La forza del Vangelo in Corea
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La forza del Vangelo in Corea
La forza del Vangelo in Corea La pastorale delle piccole comunità cristiane di Bibiana Joo-hyun Ro* Con la sua testimonianza autentica della «gioia del Vangelo», papa Francesco ha toccato profondamente non solo i cattolici, ma anche molte persone di altre religioni o lontane dalla fede. Una testimonianza che passa anche attraverso la sua vita: «Il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di testimoni. Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita».1 La sua voce ispirata e profetica è echeggiata profondamente nei nostri cuori. La visita di papa Francesco in Corea del Sud, principalmente per partecipare alla VI Giornata della gioventù asiatica, dal 14 al 18 agosto prossimi, sarà un avvenimento veramente storico per gli asiatici. Il tema dell’evento è «Giovani dell’Asia! Svegliatevi! La gloria dei martiri risplende su di voi: “Se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui” (Rm 6,8)». Il suo viaggio per partecipare alla Giornata della gioventù asiatica dimostra la sua apertura, passione, amore e vicinanza ai giovani e all’Asia. Questa visita speciale sarà una buona occasione per conoscere la Chiesa cattolica in Corea, che ospita l’evento, e per ascoltare le sue esperienze in materia di rinnovamento della Chiesa e promozione di una nuova evangelizzazione attraverso le piccole comunità cristiane, o comunità ecclesiali di base, fin dal 1992. Riguardo all’evangelizzazione, le piccole comunità cristiane (comunità ecclesiali di base) sono state considerate «vere espressioni di comunione ecclesiale e centri di evangelizzazione»2 e «una genuina forza per l’evangelizzazione».3 Inoltre, poiché papa Francesco ha posto l’accento sulla centralità del ruolo e della missione del «popolo di Dio» per la nuova evangelizzazione del mondo,4 per rispondere al suo appello a favore di una nuova evangelizzazione è molto importante per noi approfondire la comprensione delle piccole comunità cristiane. Perciò questo saggio intende esaminare come e perché sono state promosse le piccole comunità cristiane, e quali aspetti di esse dovrebbero essere maggiormente considerati e definiti per svilupparle in modo più autentico all’interno della Chiesa cattolica coreana nella visione prospettica del concilio Vaticano II. Sarà una lettura di riflessione esperienziale piuttosto che teoretica e teologica. Dopo una breve introduzione sulla storia della Chiesa cattolica in Corea si descriveranno il processo, l’obiettivo e il contesto della promozione delle piccole comunità ecclesiali, esplorandone i quattro elementi essenziali insieme al rinnovamento della struttura pastorale parrocchiale a partire dalla visione di una Chiesa partecipativa. Con una riflessione sui benefici e le sfide delle piccole comunità di base e alcuni suggerimenti. Questo studio si concentra sul processo, la visione e i risultati delle comunità delle arcidiocesi di Seoul e Jeju, tra le 16 diocesi coreane, con qualche accenno ai risultati di indagini anche in altre diocesi, in quanto l’esempio offerto da due diocesi può mostrare gli aspetti generali delle piccole comunità ecclesiali in Corea. L’obiettivo è anche di capire come esse possano rispondere agli impulsi dell’esortazione apostolica Evangelii gaudium di papa Francesco. Alle origini della Chiesa cattolica in Corea Nel XVII secolo, il cattolicesimo venne presentato agli intellettuali della dinastia Choson da pubblicazioni cattoliche tradotte in cinese come una delle nuove idee e conoscenze pratiche. Essi studiarono quelle pubblicazioni sul cattolicesimo e cercarono di praticarne gli insegnamenti a livello personale. Nel 1784, uno di loro, Seung Hoon Lee (1756-1801), ricevette il battesimo in Cina, a Pechino, ritornò in Corea e cominciò a battezzare altri coreani.5 Fu così che venne fondata la Chiesa cattolica in Corea. Quei credenti cominciarono a tenere riunioni Myongryebang (명례방) come una comunità di fede cristiana. In Corea dunque abbiamo la situazione unica di una fede cattolica volontariamente accolta e diffusa dai laici e dalle loro comunità di fede senza l’intervento di missionari e sacerdoti provenienti dall’estero fino al 1795. Gli uffici governativi conservatori, imbevuti di confucianesimo, considerarono il cattolicesimo sovversivo e pieno di idee pericolose e di minacce a causa dei valori che propugnava: dignità, diritti e uguaglianza degli esseri umani indipendentemente da classe, genere e razza. Nel contesto del confucianesimo, questi valori del cattolicesimo erano considerati «una credenza pericolosa che viola il sistema sociale gerarchico ».6 In particolare, la proibizione da parte della Chiesa cattolica dei riti ancestrali tradizionali, che derivavano dal confucianesimo e permeavano tutto il popolo coreano, provocò conflitti culturali e persecuzioni. Di conseguenza la grave persecuzione e soppressione dei cattolici durò quasi un secolo, dal 1791 al 1886, e circa 10.000 fedeli, fra cui 10 sacerdoti, morirono martiri.7 Fra questi martiri, 103 sono stati canonizzati nel 1984: 11 chierici e 92 laici, di cui 47 donne e 45 uomini.8 Finalmente nel 1886 la Chiesa cattolica in Corea ottenne la libertà di religione, ma attraversò un periodo oscuro durante l’occupazione giapponese e la guerra di Corea. Dopo questi sconvolgimenti politici, sociali e culturali, la Chiesa cattolica in Corea è cresciuta rapidamente. Dagli anni Sessanta agli anni Novanta il numero dei cattolici in Corea è notevolmente aumentato. Le attività e gli impegni della Chiesa cattolica nel campo della giustizia sociale, della pace e del bene comune durante il processo del movimento democratico contro la dittatura militare ne hanno assicurato la crescita. In base alle statistiche del 2013, essa conta 16 diocesi e 1.668 parrocchie. I cattolici sono 5.442.996, pari al 10,4% della popolazione totale, con 4.865 sacerdoti.9 Durante tutta la sua storia, la partecipazione attiva dei laici alla sua missione e la loro spiritualità del martirio e della testimonianza sono diventate la pietra angolare della Chiesa cattolica in Corea. Questi esempi sono tuttora luminosi e significativi per i cattolici coreani. E sono anche la fonte cui attingono le piccole comunità cristiane che sono alla base della parrocchia. La promozione delle piccole comunità cristiane La maggior parte delle diocesi della Chiesa cattolica coreana ha promosso ufficialmente le piccole comunità cristiane da quando l’arcidiocesi di Seoul le introdusse nel 1992 come priorità pastorale a lungo termine per la «nuova evangelizzazione», direttamente in risposta a un appello lanciato dalla V Assemblea plenaria della Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia (FABC) a favore di «un nuovo modo di essere Chiesa: una Chiesa partecipativa». Era un impegno al rinnovamento, che originava dal concilio Vaticano II e dalla sua ecclesiologia di comunione. L’arcidiocesi di Seoul ha progressivamente elaborato modelli, metodi, corsi di formazione, programmi e materiali per realizzare le piccole comunità cristiane, e molte altre diocesi ne hanno adottato l’approccio. Piuttosto in ritardo anche la diocesi di Jeju ha introdotto le piccole comunità cristiane a livello diocesano, quando nel 2002 vi è stato nominato vescovo Peter Kang Uil, che le aveva introdotte nell’arcidiocesi di Seoul. Egli le ha subito promosse con grande impegno come priorità pastorale e fonte essenziale del rinnovamento della Chiesa. Concretamente, l’Ufficio per l’evangelizzazione della diocesi di Jeju ha deciso di ripartire il processo di attuazione delle piccole comunità cristiane in tre fasi progressive su un periodo di otto anni.10 La caratteristica veramente unica della promozione delle piccole comunità cristiane in Corea rispetto alle piccole comunità cristiane di altri paesi è lo sforzo coreano di trasformare le preesistenti riunioni ban (반, 班: sezione divisa a livello geografico) e guyeok (구역, 區域: distretto formato da vari ban) in piccole comunità cristiane. Le riunioni ban esistevano in molte parrocchie in Corea fin dagli anni Settanta. Erano le unità basilari della parrocchia, che era uniformemente divisa sulla base di un’area residenziale. Rispecchiavano la concezione della struttura governativa di controllo del popolo. Erano organizzate principalmente come strutture amministrative per coadiuvare i sacerdoti nella gestione della parrocchia. Perciò normalmente i partecipanti alle riunioni ban si limitavano ad ascoltare, a eseguire gli ordini e ad aiutare i pastori. Tuttavia inizialmente le piccole comunità cristiane in Corea si basarono sulle riunioni ban preesistenti, per cui, quando si chiese di trasformare le riunioni ban in vere piccole comunità cristiane, molti laici e sacerdoti non riconobbero le differenze fra le riunioni ban e quelle delle piccole comunità cristiane. Questa tendenza esiste ancora in Corea. La Chiesa cattolica in Corea ha riflettuto sulla necessità del rinnovamento della Chiesa e ha cercato una strada verso una comunione di comunità, comunità di servizio e comunità di testimonianza al Vangelo nella prospettiva del concilio Vaticano II. La voce profetica del Concilio è risuonata e ha ispirato il popolo di Dio nella Chiesa in Corea. La promozione delle piccole comunità cristiane è stata certamente associata con questa riflessione e visione della Chiesa. In particolare, prima di essere introdotte nella Chiesa cattolica in Corea dalla Chiesa istituzionale a livello diocesano nel 1992, già nel 1984, quando si celebrò il 200° anniversario della Chiesa cattolica in Corea, nel Governo della Chiesa dell’Assemblea pastorale nazionale si presentava la comunità ecclesiale di base come un metodo pastorale per il rinnovamento delle parrocchie, basato sull’ecclesiologia di comunione del concilio Vaticano II.11 Questa assemblea spiegava che l’ideale sarebbe stato quello di sviluppare le riunioni ban come comunità ecclesiali di base.12 Rinnovamento e partecipazione Nel 1992 il card. Stephen Kim Sou-hwan annunciò il lancio dell’evangelizzazione attraverso le piccole comunità cristiane. Parlò della necessità di formare piccole comunità cristiane collegate al rinnovamento della Chiesa. Le riteneva un modello auspicabile di un nuovo modo di essere Chiesa, in grado di risolvere le sue difficoltà e rispondere alle sfide che aveva di fronte: il fedele ha perso il senso dell’appartenenza e della solidarietà come una comunità di koinonia; la crescita dell’estensione della Chiesa e del numero dei fedeli ha determinato un ampliamento delle parrocchie; in questa situazione, i fedeli non sono più in grado di sperimentare il senso dell’appartenenza, della solidarietà, della comunità e della koinonia; i pastori fanno molta fatica a intrattenere relazioni personali con i parrocchiani.13 Il vescovo Peter Kang illustrò le ragioni concrete per la formazione delle piccole comunità cristiane riflettendo sull’attuale realtà delle parrocchie in Corea. Attirò l’attenzione sul numero crescente di non praticanti per mostrare che la Chiesa battezza le persone, ma non sembra in grado di evangelizzarle e di accompagnarle nel loro cammino di fede. Perciò si dovevano formare piccole comunità cristiane per affrontare e vincere queste sfide: «La parrocchia è stata l’unità basilare più piccola della Chiesa nel corso della sua lunga storia. Ma oggi le nostre parrocchie sono troppo grandi per potersi conoscere e riunire. Per rivitalizzare la parrocchia si dovrebbero formare piccole comunità cristiane, che permettono la relazione interpersonale e la condivisione del senso di appartenenza fra i parrocchiani».14 Le piccole comunità cristiane sono considerate anche il nucleo ecclesiale, che potrebbe attuare il rinnovamento della Chiesa attraverso la comunione di comunità. Come elemento chiave per vitalizzare le piccole comunità cristiane e il loro scopo ultimo si è posto l’accento sulla profonda partecipazione e koinonia di tutti i fedeli: «Per incarnare in noi la comunità ecclesiale delle origini dobbiamo essere pazienti e affrontare uno sforzo di lungo periodo. La promozione di una comunità autentica richiede inevitabilmente il rispetto reciproco, la collaborazione e la dedizione di tutto il popolo di Dio. Dobbiamo comprendere profondamente che cos’è la Chiesa per diventare una Chiesa autentica. Anzitutto dobbiamo imparare a riconoscere la concezione della Chiesa basata sulla Lumen gentium del concilio Vaticano II. Dobbiamo partire dalla comprensione dell’identità e del ruolo delle piccole comunità cristiane in questa Chiesa. Per comprendere questo piano ecclesiale dello Spirito Santo, dobbiamo cercare di imparare in che cosa consiste la vocazione e il ruolo di ciascuno di noi».15 Qui si sottolinea che prima di tutto e sopra tutto, i fedeli – clero, religiosi e laici – debbono essere consapevoli e imparare a riconoscere la loro identità e missione ecclesiale come popolo di Dio e il significato delle piccole comunità cristiane nella Chiesa. E si sottolinea che tutti i fedeli debbono partecipare attivamente nei vari ministeri, scoprendo i loro carismi personali. Il card. Stephen Kim ha affermato che la Chiesa deve portare la buona novella alla società coreana malata di materialismo, individualismo e secolarismo.16 Anche la diocesi di Jeju mostra chiaramente che la promozione delle piccole comunità cristiane è strettamente legata sia al ruolo della Chiesa nel mondo sia al rinnovamento della Chiesa: «Lo scopo della promozione delle piccole comunità cristiane è quello di rinnovare la Chiesa per trasformarla in un’autentica comunità in comunione, amicizia, unità e condivisione. È un totale cambiamento di paradigma da parte della Chiesa, che mira a trasformare il mondo. Questo scopo può essere raggiunto solo dalla comunità di tutti i fedeli in collaborazione e solidarietà, non da individui».17 Le piccole comunità cristiane vengono descritte come comunità che testimoniano la parola di Dio, la sola in grado di produrre un cambiamento di paradigma nella Chiesa, partecipano alla promozione della giustizia sociale e della pace, ripristinano la dignità e i diritti degli esseri umani nel mondo. Le piccole comunità cristiane sono concepite come entità nelle quali si rende presente il regno di Dio. Esse cercano consapevolmente di vivere nel loro ambiente i valori che caratterizzano il regno di Dio: uguaglianza, partecipazione, amicizia, comunione. I quattro elementi essenziali Le caratteristiche delle piccole comunità cristiane, nei termini dei quattro elementi descritti dal settore «Strategia pastorale integrale asiatica» dell’Ufficio per il laicato e la famiglia della FABC18 e dall’Istituto pastorale di Lumko in Sudafrica, sono stati ulteriormente sviluppati dalla Chiesa cattolica in Corea. Sono molto simili alla descrizione del settore «Strategia pastorale integrale asiatica» e dell’Istituto di Lumko, ma sono state approfondite attraverso lo studio delle quattro principali costituzioni del concilio Vaticano II e del Nuovo Testamento, incentrando l’attenzione su At 2,42-47 e Mc 6,34-44.19 Innanzitutto i fedeli si riuniscono in piccoli gruppi per sperimentare la vita comunitaria. Un gruppo di fede cerca di riunire tutti i membri della famiglia e si incontra regolarmente nelle case a turno. In questa riunione i fedeli possono sperimentare nuovamente i legami fraterni, vivere l’amicizia, l’attenzione e la cura reciproca, uno stretto contatto e un senso di solidarietà basato sulla fede comune. In breve, la riunione mira alla costruzione della «vita comunitaria» a partire dalla fede. La Chiesa deve testimoniare e vivere la comunione (koinonia) della comunità salvata (cf. Lumen gentium nn. 1, 9, 23; At 2,42.44; Mc 6,39).20 I fedeli, in secondo luogo, si riuniscono nella forza della parola di Dio. Nelle piccole comunità cristiane i membri sono orientati verso l’ascolto e la condivisione della parola di Dio per dimorare in Cristo, che è la parola di Dio incarnata nel mondo. Essa nutre spiritualmente i fedeli e li fa crescere nella prospettiva evangelica per vedere, discernere e trasformare la realtà del mondo (cf. Dei Verbum, nn. 10, 21, 22, 24-25; At 2,42.46; Mc 6,37.41-42).21 Come terzo aspetto, i fedeli tendono a mettere in pratica la parola di Dio nella vita quotidiana concreta nel loro ambiente. Nelle piccole comunità cristiane, i membri cercano di rispondere alle loro reciproche necessità e a quelle del loro prossimo. È un modo di vivere e praticare la loro attività evangelizzatrice per la trasformazione del mondo nel regno di Dio in un determinato luogo e tempo come discepoli di Gesù (cf. Gaudium et spes, nn. 47-52; At 2,44-45.47; Mc 6,38.43). In questo elemento si sottolineano il ruolo e il dovere profetico e l’impegno missionario concertato dei fedeli come comunità e non come individui.22 Infine, i fedeli pregano insieme in comunione con la Chiesa universale. Nelle piccole comunità cristiane i membri si sostengono a crescere insieme nella loro vita spirituale attraverso riunioni regolari basate sulla preghiera comune, sulla condivisione del Vangelo e su altri riti e celebrazioni liturgiche. Le piccole comunità cristiane creano l’ambiente della spiritualità comunitaria (cf. Sacrosanctum Concilium, nn. 7, 24, 51; At 2,42.4647; Mc 6,41).23 L’unità fra le piccole comunità cristiane e la Chiesa universale appare più profonda ed evidente come crescita spirituale olistica dei fedeli in collegamento con la comunione spirituale della Chiesa universale piuttosto che unicamente attraverso il loro collegamento con i pastori della parrocchia. Bisogna incrementare nei fedeli la consapevolezza dell’importanza della spiritualità e l’impegno a viverla più intensamente attraverso la partecipazione alle piccole comunità cristiane per vitalizzarle e sostenerle come base vivente della Chiesa.24 Questi quattro elementi essenziali delle piccole comunità cristiane sono importanti anche per la missione fondamentale della Chiesa: koinonia (comunione/comunità), kerygma (parola di Dio), martyria (testimonianza), diakonia (servizio), liturgia (culto). Questa prospettiva approfondisce e sostiene l’entità e la realtà delle piccole comunità cristiane scaturite dalla tradizione della Chiesa, ma anche da una risposta pastorale ai bisogni e agli attuali segni dei tempi. Trasformazione strutturale della pastorale parrocchiale Una struttura della Chiesa che persegue la visione del concilio Vaticano II – comunità di comunione, Chiesa partecipativa – dovrebbe corrispondere a questa visione. «Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi e così l’uno e gli altri si conservano» (Mt 9,17). Le diocesi impegnate nella promozione della piccole comunità cristiane in Corea sono consapevoli della necessità di riorganizzare la struttura del consiglio pastorale parrocchiale per permettere ai loro responsabili di partecipare al processo decisionale e occupare posizioni direttive. In base ai rapporti e ai documenti sulle piccole comunità cristiane nella Chiesa cattolica in Corea, il rinnovamento della struttura del consiglio pastorale parrocchiale è indispensabile. In altri termini, le piccole comunità cristiane devono costituire la base del consiglio pastorale parrocchiale. Concretamente varie diocesi – Seoul, Jeju, Suwon, Daegu, Incheon – hanno proceduto a livello istituzionale alla trasformazione della struttura del consiglio pastorale parrocchiale esistente, costituito da comitati specifici e orientato verso l’attività funzionale, la gestione efficiente e un sistema centralizzato. Un nuovo modello di consiglio pastorale parrocchiale prevede una nuova forma di struttura parrocchiale, basata sulle piccole comunità cristiane, nella quale i loro rappresentanti costituiscono la base del processo di programmazione e decisione, partecipandovi attivamente. Questa nuova struttura permette ai fedeli, nelle piccole comunità cristiane, di esercitare in modo continuo e consistente la responsabilità e l’autorità in materia di apostolato parrocchiale, indipendentemente dall’interesse e dalla preferenza pastorale del singolo sacerdote. Concretamente, in seguito al Sinodo dell’arcidiocesi di Daegu,25 il sistema del consiglio pastorale parrocchiale è stato riorganizzato per permettere la partecipazione attiva dei fedeli, specialmente dei membri delle piccole comunità cristiane.26 In particolare, l’Ufficio per l’evangelizzazione della diocesi di Jeju ha elaborato due tipi di «nuovo modello di struttura pastorale parrocchiale»: uno per le 12 parrocchie cittadine e l’altro per le 13 parrocchie dei sobborghi e delle aree rurali, e ha chiesto a tutte le 25 parrocchie di applicarlo.27 Da questo punto di vista si sono riorganizzati anche la struttura pastorale diocesana e i dipartimenti per recepire il sistema partecipativo e la modalità operativa.28 In Corea il rinnovamento della struttura pastorale parrocchiale esistente mira a permettere ai responsabili delle piccole comunità cristiane, molti dei quali sono donne, di partecipare al ministero in posizione direttiva – programmazione e decisione – come rappresentanti dei membri delle loro piccole comunità cristiane. Attraverso una leadership partecipativa condivisa i responsabili delle piccole comunità cristiane possono far giungere la voce del popolo di Dio che sta alla base a tutta la Chiesa.29 Nel luglio 2011, in occasione della loro periodica riunione, i direttori del Dipartimento pastorale diocesano della Chiesa cattolica in Corea hanno chiesto alla Conferenza dei Vescovi cattolici di Corea di studiare questo tema in modo approfondito. In relazione alle piccole comunità cristiane, il consiglio pastorale parrocchiale in Corea è stato gradualmente e sempre più ampiamente sollecitato a rinnovarsi per favorire la partecipazione e la corresponsabilità dei laici e adottare un nuovo stile di leadership, una leadership partecipata e condivisa in base alle direttive del concilio Vaticano II. Il Vangelo condiviso Si è riconosciuta come attività cruciale per le piccole comunità cristiane la regolare condivisione del Vangelo (per lo più nella riunione settimanale). Essa esercita il maggior impatto sui loro membri. Attraverso la condivisione del Vangelo, la parola di Dio, il Cristo risorto diventa l’essenza e la fonte della fede e della comunità.30 Essa aiuta i membri delle piccole comunità cristiane a integrare fede e vita e a rafforzare la vita di fede basata sulla Parola. Le riunioni frequenti delle piccole comunità cristiane ispirano i loro membri a riflettere più spesso sulla loro vita alla luce della Parola attraverso la condivisione del Vangelo. La Parola e la preghiera diventano fonte di consolazione, guarigione, incoraggiamento e speranza per la loro nuova vita. Un sondaggio sull’aiuto offerto dalle piccole comunità cristiane per la crescita spirituale individuale ha evidenziato un collegamento diretto con la condivisione del Vangelo. Grazie a essa, i membri delle piccole comunità cristiane riuscivano a vivere maggiormente in accordo con la Parola (Tab. 1).31 TAB. 1 – FATTORI PER LA CRESCITA SPIRITUALE (INDIVIDUALE) Accordo fra vita e Parola 47,9% Seoul (2005) 31,3% Jeju (2008) 34,6% Daegu (2007) (valutazione del clero) Preghiera frequente 17,4% 14,6% 1,8% Lettura della Bibbia e contemplazione 14,7% 12,7% 26,5% Fede profonda Messa quotidiana frequente Adorazione eucaristica frequente 3,1% 5,9% 0,3% 0,7% 13,2% Ecc. Non ha risposto 2,7% 6,8% 14,7% 4% 31,3% 15,8% La regolare condivisione del Vangelo nella riunione della piccola comunità cristiana, che riflette sull’esperienza di vita alla luce della parola di Dio, le permette di identificarsi con i complessi problemi, errori e insuccessi dei membri. Infatti la condivisione del Vangelo porta i membri delle piccole comunità cristiane ad aprire il loro cuore e a condividere la realtà della loro vita con fiducia e sincerità. Li spinge ad accogliere la debolezza, la fragilità e la vulnerabilità degli altri, nonché la loro bontà. Il card. Stephen Kim notava: «La condivisione del Vangelo nelle piccole comunità è il modo più efficace per far risuonare la parola di Dio nella parte più profonda del nostro essere».32 La promozione delle piccole comunità cristiane ha permesso di ottenere buoni risultati in materia di partecipazione dei laici e risveglio dei ministeri laicali: una maggiore consapevolezza e partecipazione da parte dei laici alla visione e missione della Chiesa come comunione di comunità e una Chiesa partecipativa impegnata nell’evangelizzazione. Sono emersi molti nuovi responsabili laici. Nell’arcidiocesi di Seoul vi sono circa 20.000 responsabili di piccole comunità cristiane. Nelle loro parrocchie, i responsabili laici si sono attivati non a servizio esclusivo del clero, ma del popolo di Dio e delle piccole comunità cristiane quando hanno compreso l’essenza dell’ecclesiologia di comunione e del ministero laicale. Hanno cominciato a svolgere con impegno e responsabilità il ministero a servizio della missione della Chiesa quando sono state offerte loro opportunità concrete di condividere e assolvere i compiti della Chiesa attraverso le piccole comunità cristiane. Con i loro ruoli e la loro partecipazione i laici promuovono la Chiesa e la sua missione nel mondo. Tutto il popolo di Dio, laici e pastori insieme, svolgono la stessa attività. Essa richiede una profonda coscienza e consapevolezza dell’incorporazione del fedele cristiano in Cristo mediante il battesimo. Il popolo di Dio partecipa all’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, alla triplice missione ricevuta nel battesimo. Questo richiede la corresponsabilità dei laici nell’esercizio dei ministeri, insieme con i religiosi e con il clero. Tutti i fedeli sono inseriti nella comunione e inviati al tempo stesso in missione. Il significato delle riunioni delle piccole comunità cristiane a turno nelle case dei loro membri è stato espresso in questi termini: a) incoraggiare tutti i membri della famiglia – figli, genitori e anziani – a partecipare insieme alla riunione della piccola comunità cristiana, che diventa così la base della formazione alla fede per tutti, specialmente dell’educazione alla fede dei bambini; b) permettere a coloro che non appartengono ad alcuna associazione apostolica o gruppo parrocchiale, specialmente alle persone isolate anziane o disabili, di parteciparvi più comodamente e facilmente; c) condividere le proprie esperienze di vita e accrescere e approfondire la conoscenza e la comprensione della vita degli altri membri; d) permettere di vedere da vicino la vita quotidiana e le necessità degli uni e degli altri e di comprendersi più in profondità. Queste esperienze portano i membri delle piccole comunità cristiane a vedere in modi diversi le loro prove e sofferenze. Essi affermano infatti che la vita di ciascuno di loro potrebbe essere paragonata allo specchio della nostra vita, che mostra le sfaccettature nascoste e ci induce a riflettere sul suo significato più profondo. Le sfide e gli ostacoli Alcuni, specialmente sacerdoti della Chiesa cattolica in Corea, hanno ancora dei dubbi riguardo alla possibilità o all’opportunità di introdurre oggi le piccole comunità cristiane in Corea. Affermano che la vita incentrata sulla comunità non si armonizza con lo stile di vita, la mentalità e i valori delle persone nella società moderna, caratterizzata da secolarismo, materialismo, individualismo, consumismo, globalizzazione e stile di vita nomade. Tuttavia un sondaggio sui temi relativi alle piccole comunità cristiane, effettuato durante il Sinodo dell’arcidiocesi di Seoul nel 2002, mostrava che la maggioranza dei sacerdoti (77,9%) era favorevole all’attuale processo pastorale delle piccole comunità cristiane.33 Riguardo alla prospettiva delle piccole comunità cristiane, il 43,7% di coloro che hanno risposto ha spuntato la casella «riusciranno, con difficoltà» e il 22,1% la casella «falliranno».34 Inoltre da quattro sondaggi diocesani sulle prospettive delle piccole comunità cristiane (cf. sotto) risulta che rispettivamente il 64%, 33%, 58% e 40% ha spuntato le caselle «devono esistere», «devono essere sviluppate». In media, la metà delle risposte è decisamente favorevole alle piccole comunità cristiane. Ma al secondo posto si collocano coloro che hanno spuntato la casella «la promozione delle piccole comunità cristiane non dovrebbe essere imposta», con rispettivamente il 22%, il 23%, il 37% delle risposte.35 Questa risposta sembra rispecchiare una posizione neutra. Non significa né approvazione né disapprovazione delle piccole comunità cristiane da parte di coloro che hanno risposto. Essa dipende dal fatto che in Corea le piccole comunità cristiane sono state promosse come politica diocesana o priorità pastorale dall’alto in basso. In base ad altre risposte dei sondaggi, le piccole comunità cristiane sono assolutamente necessarie per il rinnovamento della Chiesa, benché incontrino anche sfide, ostacoli e difficoltà (Tab. 2). TAB. 2 – PERCEZIONE DELL’IMPORTANZA DELLE PICCOLE COMUNITA’ CRISTIANE Molto necessarie (occorre svilupparle maggiormente) Sono assolutamente necessarie per il recupero dell’identità della Chiesa Non dovrebbero essere imposte Continuare a riflettere sulle associazioni E’ una questione che riguarda i responsabili della Chiesa Sono già abbastanza Occorre avere un’alternativa Non ci ho mai pensato Le piccole comunità cristiane non sono una vera immagine della Chiesa Non saprei Altre Nessuna risposta Seoul (2005) Jeju (2008) 64,4% 33,2% Gwangju (2007) Daegu (2007) 40,2% 57,61% 21,6% 23,1% 36,8% 20,29% 10,14% 7,5% 2% 1,6% 5,9% 3,4% 4,2% 4,3% 4,6% 11,1% 1,45% 10,51% 2,8% 30,1% 3% Alcuni sacerdoti sono indifferenti o riluttanti o esitanti riguardo alla promozione delle piccole comunità cristiane, questo per varie ragioni: mancanza di comprensione; necessità e sforzi impegnativi per cambiare il paradigma del modello di Chiesa e lo stile di governo della parrocchia; esistenza ancora troppo breve delle piccole comunità cristiane nelle parrocchie per poter trarre delle conclusioni affidabili. Può darsi che alcuni sacerdoti si aspettassero risultati immediati e altamente positivi dall’esistenza di piccole comunità cristiane nella loro parrocchia. Riguardo a quest’aspetto, si è sottolineato come principale difficoltà il fatto che un numero notevole di sacerdoti non ha compreso pienamente che cosa sono le piccole comunità cristiane. Può averle considerate semplicemente un movimento o un metodo per risolvere i problemi e le difficoltà o una sorta di servizio parrocchiale ausiliario invece di vedere in esse la Chiesa stessa che rinnova la parrocchia orientandola verso la comunione di comunità. Una concezione condivisa delle piccole comunità cristiane e una corretta comprensione della visione e della partecipazione dei laici sono condizioni cruciali per vitalizzare le piccole comunità cristiane. Poiché il ruolo e la disponibilità dei parroci sono essenziali, bisogna perseguire continuamente la ricerca e la realizzazione di un terreno comune fra i sacerdoti riguardo alla concezione delle piccole comunità cristiane. Un nuovo stile di leadership e un maggiore coinvolgimento sociale Alcuni probabilmente considerano le piccole comunità cristiane una sorta di politica o decisione dall’alto, per cui ne hanno osteggiato il processo accelerato e forzato di promozione. Criticano il fatto che quanti hanno inizialmente spinto per la loro creazione nella Chiesa cattolica coreana rimangono fondamentalmente all’interno di una concezione di Chiesa incentrata sul clero, di un sistema fortemente gerarchico e di uno stile di leadership autoritario. Sottolineano che questo processo e stile di leadership non coincidono con la visione del concilio Vaticano II. L’atteggiamento della decisione unilaterale, del governo autoritario e del clericalismo nella Chiesa cattolica in Corea è influenzato dal confucianesimo, dal patriarcato e dalla burocrazia gerarchica della società coreana. L’autentica forza di alimentazione e sostegno delle piccole comunità cristiane risiede organicamente nella dinamica e integrazione dialettica della visione, della missione e dello spirito di una Chiesa partecipativa radicata nel «mistero della comunione trinitaria in tensione missionaria».36 In materia di leadership, i responsabili e i promotori delle piccole comunità cristiane devono prestare una maggiore attenzione alla comprensione e allo sviluppo di un nuovo stile di conduzione per formarle nella prospettiva di una Chiesa partecipativa, basata sull’ecclesiologia di comunione, sulla comunione trinitaria e sullo stile di vita e ministero di Gesù. In realtà, i promotori delle piccole comunità cristiane in Corea e altrove in altre Chiese locali asiatiche hanno posto l’accento sul fatto che l’autentica incarnazione di uno «stile di governo non autoritario e responsabilizzante è cruciale per la costruzione delle piccole comunità cristiane».37 Gli interessi e le attività delle piccole comunità cristiane si limitano alle attività parrocchiali o anche semplicemente alle loro stesse riunioni. Concretamente il loro punto più debole è quello di non impegnarsi a rispondere alle necessità del loro prossimo. La maggior parte delle piccole comunità cristiane di base non si sono ancora coinvolte attivamente nelle tematiche e problematiche sociali. Finora per molte diocesi il punto focale riguardo alle piccole comunità cristiane è stato prevalentemente interno alla Chiesa. Da un sondaggio sul grado di soddisfazione dell’attività delle piccole comunità cristiane, effettuato dalla diocesi di Jeju nel 2008, è risultato che i membri non erano molto soddisfatti delle attività della loro piccola comunità cristiana (Tab. 3).38 TAB. 3 – GRADO DI SODDISFAZIONE DELL’ATTIVITA’ DELLE PICCOLE COMUNITA’ CRISTIANE Percentuale (%) Molto alto Alto Medio Basso Molto Basso Non risposto 2,8 9,9 29,3 17,5 9,3 31,3 100 Le piccole comunità cristiane dovrebbero interrogarsi su come potersi coinvolgere maggiormente e profeticamente nei problemi sociali e locali e contribuire alla loro soluzione. Dovrebbero sforzarsi di uscire e andare incontro al mondo che si trova al di fuori della Chiesa. La partecipazione delle piccole comunità cristiane alla vita della società locale non è né opzionale né secondaria: è la vocazione e la responsabilità essenziale dei loro membri, dei laici che vivono nel mondo. Riguardo alla traduzione in pratica della testimonianza di fede nell’attività delle piccole comunità cristiane si dovrebbero prendere in considerazione più programmi di azione pratica e pastorale: a) offrire corsi di formazione e di tirocinio sulla dottrina sociale della Chiesa, specialmente sulla Gaudium et spes, per i membri; b) incoraggiare e sostenere le piccole comunità cristiane e le famiglie a coinvolgersi nei bisogni e nei problemi dei loro vicini e della società locale; c) promuovere la partecipazione delle piccole comunità cristiane alla protezione dell’ambiente naturale, secondo le indicazioni di papa Benedetto;39 d) facilitare la collaborazione fra le piccole comunità cristiane e le altre associazioni della parrocchia e di altre religioni e organizzazioni senza scopo di lucro, in dialogo e solidarietà sui temi della giustizia sociale e della pace. La testimonianza di fede in azione nel mondo è la via per realizzare l’identità e il ruolo delle piccole comunità cristiane come centri, strumenti e agenti di evangelizzazione, inculturazione e trasformazione della società. Le tipologie e le definizioni Il tipo di riunione di gran lunga prevalente delle piccole comunità cristiane in Corea è la riunione di donne. In genere le donne e gli uomini si riuniscono separatamente nelle piccole comunità cristiane, una tendenza dovuta al calendario delle riunioni e all’influenza del confucianesimo. Normalmente le donne si riuniscono durante il giorno e gli uomini, per motivi di lavoro, alla sera. Il tipo di riunione mista, a volte con i figli, sembra non sia stato attivato. Inoltre le piccole comunità cristiane e le ban della parrocchia sono state organizzate e divise per aree residenziali. In Corea questo tipo di piccola comunità cristiana è prevalente. A livello parrocchiale esso permette a tutti i fedeli di appartenere a una determinata piccola comunità cristiana, indipendentemente da livello economico o educativo, condizione sociale, capacità e personalità. La ragione principale per la scelta di un stesso tipo di piccole comunità cristiane nella Chiesa cattolica in Corea è il fatto di essere basate interamente sulla parrocchia. Ciò significa che queste comunità sono state promosse sistematicamente dalla Chiesa istituzionale nel quadro della pianificazione e politica pastorale. Di conseguenza si sono costituite piccole comunità cristiane «territoriali». Non si sono praticamente creati altri tipi di piccole comunità cristiane, come le cosiddette piccole comunità cristiane «volontarie» che sorgono spontaneamente dalla base. Secondo alcuni si dovrebbero sviluppare maggiormente vari tipi di piccole comunità cristiane al di là dell’area residenziale della parrocchia, per garantirne la vitalità per il futuro. Da un sondaggio sull’«intenzione di partecipare a un nuovo tipo di piccole comunità cristiane», realizzato dalla diocesi di Cheongju nel 2006, risultano le varie opinioni dei parrocchiani in merito alla loro organizzazione (Tab. 4). 40 TAB. 4 – INTERESSE RISPETTO A DIVERSE TIPOLOGIE DI PICCOLE COMUNITA’ CRISTIANE Piccole comunità cristiane in base allo stesso interesse Piccole comunità cristiane con membri della famiglia, compresi i bambini Piccole comunità cristiane con le coppie Entusiasta Positivo Contrario 48,2 44,5 Non interessato 20,9 24,4 28,4 27,7 2,5 3,5 100,0 100,0 25,9 43,8 26,3 0,9 100,0 In conclusione, la Chiesa cattolica in Corea deve fare progressivamente altri passi e creare alcune condizioni che facilitino la nascita di varie forme di piccole comunità cristiane «volontarie», in grado di convivere armoniosamente con le piccole comunità cristiane «territoriali». Al riguardo, la Chiesa ha chiesto di ascoltare i bisogni e i desideri dei fedeli e prendere in considerazione ad experimentum la designazione di una parrocchia nella quale piccole comunità cristiane «volontarie» possano esistere in relazione di interdipendenza con piccole comunità cristiane «territoriali». In base ai documenti della Consultazione internazionale sulle piccole comunità cristiane, tenuta all’Università di Notre Dame nel 1991, dal 1976 al 1991 i nomi, i termini, i titoli e le espressioni per indicare le piccole comunità cristiane esistenti nel mondo erano molto numerosi e variegati: circa 3.000 denominazioni diverse.41 Inoltre, una ricerca della Chiesa delle Filippine sulle piccole comunità cristiane, effettuata nel 1995, dimostrava l’esistenza di 93 denominazioni diverse delle piccole comunità cristiane nella varie diocesi del paese.42 Nella Chiesa cattolica in Corea invece quasi tutte le comunità della parrocchia sono state indicate con espressioni molto simili: o «piccole comunità cristiane» o «piccole comunità cristiane ban», con il nome di una riunione preesistente – o ancora esistente – di fedeli prima dell’introduzione delle piccole comunità cristiane. Ci si è spesso chiesti quale denominazione potrebbe essere la più appropriata. Nella sua uniformità la denominazione coreana è indice di un analogo processo di formazione e di un analogo modello di caratterizzazione e di promozione. L’uso dell’espressione «piccole comunità cristiane» è dipeso dall’influenza esercitata dai risultati della ricerca dell’Istituto Lumko in Sudafrica, infatti negli anni Ottanta in Corea si usava un’altra espressione, «comunità (ecclesiale) di base».43 Ma la Chiesa cattolica in Corea ha elaborato ampie interpretazioni del significato di piccole comunità cristiane. Potrebbe valere la pena riflettere più profondamente sul significato di questa espressione e ripensare a livello locale quale potrebbe essere il modo migliore di chiamare le piccole comunità cristiane nel contesto della Corea. Infatti le varie terminologie hanno una diversa implicazione teologica, ecclesiologica e pastorale e una diversa sottolineatura e risposta alle preoccupazioni e necessità locali in un contesto particolare. La partecipazione delle donne alla leadership Le donne responsabili delle piccole comunità cristiane, come quelle impegnate negli altri vari ministeri, sono ancora considerate aiutanti passive o factotum dei sacerdoti, da usare con responsabilità limitata o senza responsabilità e autorità condivisa, pur essendo chiamate responsabili. Le donne responsabili delle piccole comunità cristiane non sono pienamente consapevoli della loro identità e del loro ruolo come autentiche responsabili della comunità e della Chiesa. Inoltre il loro inserimento in posizioni direttive nella struttura della parrocchia è ancora insufficiente e inappropriato. Occorrerebbe ampliarlo. Nonostante il loro maggiore impegno rispetto agli uomini nelle attività della parrocchia, le donne sono lontane da ruoli direttivi nel processo di programmazione e decisione della parrocchia. Benché i responsabili delle piccole comunità cristiane siano per lo più donne, paradossalmente il numero degli uomini, dei capi di guyeok che coordinano alcune piccole comunità cristiane a livello di distretto, è superiore a quello delle donne. Si dovrebbe attribuire maggiore potere e rispetto alle donne responsabili di piccole comunità cristiane per raggiungere la piena uguaglianza e partecipazione nella Chiesa. Al riguardo varie diocesi hanno perseguito costantemente la trasformazione del sistema esistente del consiglio pastorale parrocchiale in un nuovo paradigma, nel quale i responsabili delle piccole comunità cristiane, che costituiscono la base della parrocchia, possano realmente occupare posizioni direttive nella parrocchia. Tuttavia il modello del ministero delle donne in posizioni direttive non è stato promosso in sintonia con la visione di una Chiesa partecipativa, specialmente di una direzione partecipata e condivisa in corresponsabilità corresponsabilità. Occorre promuovere in un modo più adeguato il rinnovamento della struttura della parrocchia, tenendo presente la condizione delle piccole comunità cristiane e delle donne responsabili delle stesse nel contesto della Corea. Il cambiamento di paradigma della struttura pastorale della parrocchia e il rinnovamento della Chiesa richiedono una maggiore consapevolezza da parte dei fedeli in materia di dignità, diritti e responsabilità delle donne. Occorre anche sviluppare e offrire programmi di conoscenza e formazione su identità e ruolo delle donne, specialmente del loro ministero in posizioni direttive. Attualmente per la maggior parte dei responsabili delle piccole comunità cristiane il maggior peso è quello di un cumulo di responsabilità e doveri in parte sovrapposti a causa della loro appartenenza non solo alla piccola comunità cristiana, ma anche ad altre associazioni apostoliche e diaconali della parrocchia. Non pochi responsabili di piccole comunità cristiane affermano di essere costretti a detenere contemporaneamente tre o quattro posizioni di responsabilità a causa della mancanza di partecipanti attivi. A volte questo cumulo di doveri e incontri causa dei problemi nella vita familiare. È importante incoraggiare i membri delle piccole comunità cristiane a sviluppare i loro doni e carismi e metterli in grado di partecipare a vari ministeri con una responsabilità e autorità condivisa attraverso le piccole comunità cristiane. Più sono i membri che partecipano insieme alle attività delle piccole comunità cristiane, più riescono a scoprire i loro talenti, i loro doni e la loro capacità di contribuire alla vita della comunità. La crescita e la rotazione dei leader e il lavoro di squadra nelle piccole comunità cristiane e nelle altre strutture della Chiesa produrrà una crescita qualitativa.44 Il nodo dell’inculturazione Nel 2005, le percentuali per età delle donne responsabili delle piccole comunità cristiane nell’arcidiocesi di Seoul erano le seguenti: 5,1% (30-39 anni); 36,2% (40-49 anni); 43,1% (50-59 anni); 15,4% (60-69 anni). Le donne fra i 40 e i 60 anni responsabili di piccole comunità cristiane sono il 79,3%.45 Le persone relativamente giovani non sono interessate a entrarvi. In alcuni casi, il fatto stesso di tenere le riunioni durante il giorno esclude le persone che lavorano. A volte alle riunioni partecipano solo due o tre persone, normalmente donne anziane, nonostante i grandi sforzi dei responsabili per incoraggiare una maggiore partecipazione. Queste situazioni sono segnali di allarme per le piccole comunità cristiane, che dovrebbero prestare maggiore attenzione alle necessità dei giovani e riflettere maggiormente sull’attuale stile di vita delle persone per trovare il modo di assicurare la loro presenza alle riunioni. È necessario e urgente riflettere in modo creativo su come le piccole comunità cristiane potrebbero preparare e realizzare le circostanze in grado di rispondere alle necessità della generazione più giovane e al rapido cambiamento in atto nel mondo, per il presente e per il futuro della Chiesa e della società. La promozione delle piccole comunità cristiane è un continuo processo di rinnovamento della Chiesa in un determinato luogo e tempo. Come afferma Paolo VI, le piccole comunità cristiane sono «una speranza per la Chiesa universale» (Evangelii nuntiandi, n. 58; EV 5/1666). Molti responsabili di piccole comunità cristiane affermano che una delle difficoltà che incontrano è l’organizzazione della riunione a turno nelle case dei membri. Secondo loro le cause principali sono: a) la disponibilità della propria abitazione per una riunione della piccola comunità cristiana costringe la famiglia ospitante a preparare il cibo; b) alcuni membri non amano mostrare la situazione della loro vita ad altri; c) altri non sono in grado di organizzare una riunione a domicilio, perché la loro casa è troppo piccola o troppo povera. A volte tutto questo li induce a non partecipare alle riunioni della piccola comunità cristiana. Al tempo stesso, molti responsabili di piccole comunità cristiane sono favorevoli alle riunioni nelle abitazioni dei membri, nonostante le succitate difficoltà. Alcuni affermano che la scelta di tenere riunioni settimanali semplifica la preparazione del cibo. Essi hanno proposto linee guida al riguardo per ridurre le difficoltà che questo comporta. Ma molti rispondono che la condivisione del cibo o dei pasti, in forma appropriata, nelle abitazioni dei membri, dopo una riunione della piccola comunità cristiana, approfondisce il legame fraterno e l’intimità fra i membri. Una delle ragioni più importanti per tenere le riunioni delle piccole comunità cristiane a turno in casa dei membri è l’incarnazione e la presenza della Parola e della Chiesa nel luogo stesso in cui vivono le persone. Questo significa che le piccole comunità cristiane devono essere inculturate nel loro luogo, tempo e popolo. In altri termini, solo se diventano veramente inculturate le piccole comunità cristiane possono essere una genuina forza per l’evangelizzazione. Solo così esse scoprono ciò che il Vangelo e la tradizione cristiana dicono nella loro situazione particolare e lo mettono in pratica mediante l’integrazione di fede e vita. «La vocazione delle piccole comunità cristiane è quella di custodire la coscienza della Chiesa per l’inculturazione. Perciò la conquista o la perdita del futuro dipende da esse».46 Le piccole comunità cristiane vengono presentate come «le custodi della coscienza della Chiesa per l’inculturazione»,47 nonché come un centro e una forza genuina per l’evangelizzazione (cf. Christifideles laici, n. 61; Ecclesia in Asia, n. 25). Inoltre si dovrebbe considerare l’importanza dell’inculturazione per la partecipazione dei laici alla missione della Chiesa. C’è una relazione inseparabile fra le piccole comunità cristiane, che spingono verso una Chiesa partecipativa, e l’inculturazione, che deve essere sempre perseguita. I Vescovi dell’Asia sottolineano la necessità della partecipazione di tutto il popolo di Dio, e specialmente dei laici, all’inculturazione: «Una più ampia inculturazione del Vangelo a ogni livello della società in Asia dipenderà considerevolmente dalla formazione appropriata che le Chiese locali sapranno dare al laicato».48 Nella Chiesa cattolica in Corea, l’inculturazione delle piccole comunità cristiane richiede un dialogo reciproco con gli aspetti sociali, ambientali e culturali specifici della religiosità popolare. L’inculturazione è il processo e il risultato della scoperta dell’identità e dei ruoli della Chiesa locale. Perciò non è solo necessario ma anche urgente riflettere sul modo in cui le piccole comunità cristiane in Corea si sono inculturate e su ciò che ancora resta da fare per la loro inculturazione. Rinascere come Chiesa povera per i poveri La Chiesa cattolica in Corea ha cercato con grande impegno di incamminare le parrocchie verso una comunità di comunità (piccole comunità cristiane), per realizzare la visione e gli insegnamenti del concilio Vaticano II. Questo corrisponde anche al messaggio di papa Francesco e alla sua esortazione apostolica Evangelii gaudium. Recentemente la Commissione per le piccole comunità cristiane della CBCK ha tenuto la sua XIII Assemblea nazionale, dal 23 al 25 giugno, al Centro Aron a Suwon. Lo scopo principale era quello di riflettere sull’identità e sulla missione delle piccole comunità cristiane alla luce della Evangelii gaudium. Durante l’Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane, circa 236 partecipanti provenienti da 13 delle 16 diocesi della Corea hanno condiviso le loro esperienze di vita nelle piccole comunità cristiane. Nel loro documento finale49 i partecipanti hanno affermato: «La promozione delle piccole comunità cristiane per condividere e proclamare la gioia del Vangelo e la trasformazione della parrocchia attualmente esistente “in comunità di comunità… centro di costante invio missionario”»50 costituiscono «un rinnovamento essenziale che non può essere rinviato».51 I partecipanti hanno riconosciuto e confermato che le piccole comunità cristiane possono diventare segni di speranza, incarnando «una comunità di discepoli missionari», «in uscita».52 Hanno dichiarato che i membri delle piccole comunità cristiane continueranno a sforzarsi di abbracciare le tristezze e le angosce, nonché le gioie e le speranze delle persone nella loro vita quotidiana. Si è riscoperta la piccola comunità cristiana radicata nella Parola e ubicata nel quartiere fra la gente come «un ospedale da campo dopo la battaglia» per gli emarginati, gli oppressi e i poveri nel nostro contesto.53 In realtà le piccole comunità cristiane, non solo nella Chiesa cattolica in Corea ma anche in molte Chiese asiatiche, hanno dimostrato di poter essere una base e una pietra d’angolo per sostenere e alimentare «tutti i membri del popolo di Dio» e trasformarli in «discepoli-missionari» e «soggetti attivi di evangelizzazione».54 Noi speriamo che le voci vibranti delle piccole comunità cristiane nella Chiesa in Asia, ricolme della gioia del Vangelo sotto la guida dello Spirito Santo, risuonino profondamente come un canto di pace, giustizia, vita, speranza e amore nel mondo al di là della Chiesa in Asia. Oggi, la formazione di piccole comunità cristiane nella Chiesa cattolica è un fenomeno mondiale. La loro promozione ha permesso la crescita e la partecipazione più attiva dei laici alla missione della Chiesa. È la forza dello Spirito Santo nel nostro tempo e nei nostri luoghi a guidare la Chiesa a rispondere ai segni dei tempi e a rinnovarsi. Le piccole comunità cristiane non sono solo uno dei tanti movimenti esistenti nella Chiesa, ma sono la Chiesa in cammino verso la sua rinascita come «una Chiesa povera per i poveri».55 Noi speriamo di tutto cuore che la visita di papa Francesco in Corea del Sud e la Giornata della gioventù asiatica nella sua testimonianza di seguire Gesù ispiri, incoraggi, sfidi e guidi noi, e specialmente tutti i giovani dell’Asia, a uscire verso «tutte le “periferie” che hanno bisogno della luce del Vangelo».56 Papa Francesco ci sussurra: «Non abbiate paura! Siamo fragili, e lo sappiamo. Ma lui è più forte!».57 (tratta dalla rivista “Il Regno – attualità” 14/2014) __________________________________________________________________________________________ Francesco, Discorso in Piazza San Pietro, 18.5.2013; Regno-doc.11,2013,323. Cf. Paolo VI, esort. apost. Evangelii nuntiandi, 8.12.1975, n. 58; EV 5/1662ss; Giovanni Paolo II, esort. apost. postsinodale Christifideles laici, 30.12.1988, n. 26; EV 11/1711. 3 Giovanni Paolo II, esort. apost. postsinodale Ecclesia in Asia, 6.11.1999, n. 25; EV 18/1866. 4 Francesco, esort. apost. Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, 24.11.2013, nn. 110-134; Regno-doc. 21,2013,662667; A. Spadaro, «Intervista a papa Francesco», in La Civiltà cattolica 164 (2013) 3918, 19.9.2013, 449-477. 5 Seok Woo Choi, «[L’origine della Chiesa cattolica in Corea]», [Ministry] (1984) 91, 5-7; «The History of the Catholic Church in Corea», in english.cbck.or.kr/history (visitato il 27.11.2009). 6 DaiWi Chung, «Christianity and the religious world of East Asians: the principle of three religions as one», in Asian Contextual Theology for the Third Millennium: A Theology of Minjung in Fourth-Eye Formation, a cura di P.S. Chung, V.-M. Karkkainen, K.J. Kim, Pickwick, Allison Park 2007, 270. 7 Seok Woo Choi, «[La situazione e missione sociale e politica del primo periodo della Chiesa cattolica in Corea]», in [Ministry] (1992) 157, 6. 8 Chang Seok Kim , Seok Woo Choi (a cura di), Lives of 103 Martyr Saints of Korea, Committee for Bicentennial Commemorative Projects of the Catholic Church in Korea, Seoul 1984, 162. 9 CBCK, [Le statistiche 2013 della Chiesa cattolica in Corea], 31.12.2013. 10 Diocesi di Jeju, [Un piano per rivitalizzare le piccole comunità cristiane della diocesi cattolica di Jeju], Diocesi cattolica, Jeju 2008. 8-9. 11 Comi tato per l’Assemblea pastorale nazionale, The Management of Church, Arcidiocesi di Seoul, Seoul 1984, c. 21, nn. 67-72. 12 Comi tato dell’Assemblea pastorale nazionale, The Agenda of Regional Ministry, Arcidiocesi di Seoul, Seoul 1984, sez. 53. 13 Arci diocesi di Seoul, 1992[Lettera pastorale 1992], Seoul 1992; 1993 [Lettera pastorale 1993], Seoul 1993. 14 Diocesi di Jeju, 2003[Orientamenti pastorali 2003], Jeju 2003, 6. 15 Ivi, 7. 16 Arci diocesi di Seoul, 1992[Lettera pastorale 1992], 2. 17 Diocesi di Jeju, 2004[Orientamenti pastorali 2004], Jeju 2004, 4. 18 Questi elementi sono: 1) i membri delle piccole comunità cristiane si riuniscono nel quartiere; 2) l’elemento comune è la condivisione del Vangelo; 3) i membri agiscono a partire dalla fede e servono gli altri; 4) le piccole comunità cristiane sono collegate con la Chiesa universale. 19 Woo Il Kang, The Fundamental Paradigm of the Church, Diocesi di Jeju, Jeju 2009, 2-9. 20 Ivi, 7-9. 21 Ivi, 3-4, 7, 9. 22 Ivi, 5, 8-9. 23 Ivi, 3, 5, 9; F.F. Claver, The Making of a Local Church, Orbis Book, New York 2008, 137s. 1 2 Joo Hyun Ro, «SCCs and the Jeju diocese. Intervista al vescovo Woo Il Kang», Jeju 31.10.2009. Il primo sinodo dell’arcidiocesi di Daegu è iniziato nel novembre 1997 e terminato nell’ottobre 1999. 26 Uffici o del ministero pastorale di Daegu e Centro di ricerca pastorale integrale, The Status Quo and the Prospect of Daegu Archdiocese, 11. 27 Diocesi di Jeju, [Proposta di riforma della struttura pastorale parrocchiale nelle aree rurali], Jeju 2009; Id.,[Un piano per rivitalizzare le piccole comunità cristiane della diocesi cattolica di Jeju], 20-25; Chiesa di Nohyeong, [Un rapporto sulle piccole comunità cristiane della parrocchia di Nohyeong], Jeju 2008, 46. 28 Diocesi di Jeju, [Proposta di riforma della struttura pastorale della diocesi di Jeju], 2-14. 29 Questo aspetto è stato sottolineato, in relazione alle piccole comunità cristiane, anche dal Colloquio asiatico sui ministeri svoltosi nel 1977: «Noi crediamo che si possa promuovere la leadership partecipativa condivisa come stile per le nostre comunità cristiane di base, nelle quali c’è consultazione, dialogo e condivisione. In questo modo le persone si sentiranno responsabili e partecipanti al processo decisionale su questioni che toccano tutta la comunità» (FABC, The Asian Colloquium on ministries in the Church. Conclusions, n. 46). 30 E.S. de Guzman, «AsIPA Research Project Report: the Diocese of Jeju, Corea», in F. Macalinao sj (a cura di), AsIPA Research Project. East Asia Pastoral Review 48(2011) 1-2, 55-57. 31 Il prospetto analitico dei risultati del sondaggio qui ripreso è tratto da J. Yong Kim , [Realtà e prospettive pastorali delle piccole comunità cristiane nella Chiesa cattolica in Corea] (VII Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane in Corea, 2008); The Researc h Center for Integral Pastoral Approach in Archdiocese of Seoul, [I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane], Seoul 2005, 242-248; Diocesi di Jeju, [I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane nella diocesi di Jeju. Rapporto sull’indagine sulla vita di fede nella parrocchia di Seogwipo], Jeju 2008, 117-118; Arci diocesi di Daegu, [La situazione attuale e le prospettive dell’arcidiocesi DaeGu], DaeGu 2007, 193. 32 Settore «Strategia pastorale integrale asiatica», ASIPA General assembly III, 34. 33 Ufficio del Sinodo, The survey of public opinion of clergy in Synod of Archdiocese of Seoul, Seoul 2002, 8. 34 Ivi. 35 The Research Center for Integral Pastoral Approach in Archdiocese of Seoul, I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane, 242-248; Diocesi di Jeju, I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane nella diocesi di Jeju, 117-118; Arcidiocesi di Gwangju, [Rapporto sul sondaggio sul laicato per la celebrazione del 70° anniversario di fondazione della diocesi], Gwangju 26; Arci diocesi di Daegu, La situazione attuale e le prospettive dell’arcidiocesi DaeGu,193. 36 Giovanni Paolo II, esort. apost. postsinodale Pastores dabo vobis sulla formazione dei sacerdoti, 25.3.1992, n. 12; EV 13/1215. 37 Settore «Strategia pastorale integrale asiatica», Documento finale della IV Assemblea generale, 183, n. 5.3. 38 Diocesi di Jeju, I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane nella diocesi di Jeju, 110-111. 39 Benedetto XVI, Messaggio per la giornata mondiale della pace 2010; Regno-doc. 1,2010,1ss. 40 Uffici o del Sinodo della diocesi di Cheongju, [Fare la buona parrocchia – Rapporto del sondaggio sui fedeli], Cheonju 2006, 60. 41 J.P. Vandenakker, Small Christian Communities and the Parish, Sheed&Ward, Kansas City 1994, 97-99. 42 Claver, The making of a local Church, 94. 43 Comi tato per il Consiglio pastorale della Chiesa cattolica in Corea, [L’agenda della gestione ecclesiologica], The Catholic Publisher, Seoul 1984, nn. 67-69. 44 Settore «Strategia pastorale integrale asiatica», Documento finale della IV Assemblea generale, n. 6. 45 Won Jun, The Small Christian Communities in the Corean Catholic Church, Diocesi di Jeju, Jeju 2009, 16-17. 46 A. Shorter, Toward a Theology of Inculturation, Geoffrey Chapman, London 1988, 270. 47 Ivi. 48 Giovanni Paolo II, Ecclesia in Asia, n. 22; EV 18/1854. 49 XIII Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane di Corea, Documento finale, 23-25.6.2014, Suwon, n.2.3. 50 Francesco, Evangelii gaudium, n. 28; Regno-doc. 21,2013,646. 51 XIII Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane di Corea, Documento finale, nn. 27-33. 52 Ivi; Francesco, Evangelii gaudium, n. 24; Regno-doc. 21,2013,645. 53 XIII Assemblea nazionale delle picc ole comunità cristiane di Corea, Documento finale, nn. 3.3; 4.3. 54 Francesco, Evangelii gaudium, n. 120; Regno-doc. 21,2013,664. 55 Francesco, Evangelii gaudium, n. 198; Regno-doc. 21,2013,679. 56 Ivi, n. 20; Regno-doc. 21,2013,645. 57 Francesco, Discorso ai movimenti nella Veglia di Pentecoste, 18.5.2013; Regno-doc. 11,2013,322. 24 25 * Segretaria esecutiva per il settore «Strategia pastorale integrale asiatica » dell’Ufficio per il laicato e la famiglia della Federazione delle Conferenze dei vescovi dell’Asia (FABC), e segretaria esecutiva del Comitato per le piccole comunità cristiane della Conferenza dei vescovi cattolici di Corea (CBCK); ricercatrice dell’Istituto pastorale cattolico di Corea della CBCK.