Il mio vicino Totoro

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Il mio vicino Totoro
Il mio vicino Totoro
di Hayao Miyazaki
Sinossi lunga
Anni Cinquanta. Satsuki e Mei sono rispettivamente due sorelline di 11 e 4 anni che si trasferiscono con
il padre in una nuova casa di campagna per poter stare così più vicino alla madre, in attesa che venga
dimessa dall'ospedale che si trova nelle vicinanze. Mentre corrono per casa, sono subito attratte dalla
presenza dei nerini, spiriti della fuliggine che si insediano nelle vecchie abitazioni abbandonate e che solo
i bambini possono vedere. Poi Mei, per seguire due spiritelli fino a un grande albero, s'imbatte in uno
spirito buono della foresta, una sorta di incrocio tra procione, talpa e orso. La bambina, incapace di
pronunciarne il nome, lo ribattezza Totoro e gioca con lui. Una sera, poi, le due bambine vanno ad
aspettare il padre alla fermata del bus sotto la pioggia e lì c'è anche Totoro che aspetta il gattobus, mezzo
che va a grande velocità ed è in grado di superare qualunque ostacolo.
Un giorno, tuttavia, arriva un telegramma dall'ospedale ma il padre delle bambine è assente: mentre
Satsuki si prodiga per contattare il gentitore, Mei decide di muoversi da sola per andare in ospedale a
trovare la madre per donarle una pannocchia di granturco. Durante il tragitto, tuttavia, si perde. Gli
abitanti del villaggio si mettono alla ricerca di Mei, cercando di aiutare Satsuki, preoccupatissima, a
ritrovare la sorellina. Satsuki, tuttavia, ha la fortuna di trovare sulla sua strada Totoro che, chiamato il
gattobus, prima riesce a ritrovare la sorella e poi conduce entrambe le bimbe in ospedale. Sbirciando dalla
finestra nella stanza dell’ospedale vedono i genitori che ridono sereni. La madre avverte la loro presenza
e sul davanzale della finestra trova la pannocchia che le ha portato Mei.
Presentazione critica
Introduzione al film
Con gli occhi dei bambini
Questo quarto lungometraggio diretto dal maestro dell’animazione giapponese Hayao Miyazaki è stato
realizzato nel 1988 ed è uscito nelle sale italiane nel settembre 2009, dopo che il cineasta ha raggiunto la
notorietà anche grazie al Leone d’Oro alla carriera ricevuto al 62° Festival di Venezia del 2005. Si tratta
anche del secondo film prodotto dallo Studio Ghibli dopo Laputa. Castello nel cielo (Tenkū no shiro
Rapyuta, Giappone, 1986) che successivamente utilizzerà proprio la figura di Totoro nel logo. Confrontata
anche con l’opera successiva del regista, si può vedere come questa pellicola contenga molti elementi
caratterizzanti della sua filmografia. In primo luogo i bambini sono i motori primari dell’azione e,
attraverso i loro occhi, si è introdotti in un mondo che sembra precluso agli adulti. Così, Satsuki e Mei
arricchiscono ulteriormente quella vasta galleria infantile e adolescenziale della quale fanno parte, tra gli
altri, anche la strega Kiki di Kiki consegne a domicilio (Majo no takkyūbin, Giappone, 1989), Sheeta e Pazu
di Laputa. Castello nel cielo, Nausicaä, la figlia del capo della valle del Vento (Kaze no tani no Naushika,
Giappone, 1984), Chihiro di La città incantata (Sen to Chihiro no kamikakushi, Giappone, 2001),
l’adolescente Sophie di Il castello errante di Howl (Hauru no ugoku shiro, Giappone, 2005) e il bambino di
5 anni Sosuke e la pesciolina umana Ponyo in Ponyo sulla scogliera (Gake no ue no Ponyo, Giappone,
2008). Altro elemento caratteristico della poetica miyazakiana è l’interazione dell’universo reale con
quello fantastico, l’apertura di mondi immaginari guardati come se fossero reali e, di conseguenza, la
coesistenza dell’universo umano con quello animale, evidente non solo nella figura di Totoro ma anche in
quella del gattobus, mezzo di trasporto dotato di vita propria, agile e capace di viaggiare nella notte
grazie alla sua vista simile a quella di un gatto. Infine sono presenti delle zone d’ombra dietro l’apparente
solarità delle immagini e l’apparente serenità della vicenda narrata: un elemento presente, per esempio,
nel modo in cui viene raccontata la malattia della madre e la scena della scomparsa di Mei.
Quella narrata in Il mio vicino Totoro è dunque una fiaba oscura che tuttavia inserisce con estrema
naturalezza gli avvenimenti nel ciclo naturale dell’esistenza, le diverse stagioni della vita (l’infanzia, la
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Il mio vicino Totoro – scheda critica
maturità, la vecchiaia) attraverso uno sguardo di profonda contemplazione che ricorda l’opera di uno dei
più importanti autori nipponici, Yasujiro Ozu, attivo dalla fine degli anni Venti fino all’inizio dei Sessanta.
Ovviamente anche in questo film la natura occupa un ruolo di primo piano (il vento, le nuvole che
scorrono nel cielo) con i protagonisti sempre tesi alla ricerca di un’armonia che le due piccole
protagoniste di questa pellicola alla fine raggiungono e che nel film viene graficamente rappresentata con
le variazioni di luce e i cambiamenti cromatici che accompagnano il corso della giornata. Ad accrescere il
clima di spensieratezza e di idillio contribuisce anche la colonna sonora di Joe Isaishi, collaboratore
fedelissimo del regista e che spesso ha lavorato anche con Takeshi Kitano.
Il mio vicino Totoro è, in parte, anche un film autobiografico: ambientato negli anni Cinquanta
(Miyazaki è nato nel 1941), ovvero quando il regista e i suoi fratelli avevano la stessa età delle
protagoniste e ricorda, come ammesso dallo stesso Miyazaki, un periodo in cui la madre trascorse molto
tempo in ospedale essendo malata di tubercolosi spinale. Alcuni personaggi, inoltre, hanno ispirato anche
il corto Mei and the Kittenbus (Mei to Konekobasu, Giappone, 2002) che viene proiettato quotidianamente
esclusivamente all’interno del Museo Ghibli.
Il ruolo del minore e la sua rappresentazione
Zone d’ombra su un’infanzia serena
Può sembrare un'infanzia serena quella portata sullo schermo da Miyazaki in Il mio vicino Totoro. Le
due sorelle Satsuki e Mei appaiono infatti spensierate, entusiaste e curiose del cambiamento, della novità
rappresentata dalla nuova casa in campagna, socievoli verso gli altri abitanti del luogo e in armonia col
padre che cerca di dare loro tutto lo spazio possibile e non far sentire loro l'assenza della madre. Un
quadro familiare questo che in alcuni momenti viene inquadrato in campo lungo (l'immagine, per esempio,
del padre al tavolino e di Me che saltella sullo sfondo) proprio per sottolineare l’illusorietà dell’idillio. In
realtà le zone d'ombra non sono solo quelle causate dalla malattia della madre. Le bambine sentono la sua
mancanza ma in qualche modo rimuovono tale sentimento, rifugiandosi in un mondo fantastico che può
essere reale o che può esaltare la loro immaginazione. Probabilmente si tratta di una fuga dalla realtà
all’interno di un universo tutto loro con rarissimi contatti concreti verso l'esterno. Inoltre, soprattutto
Satsuki, sembra in qualche modo avvertire l'incertezza sullo stato di salute della madre. Se con il padre
sono totalmente assenti momenti di attrito, non si vedono neanche evidenti gesti di vicinanza e conforto,
anche se l'uomo cerca in qualche maniera di proteggere le figlie, nonché di rassicurarle sulla non gravità
della moglie.
Nell'apparente spensieratezza di Satsuki si evidenziano, tuttavia, delle zone, seppur appena
tratteggiate e quasi invisibili, di inquietudine. Mei, al contrario, non ha piena consapevolezza di quello
che sta accadendo e infatti è la prima che vede ciò che i grandi non riescono a vedere, i nerini prima e
Totoro poi. Eppure è lei a trasportare in questo viaggio anche la sorella maggiore, a permetterle di entrare
in una dimensione preclusa agli altri. È chiara nel regista la necessità di dare un'immagine dell'infanzia in
cui la necessità di fantasticare e sognare possa diventare non solo un antidoto alla solitudine ma anche la
capacità di far vivere delle figure incontrate nei libri di favole o sottoforma di giocattoli inanimati ai quali
viene regalata una vita propria. Il cineasta giapponese ci presenta questa altra realtà come se fosse vera
e, se anche ciò che accade potrebbe anche verificarsi all’interno di una dimensione immaginaria, la
natura intimista di Il mio vicino Totoro sembra prevalere su quella avventurosa. Infatti, quando
l'immaginazione infantile crea una storia, i bambini credono di viverla realmente e anche la stessa favola
assume dei contorni e dei riferimenti molto concreti, vere e proprie proiezioni della realtà. L'universo di
Totoro, dei nerini e del gattobus potrebbe infatti essere per le due sorelle un rifugio, visto lo scarso
contatto con l’esterno. Certamente Satsuki frequenta la scuola ma non la vediamo legare con i suoi
coetanei; anche lo stesso rapporto con Kanta, il ragazzino che abita vicino a casa sua, non si
approfondisce probabilmente a causa dell'estrema timidezza di lui. Il legame tra le due sorelle, invece, è
quello tipico di due bambine che vanno ad abitare in una nuova casa e che sono molto legate tra loro
proprio a causa dell’isolamento che chiunque patisce quando si trasferisce in un nuovo ambiente. Sono
sole, di conseguenza sono molto legate tra loro. Mei soprattutto non riesce a stare senza la sorella
maggiore e ciò è evidente nella scena in cui vuole andare nella sua classe per poter stare vicino a lei.
Probabilmente la loro non è una situazione immutabile ma solo una condizione transitoria. C'è l'attesa per
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Il mio vicino Totoro – scheda critica
il ritorno della madre a casa. Insieme alla speranza, ma anche alla preoccupazione o alla paura che
qualcosa di brutto possa accadere. Questa fase della loro vita comunque segna un passaggio importante e
probabilmente è un periodo che si porteranno dietro anche in futuro.
Riferimenti ad altre pellicole e spunti didattici
Nella sua semplicità ma anche nella profondità con cui descrive un passaggio decisivo dell'infanzia e di
inizio adolescenza, il film è già adatto per gli studenti delle scuole materna ed elementare. La figura di
Mei soprattutto potrebbe essere una versione al femminile del bambino Sosuke (più o meno suo coetaneo)
di Ponyo sulla scogliera; entrambi infatti entrano in contatto quasi istintivamente col mondo della natura
che gli apre subito le porte. Il mondo naturale raffigurato in Il mio vicino Totoro è costituito
essenzialmente dalla foresta mentre quello di Ponyo sulla scogliera è il mare. In tali ambienti i giovani
protagonisti sembrano riuscire a instaurare una comunicazione immediata con gli esseri che li abitano,
senza che avvertire la differenza tra esseri umani, animali ed esseri soprannaturali o fantastici. In questa
pellicola si rinvengono tracce del cartoon della Disney Alice nel paese delle meraviglie (Alice in
Wonderland, Stati Uniti, 1951) di Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson, adattamento di
due romanzi di Lewis Carroll. Mei infatti potrebbe essere la trasposizione nipponica di Alice: entrambe,
infatti, entrano in un mondo misterioso in cui incontreranno personaggi fantastici. Infine le tracce
autobiografiche del regista e l'adesione emotiva con cui viene raccontata l'infanzia e l'adolescenza sono
rintracciabili anche in uno dei film più importanti del cineasta taiwanese Hou Hsiao-hsien, Tempo di
vivere, tempo di morire (Tong nian wang shi, Taiwan, 1985).
Simone Emiliani
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