COSCIENZA DI SÉ E CHIAREZZA, IL COCKTAIL VINCENTE PER

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COSCIENZA DI SÉ E CHIAREZZA, IL COCKTAIL VINCENTE PER
COSCIENZA DI SÉ E CHIAREZZA,
IL COCKTAIL VINCENTE PER
UN’EUROPA MIGLIORE
L’Europa che vorrei. Nessuna domanda risulta più pertinente in un periodo nel quale alcune
tematiche ″europee″ stanno prendendo campo dal punto di vista mediatico, come per
esempio quella della cosiddetta ″emergenza immigrazione″. Come si può ottenere
un’Europa migliore?
La questione ruota attorno ad una domanda: vuole l’Unione Europea essere una sorta di
entità paragonabile agli Stati Uniti d’America o vuole essere solamente un’organizzazione
volta alla realizzazione di piani comuni di vario genere? Da un certo punto di vista, l’unione
monetaria (anche se non totale) farebbe per esempio propendere per la prima opzione.
Tuttavia, quando più culture risultano inserite all’interno del ″contenitore″ di cultura
nazionale? Sembrerà apparentemente banale, ma questo status sussiste nel momento in cui
ogni sottocultura (vocabolo non implicante giudizio di valore) riconosce in maniera univoca
la sua appartenenza alla cultura nazionale, così come la cultura nazionale deve riconoscere il
suo ″ramificarsi″. Può quindi esistere un’Unione Europea in grado di avvicinarsi quanto più
possibile ad un’ideale Unione degli Stati Uniti d’Europa? La mia opinione è negativa, al
momento. Infatti, nonostante sia difficile ottenere un termine di paragone biunivoco per
valutare il valore assoluto delle differenze culturali all’interno di un territorio, risulta
impossibile creare un’entità di questo tipo senza il senso di appartenenza necessario, come
quello per la madrepatria instaurato nell’opinione comune americana dur ante i decenni,
assente in Europa.
Quale può essere quindi una soluzione ? Come può migliorare un progetto di questo tipo? Il
primo passo è l’essere coscienti di se stessi. Per utilizzare una metafora sentimentale,
«bisogna imparare a stare da soli prima di poter amare qualcuno». Allo stesso modo,
ognuna delle culture nazionali facenti parte del contenitore europeo, ognuna con la sua
rispettiva Weltanschauung, dovrebbe essere cosciente della sua diversità e quindi
dell’attuale impossibilità di costituire d’emblée un’Unione degli Stati Uniti d’Europa.
Esserne coscienti per poterla interiorizzare.
Quindi l’Unione Europea si trova di fronte ad un aut aut: rappresentare il tavolo per
importanti trattative ed accordi internazionali oppure provare a creare questa coscienza
collettiva di appartenenza? Sicuramente la seconda delle due opzioni implicherebbe
maggiore dispendio di risorse, ma con altrettanta sicurezza si può affermare che la prima
non costituisca una scelta riduttiva. Sono due possibilità entrambe razionali e comprensibili,
ma esclusive. Si tratta solo di fare una scelta chiara, e di portarla avanti con coerenza.
Infatti, se pensare all’Unione Europea semplicemente come ad un tavolo di trattative ed
accordi internazionali non comporta una grandissima fatica intellettuale (nonostante questo
ruolo, in caso, non sia affatto banale), allo stesso modo anche la prima opzione può essere
considerata impercorribile. L’Europa ha inventato la democrazia, ha fondato la scienza, ha
creato una letteratura variegata ed è stata la culla del sapere per secoli. I presupposti ci
sarebbero, ma il progetto culturale dovrebbe essere serio ed accettato da tutti i popoli in
questione. In maniera chiara. In quanto, come si è visto negli anni, senza chiarezza non si va
da nessuna parte.
Coscienza di sé e chiarezza. Questo sarebbe il cocktail vincente per un Europa migliore.
Matteo Calautti
Studente di Scienze Internazionali e Diplomatiche all ’Università degli Studi di Genova.
Nato a Genova in data 05/02/1993.
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