A000452 EDUCARE SIGNIFICA SAPER DIRE `NO`
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A000452 EDUCARE SIGNIFICA SAPER DIRE `NO`
A000452, 1 A000452 FONDAZIONE INSIEME onlus. da SETTE del 15/4/2004, pag. 82<<EDUCARE SIGNIFICA SAPER DIRE ‘NO’>> di Mirella Serri, giornalista. Per la lettura completa dell’articolo si rimanda al settimanale indicato Quel batuffolo biondo di Tim, otto anni, occhi azzurri e gran sorriso, quando in salotto vede un signore sconosciuto che si intrattiene con sua madre lo saluta allegramente: <<Ciao, stronzo>>. La mamma chiede scusa però l’adorata peste non dice nulla e non gli ammolla nemmeno uno scappellotto. A raccontare, qualche tempo fa, questo significativo esempio su chi attualmente detiene lo scettro del comando in famiglia, è stato l’esperto di terapie familiari Jan-Uwe Rogge, docente a Tubinga e autore del bestseller tedesco Quando dire no. Per il bene dei nostri figli. Oggi lo studioso ritorna sull’argomento nel libro fresco di stampa Vietato entrare (entrambi Pratiche editrice) e si occupa di adolescenti: adesso, infatti, Tim è cresciuto, ha toccato i 15 anni e, dal momento che è lui che comanda, porta nubi e tempeste in famiglia. Sugli errori di un’educazione troppo permissiva –che si è inaugurata nei lontani anni sessanta, ha raggiunto il suo acme in quelli ottanta e ancora continua- il dibattito è aperto, non solo in Germania ma anche oltreoceano dove Time si è interrogato: <<I nostri ragazzi hanno troppo potere?>>. In Italia, il successo del libro di Asha Phillips, I no che ci aiutano a crescere, (Feltrinelli), rivelava che anche da noi c’era una ferita aperta, una questione su cui intervenire. E oggi, dopo che Massimo Ammaniti in Crescere con i figli (Mondadori) suggeriva una riflessione su metodi educativi superati, arriva a portare acqua al mulino del ridimensionamento dei più giovani Si fa come dico io (Pratiche editore) del pediatra Roberto Albani. Il medico, dopo un’esperienza più che ventennale con pargoletti scatenati trasformatisi poi in adolescenti tormentati, aggressivi ed anche violenti, è pronto ad ingannare la retromarcia e a battersi il petto: <<In sintonia con l’opinione della maggioranza degli esperti di psicologia infantile, ho creduto che i genitori dovessero evitare il più possibile i confronti di potere con i figli>>, proclama il mea culpa. Oggi è convinto che, a forza di tolleranza, il potere se lo sono preso loro. Le cause? Un’interpretazione sbagliata dell’idea diffusa dalla psicoanalisi che i figli possono <<facilmente essere traumatizzati>> dai loro genitori. E anche l’aver delegato <<alle mamme tutta l’educazione contro l’autoritarismo paterno>>. Vale dunque anche in Italia la denuncia del Time? La generazione con mutande griffate e ombelico scoperto ha preso il potere? E quali sono i <<no>> che non uccidano ma aiutano? <<Abbiamo avuto la nostra dose di eccesso di tolleranza in altri anni>>, osserva Bruno Manfellotto, giornalista e saggista, direttore de Il Tirreno, che di figli ne ha due, Michele di 27 e Guido di 13 anni. <<Ma quando provavo a dire di no al primogenito all’epoca adolescente, ero un solitari, assolutamente in minoranza. Sto parlando di anni in cui la scuola non mi aiutava. La domanda che un professore entrando in classe rivolgeva ai suoi alunni era: << Quando vuoi essere interrogato?>>. Insomma sui banchi non s’imparavano né regole né disciplina. Personalmente troppo permissivo non lo sono mai stato, almeno su quelli che consideravo valori di fondo, come, per esempio, lo studio ed il rispetto di regole basilari. In realtà, i ragazzi, soprattutto gli adolescenti, un bel no se lo aspettano. Il divieto lo vogliono proprio loro. Oggi in questo la scuola è dalla parte dei genitori. Si è ripresa in parte il suo ruolo. Quello che più temo per il futuro di un adolescente in crescita? Non tanto lo spinello ma il drink che viene dal nord, l’abitudine alle happy hours, con gli alcolici presi a tutte le ore e magari scontati>>. Un lavoro durissimo quello del genitore di un adolescente, che si vede costretto a un’attenta vigilanza anche se, ricordando i suoi anni più verdi, vorrebbe cedere alla tentazione di essere indulgente: <<Mai cadere nella trappola dei genitori complici: la madre fa finta di essere la sorella maggiore, il padre che sceglie la scorciatoia di fare l’amici>>, ha osservato Laura Laurenzi raccontando su Repubblica la sua esperienza di madre di due adolescenti costretta assai spesso a dire <<no>>. <<La cosa più dura a cui abituarsi, per i genitori, è trovarsi A000452, 2 dall’altra parte della barricata ricordando benissimo gli aneliti di autonomia, le tempeste ormonali e quei flussi di odio allo stato puro verso padre e madre che tutti abbiamo vissuto>>. No al percing. No al tatuaggio. E no agli orecchini. Grande libertà sui capelli. Queste alcune delle parole d’ordine che circolano in casa Rutelli-Palombelli, per contrastare e far barriera. <<Sono severa ma anche fortunata>>, osserva la scrittrice e giornalista Barbara che, con il marito Francesco, presidente della Margherita, ingaggia il suo braccio di ferro quotidiano con il sedicenne Francisco e con due timide <<preadolescenti>> di 11 e 13 anni, sul limite dell’età più difficile. <<Francisco non ama le discoteche ed è molto igienista. Per cui di tabacco o canne nemmeno se ne parla. Il motorino ce l’ha ma lo usa poco. Rispetto ad anni passati mi pare che un certo tipo di risposta alla maleducazione giovanile ci sia. In altri tempi vedevi sedicenni che non avevano nessun freno inibitorio nel prendere, per esempio, a male parole i genitori. Sugli orari sono molto tollerante. Mi frena il ricordo di mio padre che era inflessibile. E io per arrivare puntuale rischiavo di spaccarmi la testa con il motorino>>. Qualche punizione? <<Quando servono, certamente. Sottrazione di playstation. Divieto di circolare in motorino e taglio drastico dei fondi. Che vuol dire sospensione dello stipendio settimanale>>. <<Vogliamo tutto>> era lo slogan degli operai in lotta nei barricadieri anni settanta: ironia della sorte, adesso è diventato il manifesto della nuova generazione con reggiseno wonderbra e tacchi centimetri 11, della generazione narcisista-edonista che avanza richieste senza patti e senza dilazioni. <<Sono subissati di sollecitazioni. Che spingono a voler tutto subito e che dunque bisogna cercar di imporre loro dei limiti>>, osserva l’europarlamentare azzurro Jas Gawronsky che si ritrova a fronteggiare il sedicenne Jas e la quattordicenne Carolina. <<Nella mia vita ho imparato che le difficoltà sono molto formative. Per cui cerco, per esempio, di non dare ai miei figli più soldi della paghetta pattuita. Non so se quando cresceranno me ne saranno grati. Infatti mi accorgo che altri genitori, magari per potere stare in pace, mettono mano al portafoglio e, sia che siano abbienti sia che non lo siano, cedono davanti ad ogni protesta>>. Ottimista sulle attuali generazioni in fiore è Dario Franceschini, coordinatore dell’esecutivo nazionale della Margherita, che si dedica molto alla quindicenne Caterina. <<Negli ultimi anni è stato privilegiato il rapporto paritario nella famiglia, per cui il figlio si è trasformato nell’amico-confidente del padre o della madre. Sbagliato? Non proprio. C’è stato un minore distacco affettivo, una maggiore reciproca capacità di comprensione. La conseguenza negativa è stata la perdita di autorevolezza della famiglia e in particolare della figura paterna. Comunque la galassia giovanile è molto variegata. Mia figlia frequenta i boy-scout. E’ un impegno che la protegge anche, tra l’altro, dalle insidie del consumismo più sfrenato, dal bombardamento della pubblicità, poiché gli scout, com’è noto guardano all’essenziale e rifiutano il superfluo. Non mi pare che manchino giovani ben informati, che hanno attenzione per la politica, non per quella spicciola e quotidiana ma per i grandi temi come la pace o la globalizzazione>>. A gettare acqua sui neofiti del nuovo impegno genitoriale è invece la scrittrice Lidia Ravera. Il risveglio del genitore in procinto di riscoprire il tono muscolare e la sferzata più autorevole non la convince. <<Temo che tutto questo discutere dei diritti e dei doveri dei ragazzi sia una scorciatoia per mascherare ben altri problemi>>, sostiene la narratrice che alla più crudele delle adolescenti, Erika, artefice con Omar del delitto di Novi Ligure, ha dedicato il suo ultimo libro Il freddo dentro (Rizzoli). <<E’ inutile discettare di regole se non c’è l’esempio degli adulti. E indubbiamente oggi in un contesto dove la politica ci suggerisce che vince il più furbo, chi non paga le tasse o si fa il lifting, c’è poco da imparare. Cosa può imparare un ragazzo dalla vergognosa crisi della Parmalat o da una trasmissione come Excalibur dove ci sono dieci adulti che litigano e si insultano? I genitori sono incapaci di spirito di sacrificio, anzi si muovono all’inseguimento mimetico dei figli. Oggi un ragazzo non è più, come di diceva un tempo, un “piezze e’ core” della madre ma il suo specchio narcisistico. In altri anni sentivi padri e madri discutere dei limiti e dei problemi dei figli. Oggi, al contrario, va tutto splendidamente>>. Sarà così. Ma sono tante le sirene che lusingano direttamente il piccolo A000452, 3 con chioma rasta, che oggi più che mai si avverte, lo dicono le statistiche, il fascino indiscreto non solo della droga leggera ma anche della bottiglia. <<Com’è difficile fare non il genitore, ma l’educatrice, che è cosa ben diversa!>>, osserva Lucrezia Lante della Rovere, madre di due gemelle, Virginia e Ludovica di 15 anni. <<Lavori continuamente sulla mediazione. Eppure io proprio non mi posso lamentare. Sono ragazze intelligenti, sportive e solari. La trattativa però resa più difficile dal fatto che intorno a noi ci sono padri e madri disposti a tutto dal momento che non vogliono turbare le proprie abitudini e la loro tranquillità>>, osserva l’attrice che questi giorni calca le scene romane con Un marito ideale di Oscar Wilde. Quando serve, qualcosa si può vietare. No alla vacanza in Inghilterra, per esempio, se gli studi non vanno bene. Questa spada di Damocle è, per esempio, agitata in casa Laterza. <<Discutiamo sempre molto. E io sono attentissima, anche se i divieti a mio parere non devono mai essere astratti e tassativi>>, osserva la giornalista televisiva Karina Laterza. E sul fronte del giornaliero compromesso con la sedicenne Margherita è impegnato anche il padre, l’editore Giuseppe. <<Gli orari? Sono un falso tabù>>, commenta Karina, <<l’importante è sapere con chi sta. Avere la casa aperta agli amici, anche per conoscer chi sono le persone che frequenta. Piccoli espedienti per tenere la situazione sotto controllo>>. Meglio prevenire, dunque, che punire: è questo anche l’assunto di Flavia Arzeni, docente di letteratura tedesca, che condivide con l’ambasciatore Boris Biancheri, scrittore e presidente dell’Ansa, l’onere e il piacer di <<controllare>> dissimulando la fascinosa sedicenne Nathalie: <<Cerco di essere sempre presente, di parlare molto con lei, di conoscere orari ed amicizie. Con gli altri genitori abbiamo costituito una specie di lobby, così se le richieste sono esagerate e assurde, facciamo fronte comune. Per gli adolescenti, l’importante è tenerli impegnati puntando tutti i loro interessi a partire dall’attività sportiva>>. E il gesto più educativo, in assoluto? <<Il buon esempio>>. Ma siamo pronti a darlo? Festini notturni, discoteca, macchinetta Lamborghini, motorino, weekend con toccata e fuga a Londra o Cortina. Incontenibile quella marea che si chiama desiderio, per un adolescente. Come si fa a dire no? <<Volendo si può, eccome. Ma chi si impegna in questa direzione? Oggi non esiste più una gradualità del desiderio negli adolescenti>>, osserva Caterina Cardona, responsabile delle attività espositive delle Scuderie del Quirinale, che si cimenta, con il marito, lo scrittore e giornalista Antonio Gambino, con la quindicenne Evelina. <<<Quando ero una ragazza, c’erano delle tappe progressive: per esempio a 18 anni conquistavi le chiavi di casa, a 19 il permesso di andare in discoteca, a 21 la macchina e così via. Adesso, quelli che hanno tutto non sono mai soddisfatti né appagati. La conseguenza? Si annoiano mortalmente. E poi sono anche ragazzi fragili e spaventati che fin da piccolissimi hanno avuto come baby sitter la tivù. Abituati ad ingurgitare scene di violenza e di sesso. E così cresce una generazione di cuori di pietra, anzi di cuori di plastica. Non è un caso che esista nei genitori una tolleranza molto diffusa. Sono spesso i padri e le madri a essere più infantili>>. Non c’è dubbio, i no che fanno bene devono essere i genitori a distribuirli. Stando così le cose, sarà meglio, insieme ai figli, educare pure l’educatore.