Farmaci nello sport

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Farmaci nello sport
Foglio di
informazione
professionale
Nr. 178
28/05/2008
Farmaci nello sport
L’uso di farmaci per migliorare le prestazioni fisiche (ergogenici) sta acquisendo sempre più adepti non solo tra gli
atleti professionisti e i culturisti, ma anche tra gli sportivi amatoriali. Il farmacista riveste un ruolo importante nel
fornire informazioni obiettive sui benefici reali e, soprattutto, sui rischi per la salute che una scelta spesso
inconsapevole comporta; rischi legati anche all’acquisto sul mercato clandestino e attraverso Internet dove si possono
trovare preparazioni non sterili, contraffatte o impure.
Steroidi anabolizzanti
Chimicamente correlati al testosterone, sono stati sviluppati per favorire la sintesi proteica nei pazienti debilitati.
Alcuni sono attivi per via orale; altri devono essere somministrati per via parenterale (es. nandrolone decanoato,
testosterone enantato). Assunto a dosi sovrafisiologiche (5-10 volte superiori a quelle raccomandate per
l’ipogonadismo maschile) per diverse settimane, associato ad una dieta accurata e ad un adeguato programma di
allenamento, il testosterone aumenta la massa magra, il volume e la forza muscolare. I culturisti a volte usano dosi
ancora più alte per poter sostenere duri carichi di lavoro. Gli schemi di trattamento prevedono cicli di 6-12 settimane,
seguiti da periodi di sospensione per ridurre la comparsa di eventi avversi. Gli anabolizzanti possono causare una
varietà di effetti indesiderati di tipo muscolo-scheletrico, endocrino, metabolico, cardiovascolare e cosmetico, molti
dei quali dose-dipendenti. Determinano difetti nella struttura del tessuto connettivo che predispongono a rotture dei
tendini sotto sforzo e nei giovani sotto i 20 anni, causano saldatura prematura delle epifisi e blocco permanente
dell’accrescimento. Aumentano gli enzimi epatici e possono provocare ittero colestatico e pelosi epatica (una
degenerazione cistica emorragica); il rischio di tossicità epatica è massimo con gli steroidi orali alchilati in posizione
C-17α, come il metiltestosterone e lo stanozololo. Sia negli uomini che nelle donne causano untuosità della cute e dei
capelli, acne; l’acne cistica grave può risultare molto vistosa sul volto e sulla schiena e lasciare cicatrici permanenti.
Negli uomini, gli anabolizzanti sopprimono la secrezione di gonadotropine ipofisarie, riducono la spermatogenesi e la
fertilità; l’uso prolungato provoca atrofia dei testicoli e ipertrofia prostatica. La conversione degli anabolizzanti in
estrogeni a livello del fegato può indurre la comparsa di ginecomastia (che alcuni cercano di evitare assumendo
antiestrogeni come il tamoxifene). Nelle donne, causano disordini mestruali, atrofia mammaria, virilizzazione e
aumento della libido. Gli effetti virilizzanti, soprattutto l’irsutismo, la calvizie, l’ingrossamento del clitoride e
l’approfondimento della voce, sono irreversibili. Aumentano il colesterolo LDL e diminuiscono quello HDL; ad alte
dosi attivano il processo di emostasi, aumentando l’ematocrito col rischio di eventi trombotici. Esistono numerose
segnalazioni di danno cardiaco grave, di infarto e morte improvvisa in giovani atleti e culturisti che facevano uso
cronico di anabolizzanti ad alte dosi. Gli anabolizzanti aumentano l’irritabilità, l’aggressività e gli impulsi distruttivi
o autolesionisti, soprattutto in chi si sottopone a carichi elevati. Gli effetti psicologici tendono a scomparire alla
sospensione, ma si può instaurare dipendenza e molti utilizzatori abituali lamentano sintomi di astinenza come
stanchezza, anoressia, cefalea, depressione (talora gravi).
Ormone della crescita
L’ormone della crescita (GH) regola la composizione corporea attraverso meccanismi di tipo anabolizzante e
lipolitico. Viene usato (per via sottocutanea) nella convinzione che aumenti il volume e la forza muscolare, riduca il
grasso corporeo, incrementi la resistenza alla fatica, rinforzi i tendini e acceleri la guarigione dopo un trauma.
Tuttavia, in studi controllati con placebo, dosi sovrafisiologiche di GH, abbinate all’allenamento intenso, non sono
state in grado di aumentare la massa, la forza muscolare o la sintesi proteica in misura superiore a quanto ottenuto col
solo allenamento intenso. Solo il GH ricombinante è sicuro; quello di derivazione umana è bandito per il rischio di
trasmissione del morbo di Creutzfeld-Jakob (“mucca pazza”). Gli effetti dell’uso cronico di dosi sovrafisiologiche
non sono noti, ma probabilmente sono simili a quelli prodotti da un eccesso di GH (acromegalia), che comporta
modificazioni scheletriche e iperplasia tessutale ed è associato con un aumentato rischio di ipertensione, cardiopatie,
ictus, diabete, osteoartrosi, cancro colorettale e morte prematura.
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Insulina
Inibendo la degradazione proteica, l’insulina svolge un effetto anabolizzante indiretto e viene usata per aumentare la
massa muscolare e i depositi di glicogeno. Gli schemi più seguiti prevedono la somministrazione due volte al giorno
di 10U di insulina rapida, o 20-40 minuti dopo ogni sessione di allenamento, abbinati ad una dieta ricca di carboidrati
e proteine. A parte il rischio di ipoglicemia per dosi troppo elevate, poco si sa sugli effetti indesiderati a lungo
termine, né se l’insulina, spesso associata agli anabolizzanti per controbilanciare la tendenza alla formazione di
grasso, aumenti i rischi cardiaci.
Eritropoietina
L’eritropoietina ricombinante stimola la produzione di globuli rossi da parte del midollo osseo, aumentando
l’ematocrito e la concentrazione di emoglobina nel sangue. La risultante cessione di ossigeno ai tessuti migliora la
prestazione sportiva e la resistenza alla fatica in misura analoga a quanto ottenibile con l’allenamento in altura o alla
reinfusione di sangue predepositato (“doping ematico”). L’abuso riguarda gli atleti impegnati in sforzi prolungati
come il ciclismo, la maratona, lo sci di fondo. L’eritropoietina aumenta la viscosità ematica e può causare cefalea,
dolore articolare, aumento della pressione, encefalopatia, convulsioni ed eventi trombotici, compreso l’ictus e
l’infarto. L’eritropoietina è stata coinvolta nella morte di numerosi atleti; il rischio è massimo quando l’ematocrito
supera il 50-55% e in caso di disidratazione. Gli atleti che si iniettano anche alte dosi di ferro corrono il rischio di un
sovraccarico grave di ferro e di danni organici irreversibili, compresa la cirrosi epatica.
Stimolanti centrali
Le amfetamine, la cocaina e l’efedrina, vengono assunte allo scopo di migliorare le prestazioni psicomotorie, ridurre
la fatica e il peso corporeo. In atleti impegnati in gare di durata, le amfetamine hanno provocato più morti (per
aritmia, infarto e colpo di calore) di qualsiasi altra sostanza dopante. Provocano, inoltre, irritabilità, insonnia, cefalea,
vertigini, ansia, vasocostrizione, tachicardia e, alle dosi più alte, aumento della pressione arteriosa, palpitazioni,
agitazione e delirio. L’uso prolungato o ripetuto può portare a dipendenza e a gravi reazioni avverse di tipo
psichiatrico. La cocaina può causare convulsioni, infarto e ictus, ed è stata anch’essa implicata in decessi di atleti.
Clenbuterolo
Il clenbuterolo è un ß2-stimolante orale a lunga durata d’azione, disponibile in alcuni paesi europei. Tra i culturisti,
assunto a dosi più alte di quelle usate nell’asma, ha la fama, largamente basata su studi su animali, di farmaco
anabolizzante e “brucia-grassi”, privo degli eventi avversi degli anabolizzanti. Gli effetti indesiderati sono quelli
tipici dei beta2-stimolanti (es. tremori, cefalea, tachicardia).
Integratori alimentari
La creatina è un derivato degli aminoacidi glicina, arginina e metionia, in parte sintetizzato da fegato, reni, pancreas,
in parte introdotto con gli alimenti (carne e pesce). Il 95% si trova nei muscoli sottoforma di fosfocreatina,
indispensabile per la produzione di ATP (adenosina trifosfato) la cui idrolisi fornisce l’energia necessaria per la
contrazione. Durante un esercizio aerobico intenso, la diminuzione della forza può derivare dal depauperamento delle
riserve di fosfocreatina. L’apporto supplementare di creatina, aumentandone la concentrazione muscolare, dovrebbe
tradursi in una più rapida rigenerazione di ATP. I risultati degli studi sono contradditori: alcuni ne indicano una utilità
nelle attività sportive che richiedono sforzi intensi e brevi, ripetuti nel tempo, altri non confermano il dato. Le
informazioni sulla sicurezza sono scarse; gli eventi avversi sembrano modesti (aumento di peso, crampi muscolari,
disturbi gastrointestinali), ma gli effetti a lungo termine, in particolare sulla funzione renale ed epatica, non sono noti.
La normativa italiana prevede limiti di assunzione di 3g/die nella popolazione generale e 6g/die negli atleti sottoposti
ad allenamenti di forza e sprint (sotto controllo medico), per 2 settimane (onde non sopprimere la sintesi endogena).
Per quanto riguarda gli aminoacidi a catena ramificata (leucina, isoleucina e valina) non vi sono prove della loro
presunta attività anticatabolica né della capacità di ridurre l’affaticamento di origine centrale (ostacolerebbero
competitivamente il passaggio di triptofano nel SNC, dove viene trasformato in serotonina, neurotrasmettitore
implicato nel meccanismo dell’affaticamento). Il deidroepiandrosterone (DHEA) è un precursore surrenalico degli
androgeni e degli estrogeni. L’integratore non è di derivazione umana, ma viene prodotto da una pianta, lo yam
selvatico messicano. Non è dimostrato che alle dosi usualmente impiegate (100mg/die) il DHEA sia in grado di
aumentare la massa muscolare e migliorare le prestazioni atletiche, mentre i rischi, per un uso prolungato e ad alte
dosi, sono in parte assimilabili a quelli degli steroidi anabolizzanti.
A cura del dott. Mauro Miselli
Bibliografia
Snyder PJ. Use of androgens and other drugs by athletes. UpToDate 8/2007. Calfee R. Popular ergogenic drugs and supplements in
young athletes. Pediatrics 2006;117:577-89. Dhar RD et al. Cardiovascular toxicities of performance-enhancing substances in sports.
Mayo Clin Proc 2005; 80:1307-15. Medical aspects of drugs use in sport. DTB 2004; 42:1-5. Min San Circ. n. 8 6/1999. Maughan RJ.
Nutrition in Sport, Blackwell Science 2000.
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