenza sulle attività in corso e
per avere un quadro dei possibili interventi, la direzione del progetto ha deciso di affidare
al gruppo consulenziale l’analisi e rappresentazione dei processi di lavoro, evitando
l’attuazione del percorso di autovalutazione.
Il Tribunale di Milano è uno dei tre grandi uffici giudiziari italiani e conta oltre 250
magistrati, più di 550 unità di personale amministrativo e oltre 70 giudici onorari. La
preoccupazione della direzione era di non riuscire a governare un processo di
autovalutazione per un’organizzazione così complessa, considerato l’impegno dei
magistrati e del personale amministrativo più attivo su molti progetti di riorganizzazione, e
considerato il carico di lavoro sulle attività giurisdizionali. L’indirizzo è stato quello di
Cfr. Corte d’Appello di Milano, “Relazione di autovalutazione secondo il modello CAF.” Marzo 2011; Corte
d’Appello di Milano, “Questionario di valutazione della qualità, dell’organizzazione e del clima.” Aprile 2011;
Corte d’Appello di Milano, “Risposte al questionario CAF giustizia.” Settembre 2011. Melloni 2012.
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limitare l’esercizio di autovalutazione su tre ambiti: la volontaria giurisdizione (il settore
meno conosciuto tra le attività degli uffici giudiziari, che si occupa dell’intervento del
giudice su richiesta dei cittadini, per casi riguardanti, ad esempio, separazioni e divorzi,
amministrazione di sostegno, ecc.); il settore penale e il progetto relativo al processo civile
telematico.
Le attività sono iniziate nell’aprile 2010 e i 3 gruppi di lavoro formati nel maggio 2010, con
componenti appartenenti sia al personale di magistratura che a quello amministrativo (da
quattro a sette componenti per ciascun gruppo).
Le attività preliminari vengono avviate con le interviste ai componenti dei gruppi di lavoro
per iniziare a delineare il quadro delle attività, la raccolta dei dati di base, l’acquisizione
della documentazione e delle interviste effettuate dal gruppo di lavoro del Politecnico di
Milano che si occupa della definizione e rappresentazione dei processi primari e secondari
dei settori civile, penale e amministrativo.
Tuttavia, dopo i primi incontri realizzati tra il maggio e l’autunno 2010, le attività si
bloccano, per la difficoltà di riunire i GAV e l’esigenza di procedere alla elaborazione di altri
documenti, quali la guida ai servizi del settore Volontaria giurisdizione e alla prima
versione del Bilancio sociale del Tribunale. Un documento interno di qualche mese dopo
così descrive la situazione organizzativa sottesa ai vari progetti:
“Nella nostra azione vi sono limiti strutturali e croniche carenze che derivano da eventi
contingenti.
(…) I limiti strutturali sono quelli consueti che ci trasciniamo dietro dall’inizio e che
ovviamente con il trascorrere del tempo peggiorano:
 La debolezza della struttura di direzione, del tutto insufficiente a far fronte ad un
panorama di intervento che riguarda molteplici progetti e fortissime interrelazioni.
Numerosi progetti sono di fatto privi di responsabili e di squadre di lavoro. Di
conseguenza si riesce a gestirli a “strappo”, senza continuità.
 La perdurante mancanza di personale, che si traduce in difficoltà operative e in
demotivazione e che impedisce prospettive a lungo termine.
 L’assenza di una politica di comunicazione e coinvolgimento di magistrati e
personale, che riduce le possibilità di reclutamento di nuove energie e di sviluppo della
struttura di direzione.
 La mancanza di una politica di costruzione e formazione di responsabili di progetti e
di formazione del personale di cancelleria.
 Il salto culturale che ormai si impone per la diffusione del PCT”.7
Queste considerazioni rappresentano bene le difficoltà organizzative che incontrano in
generale i vertici degli uffici giudiziari nel governare i processi di innovazione, se si
considera che il caso del Tribunale di Milano riguarda una delle strutture più avanzate del
panorama italiano.
Nella sostanza, dei tre GAV rimane attivo quello del settore Volontaria giurisdizione,
impegnato contemporaneamente nell’elaborazione della guida ai servizi; anzi, il lavoro
preliminare attuato attraverso l’avvio del percorso CAF costituisce, per il lavoro di
redazione della guida, un’utile base informativa di partenza e alimenta l’interesse maturato
tra alcuni magistrati e personale di cancelleria. Nel frattempo, l’elaborazione del bilancio
sociale del tribunale consente comunque al gruppo di consulenza di verificare lo stato
dell’arte delle informazioni sulle performance dell’organizzazione, compreso il settore
Tribunale di Milano, “Progetti di sviluppo e di innovazione del Tribunale di Milano – Stato dell’arte –
settembre 2011”, pp. 1-2.
10
7
penale; e le attività connesse all’ottimizzazione della dotazione informatica rilasciano dati
sullo stato di avanzamento del PCT.
Infine, al termine dell’anno successivo (dicembre 2011) viene elaborata una relazione di
autovalutazione complessiva per i tre settori (Volontaria giurisdizione, settore penale,
PCT), in cui confluiscono per gran parte i lavori sviluppati nell’ambito della volontaria
giurisdizione e i risultati delle interviste e delle riunioni realizzate nel corso della
elaborazione del secondo bilancio sociale del tribunale.
In definitiva, il percorso realizzato non può essere definito come un compiuto esercizio di
autovalutazione. Tuttavia, la struttura data ai lavori del GAV Volontaria giurisdizione ha
lasciato tracce che si sono sviluppate nel tempo; infatti, la guida ai servizi ha costituito
l’occasione per la mappatura dell’utenza, l’omogeneizzazione della documentazione e la
revisione di alcune procedure; ma, specialmente, il lavoro del gruppo è proseguito,
evolvendosi in uno dei progetti principali del Tribunale di Milano, quello della
riorganizzazione di parte del settore Volontaria giurisdizione, sulla base dell’idea di
costruire relazioni con enti locali, strutture socio-sanitarie e organizzazioni del volontariato,
per coordinare ed integrare le attività in materia, comprendendo anche un’attività
orientata alla semplificazione delle procedure.
2.4. Il CAF presso la Procura della Repubblica di Milano
Agli inizi del 2011, anche la Procura di Milano entra nel Progetto Best Practices; in questo
caso, il vertice dell’organizzazione (procuratore e dirigente amministrativo) si mostra
interessato alla realizzazione di un percorso di autovalutazione, dopo aver seguito le
presentazioni del Progetto sia presso il CSM che presso il Ministero della giustizia. Nel
febbraio 2001 le attività complessive vengono avviate, mentre la costituzione del GAV per
il percorso di autovalutazione è dell’ottobre 2011. Anche in questo caso si tratta di un
gruppo di lavoro misto, magistrati e personale amministrativo; inizialmente sono coinvolti
sette componenti guidati da un magistrato designato dal procuratore capo, che
successivamente sono diventati dieci (cinque magistrati e altrettanti amministrativi, più il
magistrato referente); la componente amministrativa ha garantito, nel complesso, una
maggiore partecipazione e un più elevato attivismi, anche se è da sottolineare l’impegno
costante, per tutto il percorso, del magistrato referente; inoltre, i magistrati coinvolti
hanno in seguito ricoperto ruoli nella gestione di interventi nell’ambito di Best Practices.
Le difficoltà che emergono sono analoghe a quelle descritte nei paragrafi sulla Corte
d’appello e sul Tribunale. La Procura di Milano non aveva esperienza di direzione dei
progetti di innovazione, i magistrati designati quali referenti dei progetti consideravano
questo impegno come residuale rispetto alle attività inquirenti. Rispetto ai concetti e alle
pratiche manageriali veniva evidenziato il sospetto di dimensioni di analisi non appropriate,
considerando peculiare l’attività di una procura. Inoltre, nei procuratori è decisamente più
elevata la sensibilità circa la difesa del principio di indipendenza del magistrato e dei criteri
formalizzati di attribuzione delle indagini. Inoltre, anche in questo caso la conoscenza dei
processi di lavoro e delle interazioni fra le diverse unità organizzative, era limitata. Nello
stesso tempo, l’organizzazione dei dati di performance era assai limitata e scarsamente
affidabile.
Analogamente alla Corte d’appello, anche in questo caso il gruppo di lavoro ha preferito
utilizzare un percorso di autovalutazione semplificato, lavorando inizialmente sui criteri su
cui erano disponibili informazioni e sulle principali criticità percepite: in particolare il
11
criterio 5 e il criterio 9; senza quindi seguire in modo sistematico la sequenza dei sottocriteri CAF. Il primo passo è stato quello della familiarizzazione con le tematiche, il
linguaggio e le concettualizzazione del modello; il gruppo di consulenza ha realizzato
interviste individuali in modo tale da comporre un primo quadro del contesto e, assieme
all’ufficio statistica della procura, iniziato la raccolta e analisi dei dati di performance
disponibili; le contestuali attività di elaborazione del Bilancio sociale hanno facilitato
l’azione di messa a sistema di un primo apparato informativo. Quindi, tra il l’ottobre 2011
e il dicembre 2011, il GAV si è riunito – anche in sottogruppi – per discutere dei processi
chiave, dei risultati chiave, delle caratteristiche dei vari settori.
A partire dal novembre 2011 il GAV ha deciso di avviare un’indagine a questionario diretta
sia ai magistrati che al personale amministrativo. Si sono utilizzati due questionari distinti,
uno per i magistrati ed uno per il personale amministrativo, per differenziare alcune delle
domande inserite. Nel complesso, i due questionari sono formati da circa 40 cui si richiede
di formulare il grado di accordo/disaccordo più uno spazio per i commenti.
Il procuratore capo e il dirigente amministrativo hanno firmato la lettera di presentazione.
Dopo il licenziamento del testo finale del questionario nel dicembre 2011, la rilevazione è
stata effettuata nel febbraio 2012 e le prime elaborazioni rese disponibili nel corso del
successivo mese di marzo.
La rilevazione è stata oggetto di alcune contestazioni, di cui si è occupata anche la stampa
(ad es.: Il Giornale, 2 marzo 2012, p. 12). Alcuni sostituti procuratori hanno criticato la
forma del questionario a risposte semplificate, ritenendo annullata la possibilità di
articolazione delle argomentazioni; così come la presenza di alcune domande considerate
semplicistiche (ad es.: quelle sul lavoro di squadra, sulla capacità del vertice di definire gli
obiettivi, sulla soddisfazione sul lavoro, ecc.), giudicate di derivazione aziendale e poco utili
per il caso specifico; ed infine, la natura anonima del questionario. Nello stesso tempo,
anche qualche rappresentante sindacale del personale amministrativo ha inizialmente
avanzato riserve. Tuttavia le risposte valide raccolte sono state soddisfacenti: sono stati
restituiti dai magistrati 45 questionari validi su 75 (60%); e 199 questionari su 265 (75%)
dal personale amministrativo.
Contemporaneamente, il GAV ha sviluppato una relazione sui criteri 3 e 7 del CAF, e
analizzato la relazione dei consulenti sulla rilevazione a questionario. Inoltre, per
commentare i risultati del questionario è stata realizzata un’intervista faccia a faccia con il
procuratore capo e il dirigente amministrativo.
Tra il maggio e il luglio 2012 il GAV ha poi proceduto all’analisi di tutti i criteri CAF, alla
elaborazione della relazione di autovalutazione, alla attribuzione di punteggi per ogni
sottocriterio ed alla elaborazione di indirizzi progettuali per ognuno dei nove criteri. Il
lavoro definitivo è stato poi oggetto di una presentazione collettiva alla presenza del
procuratore capo nell’ottobre 2012.8
Dall’esercizio non sono derivati specifici progetti di miglioramento formalizzati. Tuttavia:
 alcune delle indicazioni emerse sono state utilizzate dal magistrato referente nel
proprio settore;
 in tema di attenzione all’utenza, fattore che è stato particolarmente sottolineato
dalla consulenza nel corso dei lavori, è stato successivamente elaborato – su
impulso del Procuratore capo – un progetto di revisione del servizio di rilascio dei
permessi di colloquio ai familiari di persone incarcerate, orientato a garantire una
maggiore privacy e semplificazione delle procedure a vantaggio degli utenti;
8
Cfr. Procura della Repubblica di Milano, “Sintesi dell’autovalutazione CAF (Powerpoint).” Giugno 2012.
12

uno dei temi emersi riguardanti la politica del personale è stato ripreso nel piano
relativo alla seconda tranche del Progetto Best Practices (in Lombardia il progetto è
stato rifinanziato per un ulteriore anno, rispetto ai due iniziali), ed ha condotto alla
proposta di una personalizzazione del sistema di valutazione del personale
amministrativo.
Dell’esperienza CAF presso la Procura della Repubblica di Milano si sono espressi alcuni dei
protagonisti interni nel corso della visita effettuata dai ricercatori del Progetto MPG. I
giudizi sono variegati. Il dirigente amministrativo sottolinea l’impatto del percorso CAF:
“…abbiamo fatto tesoro dell'esito del questionario: l'esito delle risposte riguardava la
difficoltà di comunicazione di strategie, politiche e obiettivi dal vertice alla base...difficoltà
di coinvolgimento nel perseguire questi obiettivi. Nessuno si sentiva coinvolto e partecipe
di quello che accadeva nei piani alti. Per questo difetto stiamo stati stimolati a cambiare la
struttura organizzativa: non può essere un solo al vertice e la base sullo stesso piano, ma
ci deve essere un coinvolgimento a cascata”. In modo parzialmente difforme, il magistrato
referente del GAV sottolinea come il risultato principale sia stato “… quello di realizzare
una verifica della situazione psicologica tra magistrati e personale amministrativo, che è
risultata negativa, perché il personale la sente di più, mentre i magistrati la sentono di
meno. Dobbiamo ragionare su questo fatto”. Mentre in termini di utilità dello strumento
dichiara che “… è servito per porre delle domande e a interrogarci, a fare un sondaggio
su noi stessi, ma è uno strumento sovrabbondante rispetto ai risultati per necessità di
tempo, costi e risorse notevoli sproporzionate rispetto al risultato. Serve in futuro per
autovalutarci ed abituare noi stessi all'autocritica, ma difficile dire se lo rifaremo”. In
definitiva, giudizi che rivelano un maggiore interesse della componente amministrativa,
quella che trova nello strumento una modalità per far sentire la propria voce in un
contesto dove la supremazia professionale del magistrato limita fortemente le occasioni di
confronto (al di là delle situazioni conflittuali in cui sono le rappresentanze sindacali a
giocare un ruolo).
3. I percorsi di autovalutazione negli uffici giudiziari: lezioni apprese e
orientamenti per il futuro
3.1. Introduzione
Una seria politica orientata all’introduzione e all’utilizzo degli strumenti di auto-valutazione
per la qualità organizzativa e dei servizi non può che riflettere sulle opportunità esistenti e
sui fattori critici da affrontare; tratteremo le lezioni apprese dalle esperienze in corso in
termini di contesto, di attori coinvolti e mobilitabili, di risorse utilizzate e disponibili, di
modalità di interazione da sviluppare, di contesti di lavoro e di esiti auspicabili.
3.2. Il contesto di riferimento e le interpretazioni del problema
Prima di analizzare gli elementi che caratterizzano l’attuazione interna agli uffici dei
percorsi di autovalutazione, vale la pena descrivere alcuni elementi del contesto generale e
di interpretazione dei problemi rispetto ai i modelli di autovalutazione possono essere
considerati come soluzioni. Il contesto di riferimento è certamente in una situazione di
trasformazione favorevole all’introduzione di questi strumenti. La diminuzione delle risorse
e la forte enfasi data alle deboli performance del sistema giudiziario (in particolare nel
settore civile), favoriscono il dibattito sulla modernizzazione organizzativa degli uffici. Il
problema è declinato non tanto in termini di produttività dei magistrati (che risulta
comunque elevata, considerando i casi trattati nel corso di una annualità), quanto di tempi
13
complessivi di conclusione dei procedimenti, di qualità delle attività qualificabili come
servizi erogati direttamente ad utenti (es: certificati, accoglienza, ecc.), di economicità
nell’utilizzo delle risorse, di utilizzo delle nuove tecnologie a fini di qualificazione del lavoro
interno, delle modalità di accesso, delle semplificazione e della tempestività di conclusione
ed erogazione dei prodotti. Un ruolo ha assunto anche il tema dell’impatto dei servizi
giudiziari sull’economia dei territori, quale fattore che influenza le analisi sul rischio e sulle
opportunità degli investimenti. Rispetto al recente passato, in molti dibattiti della
magistratura, l’attività viene considerata certamente come una funzione di uno dei poteri
dello Stato, ma nello stesso tempo ne vengono sottolineate le dimensioni di servizio, verso
la collettività in generale ma anche verso specifici utenti. Questa riflessione è alla base di
progetti di modernizzazione organizzativa, quali ad esempio il ‘Progetto Diffusione di best
practices negli uffici giudiziari italiani’, di cui si è già parlato in precedenza; e iniziative che
rientrano nell’ambito del progetto Smart Cities, dedicati allo sviluppo tecnologico nelle
strutture giudiziarie. E, inoltre, è alla base dell’idea di intervenire sulla competenze dei
futuri capi degli uffici attraverso l’introduzione di corsi specifici di formazione manageriale.
3.3. Gli attori interni/1: i vertici degli uffici e il dibattito su un nuovo modello di dirigente
La riflessione sull’utilizzo del modello CAF e dei percorsi di autovalutazione nel settore
giudiziario non può non fare riferimento agli attori interni ed esterni coinvolti e coinvolgibili
in questi processi.
Il primo elemento da tenere in considerazione solo le caratteristiche che differenziano i
vari uffici giudiziari.
Una prima caratteristica riguarda le funzioni: le procure svolgono attività diverse da quelle
dei tribunali e delle corti d’appello; le prime hanno compiti inquirenti e requirenti (svolgono
indagini e rappresentano il pubblico ministero nei processi), i secondi hanno il compito
principale di giudicare e formulare sentenze. Questo aspetto invita a tener conto di queste
diversità nella formulazione degli esempi associati ai modelli di autovalutazione.
Un secondo fattore riguarda la dimensione delle organizzazioni. In Italia esistono uffici
molto grandi (Milano, Roma, Napoli, Palermo), gradi, medi e piccoli (alcuni di questi ultimi
permangono anche dopo la recente riforma che ha chiuso sezioni distaccate e uffici di
piccole dimensioni). Uffici molto grandi e uffici grandi possono contare su maggiori risorse,
ma soffrono anche di una maggiore complessità. Una serie di uffici piccoli, al contrario,
non dispongono delle risorse minime – a causa della carenza di personale – per affrontare
processi di riorganizzazione.
L’organizzazione degli uffici giudiziari è rilevante anche in termini di definizione del ruolo
dei vertici e degli ambiti di autonomia del personale. L’ordinamento italiano ha introdotto
una distinzione tra i poteri dei vertici; nelle procure, il procuratore-capo ha un potere che
si approssima a quello gerarchico – attraverso una serie di funzioni ad esso attribuite – nei
confronti dei sostituti procuratori (e dei procuratori aggiunti, nelle procure più grandi),
mentre i presidenti dei tribunali sono considerati una sorta di ‘primus inter pares’, nel
rispetto dell’indipendenza del singolo giudice. Tuttavia, anche nelle procure la difesa del
principio di autonomia del magistrato è assai elevata e tende a circoscrivere gli ambiti di
esercizio della gerarchia da parte del procuratore-capo. Mentre il personale di magistratura
gode del privilegio dell’autogoverno (dipende dal Consiglio superiore della magistratura), il
personale amministrativo e le risorse materiali dipendono dal Ministero della giustizia; in
particolare, il personale amministrativo è diretto negli uffici maggiori da un dirigente
amministrativo, così che l’organizzazione si ritrova con una ‘doppia dirigenza’; una
14
situazione che ha portato a sottolineare la natura loosley coopled dei legami che
caratterizzano l’organizzazione della giustizia. Si deve però considerare che la natura di
corpo professionale della magistratura finisce per creare una situazione in cui il personale
togato assume un ruolo primario anche nelle decisioni di carattere organizzativo.
Inoltre, influenzano la percezione del ruolo di responsabile degli uffici anche le modalità di
selezione dei dirigenti. In particolare per quanto riguarda i magistrati, fino a qualche anno
la posizione di capo dell’ufficio è stata considerata alla stregua di un premio alla carriera,
guadagnato attraverso le capacità espresse nell’azione giurisdizionale e nell’ambito del
ruolo nel sistema giuridico nazionale. Nessuna competenza manageriale era sviluppata
nell’ambito dei percorsi formativi. L’ascesa ai vertici si accompagnava perciò, in termini
organizzativi, in promozioni caratterizzate dall’aumento dei livelli di difficoltà gestionale. La
situazione è parzialmente mutata negli anni recenti, poiché le nomine sono ora basate su
norme che prevedono anche la valutazione delle capacità organizzative, pur se basate
ancora su informazioni limitate, riguardanti prevalentemente la gestione dei propri fascicoli
(mentre le conferme tengono conto anche dei progetti organizzativi elaborati e realizzati).
Questi elementi spiegano le difficoltà di individuare gli owner dei processi di
autovalutazione e di sviluppo organizzativo. Spesso, gli attuali capi degli uffici risultano o
debolmente interessati o privi delle competenze di base per comprendere le finalità dei
percorsi e il ruolo che deve essere assunto per assicurare la legittimazione dei lavori e
ottenere risultati.
E’ quindi essenziale che sia dedicato tempo per spiegare la natura e le finalità dei processi
di autovalutazione, per affermare l’esigenza di legittimazione del gruppo di lavoro e per
convincere di che un esito necessario del lavoro è quello di definire e attuare progetti di
miglioramento.
In molti casi, esistono negli uffici giudiziari, come nelle altre organizzazioni, altri leader; a
volte si tratta di soggetti poco inclini alla collaborazione con l’intera organizzazione,
soggetti che hanno elaborato proposte che non sono state accettate oppure che vivono la
propria condizione di innovatori in modo isolato, a causa di un contesto ostile al
cambiamento. Ma esistono nel mondo della magistratura network di soggetti che svolgono
un’azione di elaborazione e diffusione di proposte di innovazione organizzativa, per cui
vale la pena di verificarne la presenza nelle varie realtà. Un’altra figura significativa è il
magistrato responsabile dell’informatica, che ha una conoscenza dei software e dei sistemi
informativi in uso e quindi delle informazioni disponibili.
Sempre a livello di personale togato, è importante coinvolgere nelle attività di analisi, se
non nei gruppi di autovalutazione, gli altri apicali delle strutture. Nelle procure più grandi,
oltre al procuratore-capo è prevista la posizione del procuratore aggiunto, che è
responsabile di aree dipartimentali. Nei tribunali ordinari è invece presente la figura del
presidente di sezione (compreso il presidente dell’area GIP/GUP – giudice per le indagini
preliminari/giudice per l’udienza preliminare), che riguarda le aree penale, civile, famiglia,
lavoro, imprese, volontaria giurisdizione. Questo quadro sottolinea che nell’ambito degli
uffici più grandi il personale di magistratura tende a specializzarsi e ad occuparsi solo di
alcune materie, perdendo di vista il complesso delle attività.
Il personale amministrativo, sia nei tribunali che nelle procure, è composto dal personale
di cancelleria (e cioè gli uffici a supporto dei magistrati nell’attività giurisdizionale) e dal
personale dei servizi amministrativi di supporto (archivio, economato, logistica, casellario
15
giudiziario, ecc.); nelle procure. È importante ricordare la presenza degli addetti di polizia
giudiziaria. Negli uffici maggiori è prevista la figura del dirigente amministrativo e quella
dei direttori amministrativi (figure non dirigenziali). In molti uffici di dimensioni minori la
funzione di dirigente amministrativo è ricoperta dal capo degli uffici.
Si tratta di un personale anch’esso soggetto ai processi evolutivi che caratterizzano
l’organizzazione degli uffici. Tradizionalmente si tratta di personale che – pur considerando
le rilevanti responsabilità – non ha giocato un ruolo rilevante nelle decisioni che riguardano
l’organizzazione degli uffici, sottoposto alla forte influenza giocata dalla supremazia
professionale della componente togata. Tuttavia, il sempre più massiccio ricorso
all’informatica e il riconoscimento del ruolo giocato in varie fasi dei procedimenti (ad
esempio, nella fase di esecutività delle sentenze) fa sempre più emergere l’esigenza di
valorizzare
competenze e funzioni del settore amministrativo, specialmente nella
prospettiva della concettualizzazione delle attività come servizio.
Nel contesto attuale, il personale amministrativo – specialmente quello con funzioni
direttive – appare quello maggiormente interessato ai percorsi di autovalutazione e
valutazione, poiché intravede l’opportunità di manifestare la rilevanza del proprio ruolo e la
conoscenza di fasi procedimentali che sfuggono alla vista dei magistrati.
Il personale amministrativo di livello inferiore è caratterizzato, invece, da una forte
insoddisfazione; si tratta di personale dipendente (come i direttivi) dal Ministero della
giustizia, fortemente sindacalizzato; la dipendenza dalle scelte e della regole del centro,
l’assenza di una politica del personale a livello di singolo ufficio e il fatto che i capi degli
uffici non utilizzino nemmeno la limitata autonomia nella gestione delle risorse umane, la
scarsità di risorse per la valorizzazione, le poche opportunità di carriera e il limitato turn
over, sono fattori che rendono il personale amministrativo non ostile ma certamente
sospettoso.
16
LEZIONI





per l’avvio del percorso di autovalutazione, è necessaria la legittimazione dei capi degli uffici,
sviluppando un’azione di coinvolgimento; data la debole cultura organizzativa dei capi degli
uffici, è opportuno iniziare conforme semplificate, sottolineando i vantaggi dell’esercizio a
supporto dell’elaborazione dei documenti di programmazione (tabelle, relazione per
l’apertura dell’anno giudiziario, piano delle performance, ecc.)
per evitare la critica che interpreta la va valutazione e l’autovalutazione come un modo per
violare l’autonomia del singolo magistrato nello svolgimento della funzione giurisdizionale, è
opportuno sottolineare sempre che si tratta di valutare le performance dell’organizzazione
nel suo complesso (o di sue parti) e i fattori collegati alle performance; nella funzione
giurisdizionale il magistrato è autonomo, ma nel governo dell’organizzazione deve coordinarsi
con le altre componenti
è necessario coinvolgere nel GAV magistrati e personale amministrativo appartenenti alle
diverse sezioni/dipartimenti; nessun soggetto ha la conoscenza di tutti i vari ambiti di
attività di un ufficio (a parte gli uffici piccoli); quindi, GAV misti sia in termini di tipo di
soggetti (togati e non togati) che di copertura dei vari settori;
tra i magistrati, spesso sono presenti leader diversi dal capo dell’ufficio, soggetti rilevanti per
l’esperienza maturata in campo giurisdizionale, per aver partecipato ad iniziative di
modernizzazione, per il ruolo nell’associazionismo della magistratura, ecc.; è importante il
loro coinvolgimento nel GAV o, perlomeno, l’informazione del significato e obiettivi delle
attività di autovalutazione
per realizzare le rilevazioni a questionario che coinvolgono tutto o una parte del personale
amministrativo, vale la pena informare le organizzazioni sindacali
3.4. Gli attori esterni
Un ufficio giudiziario ha svariati soggetti che interagiscono nel corso dei vari procedimenti,
e che quindi costituiscono stakeholder rilevanti, sia nella posizione di utenti che in quella di
co-produttori di fasi del servizio.
Considerando le relazioni inter-organizzative nell’ambito del sistema giudiziario, una
procura della Repubblica ha a che fare chiaramente con i tribunali ordinari, poiché le
modalità di passaggio dei casi dalla fase di indagine alla fase processuale ha a che fare
con le procedure e le tempistiche dell’ufficio giudicante; allo stesso modo, i tribunali
interagiscono con le procure sul lato dell’entrata, e con le corti d’appello a valle delle
sentenze. Nel sistema sono presenti, poi, le strutture decentrate del Ministero della
giustizia, quali i Cisia, gli uffici che si occupano dell’informatizzazione e della manutenzione
dei sistemi informatici e informativi. Senza contare, poi, le relazioni con gli uffici del
Ministero della giustizia (ad es. il Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria, del
personale e dei servizi) e con il Consiglio Superiore della Magistratura.
Passando agli altri stakeholder, un attore centrale è costituito dagli avvocati e dalla loro
associazione professionale, l’Ordine degli avvocati (presente in ogni provincia). Essi
prendono parte alla produzione del servizio (ad esempio, è essenziale la loro disponibilità
nell’informatizzazione di alcune procedure, perché ricevono i documenti via procura o via
tribunale, così come li possono inviare in formato digitale; se non dispongono di firma
elettronica o non sono in grado di utilizzare i software dedicati, la comunicazione digitale
non si sviluppa); così come sono utenti, in quanto rappresentanti delle parti in causa. Altri
stakeholder sono i periti, i tecnici incaricati degli approfondimenti tecnici. In particolari
materie, come la cosiddetta volontaria giurisdizione (es: divorzi, amministrazione di
17
sostegno, ecc.), i tribunali interagiscono fortemente con i servizi sociali e sanitari degli enti
locali, così come con le associazioni del volontariato.
Utenti veri e propri sono, oltre agli avvocati, le parti in causa (che godono di diritti
garantiti, anche nel caso degli accusati in materia penale) e i loro famigliari, e tutti coloro
che per una qualche ragione richiedono documenti, certificati, autorizzazioni. In materia
economica, le associazioni imprenditoriali e le organizzazioni sindacali ricoprono il ruolo di
rappresentanti delle aziende e dei lavoratori. Sono parimenti utenti, infine, i testimoni.
La possibilità di coinvolgere questi soggetti evidentemente può arricchire notevolmente
l’apparato di informazioni e di giudizi sulla qualità dei servizi di giustizia. V’è, tuttavia, da
sottolineare come non sia usuale in questo settore il ricorso ai questionari di soddisfazione
somministrati agli utenti così come il sistematico coinvolgimento degli stakeholder nei
processi di programmazione. Nell’ambito del Progetto Best Practices molti uffici hanno
introdotto forme di comunicazione con l’esterno, attraverso i bilanci di responsabilità
sociale, le guide e le carte dei servizi; peraltro, solo in un numero minoritario di casi
(Tribunale di Milano, Tribunale di Brescia, tra questi) l’elaborazione di questi documenti è
stata basata sul coinvolgimento di soggetti esterni (peraltro, alcune associazioni di
consumatori si sono occupate della valutazione civica dei servizi giudiziari; cfr. i rapporti di
Cittadinanzattiva).
Nella conduzione dei percorsi di autovalutazione, è necessario tenere conto della scarsa
dimestichezza del personale della giustizia, magistrati e amministrativi, con la cultura
manageriale e della qualità. Non è inusuale che, all’avvio delle discussioni nell’ambito dei
laboratori CAF e dei GAV, venga sottolineato con una certa enfasi che procure e tribunali
non hanno utenti; che si tratti di strutture diverse da organizzazioni pubbliche come i
comuni, che esercitano una funzione dello Stato in applicazione delle leggi; e ciò non per
soddisfare un singolo utente, ma per garantire l’osservanza delle leggi sulla base più dei
dettami della cultura e dell’esperienza giuridica che dei desideri delle popolazione.
In questo senso, è importante che nella gestione dei processi di autovalutazione si operi
una attenta concettualizzazione degli utenti e degli stakeholder, e del loro ambito di
valutazione (che non si sovrappone al giudizio dei pari sulla qualità dell’azione
giurisdizionale ma interviene su aspetti specifici della qualità del servizio), in relazione ai
quali le informazioni che derivano dalle interviste (survey, focus groups, ecc.) aggiungono
conoscenze altrimenti non disponibili.
18
LEZIONI



svariate categorie di stakeholder e di utenti intervengono nei procedimenti giudiziari: le
informazioni che possono derivare da questi soggetti sono rilevanti per i processi di
autovalutazione
in ragione delle peculiarità del settore giudiziario e della ancora limitata dimestichezza del
personale degli uffici con il linguaggio manageriale e della qualità, è importante definire, con
precisione e con esempi calzanti, in quali situazioni questi soggetti rivestono il ruolo di utenti
o di stakeholder il cui giudizio è rilevante per qualificare la qualità delle attività; non si tratta
di giudizi sulla qualità della decisione in materia giurisdizionale, ma di giudizi e informazioni
sulla qualità di specifiche caratteristiche delle attività, qualificabili come ‘servizio’ diretto ad
un utente specifico o alla collettività (cittadini, imprese);
la mobilitazione di questi utenti è rilevante sotto vari profili; alcuni di essi sono qualificabili in
varie fasi dei procedimenti, come co-produttori del servizio, ed anche la loro consapevolezza
circa il ruolo giocato può essere rilevante per l’elaborazione di progetti di miglioramento;
organizzazioni di rappresentanza dei consumatori e associazioni del terzo settore possono
diventare partner costanti di iniziative di rilevazione dei giudizi degli utenti e di raccolta di
reclami
3.5. Le risorse
Le risorse a disposizione dei percorsi di autovalutazione sono, attualmente, più limitate che
in altri ambiti del settore pubblico.
La prima considerazione che emerge da queste esperienze riguarda le capacità
organizzative minime per poter condurre un adeguato percorso di autovalutazione. La
maggior parte degli uffici giudiziari è caratterizzata da livelli di competenza manageriale e
caratteristiche organizzative che – attualmente – limitano fortemente la possibilità di
intervenire con un approccio completo e sistematico. La situazione sta rapidamente
mutando rispetto a qualche anno fa, ma la base è ancora debole.
Le ragioni sono state tratteggiate in precedenza, ma vale la pena ripeterle in modo
ordinato:
 la formazione dei magistrati per le funzioni direttive non contemplava fino a qualche
anno fa lo sviluppo di capacità manageriali; la posizione di vertice delle strutture era
considerata un premio alla carriera (alla reputazione nell’esercizio della funzione
giurisdizionale), e solo di recente sono stati introdotti criteri riguardanti capacità
gestionali;
 il principio dell’indipendenza del singolo magistrato nell’esercizio della funzione
giurisdizionale, accanto ad altre caratteristiche tipiche del sistema giudiziario, è
stato interpretato in modo estensivo, tant’è che il termine ‘capo’ tutt’oggi è
considerato da un numero non irrilevante di magistrati come un tabù; il singolo
magistrato si considera un professionista che può essere giudicato solo da pari per
l’esercizio delle sua specifiche capacità nella conduzione dei fascicoli e delle attività
requirenti o processuali;
 di conseguenza il magistrato si considera più come parte dell’organizzazione
‘sistema giudiziario italiano’ che non del singolo ufficio; all’organizzazione materiale
del singolo ufficio deve pensare il CSM e il Ministero della giustizia;
 la doppia dirigenza (il magistrato responsabile della componente togata; il dirigente
amministrativo responsabile del personale) non ha ancora favorito lo sviluppo di
una visione unitaria dell’organizzazione ‘ufficio giudiziario’; è stata invece
interpretata per giustificare una rigida divisione dei ruoli: ai magistrati la funzione
giurisdizionale, al personale amministrativo il supporto materiale e le altre funzioni
gestionali; il personale con funzioni professionali, tuttavia, costituisce la parte
19

legittimata alle decisioni, con la conseguenza del mancato sviluppo di competenze
organizzative e di responsabilità effettive in capo agli amministrativi; Zan ha
richiamato le teorie di Weick sulle organizzazioni a legame debole per definire il
contesto operativo degli uffici giudiziari (in cui – da non sottovalutare – hanno un
ruolo rilevante gli avvocati);
tra gli esiti che maggiormente emergono dal questa situazione, possiamo
sinteticamente elencare: la mancanza di sistemi informativi in grado di produrre
informazioni affidabili per il controllo di gestione; carenza di integrazione e di una
visione complessiva dei processi di lavoro primari; una limitata attenzione all’analisi
e alla categorizzazione degli utenti e degli stakeholder; una debole competenza
informatica; una debolissima politica di valorizzazione del personale amministrativo.
Nella letteratura in tema di management della qualità, la differenza nelle capacità
organizzative è rappresentata dalla riflessione sui livelli di sviluppo organizzativo cui
corrispondono diversi strumenti che un tale stadio permette di utilizzare. Per molte
organizzazioni che si trovano all’avvio dello sviluppo di competenze nella gestione in
qualità, il livello possibile è quello dell’attenzione alla misurazione dei prodotti; il passaggio
successivo è quello della rappresentazione delle attività per processi di lavoro e servizio,
seguito dallo sviluppo di capacità per gestire la catena del complessiva delle varie attività,
compreso il governo delle relazioni esterne; infine, l’attenzione all’impatto sulla società
costituisce lo scalino finale.
(figura tratta da: Hardjono, Teun W., and P. D. de Klein. 2005. “Growing towards a sustainable
organisation by a phasewise introduction of Quality Management: the European Corporate
Sustainability Framework (ECSF).”, p. 6)
Altri hanno suggerito un continuum di complessità nella valutazione delle performance, a
partire da un livello minimo basato sul performance measurement, che prosegue con il
performance management, con l’integrazione tra gestione delle performance e formazione
del budget, e si conclude con le forme di valutazione a 360 gradi.9
Seguendo queste ipotesi, in alcune esperienze internazionali si sono utilizzati strumenti di
autovalutazione con gradi di complessità progressiva, che tengono conto dello stadio di
maturità organizzativa della struttura in esame.
Sempre sul lato delle risorse disponibili, è importante sottolineare la carenza di dati
affidabili di cui soffrono sia procure che tribunali. Nelle realtà visitate nel corso del
9
Cfr. Contini and Carnevali: 2010, per un tentativo simile, seppure più limitato negli intenti.
20
Progetto MPG, in pochi casi si è verificata l’attuazione di interventi che hanno dato luogo
alla costruzione di sistemi informativi in grado di elaborare dati affidabili, utili a processi di
monitoraggio e valutazione (tra questi, il Tribunale di Milano con il progetto di Consolle del
magistrato; Tribunale di Monza con approfondimenti a supporto della programmazione;
Tribunale di Brescia; il Tribunale per i minorenni di Napoli in tema di adozioni). Poiché i
percorsi di autovalutazione mettono a confronto i risultati dell’organizzazione con i fattori
abilitanti, si tratta di una limitazione notevole. Negli uffici giudiziari sono presenti e
operativi sistemi informativi che tuttavia non producono (perlomeno non ancora) dati utili
per una funzione di monitoraggio e valutazione. Sono finalizzati alla costruzione di
statistiche nazionali, per cui le categorie utilizzate per aggregare i dati riguardanti i singoli
fascicoli non rispecchiano necessariamente l’articolazione organizzativa, né una logica
coerente con le esigenze dei processi decisionali interni. Inoltre le modalità di inserimento
dei dati soffrono di possibili distorsioni, poiché il personale non è addestrato ad una
funzione utile per supportare i processi interni di feedback. Questa situazione va di pari
passo con l’assenza nella gran parte degli uffici (il progetto Best Practices ha ovviato in
molti casi a questa carenza) della definizione dei processi di lavoro primari e secondari,
carenza che da un lato pone vincoli alla costruzione di indicatori di performance
disaggregati e, dall’altro, rende labili le informazioni riguardanti l’intero ciclo di un processo
di servizio e la disaggregazione per fasi, dall’avvio dei procedimenti alla loro conclusione;
mentre alcune fasi risultano ben monitorate dai sistemi informativi, per altre i dati sono
parziali o assenti. La fase di analisi dei criteri relativi ai risultati (la parte destra del CAF)
richiede quindi molto tempo al fine di ottenere un quadro stimato ma realistico della
situazione di un ufficio. Questo per quanto riguarda i dati di output e di qualità di processi
e prodotti.
Mentre difficoltà maggiori derivano dalla ricerca di risultati riguardanti la rilevazione delle
opinioni degli utenti e riguardanti la società e gli impatti; anche se, per questi ultimi,
esistono statistiche europee e internazionali, riferite ad alcuni procedimenti, che possono
essere utilizzate, pur se anch’esse basate su dati a bassa affidabilità e spesso riguardanti
solo una o poche altre realtà italiane come riferimento. Ad esempio, il Rapporto Doing
Business elaborato annualmente da World Bank, contiene una sezione riguardante i tempi
e i costi della gestione giurisdizionale dei contrati (materia civile, quindi); i dati che
rappresentano l’Italia sono in realtà quello del Tribunale di Roma; anche se Doing Business
ha iniziato la pubblicazione (ma non annuale) di approfondimenti nazionali con dati rilevati
presso una decina di città. Ugualmente la Cepej pubblica un rapporto annuale sulla
qualità dei sistemi giudiziari, ma in questo caso i dati riguardano l’intero sistema giudiziario
nazionale.
La variabile tempo costituisce quindi una risorsa rilevante nella gestione dei processi di
autovalutazione. La costruzione di una base di dati e giudizi in grado di costituire una base
per l’analisi dei fattori organizzativi e delle criticità, richiede uno sforzo non indifferente;
sforzo che tuttavia può essere compensato dal fatto che una volta impostato tale base,
questa può essere utilizzata sia per i bilanci sociali che per l’elaborazione dei vari
documenti di programmazione.
Inoltre, la variabile tempo risulta strategica per la limitata disponibilità dei magistrati. In
parte perché non è (ancora) nella loro preparazione l’attenzione agli aspetti organizzativi;
inoltre, per i comprensibili impegni nell’attività giurisdizionale. Per questo motivo vale la
pena limitare le riunioni plenarie del GAV e procedere per sottogruppi misti, in modo tale
da evitare riunioni senza esiti a causa dell’improvvisa assenza di soggetti rilevanti.
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LEZIONI
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Verificare lo stato di maturazione dell’ufficio giudiziario e selezionare la modalità di percorso
di autovalutazione più idonea, a partire da quelle semplificate fino a quelle più complesse
Un investimento inziale per la raccolta di dati minimamente affidabili è necessario; si può
partire da indicatori di output e di qualità dei processi di lavoro interni, arricchendoli poi con
l’indagine presso il personale, statistiche nazionale e internazionali
Il tempo è una risorsa assai scarsa: non c’è abitudine a dedicare tempi per percorsi di
autovalutazione e valutazione, data la limitata preparazione dei magistrati, che costituiscono
la componente professionale dominante, ad intervenire sulle problematiche organizzative;
per cui è necessario pianificare le attività di autovalutazione limitando le riunioni plenarie del
GAV, perlomeno all’inizio, sfruttando poi l’accrescimento dell’interesse eventualmente creato
Il CAF giustizia, nella sua personalizzazione italiana del 2011, è utile inizialmente per
dimostrare che si tratta non di uno strumento generico, ma che è stato pensato anche per
un settore ‘peculiare’ come quello giudiziario. Tuttavia, molti degli esempi – pur corretti –
hanno riscosso scarso interesse nelle esperienze analizzate. Inoltre, l’eccesso di un
linguaggio derivato dal movimento TQM viene visto ancora con sospetto da un ambiente che
è rimasto in gran parte distante dal dibattito sulle riforme e sulla modernizzazione del settore
pubblico. Sarebbe utile una revisione orientata allo snellimento e limitata alla evidenziazione
di una serie esempi-chiave per ogni sotto-criterio, possibilmente con alcune articolazioni
distinte per procure e tribunali.
3.6. Le modalità di interazione
Le modalità di interazione dei soggetti coinvolti nei GAV e, in generale, nei processi di
autovalutazione, sono soggette ad alcune delle caratteristiche delle organizzazioni
giudiziarie descritte in precedenza. Il personale togato esercita un’indubbia predominanza
nelle discussioni, basata sulla competenza e sul potere professionale che lo
contraddistingue. E’ quindi importante garantire che il personale amministrativo non solo
sia rappresentato ma possa anche esprimere con libertà e senza atteggiamenti di
autocensura il proprio parere. I magistrati di lunga esperienza, inoltre, sono portati – per
una cultura professionale in cui l’espressione dell’autonomia è un tratto caratteristico –
all’assertività e alla lunga prolusione; è importante definire bene le regole e i tempi delle
riunioni, in modo tale che vi sia tempo per dare la parola a tutti.
Per la riuscita del percorso di autovalutazione è importante innescare alcuni meccanismi in
grado di influenzare positivamente i comportamenti delle varie parti e sostenere la
collaborazione e cooperazione tra i componenti del GAV e tra questi e il resto
dell’organizzazione.
La presenza di consulenti ‘facilitatori’ certificati, e cioè legittimati dal vertice e da altri
soggetti rilevanti nel mondo della giustizia (CSM, Ministero della giustizia, Scuola superiore
della magistratura, ecc.) certamente assicura attenzione. Il fatto che questi facilitatori
(consulenti esterni, soggetti interni al settore, ecc.) posseggano una conoscenza di base
del settore giudiziario ha un suo rilievo, nell’assicurare attenzione immediata ed evitare di
lasciare spazio alle espressioni sull’unicità di quelle organizzazioni.
Il coinvolgimento di leader chiave, formali e informali, costituisce una risorsa rilevante per
l’innesco dei meccanismi di bandwagon, in ragione dei quali la presenza di soggetti
rilevanti suggerisce al resto dell’organizzazione di partecipare o, perlomeno, di non agire
contro.
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Due ulteriori e fondamentali meccanismi da innescare sono quello della percezione di
efficacia e quello dell’ attribuzione di opportunità. Uno dei principali problemi dei percorsi
di autovalutazione – specie nelle organizzazioni poco evolute – è costituito dal fatto che i
soggetti coinvolti, a partire dai vertici, non ne intravedono i vantaggi, né in termini
organizzativi complessivi né sotto il profilo del miglioramento della propria singola attività.
Qualsiasi esperienza di change management mostra come il cambiamento sia possibile a
partire da soggetti che aspirano ad un miglioramento e intravedono soluzioni che possono
utilizzare per tale obiettivo. E’ quindi importante chiarire ai soggetti che devono legittimare
il percorso e sono coinvolti nella sua realizzazione le finalità del lavoro e i risultati che è
possibile/necessario ottenere. Nello stesso tempo, è necessario che ai soggetti partecipanti
venga offerta l’opportunità di ottenere qualcosa: in altre parole, devono percepire l’
incentivo collegato alla partecipazione. Questo incentivo può essere legato alla possibilità
di rappresentare il proprio punto di vista, di accrescere competenze, di poter guidare
progetti di miglioramento, di far parte del gruppo di soggetti impegnato nelle azioni di
cambiamento, di cementare relazioni con altri soggetti dell’organizzazione, ecc. Per
questo, è importante che il processo di autovalutazione non si fermi alla stesura della
relazione finale, ma arrivi alla progettazione di interventi di miglioramento.
Infine, l’elaborazione tempestiva di dossier contenenti i principali dati di risultato, sia in
serie storica che in comparazione con altre strutture; così come la realizzazione
dell’indagine interna sul personale; sono elementi che producono un effetto di feedback
utile a rafforzare l’interesse anche dei vertici e a sviluppare un senso di competitività tale
da supportare i lavori di analisi e autovalutazione.
LEZIONI
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Le modalità di interazione tra i vari attori coinvolti e coinvolgibili giocano un ruolo rilevante
per la riuscita dei percorsi di autovalutazione. L’obiettivo è quello di sviluppare cooperazione
tra magistrati, tra magistrati e amministrativi, tra settori, per costruire una visione
complessiva dell’organizzazione e una rappresentazione per processi di lavoro. Inoltre, si
tratta di aumentare progressivamente il coinvolgimento dei vari soggetti necessari al
percorso.
Possono essere innescati diversi meccanismi per queste finalità, come la valorizzazione di
soggetti certificati (leader, facilitatori, ecc.),
Una strategia che è necessario mettere in atto è quella basata sul fatto che il percorso di
autovalutazione deve essere percepito come una opportunità: in altre parole deve essere
percepito quale vantaggio ognuno può trarre dalla partecipazione: avere finalmente
riconoscimento, ottenere informazioni rilevanti per governare l’organizzazione, imparare cose
nuove, ottenere consenso su iniziative, ecc.
Chi gestisce i percorsi di autovalutazione deve confrontarsi spesso con lo scetticismo iniziale;
pianificare azioni per innescare effetti bandwagon è allora decisivo.
Inoltre, utilizzare i feedback forniti dai risultati, anche per innescare la competitività tra uffici
e tra leader, può essere un utile tassello di una strategia orientata allo sviluppo del percorso
e della partecipazione attiva.
3.7. I risultati dei processi di autovalutazione
I risultati attesi di un processo di autovalutazione devono essere rapportati allo stato di
maturità dell’organizzazione.
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Il modello CAF è chiaro, sotto il profilo teorico: l’autovalutazione deve condurre
all’individuazione dei fattori critici sulla base dei quali, in relazione alle risorse disponibili e
alle priorità, progettare e realizzare interventi di miglioramento.
Ma tutto ciò può risultare una mera dichiarazione di intenti se il percorso di
autovalutazione non viene considerato come lo strumento di una politica di sviluppo
organizzativo. Detto altrimenti, un percorso di autovalutazione può essere lo strumento
per porre le basi di una strategia di cambiamento, per realizzarla e per valutarla, in
relazione agli stadi di maturità di una organizzazione.
La prima lezione da trarre, in questo senso, riguarda la costruzione di alcune competenze
di base, appartenenti alla categoria dei fattori abilitanti. Innanzitutto, la raccolta e analisi
dei risultati dell’ufficio e delle sue articolazioni costituisce la premessa essenziale per la
costituzione di una visione organizzativa in cui si lavora, per definirne i confini principali e
le principali caratteristiche. In generale, il personale degli uffici giudiziari conosce bene le
proprie specifiche aree di lavoro, ma non ha informazioni complessive. La raccolta e
l’analisi dei principali dati di performance, anche limitati agli output di tutti i settori,
permette così di costruire una narrativa basata sul modello CAF, e cioè un modello che
guida la descrizione delle principali caratteristiche di una struttura, descrizione che
generalmente manca negli uffici a tale livello di completezza, poiché sia le relazioni di
apertura dell’anno giudiziario che i programmi contenuti nei documenti tabellari sono
spesso elaborati in modo poco sistematico e comunque concentrati sull’attività
giurisdizionale. In secondo luogo, l’attenzione sugli outcome dell’attività, permette di
indirizzare la riflessione sugli ‘impatti’ (uso il termine in senso generale, non tecnico) del
sistema giudiziario su cittadini e imprese di un territorio, uscendo dal visione limitata al
tema della produttività per trattare la questione del valore per la collettività. Non meno
importante, l’enfasi dei modelli di autovalutazione sugli utenti e sugli stakeholders, impone
una riflessione sul come concettualizzare le varie attività di servizio, le interdipendenze
organizzative le relazioni con altri attori.
Ancora, il collegamento tra indicatori di performance e organizzazione implica come
conseguenza una riflessione sui processi di lavoro e di come articolare le varie attività in
catene in grado di collegare le domande di intervento (i fascicoli) con risorse, processi di
lavoro ed esiti (prodotti e risultati).
Sotto questo profilo, l’autovalutazione in generale costituisce una base significativa che nei
casi sopra richiamati è stata poi utilizzata per l’elaborazione del Bilancio sociale e per i
documenti di programmazione formali degli uffici: un esito non banale, che finisce in
genere per sviluppare nei vertici la richiesta di ulteriori approfondimenti per aumentare
l’affidabilità dei dati e per elaborare comparazioni attendibili con altri uffici (anche
europei). Nel caso della Procura della Repubblica di Milano, è stata realizzata un’analisi
sulle modalità di inserimento delle notizie di reato nel sistema informativo e sulle
opportunità di diversa aggregazione rispetto alle statistiche ufficiali. Il Tribunale di Milano
ha elaborato comparazioni con le statistiche Doing Business e Cepej, oltre che un’indagine
rivolta ad un gruppo di imprese – italiane e straniere – localizzate nell’area milanese, sulla
percezione della qualità dei servizi giudiziari.
Un esito indiretto dell’approccio all’autovalutazione attraverso il GAV è l’introduzione del
lavoro di gruppo, che ha l’obiettivo di porre a confronto le diverse esperienze settoriali per
comporre una visione complessiva; se condotto positivamente, questo lavoro di gruppo tra
magistrati e amministrativi può dare luogo a comitati o gruppi di progetto continuativi.
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L’esito da manuale dei processi di valutazione è costituito dall’elaborazione di progetti di
miglioramento, sulla base delle criticità evidenziate e delle priorità di intervento coerenti
con la programmazione della struttura.
E’ questo un passaggio difficile per gli uffici giudiziari, poiché non dispongono di risorse
proprie, ma il loro bilancio dipende dai trasferimenti ministeriali e, generalmente, i progetti
di modernizzazione derivano da iniziative ministeriali. Le esperienze analizzate nel corso
del monitoraggio del Progetto Best Practices evidenziano tuttavia alcuni fattori rilevanti.
Il primo riguarda la possibilità, in ogni caso, di ricorrere a quick win, e cioè a progetti di
scala limitata realizzabili facilmente e velocemente, con un costo prossimo allo zero. Alcuni
miglioramenti riguardanti l’accessibilità degli utenti, la leggibilità e la semplificazione della
documentazione, l’orientamento nei vari locali, la comunicazione interna, aspetti di politica
del personale, ecc. possono essere oggetto di questo tipo di iniziative.
L’altro elemento di rilievo è costituito dal fatto che in molte realtà la proattività di singoli
magistrati e amministrativi, oppure l’iniziativa dei vertici, ha condotto alla realizzazione di
svariati progetti di miglioramento e, a volte, di vera innovazione organizzativa, in
particolare attraverso lo sviluppo di specifici software locali. Vari uffici hanno coinvolto
istituzioni e soggetti locali (ad es. gli ordini degli avvocati, il/i comune/i, la regione) per
sviluppare progetti; le esperienze più avanzate in questa direzione si caratterizzano per la
costituzione di tavoli per la giustizia che sanciscono il coinvolgimento costante degli
stakeholder nella programmazione; inoltre, sono state costituite in alcune città specifiche
fondazioni, organismi che hanno lo scopo di supportare gli uffici giudiziari nella
individuazione di fonti di finanziamento (ad es. progetti regionali, europei, ecc.).
In ogni caso, la difficoltà di avere a disposizione risorse per proseguire con piani e progetti
di miglioramento pone indubbiamente confini ai percorsi di autovalutazione; in particolare
perché offrono scarse opportunità per sviluppare una cultura di change management nei
magistrati e nel personale amministrativo. L’esperienza del Progetto Best Practices mostra
chiaramente questa barriera al cambiamento: la gestione dei progetti si scontra con la
scarsità di tempo di magistrati e cancellieri; con la scarsa disponibilità all’esercizio del
presidio costante; con l’inesperienza nell’utilizzo degli strumenti utili al coordinamento,
come la gestione dei gruppi di lavoro, il monitoraggio come elemento di feedback. Solo in
alcune realtà si è sviluppata un’attenzione sul governo dei progetti di cambiamento, a
volte per merito di singoli soggetti, in alcuni casi attraverso soluzioni organizzative, come
la costituzione di un ufficio innovazione (ad es. presso il Tribunale di Milano e la Corte
d’Appello di Milano).
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LEZIONI
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I risultati attesi dei percorsi di autovalutazioni vanno declinati in relazione alla maturità delle
organizzazioni. Può essere considerato rilevante l’aumento di competenze riguardanti la
visione organizzativa, le interdipendenze con l’esterno, la concettualizzazione dell’utenza, le
dimensioni di qualità dei servizi, così come la capacità di gestire gruppi di lavoro, ecc.
Uno dei risultati ottenibili è quello della produzione di una narrativa concentrata sulle
dimensioni organizzative chiave, a partire dai principali indicatori di performance: la relazione
di autovalutazione è certamente utile per l’elaborazione dei documenti formali di
programmazione, per il piano delle performance, per la relazione di apertura dell’anno
giudiziario, per la comunicazione interna ed esterna
Il passaggio dalla relazione di autovalutazione ai progetti di miglioramento è un fattore
critico, poiché gli uffici giudiziario non hanno in genere risorse proprie, per cui risulta difficile
nel breve periodo acquisire un minimo di mezzi per avviare interventi. Tuttavia è importante
sottolineare, come le esperienze analizzate dimostrano, l’opportunità di individuare possibili
progetti quick win, che riescano senza particolari risorse a migliorare piccole situazioni
insoddisfacenti: anche se simbolicamente comunicano la volontà di intervenire e l’utilità del
metodo. In ogni caso, le esperienze mostrano le difficoltà degli uffici nel governare i processi
di change management, poiché è limitata l’esperienza di presidio costante dei progetti di
cambiamento, tipica di un personale fortemente specializzato in termini professionali.
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