Raccomandazioni Espghan 2008
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Raccomandazioni Espghan 2008
Le raccomandazioni ESPGHAN del 2008 sull'introduzione precoce di alimenti complementari: quanto sono valide le evidenze?* Adriano Cattaneo1, Carol Williams2, Carmen Rosa Pallás-Alonso3, Maria Teresa Hernández-Aguilar4, Juan José Lasarte-Velillas5, Leonardo Landa-Rivera6, Elien Rouw7, Mónica Pina8, Alessandro Volta9 e Anne Marie Oudesluys-Murphy10 1 Health Services Research, Epidemiology and International Health, Institute for Maternal and Child Health IRCCS Burlo Garofolo, Trieste, Italy, 2Centre for International Health and Development, UCL Institute of Child Health, London, UK, 3Neonatal Unit, Hospital 12 de Octubre, Madrid, Spain, 4Primary Health Care Centre Fuente de San Luis, Valencia, Spain, 5Primary Health Care Centre Torre Ramona, Zaragoza, Spain, 6 Marina Baixa Hospital, Villajoyosa, Spain, 7Child Care and Prevention, Bühl, Germany, 8Instituto Gama Pinto, Lisbon, Portugal, 9Local Health Authority, Reggio Emilia, Italy, 10Department of Paediatrics, Leiden University Medical Centre, Leiden, the Netherlands Riassunto Dal 2002 l'Organizzazione Mondiale della Sanità e molte associazioni professionali e governative hanno raccomandato come pratica di alimentazione infantile ottimale l'allattamento al seno esclusivo per 6 mesi, seguito dall'alimentazione complementare (cibo semisolido e solido che affianca il latte materno). Diverse pubblicazioni hanno messo in discussione queste raccomandazioni. Senza dubbio, quella più autorevole è stata il commento del Comitato sulla Nutrizione dell'ESPGHAN (Società Europea di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica), che ha raccomandato per tutti i bambini l'introduzione di alimenti complementari tra le 17 e le 26 settimane di vita. Noi contestiamo la validità della posizione dell'ESPGHAN, mettendo in discussione l'adeguatezza dei riferimenti bibliografici, l'interpretazione e le evidenze usate per trarre le conclusioni, e l'equilibrio tra un approccio focalizzato sulla prevenzione delle malattie con un'insufficiente considerazione per la crescita e lo sviluppo neuromotorio. Noi sosteniamo che si possa considerare la posizione dell'ESPGHAN come un’opinione di esperti influenzata da conflitti d'interesse. A nostro avviso, la posizione dell'ESPGHAN non é basata su evidenze e non giustifica un cambiamento delle attuali raccomandazioni di salute pubblica per 6 mesi di allattamento esclusivo. A livello di bambini singoli, gli operatori sanitari dovrebbero comprendere che, come altre tappe dello sviluppo, l'essere pronti per il cibo solido si verifica in un intervallo d'età; che è possibile che una minoranza di bambini siano pronti per assaggiare alimenti complementari prima – o al contrario dopo – i 6 mesi; e che il loro ruolo è quello di dare ai genitori la fiducia e la capacità di riconoscere i segnali che il loro bambino è pronto. Questo processo di empowerment per bambini e genitori è da preferirsi all'approccio prescrittivo dell'ESPGHAN. Parole chiave: allattamento esclusivo, alimentazione complementare, OMS, salute pubblica, linee-guida, pratica basata sull'evidenza. Corrispondenza a: Adriano Cattaneo, Unità per la Ricerca sui Servizi Sanitari e la Salute Internazionale, Istituto per la Salute Materno Infantile IRCCS Burlo Garofolo,Via dell’Istria 65/1, 34137 Trieste, E-mail: [email protected] * Originale in: Maternal and Child Nutrition, volume 7, Issue 4, pp. 335–343, Ottobre 2011. Disponibile a: http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1740-8709.2011.00363.x/pdf Introduzione Un articolo pubblicato recentemente dal British Medical Journal (BMJ) ha sollevato ancora una volta un'animata discussione sui tempi di introduzione degli alimenti complementari per i lattanti allattati esclusivamente al seno (Fewtrell et al. 2011). Nel 2002, dopo anni di dibattiti, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha stabilito che “come raccomandazione di salute pubblica, per avere le migliori possibilità di crescere e svilupparsi in maniera ottimale, nei primi sei mesi di vita i neonati dovrebbero essere nutriti esclusivamente con latte materno” (WHO 2002; http://www.mami.org/Docs/WHO_docs/S trategia_globale.pdf). Da allora quasi tutti nel mondo si sono mossi nella stessa direzione. Nel 2003 il Dipartimento della Salute britannico ha adottato una politica simile (Department of Health 2003), preceduto e seguito dai governi della maggior parte dei paesi dell'Unione Europea (Cattaneo et al. 2010). Nel 2005 l'Accademia Americana di Pediatria (AAP) ha affermato che “l’allattamento esclusivo al seno è sufficiente a sostenere una crescita e uno sviluppo ottimali per i primi 6 mesi di vita circa” (American Academy of Pediatrics Section on Breastfeeding 2005; http://www.aicpam.org/wp- content/uploads/2011/07/aap_allattamen to2005.pdf). In Europa, la dichiarazione dell'AAP è stata anticipata dalle raccomandazioni della Società Italiana di Neonatologia (Società Italiana di Neonatologia 2002), e seguita da quelle di molte altre società professionali come ad esempio le Associazioni Pediatriche olandese e spagnola (Subcommissie Borstvoeding 2004; Asociación Española de Pediatría 2005). A queste raccomandazioni ha fatto seguito una maggiore prevalenza di allattamento esclusivo per i primi 6 mesi di vita o l'introduzione meno precoce di cibi solidi? Negli Stati Uniti, tra il 2003 e il 2006, i tassi di allattamento esclusivo tra i 3 e i 6 mesi sono aumentati dal 29.6% al 33.6% e dal 10.3% al 14.1%, rispettivamente (National Center for Chronic Disease Prevention and Health Promotion 2010). In Europa, i tassi di allattamento esclusivo a 6 mesi sono molto inferiori a quelli raccomandati, ma sono aumentati tra il 2002 e il 2007 (Cattaneo et al. 2010). I valori più bassi, tra l'1% e il 5%, provengono da Finlandia, Regno Unito e Italia, e i più alti, tra il 25% e il 35%, da Danimarca, Svezia e Ungheria. Si riportano aumenti anche, ad esempio, nei Paesi Bassi (17-23%), in Lettonia (2434%) e nella Repubblica Slovacca (3042%). Nel Regno Unito, un confronto tra dati di ricerche rappresentative a livello Messaggi chiave Dal 2002 l'Organizzazione Mondiale della Sanità, molti ministeri e molte associazioni professionali raccomandano l'allattamento esclusivo per 6 mesi. Nel 2008 l'ESPGHAN ha raccomandato che tutti i bambini dovrebbero iniziare l'alimentazione complementare tra le 17 e le 26 settimane d'età. La raccomandazione dell'ESPGHAN si basa su evidenze deboli e non considera l'alimentazione infantile da una più ampia prospettiva sociale, culturale, di salute e di sviluppo. Un cambiamento delle attuali raccomandazioni di salute pubblica (6 mesi di allattamento esclusivo) non è giustificato; per ogni singolo bambino il momento in cui è pronto per l'introduzione di alimenti complementari è variabile, come per altre tappe dello sviluppo. 2 © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition nazionale, raccolti nel 2000 e poi nel 2005, anni tra i quali c'è stato un cambiamento delle politiche (Department of Health 2003), ha mostrato che c'è stato uno slittamento verso una più tardiva introduzione di cibi solidi: la percentuale di madri che li ha introdotti a 4 mesi è calata dall'85% (di cui circa un terzo prima delle 17 settimane) al 51%, mentre la percentuale che li ha introdotti a 3 mesi si è più che dimezzata, dal 23% al 10%, anche se i tassi di allattamento esclusivo a 6 mesi non sono cambiati (Scientific Advisory Committee on Nutrition 2008). Nonostante la quasi universale adozione della raccomandazione dell'OMS, sono stati e continuano ad essere pubblicati articoli e documenti che mettono in discussione la raccomandazione dei 6 mesi (Prescott 2008; Prescott et al. 2008; EFSA Panel on Dietetic Products Nutrition and Allergies 2009; More et al. 2010), per ultima la citata revisione del BMJ (Fewtrell et al. 2011). Le argomentazioni usate in tutti questi articoli sono simili e si ritrovano nel più autorevole tra essi, il commento sull'alimentazione complementare pubblicato nel 2008 dal Comitato sulla Nutrizione (CoN) dell'ESPGHAN (Agostoni et al. 2008). L'ESPGHAN raccomanda che “l'alimentazione complementare non dovrebbe essere introdotta per nessun lattante prima delle 17 settimane, e che tutti i bambini dovrebbero iniziarla entro le 26 settimane”. Per quello che ne sappiamo, non c'è stata una risposta ufficiale al commento dell'ESPGHAN da parte dell'OMS o di altri organismi, governativi o professionali, che avevano adottato la raccomandazione dei 6 mesi, ad eccezione di un documento pubblicato su un blog amministrato dall'Associazione Spagnola di Pediatria (Pallás-Alonso 2009). È stato solo dopo il dibattito riacceso quest'anno dall’articolo del BMJ che l'OMS e la Commissione Scientifica Consultiva sulla Nutrizione del Regno Unito hanno rilasciato dichiarazioni che © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition confermano la raccomandazione dei 6 mesi (Scientific Advisory Committee on Nutrition & Committee on Toxicity 2011;WHO 2011). L'obiettivo di questo articolo è esaminare le evidenze alla base della raccomandazione dell'ESPGHAN sul periodo ottimale per l'introduzione di alimenti complementari. La forza delle evidenze Il commento dell'ESPGHAN presenta gravi difetti nell'uso e nell'interpretazione delle evidenze disponibili. Innanzitutto, nessuna delle nove raccomandazioni dell'ESPGHAN ha una dichiarazione sul livello di evidenza o sulla forza della raccomandazione, come i lettori abituali di linee-guida basate sulle evidenze si aspetterebbero (Atkins et al. 2004; Atkins et al. 2005). Le parole usate sono 'il Comitato suggerisce' o 'il Comitato considera'; e tuttavia le raccomandazioni sono categoriche: 'L'alimentazione complementare non dovrebbe essere introdotta per nessun bambino...'. In secondo luogo, il commento non descrive i metodi usati per la ricerca delle fonti bibliografiche, quali criteri siano stati usati per selezionare gli articoli, come è stata valutata la qualità degli studi a cui s'è fatto riferimento, o in che modo sono stati estrapolati ed analizzati i dati usati a sostegno delle conclusioni e delle raccomandazioni. Nella sezione sulle allergie, l'ESPGHAN scarta come non convincente l'evidenza che il rimandare o l'evitare l'introduzione di cibi allergenici previene o ritarda l'insorgere di allergie perché si basa quasi esclusivamente su studi osservazionali. Eppure tutte le conclusioni e raccomandazioni dell'ESPGHAN si basano su studi osservazionali. Infine, il CoN non discute quali cambiamenti e implicazioni possa avere l'applicazione delle sue raccomandazioni, né riferisce che abbiano avuto luogo consultazioni interdisciplinali o intersettoriali con diversi soggetti 3 interessati, come ci si aspetterebbe al giorno d'oggi nello sviluppo di linee-guida basate sulle evidenze (AGREE Collaboration 2003). Piuttosto, la raccomandazione dell'ESPGHAN è stata elaborata da un gruppo selezionato di gastroenterologi pediatrici, e va considerata, come documenti simili, (Prescott 2008; Prescott et al. 2008; EFSA Panel on Dietetic Products Nutrition and Allergies 2009; More et al. 2010; Fewtrell et al. 2011), una ‘opinione di esperti’. Per la moderna medicina basata sulle evidenze, questa opinione di esperti di una singola disciplina rappresenta il livello più debole di evidenza e di forza della raccomandazione. Le evidenze in sé La raccomandazione dell'ESPGHAN sull'età di introduzione degli alimenti complementari si basa principalmente sugli effetti su allergie, malattia celiaca e diabete mellito di tipo I. Tutte le evidenze su questi effetti derivano da studi osservazionali. Riguardo alle allergie, il commento riporta brevemente e senza analisi dettagliate le conclusioni di cinque studi prospettici di coorte, dalla nascita e con follow-up dai 2 ai 5 anni. Tre di questi hanno preso in considerazione tutti i tipi di alimenti, suddivisi in otto o nove gruppi (Zutavern et al. 2004; Zutavern et al. 2006; Filipiak et al. 2007). Nessuno di questi studi ha trovato un’associazione tra l'età di introduzione degli alimenti e le allergie, con l’eccezione di un aumento del rischio quando le uova sono state introdotte a 8 mesi o più tardi (Zutavern et al. 2004). Gli autori dei tre articoli concludono che non ci sono ragioni per ritardare l'introduzione di cibi solidi oltre i 6 (Zutavern et al. 2004; Zutavern et al. 2006) o i 4 mesi (Filipiak et al. 2007). Tuttavia, se non ci sono associazioni tra l'età di introduzione dei cibi e lo sviluppo di allergie, si potrebbe anche concludere che non ci siano ragioni 4 per introdurre cibo prima dei 6 mesi. Un quarto studio ha considerato solo l'associazione tra età d'introduzione del pesce e allergia allo stesso (Kull et al. 2006). Gli autori affermano nelle loro conclusioni che un consumo regolare di pesce prima di 1 anno di età è associato ad un ridotto rischio di allergia. Questa conclusione, tuttavia, si basa su 18 su 2614 bambini, con specifici anticorpi IgE a 4 anni, a cui era stato introdotto il pesce all'età media di 10 mesi, contro la media di 8,4 mesi dei bambini non sensibilizzati. Il quinto studio riguardava l'età di introduzione dei cereali in chicchi e la sua associazione con l'allergia al frumento (Poole et al. 2006). Solo 16 dei 1612 bambini (l'1%) sono risultati allergici al frumento in un follow-up a circa 4 anni, e solo 4 di loro erano IgE positivi. Gli autori riferiscono che con l'esposizione dopo i 6 mesi il rischio di allergia al frumento aumenta; tuttavia, quei bambini, quando furono arruolati nello studio alla nascita, facevano parte di gruppi a rischio di diabete di tipo 1 o di malattia celiaca. Riassumendo, tutti questi studi non sono probanti, e l’associazione tra età di introduzione di cibi solidi e allergie risulta essere debole. Riguardo alla malattia celiaca, il commento dell'ESPGHAN riporta, ancora brevemente e senza alcuna analisi dettagliata, le conclusioni di tre articoli sull'associazione tra età di introduzione del glutine e sviluppo di celiachia. Il primo è uno studio di coorte prospettico con 1560 bambini degli Stati Uniti, 1307 arruolati alla nascita, e 253 all'età di 2-3 anni, tutti da gruppi a maggior rischio di celiachia, con follow-up di 4,8 anni in media (Norris et al. 2005). Il risultato studiato dagli autori, però, non era la celiachia, ma l'autoimmunità alla celiachia (CDA), cioè l'essere positivi per gli anticorpi, senza necessariamente soffrire della malattia. Complessivamente hanno sviluppato CDA 51 bambini (il 3,3%), 25 dei quali (l'1,6%) aveva anche © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition risultati positivi alla biopsia intestinale. Gli autori ne hanno concluso che nei bambini ad alto rischio di celiachia l'età di introduzione del glutine è associata al rischio di CDA. Prudentemente segnalano ai lettori che le loro conclusioni si applicano solo ai bambini maggiormente a rischio di celiachia, che non si può escludere che una più precoce introduzione del glutine porti semplicemente a una più precoce manifestazione di autommunità alla malattia celiaca, e che i loro risultati dovrebbero essere confermati da altri studi prima di effettuare qualsiasi intervento. Gli altri due studi sono svedesi. Uno è un'analisi di dati da registri nazionali scollegati tra loro di casi di celiachia, tassi di allattamento, e quantità di latte di proseguimento contenente glutine venduto dai produttori – come approssimazione di quanto ne è stato assunto dai bambini (Ivarsson et al. 2000). Questi dati coprono un lungo periodo di tempo, dal 1973 al 1997, e mostrano un impressionanti aumento e diminuzione dell'incidenza di celiachia associati in apparenza ai diversi tassi di allattamento al seno e all'ammontare del presunto consumo da parte dei bambini di latte in formula contenente glutine. Poiché lo studio non si basa su dati individuali, è difficile escludere una fallacia ecologica (interpretazioni a livello individuale derivate da stime ottenute aggregando informazioni a livello di gruppo, n.d.T.) o che vi siano anche altri fattori che contribuiscono a spiegare le variazioni osservate di incidenza della celiachia. L'altro studio mette a confronto a parità d'età due campioni di bambini dai 2,5 ai 4,2 anni. Di questi, 690 sono nati prima che le raccomandazioni nazionali sull'introduzione del glutine cambiassero da 6 a 4 mesi, nel 1996, mentre 679 sono nati dopo (Carlsson et al. 2006). Gli autori riferiscono che la diffusione di celiachia sintomatica è diminuita, dopo © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition l'introduzione della raccomandazione dei 4 mesi. Tuttavia, non sono state riscontrate differenze tra i bambini nati prima e quelli nati dopo il 1996 nell'incidenza della celiachia non diagnosticata. Inoltre, un'attenta lettura di questo articolo rivela che si riscontra una più alta diffusione di celiachia nei bambini che non erano allattati al seno nel momento in cui è stato introdotto il glutine. Riassumendo, anche gli studi sulla celiachia non sono convincenti per quanto riguarda l'età di introduzione dei cibi solidi, e fanno pensare alla necessità di ulteriori ricerche. Crescita e sviluppo neuromotorio Il CoN dell'ESPGHAN dichiara che l'allattamento esclusivo o predominante per circa 6 mesi è un obiettivo auspicabile, ma non riconosce l'allattamento come il modo naturale e fisiologico di nutrire neonati e bambini piccoli e la sua forte correlazione con il raggiungimento della normale crescita fisica e del normale sviluppo neuromotorio. La loro raccomandazione sull'età di introduzione degli alimenti complementari si basa unicamente sulla prevenzione di disturbi, soprattutto allergie e celiachia, e di carenze nutrizionali. All'inizio del suo commento, il CoN annota che 'intorno ai 6 mesi la maggior parte dei bambini riescono a stare seduti da soli e riescono a ripulire un cucchiaino con il labbro superiore, piuttosto che succhiare cibo semisolido dal cucchiaio e basta. Intorno agli 8 mesi, hanno sviluppato sufficiente flessibilità della lingua per essere in grado di masticare e deglutire cibo a pezzetti più grossi, in maggiori porzioni' (Agostoni et al. 2008), a cui segue la descrizione delle abilità che i bambini sviluppano tra i 9 e i 12 mesi, e la discussione sulla finestra appropriata per l'introduzione di alimenti sminuzzati. Di queste considerazioni, tuttavia, non si tiene conto nel resto del documento, e non sembrano avere alcuna 5 influenza sulla raccomandazione sull'età di introduzione. Lo Studio Multicentrico per gli Standard di Crescita Infantile) dell'OMS ha evidenziato che tutte le tappe dello sviluppo motorio vengono raggiunte all'interno di finestre temporali (WHO Multicentre Growth Reference Study Group 2006). Se la capacità di assumere cibo diverso dal latte, materno o artificiale, dipende dallo sviluppo neuromotorio, ad esempio dalla comparsa intorno ai 6-7 mesi del riflesso faringeo che rende più facile l'ingestione di cibi solidi, allora deve esserci una finestra d'età in cui di norma la si raggiunge. Ed è molto probabile che questa finestra coincida con il periodo in cui i sistemi immunitario, digestivo e renale sono sufficientemente maturi, e in cui il latte materno (o quello formulato) da solo diventa gradualmente inadeguato per una crescita soddisfacente. Tuttavia, non sono disponibili dati sull'età inferiore e superiore della finestra in cui questo sviluppo è solitamente raggiunto, e probabilmente non lo saranno mai, perché un esperimento naturale come quello di Clara Davis del 1939 non sarebbe approvato da un comitato etico oggigiorno (Davis 1939). Ma questo non ci autorizza ad agire come se questa finestra non esistesse. Basandoci sulle conoscenze disponibili sullo sviluppo di quelle abilità che sono necessarie per mangiare alimenti complementari, discusse in breve nel commento dell’ESPGHAN e nello studio dell’OMS, ci possiamo aspettare che le età in cui i bambini sono pronti per i cibi solidi siano distribuite in una specie di curva a campana asimmetrica, con la moda a circa 6 mesi e le code che toccano all'estremo sinistro i 4 mesi e all'estremo destro i 10 mesi. Se ciò è vero, alcuni bambini saranno pronti per l'alimentazione complementare a 5 mesi, e una piccolissima parte a 4. D'altra parte, alcuni bambini saranno pronti per gli alimenti complementari a 7, 8 o perfino a 9 mesi, anche se in 6 percentuali progressivamente minori. Purtroppo nelle raccomandazioni dell'ESPGHAN sull'età di introduzione dei cibi non si tiene conto della maturità nello sviluppo dei bambini. Conflitti d'interesse Una nota a piè di pagina del commento ESPGHAN dice che 'le dichiarazioni sui conflitti d'interesse dei membri del CoN sono consegnate annualmente alla segreteria del CoN e sono disponibili su richiesta' (Agostoni et al. 2008). Anche nel recente articolo del BMJ la dichiarazione sul conflitto d'interesse era disponibile solo su richiesta all’autore (Fewtrell et al. 2011). Questo è un insolito modo di occuparsi dei conflitti d'interesse. Quasi 25 anni dopo che il problema fu sollevato per la prima volta dall'editore del New England Journal of Medicine (Relman 1984), e 7 anni dopo che tutte le principali riviste mediche hanno deciso di ‘richiedere di routine agli autori di rendere pubblici i dettagli del proprio ruolo e di quello dei loro sponsor’ (Davidoff et al. 2001), la divulgazione di potenziali conflitti d'interesse dovrebbe essere la norma. Rendere questa informazione disponibile solo su richiesta equivale a nasconderla, dal momento che solo una minuscola minoranza di lettori meticolosi si prende la briga di scrivere alla segreteria del CoN o agli autori. Eppure, di conflitti d'interesse ce n'è in abbondanza. Ad esempio, il primo degli autori del commento ESPGHAN è dal 2009 membro del gruppo di esperti dell'EFSA (European Food Safety Authority - Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) che ha pubblicato le raccomandazioni dei 4-6 mesi per l'alimentazione complementare (EFSA Panel on Dietetic Products Nutrition and Allergies 2009). Non c'è da meravigliarsi che la raccomandazione EFSA si basi sugli stessi argomenti usati dall'ESPGHAN. La sua dichiarazione di conflitti d'interesse, © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition datata 17 marzo 2010, è pubblicata in modo trasparente sul sito web dell'EFSA (https://doi.efsa.europa.eu/doi/doiweb/d oisearch) e mostra che egli ha lavorato e scritto articoli per Ferrero, Danone, Dicofarm, Dietetic Metabolic Food, Heinz, Hipp, Humana, Martek, Mead Johnson, Mellin, Milupa, Nestlè, Noos, Ordesa, SHS/Nutricia e per la Federazione delle Industrie di Alimenti per l'Infanzia. Il terzo autore del commento ESPGHAN è il primo autore dell’articolo del BMJ (Fewtrell et al. 2011); dietro richiesta, dichiara che lei e due co-autori 'hanno effettuato lavoro di consulenza e/o ricevuto finanziamenti per la ricerca da aziende produttrici di latte formulato e alimenti per l'infanzia negli ultimi 3 anni'. I conflitti d'interesse non sono rivelati neppure in un articolo uscito quasi contemporaneamente al commento ESPGHAN, e che usa gli stessi argomenti per concludere che 'ci sono crescenti argomentazioni per rivedere ulteriormente l'età di introduzione degli alimenti complementari portandola a 4 mesi, mentre l'allattamento al seno viene mantenuto, ove possibile, almeno fino a 6 mesi' (Prescott et al. 2008). In un altro articolo pubblicato nello stesso anno, il primo autore rivela di lavorare per Mead Johnson, Nestlè e SHS/Nutricia (Prescott 2008). Infine, la revisione sistematica citata sia dal commento dell’ESPGHAN sia dall’articolo del BMJ a sostegno della conclusione che 'non c'è una convincente evidenza in favore di un cambiamento delle raccomandazioni del Ministero della Salute inglese o di quelle (a quel tempo in vigore) dell'OMS (entrambe sui 4-6 mesi)' è stata finanziata in parte da una borsa di studio della Nestlè (Lanigan et al. 2001). L'ESPGHAN stessa ha tenuto fino al 2005 i propri incontri nel quartier generale della Nestlè in Svizzera (http://www.espghan.med.up.pt/reserved /pdf_files/agm_minutes_2005.pdf, accesso del 28/03/2011) e i suoi congressi annuali sono sponsorizzati dall'industria degli © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition alimenti per la prima infanzia e dalle aziende produttrici di sistemi di analisi del sangue per la diagnosi e il controllo di allergie e malattie autoimmuni (http://www.espghan.med.up.pt/, accesso del 18/08/2011). La stessa pagina web con la dichiarazione di conflitti d'interessi dell'ESPGHAN non è stata aggiornata dal 2009 e dichiara solo i conflitti d'interesse dei singoli membri, e non le fonti di finanziamento di ESPGHAN come gruppo. Discussione e conclusioni Le raccomandazioni del commento ESPGHAN e degli articoli simili ad esso sull'età per l'introduzione di alimenti complementari si basano su evidenze deboli e non giustificano un cambiamento delle attuali politiche che indicano 6 mesi di allattamento esclusivo come raccomandazione di salute pubblica. Oltretutto, ogni rivalutazione di queste linee guida di salute pubblica dovrebbe considerare l'alimentazione infantile da un'ampia prospettiva e dovrebbe tener conto dei più ampi esiti sociali, culturali, di salute, di sviluppo, e cognitivi, oltre a ogni possibile effetto sulle allergie o sulla celiachia, che sono stati l'oggetto dell'ESPGHAN come gruppo di gastroenterologi pediatrici. Le linee guida di salute pubblica dovrebbero anche considerare come le raccomandazioni verranno interpretate dalla gente, e come ne influenzeranno il comportamento. Ad esempio, i dati inglesi suggeriscono che se si spingesse indietro l'età di introduzione rispetto a 'intorno ai 6 mesi', molti genitori inizierebbero l'alimentazione complementare a 4 mesi o addirittura prima, con una conseguente riduzione della durata media dell'allattamento esclusivo al seno (Scientific Advisory Committee on Nutrition 2008). Questa introduzione precoce di alimenti complementari è ulteriormente incoraggiata dalle etichette che dichiarano 7 la maggior parte dei prodotti industriali come 'adatti' dai 4 mesi. Oltretutto, nella maggior parte dei contesti europei, non ci sono evidenze che sia svantaggioso iniziare l'alimentazione complementare a 6 mesi, o anche più tardi. Le preoccupazioni riguardo al fatto che alcuni bambini nei paesi e nelle comunità a basso reddito siano a rischio di carenza di ferro, se ancora allattati in modo esclusivo a 6 mesi (Kramer & Kakuma 2002), sono infatti in gran parte irrilevanti in Europa, dove la maggioranza delle donne ha accesso a cure prenatali e integrazioni di ferro se necessarie, e dove ai neonati pretermine o di basso peso alla nascita vengono prescritte di routine integrazioni di ferro. Inoltre, le scorte di ferro nei neonati possono essere aumentate semplicemente ritardando il taglio del cordone ombelicale a circa due minuti dalla nascita (Hutton & Hassan 2007). D'altra parte invece, un'introduzione precoce di alimenti complementari può causare rischi significativi anche nei paesi ad alto reddito. È risaputo che i bambini non allattati al seno hanno più probabilità di contrarre infezioni, di essere ospedalizzati in seguito a infezioni gravi e di avere tassi di mortalità neonatale e postneonatale più alti (Bachrach et al. 2003; Chen & Rogan 2004; Pardo-Crespo et al. 2004; Paricio-Talayero et al. 2006; Quigley et al. 2007; Duijts et al. 2009). Si sa anche che la mancanza di latte materno è associata a maggiori costi a carico dei servizi sanitari (Ball & Wright 1999; Cattaneo et al. 2006; Bartick & Reinhold 2010). Infine, una precoce introduzione di cibi solidi aumenta la probabilità di una prematura interruzione dell'allattamento al seno (Simard et al. 2005), che può a sua volta essere associata a un maggiore rischio di obesità nell'arco degli anni a venire (Griffiths et al. 2009; Chivers et al. 2010). I professionisti della salute dovrebbero capire che per introdurre alimenti 8 complementari non c'è un momento propizio in cui cogliere l'occasione, ma una finestra di sviluppo all’interno della quale è possibile iniziare, e che alcuni bambini saranno probabilmente pronti prima e altri dopo i 6 mesi, in termini di sviluppo neuromotorio. Questa finestra di fisiologica conquista di determinate abilità dovrebbe essere considerata una normale tappa dello sviluppo, come l'imparare a camminare e a parlare, e gli operatori sanitari dovrebbero informarne i genitori e aiutarli a riconoscere i tre segni che indicano che un bambino è pronto per gli alimenti complementari: (1) riesce a stare seduto e a tenere su la testa da solo; (2) coordina occhi, mani e bocca in modo da guardare il cibo, prenderlo e metterselo in bocca; e (3) è capace di deglutire cibo solido; è raro che questi segni compaiano insieme prima dei 6 mesi. I singoli bambini li acquisiscono all'interno di un ampio range d'età (Carruth & Skinner 2002). I genitori dovrebbero iniziare a offrire sani alimenti complementari quando i bambini sono pronti, rispettando il loro sviluppo fisiologico. Se i genitori fraintendono i segnali dei loro bambini, e questi rifiutano il cibo offerto, significa che non sono ancora pronti, o che non hanno ancora 'imparato' il gusto del cibo. I genitori riproveranno più tardi o impareranno per prove ed errori. È noto infatti che i bambini hanno bisogno di assaggiare i cibi diverse volte per impararne i sapori (Birch 1998). È altamente improbabile che i genitori possano commettere errori per eccessiva prudenza, ad esempio offrendo cibo troppo tardi: i loro bambini manderebbero loro segnali molto chiari di aver bisogno di cibo. Fare riferimento ai segni di maturità neuromotoria per iniziare l'alimentazione complementare fornisce ai professionisti un'ulteriore opportunità di stimolare i genitori ad agire in risposta ai segnali dei bambini, ai loro bisogni e alle loro capacità in via di sviluppo, cosa che bisogna continuare a fare per tutta l'infanzia e la © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition fanciullezza. Si dovrebbe preferire tale processo di empowerment rispetto alle istruzioni prescrittive di dare cibi solidi prima dei 26 mesi, come raccomandano ESPGHAN e altri. Riferirsi alla maturità neuromotoria per l'alimentazione complementare, anziché a un'età o periodo rigidamente prefissati, non è in conflitto con la raccomandazione dell'OMS sull'allattamento esclusivo per 6 mesi (WHO 2002), perché essa è una 'raccomandazione globale di salute pubblica', cioè un limite da usare per delineare politiche e per valutare e monitorare le pratiche delle popolazioni, piuttosto che da applicare in modo rigido ai singoli bambini. Le evidenze disponibili non giustificano una revisione della raccomandazione OMS, ma piuttosto la consolidano. Fonte dei finanziamenti Tutti gli autori dichiarano di non aver ricevuto alcun finanziamento esterno per la preparazione di questo articolo. Conflitti d'interesse Nessuno degli autori ha o ha avuto rapporti economici con aziende produttrici di latte formulato o alimenti per l'infanzia. AC lavora all'IRCCS Burlo Garofolo di Trieste, un ospedale sulla salute materno-infantile che fa parte del Sistema Sanitario Nazionale italiano, e porta avanti, insieme ad altri, ricerca e sviluppo sull'alimentazione infantile. È stato il responsabile di progetti con finanziamenti dell'Unione Europea sulla protezione, promozione e sostegno dell'allattamento. È membro del Comitato Nazionale Multisettoriale per l'Allattamento Materno e di IBFAN (International Baby Food Action Network) Italia. CW è co-direttrice di corsi © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition internazionali sull'alimentazione infantile al UCL Institute of Child Health di Londra, ed ex presidente di Baby Milk Action. CRPA, MTHA, JJLV e LLR sono membri del Comitato per l'Allattamento Materno dell'Associazione Spagnola di Pediatria, di cui MTHA è coordinatrice. CRPA, MTHA e JJLV sono membri dell'Iniziativa Ospedali Amici dei Bambini in Spagna. LLR è un ex membro del Consiglio Sanitario de La Leche League International, e ha partecipato come coricercatore a progetti di ricerca del Dipartimento per la Nutrizione dell'Università di California Davis. ER è membro del Comitato Nazionale per l'Allattamento Materno tedesco, è nel consiglio direttivo dell'Academy of Breastfeeding Medicine e consigliere scientifico di un gruppo di sostegno all'allattamento al seno da-mamma-amamma. MP lavora in ospedale come specialista in medicina interna, ma è anche Consulente Professionale in Allattamento Materno, consulente de La Leche League e coordinatrice per l'Europa della Rete Regionale dell'Academy of Breastfeeding Medicine. AV lavora come pediatra nel Sistema Sanitario Nazionale italiano ed è formatore in corsi sulla pratica dell'allattamento al seno. AMOM lavora in ospedale come pediatra, ed è stata membro dell'Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini nei Paesi Bassi. Contributi AC ha concepito l'articolo e ne ha steso la prima bozza, dopo consultazioni formali e informali e scambi di opinioni con tutti gli altri autori. Sono poi circolate bozze successive, e sono stati usati i feedback di tutti i co-autori (comprese idee per analisi più dettagliate del commento ESPGHAN e 9 per ulteriori riferimenti bibliografici) per portare il manoscritto alla sua versione finale. AC ha scritto la versione finale, che è stata letta e approvata da tutti i co-autori. Tutti gli autori si ritengono pubblicamente responsabili per i contenuti dell'articolo. Referenze bibliografiche Agostoni C., Decsi T., Fewtrell M., Goulet O., Kolacek S., Koletzko B. et al. (2008) Complementary feeding: a commentary by the ESPGHAN Committee on Nutrition. Journal of Pediatric Gastroenterology and Nutrition 46, 99–110. 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(Cattaneo et al. 2011)** Egregio Direttore, il Comitato sulla Nutrizione (CoN) della Società Europea di Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica (ESPGHAN) è una commissione permanente dell'ESPGHAN che mira alla promozione delle conoscenze mediche e scientifiche nel campo della nutrizione pediatrica fin dalla sua creazione, nel 1968. Gli scopi principali del CoN dell'ESPGHAN sono la promozione delle conoscenze sulla nutrizione pediatrica sia in stato di salute che in presenza di patologie, lo stimolo alla ricerca in campo nutrizionale e la diffusione di tali conoscenze. In quanto organismo scientifico di primo piano, il CoN dell'ESPGHAN contribuisce a definire gli standard di salute europei nella promozione di una nutrizione sana per i bambini dell'Europa e del mondo intero. Come organismo scientifico siamo sempre aperti al dibattito, ma siamo rimasti piuttosto sorpresi e amareggiati che la vostra rivista abbia deciso di ospitare l'attacco personale (Cattaneo et al. 2011) agli autori delle raccomandazioni fatte dal CoN dell'ESPGHAN più di 3 anni fa (ESPGHAN Committee on Nutrition 2008). Lo scopo di quella pubblicazione (ESPGHAN Committee on Nutrition 2008) era di fornire un riferimento basato sulle evidenze sull'introduzione degli alimenti complementari. Le nostre raccomandazioni conclusive sono di non posporre l'introduzione di cibi solidi dopo l'inizio del settimo mese di vita, e di non introdurli prima dell'inizio del quinto mese. Raccomandazioni molto simili sono state fatte nello stesso periodo dall’American Academy of Pediatrics (Greer et al. 2008) e più di recente dall'European Food Safety Authority [EFSA Panel on Dietetic Products, Nutrition and Allergies (NDA) 2009], mostrando con ciò che c'è una coerente concordanza scientifica sulle evidenze disponibili. Tutte queste revisioni hanno concluso che ad oggi non c'è alcuna irrefutabile evidenza che dimostri rilevanti vantaggi dell'allattamento esclusivo al seno per 6 mesi che superino i vantaggi dell'allattamento insieme ad una appropriata e sicura alimentazione complementare, punto che non si deve applicare alle popolazioni che vivono in scarse condizioni igieniche. Gli attacchi personali ed emotivi non sono argomenti convincenti coi quali mettere in dubbio una minuziosa valutazione scientifica. Vorremmo anche far notare che le raccomandazioni sull'età di introduzione degli alimenti complementari non sono collegate alla raccomandazione di allattare per i primi 6 mesi di vita e successivamente, e sono pure scollegate dalla discussione sull'uso potenziale di latte in formula. Oltretutto, in entrambi i nostri documenti sull'alimentazione complementare (ESPGHAN Committee on Nutrition 2008) e sull'allattamento al seno (ESPGHAN Committee on Nutrition 2009), affermiamo che l'allattamento esclusivo per circa 6 mesi è un obiettivo desiderabile. Infatti l'ESPGHAN promuove con forza la protezione, la promozione e il sostegno dell'allattamento materno per 6 mesi e successivamente, fino a quando è mutuamente desiderato sia dalla madre che dal bambino (ESPGHAN Committee on Nutrition 2009). ** Originale in: Maternal and Child Nutrition, volume 8, Issue 1, pp. 136–138, Gennaio 2012. © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition 13 Raanan Shamir, (ESPGHAN CoN Chair) Chairman, Institute for Gastroenterology Nutrition and Liver Diseases Schneider Children’s Medical Center Sackler Faculty of Medicine Tel-Aviv University, Tel-Aviv, Israel - [email protected] Berthold Koletzko, (Past ESPGHAN CoN Chair) Dr von Hauner Children’s Hospital University of Munich Medical Centre, Munich, Germany Carlo Agostoni, Department of Maternal and Pediatric Sciences University of Milan Fondazione IRCCS Ca’ Granda–Ospedale Maggiore Policlinico, Milan, Italy Christian Braegger, University Children’s Hospital, Zurich, Switzerland Cristina Campoy, Department of Paediatrics EURISTIKOS Excellence Centre for Paediatric Research University of Granada, Granada, Spain Virginie Colomb, Pediatric Gastroenterology, Hepatology and Nutrition centre, Pediatric Home Parenteral Nutrition centre Hôpital NeckerEnfants Malades, Paris, France Magnus Domellöf, Department of Clinical Sciences Umeå University, Umeå, Sweden Tamas Decsi, Department of Pediatrics University of Pecs, Pecs, Hungary Mary Fewtrell Childhood Nutrition Research Centre UCL Institute of Child Health, London, UK Olivier Goulet Hôpital Necker-Enfants Malades University of Paris 5 René Descartes, Paris, France Kim F Michaelsen Department of Human Nutrition University of Copenhagen, Copenhagen, Denmark Sanja Kolacek Referral Center for Paediatric Gastroenterology and Nutrition Children’s Hospital Zagreb University Medical Center ‘Sisters of Mercy’, Zagreb, Croatia Walter Mihatsch Department of Pediatrics Deaconry Hospital, Schwäbisch Hall, Germany Luis Moreno Escuela Universitaria de Ciencias de la Salud Universidad de Zaragoza, Zaragoza, Spain John Puntis Leeds General Infirmary, Leeds, UK Jacques Rigo Professor of Neonatology and Nutrition University of Liege, Liege, Belgium Hania Szajewska Department of Paediatrics Medical University of Warsaw, Warsaw, Poland 14 Dominique Turck Jeanne de Flandre Children’s Hospital Lille University Faculty of Medicine, Lille, France Johannes B. van Goudoever Pediatrics Emma Children’s Hospital-AMC VU University Medical Center Amsterdam, Amsterdam, The Netherlands Riferimenti bibliografici Cattaneo A., Williams C., Pallás-Alonso C.R., Hernández- Aguilar M.T., Lasarte-Velillas J.J., Landa-Rivera L. et al. 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Come esaminato nel nostro articolo, questa affermazione si basa sull'interpretazione da parte del CoN dell'ESPGHAN di evidenze estremamente limitate riguardo il rischio di celiachia e sulle loro conclusioni che sia 'prudente evitare sia una precoce (< di 4 mesi) che una ritardata (7 mesi) introduzione del glutine'. Anche la revisione dell'American Academy of Pediatrics citata nella lettera del CoN restringe la sua analisi agli effetti sulla dermatite atopica, ma conclude che 'l'evidenza da questi studi contraddittori, tutto sommato, non consente di concludere che ci sia una forte correlazione tra l'età di introduzione degli alimenti complementari e lo sviluppo di malattie atopiche’ (Greer et al. 2008), avvalorando quindi la nostra lettura che sulle atopie le evidenze siano deboli. Se quella sopra riportata è la raccomandazione del CoN dell'ESPGHAN per i genitori, semplicemente non è altro che un ritorno alla raccomandazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), precedente al 2002, di iniziare a introdurre cibi solidi tra i 4 e i 6 mesi (WHO 1995). Questo contraddice chiaramente l'affermazione del CoN di considerare 'l'allattamento esclusivo per circa 6 mesi un obiettivo desiderabile': è come dire di appoggiare un limite di velocità di 80 km/h mentre si mettono sulle strade cartelli segnaletici di limite a 80-100 km/h. Nello scrivere che 'le raccomandazioni sull'età di introduzione degli alimenti complementari non sono collegate alla raccomandazione di allattare per i primi 6 mesi di vita', il CoN dell'ESGHAN omette la parola chiave 'esclusivamente'. La precoce introduzione di alimenti complementari è un’importante causa di cessazione prematura dell'allattamento esclusivo in Europa (e altrove) (Schiess et al. 2010). È questa ambiguità, trasmessa dal CoN dell'ESPGHAN ai molti professionisti che seguono le sue indicazioni, che porta molte donne a cessare prematuramente sia l'allattamento esclusivo che l'allattamento, e a rinunciare ai benefici della sua prosecuzione. Questa pratica inappropriata potrebbe essere fortemente ridotta se la teoria e la prassi sostenessero senza ambiguità la raccomandazione dell'OMS di allattare esclusivamente al seno per 6 mesi (Nielsen et al. 2011). Nel 2003 un documento dell'OMS ha fatto notare che 'la maggior parte delle attuali linee guida sull'alimentazione complementare non sono basate sulle evidenze', ma piuttosto su tradizioni e abitudini (WHO 2003). Non è cambiato molto dal 2003; le evidenze sia a favore che contro uno specifico periodo sono deboli. A questo riguardo, è sconfortante che la replica del CoN dell'ESPGHAN si limiti ad una discussione sull'età e non faccia cenno all'approccio dell''essere pronti dal punto di vista dello sviluppo' presente nel nostro commento. Forse questo è dovuto alla composizione e alla funzione del CoN, un gruppo di pediatri gastroenterologi, mentre il nostro approccio all'alimentazione complementare è quello della prospettiva di salute e nutrizione pubblica, per fornire delle linee guida ai professionisti della prima infanzia e ai genitori. Un altro fattore significativo che mina *** Originale in: Maternal and Child Nutrition, volume 8, Issue 1, pp. 139–140, Gennaio 2012. © Blackwell Publishing Ltd Maternal and Child Nutrition 15 l'allattamento al seno esclusivo è la persistente etichettatura dei cosiddetti 'alimenti per lo svezzamento' come 'adatti dai 4 mesi'. E questo è il motivo per cui rimangono pertinenti le nostre preoccupazioni sui conflitti d'interesse dei membri dell'ESPGHAN che sono impiegati, o collegati, alle lobby dell'industria degli alimenti per l'infanzia o ad altri interessi commerciali. Nell'Unione Europea le decisioni sulla regolamentazione delle etichette degli alimenti si conformano ai consigli tecnici dell'European Food Safety Authority (EFSA). L'ESPGHAN ha un’ influenza significativa sull'EFSA; tre dei sette membri del sottogruppo sull'alimentazione complementare dell'EFSA sono anche membri dell'ESPGHAN. Questo sottogruppo ha concluso ‘che l'introduzione di alimenti complementari tra i 4 e i 6 mesi nella dieta dei lattanti sani nati a termine è sicura e non presenta rischi di effetti avversi alla salute nell'Unione Europea’, con ciò portando la Commissione Europea a mantenere sulle etichette la dicitura ‘dai 4 mesi’ (EFSA 2009). Le opinioni scientifiche sviluppate dall'EFSA su richiesta della Commissione Europea a loro volta influenzano la posizione mantenuta dall'Unione Europea agli incontri del Codex Alimentarius, dove si decidono gli standard internazionali per gli alimenti e la loto etichettatura. Questo è ciò che rende questa discussione molto più che un esercizio semantico sull'età di introduzione degli alimenti complementari. Adriano Cattaneo, Health Services Research, Epidemiology and International Health Institute for Maternal and Child Health IRCCS Burlo Garofolo, Trieste, Italy - [email protected] Carol Williams, Centre for International Health and Development UCL Institute of Child Health, London, UK Carmen Rosa Pallás-Alonso, Neonatal Unit, Hospital 12 de Octubre, Madrid, Spain Maria Teresa Hernández-Aguilar, Primary Health Care Centre Fuente de San Luis, Valencia, Spain 16 Juan José Lasarte-Velillas, Primary Health Care Centre Torre Ramona, Zaragoza, Spain Leonardo Landa-Rivera, Marina Baixa Hospital, Villajoyosa, Spain Elien Rouw, Child Care and Prevention, Bühl, Germany Mónica Pina, Instituto Gama Pinto, Lisbon, Portugal Alessandro Volta, Local Health Authority, Reggio Emilia, Italy Anne Marie Oudesluys-Murphy, Department of Paediatrics Leiden University Medical Centre, Leiden, The Netherlands Riferimenti bibliografici Cattaneo A., Williams C., Pallas-Alonso C.R., Hernàndez- Aguilar M.T., Lasarte-Velillas J.J., Landa-Rivera L. et al. 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