I Moschettieri del Castello
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I Moschettieri del Castello
I Moschettieri del Castello Si sa che i tre Moschettieri sono sempre quattro. I tre uomini, anzi quattro, che non scendono in campo, ma si occupano delle cinque donne (anzi una quindicina, ma c’è la panchina…) che scendono in campo. M a r c o B r u n e tti baciato da Valentina Casaroli Marco Brunetti non è il presente della Roma Calcio a 5 femminile, ma ha molto a che vedere con il passato e con il futuro. Con il passato perché lo scorso anno c’era lui sulla panchina che ora è di Capatti, con il futuro perché passa attraverso di lui la scuola calcio gestita dalla società giallorossa alla Castello. Brunetti è il frate del calcio femminile, un San Francesco Allenatore. Brunetti è calmo, serafico, angelico, imperturbabile. Fonti attendibili dichiarano che in una partita allo Stadio dei Marmi le statue abbiano iniziato a cantare “Brunetti uno di noi!” e alla fine della partita siano scese dal piedistallo per salutarlo, dargli il cinque e farsi la foto con lui. Lui è l’unico uomo della scuola calcio femminile giallorossa, circondato da donne in campo e donne nello staff. Non si è ancora ben compreso se dichiararlo “beato tra le donne” o “santo subito”… F i l i p p o C a patti dà istruzioni alle sue giocatrici A proposito di santi, non è vero che Filippo Capatti nomini il nome di Dio invano. Prima di tutto perché le sue ragazze gli danno spesso ottimi motivi per nominare il nome di Dio, ma anche perché un certo misticismo fa parte del personaggio. Il nome di Capatti deriva da una antica divinità greca che risiedeva nel Kapathinaikos. Da allora Capatti incarna lo spirito del condottiero solitario, che ha abbandonato la spada ma non l’agone [n.d.r.: per chi non lo sapesse, l’agone non è un grosso ago usato in combattimento per cucire i nemici invece di infilzarli con la spada, ma è l’essenza del combattimento, da cui deriva la parola “agonismo”… e studiate, ‘gnurant’!]. F i l i p p o C a patti Capatti è Gandalf da giovane, è il gringo che cavalca al tramonto, è il marinaio dall’età indefinibile che affronta le tempeste. Capatti è l’archetipo mesopotamico del relativamente figo [n.d.r.: mò tocca trova’ un assiro babilonese che me spiega che cosa caxxo ho scritto, ma se esiste un concetto mesopotamico di relativamente figo, questo non si è realizzato nella storia perché Capatti non era ancora nato, ecco!]. Capatti è stato squalificato a cavallo del 2015 e 2016 e a cavallo dei due gironi (no, Capatti non è stato squalificato perché andava in panchina a cavallo, ma è stato squalificato alla penultima giornata di andata nel 2015 ed ha terminato di scontare la squalifica alla prima di ritorno nel 2016). In queste partite, Capatti incappucciato dietro la rete divisoria aveva un non so che dell’ultimo Bin Laden ad Abbottabad, il guerriero escluso dalla guerra che cerca però il modo di far sentire la sua presenza. Dopo averle spronate a dovere, nonostante la sconfitta, Capatti ha concluso ricordando loro che dalla prossima partita tornerà ad essere con loro. Non si è ben capito se fosse un abbraccio virtuale o una minaccia reale. Ma in fondo, Capatti è uno di loro: gli mancano solo le tette e un po’ di capelli per essere una giocatrice! E d o a r d o B e r t o z zini A proposito di tette, c’è una foto di Edoardo Bertozzini che rischia di far cadere Rocco Siffredi in una profonda crisi depressiva. In realtà c’è il trucco, nel senso che la potenza di lancio del Bertoz nell’innaffiamento del campo non è dovuto solo alla potenza di “Eddy the pelvis in the Castle”, ma soprattutto all’uso di un sapiente tubo di gomma appoggiato proprio lì alla sede legale della gioielleria. E d o a r d o B e rtozzini con Roberta Valeriani Bertoz è il responsabile della portineria, ovvero delle due giocatrici con la maglia diversa che interpretano il ruolo più bizzarro del calcio a 5 e del calcio a 11. Ed ha il suo bel lavoro a gestire le due portiere senza gerarchia, che si alternano alla difesa della porta. Spesso Bertoz sembra un coreografo intento a gestire le sue due ballerine acrobate alle prese con passi di danza ed evoluzioni artistiche. A proposito di danza, Matteo Lufrani è invece un virtuoso del passo a due. Tipo mite e tranquillo, con la faccia pulita di quello che ha studiato invece di farsi le pugnette come noi altri, Lufrani ha il suo momento di celebrità nel riscaldamento prepartita, quando simula con le giocatrici una situazione di gioco piuttosto frequente, ovvero quella in cui la giocatrice si trova con le spalle alla porta avversaria e viene marcata da dietro da un difensore. Almeno così interpreta il povero piccolo cronista fotografo, che di calcio a 5 ne sa pochino ma piano piano cerca di imparare (e non ci riesce!). M a t t e o L u f rani con Giada Pannacci E allora vediamo le giocatrici volteggiare leggiadre come libellule (vabbè, più o meno…), piroettare velocemente (si fa quel che si può…), trovare la posizione e calciare a rete indisturbate (perché ancora non c’è nessuno a marcarle… poi quando le disturbano è tutta un’altra musica!). Lufrani, novello Nureyev [sì, ok, da domani cambio spacciatore!], guida con sapiente maestria i loro movimenti, unico uomo in campo autorizzato a toccare le giocatrici e per questo invidiato da tutti i presenti. Tranquillizziamo i familiari di Matteo che quello che ha incassato da Giada Pannacci nella foto a destra non era un diretto nello stomaco (Martina Bartolini fa anche di peggio…).