La forza del Vangelo in Corea

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La forza del Vangelo in Corea
La forza del Vangelo in Corea
La pastorale delle piccole comunità cristiane
di Bibiana Joo-hyun Ro*
Con la sua testimonianza autentica della «gioia del Vangelo», papa Francesco ha toccato profondamente
non solo i cattolici, ma anche molte persone di altre religioni o lontane dalla fede. Una testimonianza che passa
anche attraverso la sua vita: «Il mondo di oggi ha tanto bisogno di testimoni. Non tanto di maestri, ma di
testimoni. Non parlare tanto, ma parlare con tutta la vita».1 La sua voce ispirata e profetica è echeggiata
profondamente nei nostri cuori.
La visita di papa Francesco in Corea del Sud, principalmente per partecipare alla VI Giornata della
gioventù asiatica, dal 14 al 18 agosto prossimi, sarà un avvenimento veramente storico per gli asiatici. Il tema
dell’evento è «Giovani dell’Asia! Svegliatevi! La gloria dei martiri risplende su di voi: “Se siamo morti con
Cristo, crediamo che anche vivremo con lui” (Rm 6,8)». Il suo viaggio per partecipare alla Giornata della gioventù
asiatica dimostra la sua apertura, passione, amore e vicinanza ai giovani e all’Asia.
Questa visita speciale sarà una buona occasione per conoscere la Chiesa cattolica in Corea, che ospita
l’evento, e per ascoltare le sue esperienze in materia di rinnovamento della Chiesa e promozione di una nuova
evangelizzazione attraverso le piccole comunità cristiane, o comunità ecclesiali di base, fin dal 1992. Riguardo
all’evangelizzazione, le piccole comunità cristiane (comunità ecclesiali di base) sono state considerate «vere
espressioni di comunione ecclesiale e centri di evangelizzazione»2 e «una genuina forza per l’evangelizzazione».3
Inoltre, poiché papa Francesco ha posto l’accento sulla centralità del ruolo e della missione del «popolo di
Dio» per la nuova evangelizzazione del mondo,4 per rispondere al suo appello a favore di una nuova
evangelizzazione è molto importante per noi approfondire la comprensione delle piccole comunità cristiane.
Perciò questo saggio intende esaminare come e perché sono state promosse le piccole comunità cristiane, e quali
aspetti di esse dovrebbero essere maggiormente considerati e definiti per svilupparle in modo più autentico
all’interno della Chiesa cattolica coreana nella visione prospettica del concilio Vaticano II. Sarà una lettura di
riflessione esperienziale piuttosto che teoretica e teologica. Dopo una breve introduzione sulla storia della Chiesa
cattolica in Corea si descriveranno il processo, l’obiettivo e il contesto della promozione delle piccole comunità
ecclesiali, esplorandone i quattro elementi essenziali insieme al rinnovamento della struttura pastorale
parrocchiale a partire dalla visione di una Chiesa partecipativa. Con una riflessione sui benefici e le sfide delle
piccole comunità di base e alcuni suggerimenti.
Questo studio si concentra sul processo, la visione e i risultati delle comunità delle arcidiocesi di Seoul e
Jeju, tra le 16 diocesi coreane, con qualche accenno ai risultati di indagini anche in altre diocesi, in quanto
l’esempio offerto da due diocesi può mostrare gli aspetti generali delle piccole comunità ecclesiali in Corea.
L’obiettivo è anche di capire come esse possano rispondere agli impulsi dell’esortazione apostolica Evangelii
gaudium di papa Francesco.
Alle origini della Chiesa cattolica in Corea
Nel XVII secolo, il cattolicesimo venne presentato agli intellettuali della dinastia Choson da
pubblicazioni cattoliche tradotte in cinese come una delle nuove idee e conoscenze pratiche. Essi studiarono
quelle pubblicazioni sul cattolicesimo e cercarono di praticarne gli insegnamenti a livello personale. Nel 1784,
uno di loro, Seung Hoon Lee (1756-1801), ricevette il battesimo in Cina, a Pechino, ritornò in Corea e cominciò
a battezzare altri coreani.5 Fu così che venne fondata la Chiesa cattolica in Corea. Quei credenti cominciarono a
tenere riunioni Myongryebang (명례방) come una comunità di fede cristiana. In Corea dunque abbiamo la
situazione unica di una fede cattolica volontariamente accolta e diffusa dai laici e dalle loro comunità di fede
senza l’intervento di missionari e sacerdoti provenienti dall’estero fino al 1795.
Gli uffici governativi conservatori, imbevuti di confucianesimo, considerarono il cattolicesimo sovversivo
e pieno di idee pericolose e di minacce a causa dei valori che propugnava: dignità, diritti e uguaglianza degli
esseri umani indipendentemente da classe, genere e razza. Nel contesto del confucianesimo, questi valori del
cattolicesimo erano considerati «una credenza pericolosa che viola il sistema sociale gerarchico
».6 In particolare, la proibizione da parte della Chiesa cattolica dei riti ancestrali tradizionali, che derivavano dal
confucianesimo e permeavano tutto il popolo coreano, provocò conflitti culturali e persecuzioni.
Di conseguenza la grave persecuzione e soppressione dei cattolici durò quasi un secolo, dal 1791 al 1886,
e circa 10.000 fedeli, fra cui 10 sacerdoti, morirono martiri.7 Fra questi martiri, 103 sono stati canonizzati nel
1984: 11 chierici e 92 laici, di cui 47 donne e 45 uomini.8
Finalmente nel 1886 la Chiesa cattolica in Corea ottenne la libertà di religione, ma attraversò un periodo
oscuro durante l’occupazione giapponese e la guerra di Corea. Dopo questi sconvolgimenti politici, sociali e
culturali, la Chiesa cattolica in Corea è cresciuta rapidamente. Dagli anni Sessanta agli anni Novanta il numero dei
cattolici in Corea è notevolmente aumentato. Le attività e gli impegni della Chiesa cattolica nel campo della
giustizia sociale, della pace e del bene comune durante il processo del movimento democratico contro la dittatura
militare ne hanno assicurato la crescita. In base alle statistiche del 2013, essa conta 16 diocesi e 1.668 parrocchie.
I cattolici sono 5.442.996, pari al 10,4% della popolazione totale, con 4.865 sacerdoti.9
Durante tutta la sua storia, la partecipazione attiva dei laici alla sua missione e la loro spiritualità del
martirio e della testimonianza sono diventate la pietra angolare della Chiesa cattolica in Corea. Questi esempi
sono tuttora luminosi e significativi per i cattolici coreani. E sono anche la fonte cui attingono le piccole comunità
cristiane che sono alla base della parrocchia.
La promozione delle piccole comunità cristiane
La maggior parte delle diocesi della Chiesa cattolica coreana ha promosso ufficialmente le piccole
comunità cristiane da quando l’arcidiocesi di Seoul le introdusse nel 1992 come priorità pastorale a lungo termine
per la «nuova evangelizzazione», direttamente in risposta a un appello lanciato dalla V Assemblea plenaria della
Federazione delle conferenze episcopali dell’Asia (FABC) a favore di «un nuovo modo di essere Chiesa: una
Chiesa partecipativa». Era un impegno al rinnovamento, che originava dal concilio Vaticano II e dalla sua
ecclesiologia di comunione. L’arcidiocesi di Seoul ha progressivamente elaborato modelli, metodi, corsi di
formazione, programmi e materiali per realizzare le piccole comunità cristiane, e molte altre diocesi ne hanno
adottato l’approccio. Piuttosto in ritardo anche la diocesi di Jeju ha introdotto le piccole comunità cristiane a
livello diocesano, quando nel 2002 vi è stato nominato vescovo Peter Kang Uil, che le aveva introdotte
nell’arcidiocesi di Seoul. Egli le ha subito promosse con grande impegno come priorità pastorale e fonte
essenziale del rinnovamento della Chiesa. Concretamente, l’Ufficio per l’evangelizzazione della diocesi di Jeju
ha deciso di ripartire il processo di attuazione delle piccole comunità cristiane in tre fasi progressive su un periodo
di otto anni.10
La caratteristica veramente unica della promozione delle piccole comunità cristiane in Corea rispetto alle
piccole comunità cristiane di altri paesi è lo sforzo coreano di trasformare le preesistenti riunioni ban (반, 班:
sezione divisa a livello geografico) e guyeok (구역, 區域: distretto formato da vari ban) in piccole comunità
cristiane. Le riunioni ban esistevano in molte parrocchie in Corea fin dagli anni Settanta. Erano le unità basilari
della parrocchia, che era uniformemente divisa sulla base di un’area residenziale. Rispecchiavano la concezione
della struttura governativa di controllo del popolo. Erano organizzate principalmente come strutture
amministrative per coadiuvare i sacerdoti nella gestione della parrocchia. Perciò normalmente i partecipanti alle
riunioni ban si limitavano ad ascoltare, a eseguire gli ordini e ad aiutare i pastori. Tuttavia inizialmente le piccole
comunità cristiane in Corea si basarono sulle riunioni ban preesistenti, per cui, quando si chiese di trasformare le
riunioni ban in vere piccole comunità cristiane, molti laici e sacerdoti non riconobbero le differenze fra le riunioni
ban e quelle delle piccole comunità cristiane. Questa tendenza esiste ancora in Corea.
La Chiesa cattolica in Corea ha riflettuto sulla necessità del rinnovamento della Chiesa e ha cercato una
strada verso una comunione di comunità, comunità di servizio e comunità di testimonianza al Vangelo nella
prospettiva del concilio Vaticano II. La voce profetica del Concilio è risuonata e ha ispirato il popolo di Dio nella
Chiesa in Corea. La promozione delle piccole comunità cristiane è stata certamente associata con questa
riflessione e visione della Chiesa.
In particolare, prima di essere introdotte nella Chiesa cattolica in Corea dalla Chiesa istituzionale a livello
diocesano nel 1992, già nel 1984, quando si celebrò il 200° anniversario della Chiesa cattolica in Corea, nel
Governo della Chiesa dell’Assemblea pastorale nazionale si presentava la comunità ecclesiale di base come un
metodo pastorale per il rinnovamento delle parrocchie, basato sull’ecclesiologia di comunione del concilio
Vaticano II.11 Questa assemblea spiegava che l’ideale sarebbe stato quello di sviluppare le riunioni ban come
comunità ecclesiali di base.12
Rinnovamento e partecipazione
Nel 1992 il card. Stephen Kim Sou-hwan annunciò il lancio dell’evangelizzazione attraverso le piccole
comunità cristiane. Parlò della necessità di formare piccole comunità cristiane collegate al rinnovamento della
Chiesa. Le riteneva un modello auspicabile di un nuovo modo di essere Chiesa, in grado di risolvere le sue
difficoltà e rispondere alle sfide che aveva di fronte: il fedele ha perso il senso dell’appartenenza e della
solidarietà come una comunità di koinonia; la crescita dell’estensione della Chiesa e del numero dei fedeli ha
determinato un ampliamento delle parrocchie; in questa situazione, i fedeli non sono più in grado di sperimentare
il senso dell’appartenenza, della solidarietà, della comunità e della koinonia; i pastori fanno molta fatica a
intrattenere relazioni personali con i parrocchiani.13
Il vescovo Peter Kang illustrò le ragioni concrete per la formazione delle piccole comunità cristiane
riflettendo sull’attuale realtà delle parrocchie in Corea. Attirò l’attenzione sul numero crescente di non praticanti
per mostrare che la Chiesa battezza le persone, ma non sembra in grado di evangelizzarle e di accompagnarle nel
loro cammino di fede. Perciò si dovevano formare piccole comunità cristiane per affrontare e vincere queste sfide:
«La parrocchia è stata l’unità basilare più piccola della Chiesa nel corso della sua lunga storia. Ma oggi le nostre
parrocchie sono troppo grandi per potersi conoscere e riunire. Per rivitalizzare la parrocchia si dovrebbero formare
piccole comunità cristiane, che permettono la relazione interpersonale e la condivisione del senso di appartenenza
fra i parrocchiani».14
Le piccole comunità cristiane sono considerate anche il nucleo ecclesiale, che potrebbe attuare il
rinnovamento della Chiesa attraverso la comunione di comunità.
Come elemento chiave per vitalizzare le piccole comunità cristiane e il loro scopo ultimo si è posto
l’accento sulla profonda partecipazione e koinonia di tutti i fedeli: «Per incarnare in noi la comunità ecclesiale
delle origini dobbiamo essere pazienti e affrontare uno sforzo di lungo periodo. La promozione di una comunità
autentica richiede inevitabilmente il rispetto reciproco, la collaborazione e la dedizione di tutto il popolo di Dio.
Dobbiamo comprendere profondamente che cos’è la Chiesa per diventare una Chiesa autentica. Anzitutto
dobbiamo imparare a riconoscere la concezione della Chiesa basata sulla Lumen gentium del concilio Vaticano II.
Dobbiamo partire dalla comprensione dell’identità e del ruolo delle piccole comunità cristiane in questa Chiesa.
Per comprendere questo piano ecclesiale dello Spirito Santo, dobbiamo cercare di imparare in che cosa consiste la
vocazione e il ruolo di ciascuno di noi».15
Qui si sottolinea che prima di tutto e sopra tutto, i fedeli – clero, religiosi e laici – debbono essere
consapevoli e imparare a riconoscere la loro identità e missione ecclesiale come popolo di Dio e il significato
delle piccole comunità cristiane nella Chiesa. E si sottolinea che tutti i fedeli debbono partecipare attivamente nei
vari ministeri, scoprendo i loro carismi personali. Il card. Stephen Kim ha affermato che la Chiesa deve portare la
buona novella alla società coreana malata di materialismo, individualismo e secolarismo.16 Anche la diocesi di
Jeju mostra chiaramente che la promozione delle piccole comunità cristiane è strettamente legata sia al ruolo della
Chiesa nel mondo sia al rinnovamento della Chiesa: «Lo scopo della promozione delle piccole comunità cristiane
è quello di rinnovare la Chiesa per trasformarla in un’autentica comunità in comunione, amicizia, unità e
condivisione. È un totale cambiamento di paradigma da parte della Chiesa, che mira a trasformare il mondo.
Questo scopo può essere raggiunto solo dalla comunità di tutti i fedeli in collaborazione e solidarietà, non da
individui».17
Le piccole comunità cristiane vengono descritte come comunità che testimoniano la parola di Dio, la sola
in grado di produrre un cambiamento di paradigma nella Chiesa, partecipano alla promozione della giustizia
sociale e della pace, ripristinano la dignità e i diritti degli esseri umani nel mondo. Le piccole comunità cristiane
sono concepite come entità nelle quali si rende presente il regno di Dio. Esse cercano consapevolmente di vivere
nel loro ambiente i valori che caratterizzano il regno di Dio: uguaglianza, partecipazione, amicizia, comunione.
I quattro elementi essenziali
Le caratteristiche delle piccole comunità cristiane, nei termini dei quattro elementi descritti dal settore
«Strategia pastorale integrale asiatica» dell’Ufficio per il laicato e la famiglia della FABC18 e dall’Istituto
pastorale di Lumko in Sudafrica, sono stati ulteriormente sviluppati dalla Chiesa cattolica in Corea. Sono molto
simili alla descrizione del settore «Strategia pastorale integrale asiatica» e dell’Istituto di Lumko, ma sono state
approfondite attraverso lo studio delle quattro principali costituzioni del concilio Vaticano II e del Nuovo
Testamento, incentrando l’attenzione su At 2,42-47 e Mc 6,34-44.19
Innanzitutto i fedeli si riuniscono in piccoli gruppi per sperimentare la vita comunitaria. Un gruppo di
fede cerca di riunire tutti i membri della famiglia e si incontra regolarmente nelle case a turno. In questa riunione i
fedeli possono sperimentare nuovamente i legami fraterni, vivere l’amicizia, l’attenzione e la cura reciproca, uno
stretto contatto e un senso di solidarietà basato sulla fede comune. In breve, la riunione mira alla costruzione della
«vita comunitaria» a partire dalla fede. La Chiesa deve testimoniare e vivere la comunione (koinonia) della
comunità salvata (cf. Lumen gentium nn. 1, 9, 23; At 2,42.44; Mc 6,39).20
I fedeli, in secondo luogo, si riuniscono nella forza della parola di Dio. Nelle piccole comunità cristiane i
membri sono orientati verso l’ascolto e la condivisione della parola di Dio per dimorare in Cristo, che è la parola
di Dio incarnata nel mondo. Essa nutre spiritualmente i fedeli e li fa crescere nella prospettiva evangelica per
vedere, discernere e trasformare la realtà del mondo (cf. Dei Verbum, nn. 10, 21, 22, 24-25; At 2,42.46; Mc
6,37.41-42).21
Come terzo aspetto, i fedeli tendono a mettere in pratica la parola di Dio nella vita quotidiana concreta nel
loro ambiente. Nelle piccole comunità cristiane, i membri cercano di rispondere alle loro reciproche necessità e a
quelle del loro prossimo. È un modo di vivere e praticare la loro attività evangelizzatrice per la trasformazione del
mondo nel regno di Dio in un determinato luogo e tempo come discepoli di Gesù (cf. Gaudium et spes, nn. 47-52;
At 2,44-45.47; Mc 6,38.43). In questo elemento si sottolineano il ruolo e il dovere profetico e l’impegno
missionario concertato dei fedeli come comunità e non come individui.22
Infine, i fedeli pregano insieme in comunione con la Chiesa universale. Nelle piccole comunità cristiane i
membri si sostengono a crescere insieme nella loro vita spirituale attraverso riunioni regolari basate sulla
preghiera comune, sulla condivisione del Vangelo e su altri riti e celebrazioni liturgiche. Le piccole comunità
cristiane creano l’ambiente della spiritualità comunitaria (cf. Sacrosanctum Concilium, nn. 7, 24, 51; At 2,42.4647; Mc 6,41).23 L’unità fra le piccole comunità cristiane e la Chiesa universale appare più profonda ed evidente
come crescita spirituale olistica dei fedeli in collegamento con la comunione spirituale della Chiesa universale
piuttosto che unicamente attraverso il loro collegamento con i pastori della parrocchia. Bisogna incrementare nei
fedeli la consapevolezza dell’importanza della spiritualità e l’impegno a viverla più intensamente attraverso la
partecipazione alle piccole comunità cristiane per vitalizzarle e sostenerle come base vivente della Chiesa.24
Questi quattro elementi essenziali delle piccole comunità cristiane sono importanti anche per la missione
fondamentale della Chiesa: koinonia (comunione/comunità), kerygma (parola di Dio), martyria (testimonianza),
diakonia (servizio), liturgia (culto). Questa prospettiva approfondisce e sostiene l’entità e la realtà delle piccole
comunità cristiane scaturite dalla tradizione della Chiesa, ma anche da una risposta pastorale ai bisogni e agli
attuali segni dei tempi.
Trasformazione strutturale della pastorale parrocchiale
Una struttura della Chiesa che persegue la visione del concilio Vaticano II – comunità di comunione,
Chiesa partecipativa – dovrebbe corrispondere a questa visione. «Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti
si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi e così l’uno e
gli altri si conservano» (Mt 9,17). Le diocesi impegnate nella promozione della piccole comunità cristiane in
Corea sono consapevoli della necessità di riorganizzare la struttura del consiglio pastorale parrocchiale per
permettere ai loro responsabili di partecipare al processo decisionale e occupare posizioni direttive. In base ai
rapporti e ai documenti sulle piccole comunità cristiane nella Chiesa cattolica in Corea, il rinnovamento della
struttura del consiglio pastorale parrocchiale è indispensabile. In altri termini, le piccole comunità cristiane
devono costituire la base del consiglio pastorale parrocchiale.
Concretamente varie diocesi – Seoul, Jeju, Suwon, Daegu, Incheon – hanno proceduto a livello
istituzionale alla trasformazione della struttura del consiglio pastorale parrocchiale esistente, costituito da comitati
specifici e orientato verso l’attività funzionale, la gestione efficiente e un sistema centralizzato. Un nuovo modello
di consiglio pastorale parrocchiale prevede una nuova forma di struttura parrocchiale, basata sulle piccole
comunità cristiane, nella quale i loro rappresentanti costituiscono la base del processo di programmazione e
decisione, partecipandovi attivamente. Questa nuova struttura permette ai fedeli, nelle piccole comunità cristiane,
di esercitare in modo continuo e consistente la responsabilità e l’autorità in materia di apostolato parrocchiale,
indipendentemente dall’interesse e dalla preferenza pastorale del singolo sacerdote.
Concretamente, in seguito al Sinodo dell’arcidiocesi di Daegu,25 il sistema del consiglio pastorale
parrocchiale è stato riorganizzato per permettere la partecipazione attiva dei fedeli, specialmente dei membri delle
piccole comunità cristiane.26 In particolare, l’Ufficio per l’evangelizzazione della diocesi di Jeju ha elaborato due
tipi di «nuovo modello di struttura pastorale parrocchiale»: uno per le 12 parrocchie cittadine e l’altro per le 13
parrocchie dei sobborghi e delle aree rurali, e ha chiesto a tutte le 25 parrocchie di applicarlo.27 Da questo punto di
vista si sono riorganizzati anche la struttura pastorale diocesana e i dipartimenti per recepire il sistema
partecipativo e la modalità operativa.28
In Corea il rinnovamento della struttura pastorale parrocchiale esistente mira a permettere ai responsabili
delle piccole comunità cristiane, molti dei quali sono donne, di partecipare al ministero in posizione direttiva –
programmazione e decisione – come rappresentanti dei membri delle loro piccole comunità cristiane. Attraverso
una leadership partecipativa condivisa i responsabili delle piccole comunità cristiane possono far giungere la voce
del popolo di Dio che sta alla base a tutta la Chiesa.29
Nel luglio 2011, in occasione della loro periodica riunione, i direttori del Dipartimento pastorale
diocesano della Chiesa cattolica in Corea hanno chiesto alla Conferenza dei Vescovi cattolici di Corea di studiare
questo tema in modo approfondito. In relazione alle piccole comunità cristiane, il consiglio pastorale parrocchiale
in Corea è stato gradualmente e sempre più ampiamente sollecitato a rinnovarsi per favorire la partecipazione e la
corresponsabilità dei laici e adottare un nuovo stile di leadership, una leadership partecipata e condivisa in base
alle direttive del concilio Vaticano II.
Il Vangelo condiviso
Si è riconosciuta come attività cruciale per le piccole comunità cristiane la regolare condivisione del Vangelo (per
lo più nella riunione settimanale). Essa esercita il maggior impatto sui loro membri. Attraverso la condivisione del
Vangelo, la parola di Dio, il Cristo risorto diventa l’essenza e la fonte della fede e della comunità.30 Essa aiuta i
membri delle piccole comunità cristiane a integrare fede e vita e a rafforzare la vita di fede basata sulla Parola. Le
riunioni frequenti delle piccole comunità cristiane ispirano i loro membri a riflettere più spesso sulla loro vita alla
luce della Parola attraverso la condivisione del Vangelo. La Parola e la preghiera diventano fonte di consolazione,
guarigione, incoraggiamento e speranza per la loro nuova vita. Un sondaggio sull’aiuto offerto dalle piccole
comunità cristiane per la crescita spirituale individuale ha evidenziato un collegamento diretto con la condivisione
del Vangelo. Grazie a essa, i membri delle piccole comunità cristiane riuscivano a vivere maggiormente in
accordo con la Parola (Tab. 1).31
TAB. 1 – FATTORI PER LA CRESCITA SPIRITUALE (INDIVIDUALE)
Accordo fra
vita e Parola
47,9%
Seoul (2005)
31,3%
Jeju (2008)
34,6%
Daegu
(2007)
(valutazione del clero)
Preghiera
frequente
17,4%
14,6%
1,8%
Lettura della
Bibbia e
contemplazione
14,7%
12,7%
26,5%
Fede
profonda
Messa
quotidiana
frequente
Adorazione
eucaristica
frequente
3,1%
5,9%
0,3%
0,7%
13,2%
Ecc.
Non ha
risposto
2,7%
6,8%
14,7%
4%
31,3%
15,8%
La regolare condivisione del Vangelo nella riunione della piccola comunità cristiana, che riflette
sull’esperienza di vita alla luce della parola di Dio, le permette di identificarsi con i complessi problemi, errori e
insuccessi dei membri. Infatti la condivisione del Vangelo porta i membri delle piccole comunità
cristiane ad aprire il loro cuore e a condividere la realtà della loro vita con fiducia e sincerità. Li spinge ad
accogliere la debolezza, la fragilità e la vulnerabilità degli altri, nonché la loro bontà. Il card. Stephen Kim notava:
«La condivisione del Vangelo nelle piccole comunità è il modo più efficace per far risuonare la parola di Dio nella
parte più profonda del nostro essere».32
La promozione delle piccole comunità cristiane ha permesso di ottenere buoni risultati in materia di
partecipazione dei laici e risveglio dei ministeri laicali: una maggiore consapevolezza e partecipazione da parte dei
laici alla visione e missione della Chiesa come comunione di comunità e una Chiesa partecipativa impegnata
nell’evangelizzazione.
Sono emersi molti nuovi responsabili laici. Nell’arcidiocesi di Seoul vi sono circa 20.000 responsabili di
piccole comunità cristiane. Nelle loro parrocchie, i responsabili laici si sono attivati non a servizio esclusivo del
clero, ma del popolo di Dio e delle piccole comunità cristiane quando hanno compreso l’essenza dell’ecclesiologia
di comunione e del ministero laicale. Hanno cominciato a svolgere con impegno e responsabilità il ministero a
servizio della missione della Chiesa quando sono state offerte loro opportunità concrete di condividere e assolvere
i compiti della Chiesa attraverso le piccole comunità cristiane. Con i loro ruoli e la loro partecipazione i laici
promuovono la Chiesa e la sua missione nel mondo. Tutto il popolo di Dio, laici e pastori insieme, svolgono la
stessa attività. Essa richiede una profonda coscienza e consapevolezza dell’incorporazione del fedele cristiano in
Cristo mediante il battesimo. Il popolo di Dio partecipa all’ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, alla
triplice missione ricevuta nel battesimo. Questo richiede la corresponsabilità dei laici nell’esercizio dei ministeri,
insieme con i religiosi e con il clero. Tutti i fedeli sono inseriti nella comunione e inviati al tempo stesso in
missione. Il significato delle riunioni delle piccole comunità cristiane a turno nelle case dei loro membri è stato
espresso in questi termini: a) incoraggiare tutti i membri della famiglia – figli, genitori e anziani – a partecipare
insieme alla riunione della piccola comunità cristiana, che diventa così la base della formazione alla fede per
tutti, specialmente dell’educazione alla fede dei bambini; b) permettere a coloro che non appartengono ad alcuna
associazione apostolica o gruppo parrocchiale, specialmente alle persone isolate anziane o disabili, di parteciparvi
più comodamente e facilmente; c) condividere le proprie esperienze di vita e accrescere e approfondire la
conoscenza e la comprensione della vita degli altri membri; d) permettere di vedere da vicino la vita quotidiana e
le necessità degli uni e degli altri e di comprendersi più in profondità.
Queste esperienze portano i membri delle piccole comunità cristiane a vedere in modi diversi le loro
prove e sofferenze. Essi affermano infatti che la vita di ciascuno di loro potrebbe essere paragonata allo specchio
della nostra vita, che mostra le sfaccettature nascoste e ci induce a riflettere sul suo significato più profondo.
Le sfide e gli ostacoli
Alcuni, specialmente sacerdoti della Chiesa cattolica in Corea, hanno ancora dei dubbi riguardo alla
possibilità o all’opportunità di introdurre oggi le piccole comunità cristiane in Corea. Affermano che la vita
incentrata sulla comunità non si armonizza con lo stile di vita, la mentalità e i valori delle persone nella società
moderna, caratterizzata da secolarismo, materialismo, individualismo, consumismo, globalizzazione e stile di vita
nomade. Tuttavia un sondaggio sui temi relativi alle piccole comunità cristiane, effettuato durante il Sinodo
dell’arcidiocesi di Seoul nel 2002, mostrava che la maggioranza dei sacerdoti (77,9%) era favorevole all’attuale
processo pastorale delle piccole comunità cristiane.33 Riguardo alla prospettiva delle piccole comunità cristiane, il
43,7% di coloro che hanno risposto ha spuntato la casella «riusciranno, con difficoltà» e il 22,1% la casella
«falliranno».34
Inoltre da quattro sondaggi diocesani sulle prospettive delle piccole comunità cristiane (cf. sotto) risulta
che rispettivamente il 64%, 33%, 58% e 40% ha spuntato le caselle «devono esistere», «devono essere
sviluppate». In media, la metà delle risposte è decisamente favorevole alle piccole comunità cristiane. Ma al
secondo posto si collocano coloro che hanno spuntato la casella «la promozione delle piccole comunità cristiane
non dovrebbe essere imposta», con rispettivamente il 22%, il 23%, il 37% delle risposte.35 Questa risposta sembra
rispecchiare una posizione neutra. Non significa né approvazione né disapprovazione delle piccole comunità
cristiane da parte di coloro che hanno risposto. Essa dipende dal fatto che in Corea le piccole comunità cristiane
sono state promosse come politica diocesana o priorità pastorale dall’alto in basso. In base ad altre risposte dei
sondaggi, le piccole comunità cristiane sono assolutamente necessarie per il rinnovamento della Chiesa, benché
incontrino anche sfide, ostacoli e difficoltà (Tab. 2).
TAB. 2 – PERCEZIONE DELL’IMPORTANZA DELLE PICCOLE COMUNITA’ CRISTIANE
Molto necessarie (occorre svilupparle maggiormente)
Sono assolutamente necessarie per il recupero dell’identità della
Chiesa
Non dovrebbero essere imposte
Continuare a riflettere sulle associazioni
E’ una questione che riguarda i responsabili della Chiesa
Sono già abbastanza
Occorre avere un’alternativa
Non ci ho mai pensato
Le piccole comunità cristiane non sono una vera immagine della
Chiesa
Non saprei
Altre
Nessuna risposta
Seoul (2005)
Jeju (2008)
64,4%
33,2%
Gwangju (2007)
Daegu (2007)
40,2%
57,61%
21,6%
23,1%
36,8%
20,29%
10,14%
7,5%
2%
1,6%
5,9%
3,4%
4,2%
4,3%
4,6%
11,1%
1,45%
10,51%
2,8%
30,1%
3%
Alcuni sacerdoti sono indifferenti o riluttanti o esitanti riguardo alla promozione delle piccole comunità
cristiane, questo per varie ragioni: mancanza di comprensione; necessità e sforzi impegnativi per cambiare il
paradigma del modello di Chiesa e lo stile di governo della parrocchia; esistenza ancora troppo breve delle piccole
comunità cristiane nelle parrocchie per poter trarre delle conclusioni affidabili. Può darsi che alcuni sacerdoti si
aspettassero risultati immediati e altamente positivi dall’esistenza di piccole comunità cristiane nella loro
parrocchia. Riguardo a quest’aspetto, si è sottolineato come principale difficoltà il fatto che un numero notevole di
sacerdoti non ha compreso pienamente che cosa sono le piccole comunità cristiane. Può averle considerate
semplicemente un movimento o un metodo per risolvere i problemi e le difficoltà o una sorta di servizio
parrocchiale ausiliario invece di vedere in esse la Chiesa stessa che rinnova la parrocchia orientandola verso la
comunione di comunità. Una concezione condivisa delle piccole comunità cristiane e una corretta comprensione
della visione e della partecipazione dei laici sono condizioni cruciali per vitalizzare le piccole comunità cristiane.
Poiché il ruolo e la disponibilità dei parroci sono essenziali, bisogna perseguire continuamente la ricerca e la
realizzazione di un terreno comune fra i sacerdoti riguardo alla concezione delle piccole comunità cristiane.
Un nuovo stile di leadership e un maggiore coinvolgimento sociale
Alcuni probabilmente considerano le piccole comunità cristiane una sorta di politica o decisione dall’alto,
per cui ne hanno osteggiato il processo accelerato e forzato di promozione. Criticano il fatto che quanti hanno
inizialmente spinto per la loro creazione nella Chiesa cattolica coreana rimangono fondamentalmente all’interno
di una concezione di Chiesa incentrata sul clero, di un sistema fortemente gerarchico e di uno stile di leadership
autoritario. Sottolineano che questo processo e stile di leadership non coincidono con la visione del concilio
Vaticano II. L’atteggiamento della decisione unilaterale, del governo autoritario e del clericalismo nella Chiesa
cattolica in Corea è influenzato dal confucianesimo, dal patriarcato e dalla burocrazia gerarchica della società
coreana.
L’autentica forza di alimentazione e sostegno delle piccole comunità cristiane risiede organicamente nella
dinamica e integrazione dialettica della visione, della missione e dello spirito di una Chiesa partecipativa radicata
nel «mistero della comunione trinitaria in tensione missionaria».36
In materia di leadership, i responsabili e i promotori delle piccole comunità cristiane devono prestare una
maggiore attenzione alla comprensione e allo sviluppo di un nuovo stile di conduzione per formarle nella
prospettiva di una Chiesa partecipativa, basata sull’ecclesiologia di comunione, sulla comunione trinitaria e sullo
stile di vita e ministero di Gesù. In realtà, i promotori delle piccole comunità cristiane in Corea e altrove in altre
Chiese locali asiatiche hanno posto l’accento sul fatto che l’autentica incarnazione di uno «stile di governo non
autoritario e responsabilizzante è cruciale per la costruzione delle piccole comunità cristiane».37
Gli interessi e le attività delle piccole comunità cristiane si limitano alle attività parrocchiali o anche
semplicemente alle loro stesse riunioni. Concretamente il loro punto più debole è quello di non impegnarsi a
rispondere alle necessità del loro prossimo. La maggior parte delle piccole comunità cristiane di base non si sono
ancora coinvolte attivamente nelle tematiche e problematiche sociali. Finora per molte diocesi il punto focale
riguardo alle piccole comunità cristiane è stato prevalentemente interno alla Chiesa. Da un sondaggio sul grado di
soddisfazione dell’attività delle piccole comunità cristiane, effettuato dalla diocesi di Jeju nel 2008, è risultato che
i membri non erano molto soddisfatti delle attività della loro piccola comunità cristiana (Tab. 3).38
TAB. 3 – GRADO DI SODDISFAZIONE DELL’ATTIVITA’ DELLE PICCOLE COMUNITA’ CRISTIANE
Percentuale (%)
Molto alto
Alto
Medio
Basso
Molto Basso
Non risposto
2,8
9,9
29,3
17,5
9,3
31,3
100
Le piccole comunità cristiane dovrebbero interrogarsi su come potersi coinvolgere maggiormente e
profeticamente nei problemi sociali e locali e contribuire alla loro soluzione.
Dovrebbero sforzarsi di uscire e andare incontro al mondo che si trova al di fuori della Chiesa. La partecipazione
delle piccole comunità cristiane alla vita della società locale non è né opzionale né secondaria: è la vocazione e la
responsabilità essenziale dei loro membri, dei laici che vivono nel mondo. Riguardo alla traduzione in pratica
della testimonianza di fede nell’attività delle piccole comunità cristiane si dovrebbero prendere in considerazione
più programmi di azione pratica e pastorale: a) offrire corsi di formazione e di tirocinio sulla dottrina sociale della
Chiesa, specialmente sulla Gaudium et spes, per i membri; b) incoraggiare e sostenere le piccole comunità
cristiane e le famiglie a coinvolgersi nei bisogni e nei problemi dei loro vicini e della società locale; c)
promuovere la partecipazione delle piccole comunità cristiane alla protezione dell’ambiente naturale, secondo le
indicazioni di papa Benedetto;39 d) facilitare la collaborazione fra le piccole comunità cristiane e le altre
associazioni della parrocchia e di altre religioni e organizzazioni senza scopo di lucro, in dialogo e solidarietà sui
temi della giustizia sociale e della pace. La testimonianza di fede in azione nel mondo è la via per realizzare
l’identità e il ruolo delle piccole comunità cristiane come centri, strumenti e agenti di evangelizzazione,
inculturazione e trasformazione della società.
Le tipologie e le definizioni
Il tipo di riunione di gran lunga prevalente delle piccole comunità cristiane in Corea è la riunione di
donne. In genere le donne e gli uomini si riuniscono separatamente nelle piccole comunità cristiane, una tendenza
dovuta al calendario delle riunioni e all’influenza del confucianesimo. Normalmente le donne si riuniscono
durante il giorno e gli uomini, per motivi di lavoro, alla sera. Il tipo di riunione mista, a volte con i figli, sembra
non sia stato attivato. Inoltre le piccole comunità cristiane e le ban della parrocchia sono state organizzate e divise
per aree residenziali. In Corea questo tipo di piccola comunità cristiana è prevalente. A livello parrocchiale esso
permette a tutti i fedeli di appartenere a una determinata piccola comunità cristiana, indipendentemente da livello
economico o educativo, condizione sociale, capacità e personalità.
La ragione principale per la scelta di un stesso tipo di piccole comunità cristiane nella Chiesa cattolica in
Corea è il fatto di essere basate interamente sulla parrocchia. Ciò significa che queste comunità sono state
promosse sistematicamente dalla Chiesa istituzionale nel quadro della pianificazione e politica pastorale. Di
conseguenza si sono costituite piccole comunità cristiane «territoriali». Non si sono praticamente creati altri tipi di
piccole comunità cristiane, come le cosiddette piccole comunità cristiane «volontarie» che sorgono
spontaneamente dalla base.
Secondo alcuni si dovrebbero sviluppare maggiormente vari tipi di piccole comunità cristiane al di là
dell’area residenziale della parrocchia, per garantirne la vitalità per il futuro. Da un sondaggio sull’«intenzione di
partecipare a un nuovo tipo di piccole comunità cristiane», realizzato dalla diocesi di Cheongju nel 2006, risultano
le varie opinioni dei parrocchiani in merito alla loro organizzazione (Tab. 4). 40
TAB. 4 – INTERESSE RISPETTO A DIVERSE TIPOLOGIE DI PICCOLE COMUNITA’ CRISTIANE
Piccole comunità cristiane in base allo stesso interesse
Piccole comunità cristiane con membri della famiglia, compresi i
bambini
Piccole comunità cristiane con le coppie
Entusiasta
Positivo
Contrario
48,2
44,5
Non
interessato
20,9
24,4
28,4
27,7
2,5
3,5
100,0
100,0
25,9
43,8
26,3
0,9
100,0
In conclusione, la Chiesa cattolica in Corea deve fare progressivamente altri passi e creare alcune
condizioni che facilitino la nascita di varie forme di piccole comunità cristiane «volontarie», in grado di convivere
armoniosamente con le piccole comunità cristiane «territoriali». Al riguardo, la Chiesa ha chiesto di ascoltare i
bisogni e i desideri dei fedeli e prendere in considerazione ad experimentum la designazione di una parrocchia
nella quale piccole comunità cristiane «volontarie» possano esistere in relazione di interdipendenza con piccole
comunità cristiane «territoriali».
In base ai documenti della Consultazione internazionale sulle piccole comunità cristiane, tenuta
all’Università di Notre Dame nel 1991, dal 1976 al 1991 i nomi, i termini, i titoli e le espressioni per indicare le
piccole comunità cristiane esistenti nel mondo erano molto numerosi e variegati: circa 3.000 denominazioni
diverse.41 Inoltre, una ricerca della Chiesa delle Filippine sulle piccole comunità cristiane, effettuata nel 1995,
dimostrava l’esistenza di 93 denominazioni diverse delle piccole comunità cristiane nella varie diocesi del paese.42
Nella Chiesa cattolica in Corea invece quasi tutte le comunità della parrocchia sono state indicate con
espressioni molto simili: o «piccole comunità cristiane» o «piccole comunità cristiane ban», con il nome di una
riunione preesistente – o ancora esistente – di fedeli prima dell’introduzione delle piccole comunità cristiane. Ci si
è spesso chiesti quale denominazione potrebbe essere la più appropriata. Nella sua uniformità la denominazione
coreana è indice di un analogo processo di formazione e di un analogo modello di caratterizzazione e di
promozione. L’uso dell’espressione «piccole comunità cristiane» è dipeso dall’influenza esercitata dai risultati
della ricerca dell’Istituto Lumko in Sudafrica, infatti negli anni Ottanta in Corea si usava un’altra espressione,
«comunità (ecclesiale) di base».43 Ma la Chiesa cattolica in Corea ha elaborato ampie interpretazioni del
significato di piccole comunità cristiane.
Potrebbe valere la pena riflettere più profondamente sul significato di questa espressione e ripensare a
livello locale quale potrebbe essere il modo migliore di chiamare le piccole comunità cristiane nel contesto della
Corea. Infatti le varie terminologie hanno una diversa implicazione teologica, ecclesiologica e pastorale e una
diversa sottolineatura e risposta alle preoccupazioni e necessità locali in un contesto particolare.
La partecipazione delle donne alla leadership
Le donne responsabili delle piccole comunità cristiane, come quelle impegnate negli altri vari ministeri,
sono ancora considerate aiutanti passive o factotum dei sacerdoti, da usare con responsabilità limitata o senza
responsabilità e autorità condivisa, pur essendo chiamate responsabili. Le donne responsabili delle piccole
comunità cristiane non sono pienamente consapevoli della loro identità e del loro ruolo come autentiche
responsabili della comunità e della Chiesa. Inoltre il loro inserimento in posizioni direttive nella struttura della
parrocchia è ancora insufficiente e inappropriato. Occorrerebbe ampliarlo. Nonostante il loro maggiore impegno
rispetto agli uomini nelle attività della parrocchia, le donne sono lontane da ruoli direttivi nel processo di
programmazione e decisione della parrocchia. Benché i responsabili delle piccole comunità cristiane siano per lo
più donne, paradossalmente il numero degli uomini, dei capi di guyeok che coordinano alcune piccole comunità
cristiane a livello di distretto, è superiore a quello delle donne. Si dovrebbe attribuire maggiore potere e rispetto
alle donne responsabili di piccole comunità cristiane per raggiungere la piena uguaglianza e partecipazione nella
Chiesa.
Al riguardo varie diocesi hanno perseguito costantemente la trasformazione del sistema esistente del
consiglio pastorale parrocchiale in un nuovo paradigma, nel quale i responsabili delle piccole comunità cristiane,
che costituiscono la base della parrocchia, possano realmente occupare posizioni direttive nella parrocchia.
Tuttavia il modello del ministero delle donne in posizioni direttive non è stato promosso in sintonia con la visione
di una Chiesa partecipativa, specialmente di una direzione partecipata e condivisa in corresponsabilità
corresponsabilità. Occorre promuovere in un modo più adeguato il rinnovamento della struttura della parrocchia,
tenendo presente la condizione delle piccole comunità cristiane e delle donne responsabili delle stesse nel contesto
della Corea. Il cambiamento di paradigma della struttura pastorale della parrocchia e il rinnovamento della Chiesa
richiedono una maggiore consapevolezza da parte dei fedeli in materia di dignità, diritti e responsabilità delle
donne. Occorre anche sviluppare e offrire programmi di conoscenza e formazione su identità e ruolo delle donne,
specialmente del loro ministero in posizioni direttive.
Attualmente per la maggior parte dei responsabili delle piccole comunità cristiane il maggior peso è
quello di un cumulo di responsabilità e doveri in parte sovrapposti a causa della loro appartenenza non solo alla
piccola comunità cristiana, ma anche ad altre associazioni apostoliche e diaconali della parrocchia. Non pochi
responsabili di piccole comunità cristiane affermano di essere costretti a detenere contemporaneamente tre o
quattro posizioni di responsabilità a causa della mancanza di partecipanti attivi. A volte questo cumulo di doveri e
incontri causa dei problemi nella vita familiare.
È importante incoraggiare i membri delle piccole comunità cristiane a sviluppare i loro doni e carismi e
metterli in grado di partecipare a vari ministeri con una responsabilità e autorità condivisa attraverso le piccole
comunità cristiane. Più sono i membri che partecipano insieme alle attività delle piccole comunità cristiane, più
riescono a scoprire i loro talenti, i loro doni e la loro capacità di contribuire alla vita della comunità. La crescita e
la rotazione dei leader e il lavoro di squadra nelle piccole comunità cristiane e nelle altre strutture della Chiesa
produrrà una crescita qualitativa.44
Il nodo dell’inculturazione
Nel 2005, le percentuali per età delle donne responsabili delle piccole comunità cristiane nell’arcidiocesi
di Seoul erano le seguenti: 5,1% (30-39 anni); 36,2% (40-49 anni); 43,1% (50-59 anni); 15,4% (60-69 anni). Le
donne fra i 40 e i 60 anni responsabili di piccole comunità cristiane sono il 79,3%.45 Le persone relativamente
giovani non sono interessate a entrarvi. In alcuni casi, il fatto stesso di tenere le riunioni durante il giorno esclude
le persone che lavorano. A volte alle riunioni partecipano solo due o tre persone, normalmente donne anziane,
nonostante i grandi sforzi dei responsabili per incoraggiare una maggiore partecipazione. Queste situazioni sono
segnali di allarme per le piccole comunità cristiane, che dovrebbero prestare maggiore attenzione alle necessità dei
giovani
e riflettere maggiormente sull’attuale stile di vita delle persone per trovare il modo di assicurare la loro presenza
alle riunioni.
È necessario e urgente riflettere in modo creativo su come le piccole comunità cristiane potrebbero
preparare e realizzare le circostanze in grado di rispondere alle necessità della generazione più giovane e al rapido
cambiamento in atto nel mondo, per il presente e per il futuro della Chiesa e della società. La promozione delle
piccole comunità cristiane è un continuo processo di rinnovamento della Chiesa in un determinato luogo e tempo.
Come afferma Paolo VI, le piccole comunità cristiane sono «una speranza per la Chiesa universale» (Evangelii
nuntiandi, n. 58; EV 5/1666).
Molti responsabili di piccole comunità cristiane affermano che una delle difficoltà che incontrano è
l’organizzazione della riunione a turno nelle case dei membri. Secondo loro le cause principali sono: a) la
disponibilità della propria abitazione per una riunione della piccola comunità cristiana costringe la famiglia
ospitante a preparare il cibo; b) alcuni membri non amano mostrare la situazione della loro vita ad altri; c) altri
non sono in grado di organizzare una riunione a domicilio, perché la loro casa è troppo piccola o troppo povera. A
volte tutto questo li induce a non partecipare alle riunioni della piccola comunità cristiana.
Al tempo stesso, molti responsabili di piccole comunità cristiane sono favorevoli alle riunioni nelle
abitazioni dei membri, nonostante le succitate difficoltà. Alcuni affermano che la scelta di tenere riunioni
settimanali semplifica la preparazione del cibo. Essi hanno proposto linee guida al riguardo per ridurre le
difficoltà che questo comporta. Ma molti rispondono che la condivisione del cibo o dei pasti, in forma appropriata,
nelle abitazioni dei membri, dopo una riunione della piccola comunità cristiana, approfondisce il legame fraterno
e l’intimità fra i membri.
Una delle ragioni più importanti per tenere le riunioni delle piccole comunità cristiane a turno in casa dei
membri è l’incarnazione e la presenza della Parola e della Chiesa nel luogo stesso in cui vivono le persone. Questo
significa che le piccole comunità cristiane devono essere inculturate nel loro luogo, tempo e popolo. In altri
termini, solo se diventano veramente inculturate le piccole comunità cristiane possono essere una genuina forza
per l’evangelizzazione. Solo così esse scoprono ciò che il Vangelo e la tradizione cristiana dicono nella loro
situazione particolare e lo mettono in pratica mediante l’integrazione di fede e vita. «La vocazione delle piccole
comunità cristiane è quella di custodire la coscienza della Chiesa per l’inculturazione. Perciò la conquista o la
perdita del futuro dipende da esse».46 Le piccole comunità cristiane vengono presentate come «le custodi della
coscienza della Chiesa per l’inculturazione»,47 nonché come un centro e una forza genuina per l’evangelizzazione
(cf. Christifideles laici, n. 61; Ecclesia in Asia, n. 25). Inoltre si dovrebbe considerare l’importanza
dell’inculturazione per la partecipazione dei laici alla missione della Chiesa. C’è una relazione inseparabile fra le
piccole comunità cristiane, che spingono verso una Chiesa partecipativa, e l’inculturazione, che deve essere
sempre perseguita. I Vescovi dell’Asia sottolineano la necessità della partecipazione di tutto il popolo di Dio, e
specialmente dei laici, all’inculturazione: «Una più ampia inculturazione del Vangelo a ogni livello della società
in Asia dipenderà considerevolmente dalla formazione appropriata che le Chiese locali sapranno dare al laicato».48
Nella Chiesa cattolica in Corea, l’inculturazione delle piccole comunità cristiane richiede un dialogo
reciproco con gli aspetti sociali, ambientali e culturali specifici della religiosità popolare. L’inculturazione è il
processo e il risultato della scoperta dell’identità e dei ruoli della Chiesa locale. Perciò non è solo necessario ma
anche urgente riflettere sul modo in cui le piccole comunità cristiane in Corea si sono inculturate e su ciò che
ancora resta da fare per la loro inculturazione.
Rinascere come Chiesa povera per i poveri
La Chiesa cattolica in Corea ha cercato con grande impegno di incamminare le parrocchie verso una comunità di
comunità (piccole comunità cristiane), per realizzare la visione e gli insegnamenti del concilio Vaticano II. Questo
corrisponde anche al messaggio di papa Francesco e alla sua esortazione apostolica Evangelii gaudium.
Recentemente la Commissione per le piccole comunità cristiane della CBCK ha tenuto la sua XIII Assemblea
nazionale, dal 23 al 25 giugno, al Centro Aron a Suwon. Lo scopo principale era quello di riflettere sull’identità e
sulla missione delle piccole comunità cristiane alla luce della Evangelii gaudium.
Durante l’Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane, circa 236 partecipanti provenienti da 13
delle 16 diocesi della Corea hanno condiviso le loro esperienze di vita nelle piccole comunità cristiane. Nel loro
documento finale49 i partecipanti hanno affermato: «La promozione delle piccole comunità cristiane per
condividere e proclamare la gioia del Vangelo e la trasformazione della parrocchia attualmente esistente “in
comunità di comunità… centro di costante invio missionario”»50 costituiscono «un rinnovamento essenziale
che non può essere rinviato».51
I partecipanti hanno riconosciuto e confermato che le piccole comunità cristiane possono diventare segni
di speranza, incarnando «una comunità di discepoli missionari», «in uscita».52 Hanno dichiarato che i membri
delle piccole comunità cristiane continueranno a sforzarsi di abbracciare le tristezze e le angosce, nonché le gioie
e le speranze delle persone nella loro vita quotidiana. Si è riscoperta la piccola comunità cristiana radicata nella
Parola e ubicata nel quartiere fra la gente come «un ospedale da campo dopo la battaglia» per gli emarginati, gli
oppressi e i poveri nel nostro contesto.53
In realtà le piccole comunità cristiane, non solo nella Chiesa cattolica in Corea ma anche in molte Chiese
asiatiche, hanno dimostrato di poter essere una base e una pietra d’angolo per sostenere e alimentare «tutti i
membri del popolo di Dio» e trasformarli in «discepoli-missionari» e «soggetti attivi di evangelizzazione».54 Noi
speriamo che le voci vibranti delle piccole comunità cristiane nella Chiesa in Asia, ricolme della gioia del
Vangelo sotto la guida dello Spirito Santo, risuonino profondamente come un canto di pace, giustizia, vita,
speranza e amore nel mondo al di là della Chiesa in Asia.
Oggi, la formazione di piccole comunità cristiane nella Chiesa cattolica è un fenomeno mondiale. La loro
promozione ha permesso la crescita e la partecipazione più attiva dei laici alla missione della Chiesa. È la forza
dello Spirito Santo nel nostro tempo e nei nostri luoghi a guidare la Chiesa a rispondere ai segni dei tempi e a
rinnovarsi. Le piccole comunità cristiane non sono solo uno dei tanti movimenti esistenti nella Chiesa, ma sono la
Chiesa in cammino verso la sua rinascita come «una Chiesa povera per i poveri».55
Noi speriamo di tutto cuore che la visita di papa Francesco in Corea del Sud e la Giornata della gioventù
asiatica nella sua testimonianza di seguire Gesù ispiri, incoraggi, sfidi e guidi noi, e specialmente tutti i giovani
dell’Asia, a uscire verso «tutte le “periferie” che hanno bisogno della luce del Vangelo».56 Papa Francesco ci
sussurra: «Non abbiate paura! Siamo fragili, e lo sappiamo. Ma lui è più forte!».57
(tratta dalla rivista “Il Regno – attualità” 14/2014)
__________________________________________________________________________________________
Francesco, Discorso in Piazza San Pietro, 18.5.2013; Regno-doc.11,2013,323.
Cf. Paolo VI, esort. apost. Evangelii nuntiandi, 8.12.1975, n. 58; EV 5/1662ss; Giovanni Paolo II, esort. apost. postsinodale Christifideles laici,
30.12.1988, n. 26; EV 11/1711.
3 Giovanni Paolo II, esort. apost. postsinodale Ecclesia in Asia, 6.11.1999, n. 25; EV 18/1866.
4 Francesco, esort. apost. Evangelii gaudium sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, 24.11.2013, nn. 110-134; Regno-doc. 21,2013,662667; A. Spadaro, «Intervista a papa Francesco», in La Civiltà cattolica 164 (2013) 3918, 19.9.2013, 449-477.
5 Seok Woo Choi, «[L’origine della Chiesa cattolica in Corea]», [Ministry] (1984) 91, 5-7; «The History of the Catholic Church in Corea», in
english.cbck.or.kr/history (visitato il 27.11.2009).
6 DaiWi Chung, «Christianity and the religious world of East Asians: the principle of three religions as one», in Asian Contextual Theology for
the Third Millennium: A Theology of Minjung in Fourth-Eye Formation, a cura di P.S. Chung, V.-M. Karkkainen, K.J. Kim, Pickwick,
Allison Park 2007, 270.
7 Seok Woo Choi, «[La situazione e missione sociale e politica del primo periodo della Chiesa cattolica in Corea]», in [Ministry] (1992) 157, 6.
8 Chang Seok Kim , Seok Woo Choi (a cura di), Lives of 103 Martyr Saints of Korea, Committee for Bicentennial Commemorative Projects of the
Catholic Church in Korea, Seoul 1984, 162.
9 CBCK, [Le statistiche 2013 della Chiesa cattolica in Corea], 31.12.2013.
10 Diocesi di Jeju, [Un piano per rivitalizzare le piccole comunità cristiane della diocesi cattolica di Jeju], Diocesi cattolica, Jeju 2008. 8-9.
11 Comi tato per l’Assemblea pastorale nazionale, The Management of Church, Arcidiocesi di Seoul, Seoul 1984, c. 21, nn. 67-72.
12 Comi tato dell’Assemblea pastorale nazionale, The Agenda of Regional Ministry, Arcidiocesi di Seoul, Seoul 1984, sez. 53.
13 Arci diocesi di Seoul, 1992[Lettera pastorale 1992], Seoul 1992; 1993 [Lettera pastorale 1993], Seoul 1993.
14 Diocesi di Jeju, 2003[Orientamenti pastorali 2003], Jeju 2003, 6.
15 Ivi, 7.
16 Arci diocesi di Seoul, 1992[Lettera pastorale 1992], 2.
17 Diocesi di Jeju, 2004[Orientamenti pastorali 2004], Jeju 2004, 4.
18 Questi elementi sono: 1) i membri delle piccole comunità cristiane si riuniscono nel quartiere; 2) l’elemento comune è la condivisione del
Vangelo; 3) i membri agiscono a partire dalla fede e servono gli altri; 4) le piccole comunità cristiane sono collegate con la Chiesa
universale.
19 Woo Il Kang, The Fundamental Paradigm of the Church, Diocesi di Jeju, Jeju 2009, 2-9.
20 Ivi, 7-9.
21 Ivi, 3-4, 7, 9.
22 Ivi, 5, 8-9.
23 Ivi, 3, 5, 9; F.F. Claver, The Making of a Local Church, Orbis Book, New York 2008, 137s.
1
2
Joo Hyun Ro, «SCCs and the Jeju diocese. Intervista al vescovo Woo Il Kang», Jeju 31.10.2009.
Il primo sinodo dell’arcidiocesi di Daegu è iniziato nel novembre 1997 e terminato nell’ottobre 1999.
26 Uffici o del ministero pastorale di Daegu e Centro di ricerca pastorale integrale, The Status Quo and the Prospect of Daegu Archdiocese, 11.
27 Diocesi di Jeju, [Proposta di riforma della struttura pastorale parrocchiale nelle aree rurali], Jeju 2009; Id.,[Un piano per rivitalizzare le
piccole comunità cristiane della diocesi cattolica di Jeju], 20-25; Chiesa di Nohyeong, [Un rapporto sulle piccole comunità cristiane della
parrocchia di Nohyeong], Jeju 2008, 46.
28 Diocesi di Jeju, [Proposta di riforma della struttura pastorale della diocesi di Jeju], 2-14.
29 Questo aspetto è stato sottolineato, in relazione alle piccole comunità cristiane, anche dal Colloquio asiatico sui ministeri svoltosi nel 1977:
«Noi crediamo che si possa promuovere la leadership partecipativa condivisa come stile per le nostre comunità cristiane di base, nelle quali
c’è consultazione, dialogo e condivisione. In questo modo le persone si sentiranno responsabili e partecipanti al processo decisionale su
questioni che toccano tutta la comunità» (FABC, The Asian Colloquium on ministries in the Church. Conclusions, n. 46).
30 E.S. de Guzman, «AsIPA Research Project Report: the Diocese of Jeju, Corea», in F. Macalinao sj (a cura di), AsIPA Research Project. East
Asia Pastoral Review 48(2011) 1-2, 55-57.
31 Il prospetto analitico dei risultati del sondaggio qui ripreso è tratto da J. Yong Kim , [Realtà e prospettive pastorali delle piccole comunità
cristiane nella Chiesa cattolica in Corea] (VII Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane in Corea, 2008); The Researc h Center for
Integral Pastoral Approach in Archdiocese of Seoul, [I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane], Seoul 2005, 242-248; Diocesi
di Jeju, [I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane nella diocesi di Jeju. Rapporto sull’indagine sulla vita di fede nella
parrocchia di Seogwipo], Jeju 2008, 117-118; Arci diocesi di Daegu, [La situazione attuale e le prospettive dell’arcidiocesi DaeGu], DaeGu
2007, 193.
32 Settore «Strategia pastorale integrale asiatica», ASIPA General assembly III, 34.
33 Ufficio del Sinodo, The survey of public opinion of clergy in Synod of Archdiocese of Seoul, Seoul 2002, 8.
34 Ivi.
35 The Research Center for Integral Pastoral Approach in Archdiocese of Seoul, I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane, 242-248;
Diocesi di Jeju, I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane nella diocesi di Jeju, 117-118; Arcidiocesi di Gwangju,
[Rapporto sul sondaggio sul laicato per la celebrazione del 70° anniversario di fondazione della diocesi], Gwangju 26; Arci diocesi di Daegu,
La situazione attuale e le prospettive dell’arcidiocesi DaeGu,193.
36 Giovanni Paolo II, esort. apost. postsinodale Pastores dabo vobis sulla formazione dei sacerdoti, 25.3.1992, n. 12; EV 13/1215.
37 Settore «Strategia pastorale integrale asiatica», Documento finale della IV Assemblea generale, 183, n. 5.3.
38 Diocesi di Jeju, I compiti e la situazione attuale delle piccole comunità cristiane nella diocesi di Jeju, 110-111.
39 Benedetto XVI, Messaggio per la giornata mondiale della pace 2010; Regno-doc. 1,2010,1ss.
40 Uffici o del Sinodo della diocesi di Cheongju, [Fare la buona parrocchia – Rapporto del sondaggio sui fedeli], Cheonju 2006, 60.
41 J.P. Vandenakker, Small Christian Communities and the Parish, Sheed&Ward, Kansas City 1994, 97-99.
42 Claver, The making of a local Church, 94.
43 Comi tato per il Consiglio pastorale della Chiesa cattolica in Corea, [L’agenda della gestione ecclesiologica], The Catholic Publisher, Seoul 1984, nn.
67-69.
44 Settore «Strategia pastorale integrale asiatica», Documento finale della IV Assemblea generale, n. 6.
45 Won Jun, The Small Christian Communities in the Corean Catholic Church, Diocesi di Jeju, Jeju 2009, 16-17.
46 A. Shorter, Toward a Theology of Inculturation, Geoffrey Chapman, London 1988, 270.
47 Ivi.
48 Giovanni Paolo II, Ecclesia in Asia, n. 22; EV 18/1854.
49 XIII Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane di Corea, Documento finale, 23-25.6.2014, Suwon, n.2.3.
50 Francesco, Evangelii gaudium, n. 28; Regno-doc. 21,2013,646.
51 XIII Assemblea nazionale delle piccole comunità cristiane di Corea, Documento finale, nn. 27-33.
52 Ivi; Francesco, Evangelii gaudium, n. 24; Regno-doc. 21,2013,645.
53 XIII Assemblea nazionale delle picc ole comunità cristiane di Corea, Documento finale, nn. 3.3; 4.3.
54 Francesco, Evangelii gaudium, n. 120; Regno-doc. 21,2013,664.
55 Francesco, Evangelii gaudium, n. 198; Regno-doc. 21,2013,679.
56 Ivi, n. 20; Regno-doc. 21,2013,645.
57 Francesco, Discorso ai movimenti nella Veglia di Pentecoste, 18.5.2013; Regno-doc. 11,2013,322.
24
25
* Segretaria esecutiva per il settore «Strategia pastorale integrale asiatica » dell’Ufficio per il laicato e la famiglia della Federazione delle
Conferenze dei vescovi dell’Asia (FABC), e segretaria esecutiva del Comitato per le piccole comunità cristiane della Conferenza dei vescovi
cattolici di Corea (CBCK); ricercatrice dell’Istituto pastorale cattolico di Corea della CBCK.