06 Anniversario__ - Accademia Italiana di Scienze Forestali

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06 Anniversario__ - Accademia Italiana di Scienze Forestali
SESSANTESIMO
ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE
DELL’ACCADEMIA ITALIANA DI SCIENZE FORESTALI
Firenze, 21 giugno 2011
Il 21 giugno 2011 è ricorso il 60° anniversario della fondazione
dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali. Tale celebrazione è avvenuta in concomitanza del 150° anniversario dell’Unità d’Italia e dell’Anno
Internazionale delle Foreste. Nell’occasione si è tenuta una Tavola
rotonda su L’importanza delle foreste agli inizi del terzo millennio.
In ricordo dell’evento, ai partecipanti è stata distribuita una cartolina appositamente realizzata sulla quale è stato apposto uno speciale
annullo filatelico dedicato alla fondazione dell’Accademia.
Gli Atti della manifestazione sono stati pubblicati sul n. 6/2011
de «L’Italia Forestale e Montana», di seguito si riporta la relazione
introduttiva del Prof. Orazio Ciancio.
Accademia Italiana
di Scienze Forestali
60° Anniversario
Anniversario della Fondazione
Fondazione
21 giugno 1951 - 21 giugno 20
2011
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ORAZIO CIANCIO (*)
PROGRESSO SCIENTIFICO E CULTURA FORESTALE
1. LA FONDAZIONE DELL’ACCADEMIA
Noi aspiriamo non ad una desolante
uniformità ma all’unità nella diversità.
MAHATMA GANDHI
L’Accademia Italiana di Scienze Forestali è stata fondata il 21 giugno 1951, grazie all’impegno di alcuni Padri della Repubblica. AMINTORE FANFANI volle costituire l’Accademia per dare sostegno scientifico e tecnico agli Enti che avrebbero dovuto applicare la Legge per la
montagna. Egli ne fu promotore e Socio fondatore insieme a: ALBERTO
C AMAITI , FRANCESCO CARULLO, FRANCESCO CARLO PALAZZO, ALDO
PAVARI, GENEROSO PATRONE, GIULIO SACCHI, CESARE SIBILIA, ROMUALDO TRIFONE.
La sede fu ottenuta per volere di FANFANI che fece destinare
all’Accademia tutto il primo piano di villa «La Favorita», di proprietà
dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali.
L’allora Presidente della Repubblica, LUIGI EINAUDI – Socio onorario di questa Istituzione – eresse l’Accademia in Ente morale con
Decreto n. 4586 e partecipò alla manifestazione di inaugurazione che
avvenne a Firenze nella splendida cornice di Palazzo Vecchio alla presenza del sindaco GIORGIO LA PIRA, del Ministro dell’Agricoltura e
Foreste AMINTORE FANFANI, del Ministro di Grazia e Giustizia ADONE
(*) Presidente Accademia Italiana di Scienze Forestali; [email protected]
ANNALI A.I.S.F., Vol. LX, 2011: 3-12
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ZOLI, di oltre seicento partecipanti e di altre prestigiose personalità del
mondo politico, accademico e forestale.
Il Presidente dell’Accademia GENEROSO PATRONE nel discorso
inaugurale, dopo aver ricordato coloro – da Di Berenger a Francesco
Piccioli, da Delpino a Pampaloni, a Bechi, a Di Tella – che con la loro
cultura, intelligenza e passione diedero lustro alla Scuola Forestale
Italiana di Vallombrosa, afferma: «Questa nostra Accademia ha già
dunque iniziato a piantare i suoi alberi, ha già iniziato il suo lavoro,
che non sarà nè facile nè leggero; ma noi tutti, animati dalla certezza
di contribuire al progresso delle scienze forestali e al bene dell’Italia,
dedicheremo le nostre energie ad assicurare un migliore avvenire alle
nostre selve, che rappresentano uno dei legami umani più saldi fra la
generazione presente e quelle future».
Sin dalla nascita, l’Accademia ha inteso tutelare lo stretto e
inscindibile legame tra l’Uomo e la Natura, scegliendo come motto
una massima di Petronio Arbitro che sintetizza, in modo mirabile, i
rapporti fra l’albero e l’uomo: serva me, servabo te.
I compiti istituzionali dell’Accademia sono indicati nell’art. 1
dello Statuto: dare impulso e vitalità al progresso delle scienze forestali e
delle loro applicazioni alla selvicoltura e ai connessi problemi di tutela
dell’ambiente al fine di un maggiore benessere della Collettività
Nazionale.
Dopo G ENEROSO PATRONE , alla presidenza sono stati eletti
ALESSANDRO DE PHILIPPIS, FIORENZO MANCINI, ora presidente onorario, e chi parla. A GENEROSO PATRONE e ALESSANDRO DE PHILIPPIS va
un sentito ringraziamento e un rispettoso ricordo. A FIORENZO MANCINI il saluto deferente, la stima e l’ammirazione mia e di tutti i Soci.
2. L’ANALISI DELLE PROBLEMATICHE DEL SETTORE FORESTALE
NELL’ANNO INTERNAZIONALE DELLE FORESTE
La teoria ci aiuta a sopportare
la nostra ignoranza dei fatti.
GEORGE SANTAYANA
Allo stato attuale, le problematiche che a scala mondiale caratterizzano il settore forestale dipendono in buona parte da questioni di
ordine generale quali lo sviluppo demografico e la crescita dei consu-
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mi, che si ripercuotono sui processi di deforestazione e degradazione
dei boschi, sui cambiamenti climatici, sulla perdita della biodiversità.
Per far fronte alla molteplicità di devastazioni forestali e ambientali, gli organismi internazionali hanno promosso una serie di iniziative, tra cui si ricordano: la Convenzione sulla Diversità Biologica
(CBD), la Convenzione per la lotta alla desertificazione (UNCCD) e
quella per la lotta ai cambiamenti climatici (UNFCCC), la Convenzione sul commercio internazionale delle specie di fauna e flora
minacciate di estinzione (CITES), la lotta contro il commercio illegale
di legname (FLEGT), e l’attuale processo REDD+, che comporta
investimenti per l’aumento e la conservazione degli stock di carbonio.
Epperò, forse è necessario sottolineare che l’uso di tali strumenti, benché importante, può non essere sufficiente o addirittura può
avere effetti controversi sulla biodiversità e la funzionalità ecosistemica. Un esempio: la realizzazione di impianti forestali per produrre biomassa, se da un lato favorisce l’utilizzo di risorse energetiche rinnovabili, dall’altro può comportare la creazione di estese monocolture a
scapito delle risorse naturali.
Ciò fa tornare alla mente un paradosso degli anni sessanta del
secolo scorso di cui sembra tutti si siano dimenticati, ma che invero è
un esempio eclatante. Durante la «rivoluzione culturale» in Cina, fu
attuato un grande piano di disboscamento che prevedeva l’abbattimento degli alberi considerati «inutili» – cioè quelli delle foreste naturali –
e la loro sostituzione con altri ritenuti «utili» – ovvero quelli piantati.
Un intellettuale cinese, ACHENG, a tal proposito osserva che «L’unica cosa che non capiva era perché mai si dovessero abbattere e bruciare delle foreste in così buono stato per sostituire alberi utili con altri
alberi utili: non aveva senso…». Ma ciò non deve meravigliare più di
tanto. È solo il segno tangibile di un periodo che ha attraversato la
Cina, dove, talvolta, sono sempre parole di A CHENG , «basterebbe
descrivere realisticamente l’assurdo per ottenere la realtà».
In Europa, specialmente in alcune regioni centrosettentrionali, si
assiste a un regresso fisionomico e a una semplificazione dei boschi.
Vi è la tendenza alla formazione di popolamenti monospecifici sviluppati nell’ottica di ottenere il massimo di produzione legnosa. Lo sfruttamento eccessivo delle risorse e l’alterazione degli equilibri ecosistemici hanno provocato e continuano a provocare una diminuzione
dell’efficienza funzionale dei sistemi forestali, con lacerazioni non
facilmente rimarginabili.
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Nel nostro Paese, il mutamento delle condizioni economiche e
sociali, avvenuto a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, ha
comportato un aumento della superficie forestale. A seguito dello
spopolamento delle aree montane conseguente ai processi di industrializzazione e urbanizzazione, il bosco ha infatti riconquistato lentamente i terreni dismessi dall’agricoltura o abbandonati dall’attività
umana, dando origine a quello che potremmo definire un «arcipelago
forestale» che dalle Alpi si sviluppa lungo tutta la Penisola attraverso i
più svariati paesaggi.
L’abbandono della coltivazione dei boschi ha portato alla diffusione di fenomeni di degrado e deperimento – incendi, frane, attacchi
di patogeni. Tutto ciò, sommato a una generalizzata crisi della selvicoltura, ha provocato un diffuso disinteresse per i problemi forestali e
a una mancanza di sistematicità nella politica di settore, con interventi
occasionali, spesso emergenziali e raramente preventivi.
Insomma, nonostante le laceranti ferite inflitte in passato
all’ambiente, le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, e malgrado le buone intenzioni e le tante dichiarazioni di intenti, purtroppo, per usare nuovamente le parole di ACHENG, «l’assurdo è ancora
realtà».
Proprio in questi giorni, uno dei nostri più diffusi quotidiani ha
riportato quanto VANDANA SHIVA, intellettuale indiana, ricercatrice e
filosofa, ha scritto a proposito della Giornata mondiale dell’Ambiente
dedicata alle foreste: «Oggi guardiamo alla foresta solo in termini di
quello che possiamo sfruttare da essa: non di quello che può insegnarci. Bramiamo il suo legno, i suoi minerali, il suo ossigeno. La nostra
percezione di boschi e selve è ridotta alla sigla Redd, “Ridurre le
emissioni da deforestazione e degrado”, ovvero alla sua capacità di
assorbire il nostro inquinamento. Una qualità vitale, senza dubbio.
Ma la foresta è anche altro. Soprattutto, è maestra. Per la varietà di
specie che vi convivono, ha molto da insegnarci...».
E conclude: «Tutti i valori possono derivare dalla vita della
foresta, mentre non è vero il contrario. Per questo oggi la sfida è restituire alla foresta la sua centralità. Che significa imparare a conoscerla,
rispettarla – anche attraverso la disobbedienza civile contro il consumismo che la danneggia – e infine adottare leggi che riconoscano a
Madre Natura i suoi diritti».
I diritti della Natura, dunque. Forse è bene ricordare che chi
parla, insieme a un gruppo di colleghi che hanno recentemente dato
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vita al «Manifesto per la selvicoltura sistemica», da anni promuove
uno statuto agnitivo dei diritti del bosco. In chiusura della Tavola
Rotonda su «Il Bosco e l’uomo», svoltasi in questa sede il 23 maggio
del 1995, fu approvata la mozione finale che testualmente recita: «Il
bosco è un sistema biologico complesso che svolge un ruolo determinante per il mantenimento della vita sul pianeta. Come tutti i sistemi
viventi, il bosco è un’entità che ha “valore in sé”. Un soggetto di diritti che va tutelato, conservato e difeso».
3. LE PROSPETTIVE FUTURE PER IL PROGRESSO
DELLE SCIENZE FORESTALI NEL TERZO MILLENNIO
Ogni volta che insegni, insegna
a dubitare di ciò che insegni.
JOSÉ ORTEGA Y GASSET
Nell’Anno Internazionale delle Foreste, a sessant’anni dalla sua
fondazione, la giornata di oggi intende ribadire l’impegno dell’Accademia a sostenere la cultura forestale. Dall’epoca della sua istituzione,
l’Accademia ha rappresentato per i cultori della materia forestale il
fulcro del pensiero creativo. Per il mondo scientifico, essa ha costituito un punto di riferimento in quanto le discipline applicate al bosco
influiscono sullo sviluppo territoriale e, in definitiva, su quello del
Paese. Per la società civile, essa ha offerto uno spiraglio di luce in un
campo poco conosciuto, in cui la scienza e la tecnica forestale si uniscono all’economia e all’etica ambientale.
Negli anni, l’Accademia si è posta come organo di propulsione e
di stimolo, mezzo di coordinamento, di orientamento, d’incoraggiamento e di diffusione delle scienze forestali e ne ha promosso lo sviluppo attraverso la ricerca scientifica, l’organizzazione di convegni e
seminari di studio, la pubblicazione di periodici e monografie, la gestione della preziosa biblioteca contenente buona parte del sapere.
L’Accademia ha avuto tra i suoi Soci i maggiori esponenti della
cultura forestale italiana: GENEROSO PATRONE, ALDO PAVARI, ALESSANDRO DE PHILIPPIS, LUCIO SUSMEL, EZIO MAGINI, MARIO CANTIANI,
GERMANO GAMBI, UMBERTO BAGNARESI, RICCARDO MORANDINI, ma
molti altri si potrebbero citare. Essi hanno costituito la classe accademica universitaria e concorso in modo significativo all’elaborazione
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degli strumenti conoscitivi con risultati di assoluto valore nel campo
della ecologia, della selvicoltura e della gestione forestale.
Oggi più che mai, l’Accademia vuol essere un centro di studi e
di esperienze innovativo e propositivo, allo scopo di contribuire al
progresso delle scienze forestali e ambientali.
Si deve prendere atto che siamo entrati in un mondo nuovo. La
globalizzazione è segnata da un nuovo ciclo tecnologico e da una
straordinaria mobilità delle risorse. Delineare i compiti che ne derivano dev’essere un impegno e un dovere. Si tratta di compiti gravosi e
ineludibili perché in gioco c’è l’identità stessa dei forestali. Compiti
che investono le politiche ambientali, economiche, giuridiche e sociali
nelle loro applicazioni alla selvicoltura, come elementi di prosperità
nazionale. Sono temi e problemi cruciali per il futuro dei forestali e
dei quali l’opinione pubblica deve essere informata correttamente.
In società ricche ma insicure come le nostre, il consenso all’uso
del bosco non è legato solo al mercato, ma anche, e soprattutto, alla
fiducia nella capacità di affrontare in prospettiva i problemi ambientali – che sono problemi strutturali – che generano disagio nella società.
Per ottenere il consenso è necessario il riorientamento dell’uso
del bosco verso i bisogni collettivi: la sicurezza nel lavoro, l’ambiente,
la formazione, l’istruzione, le infrastrutture aziendali ecc. Il che, a
livello politico, si traduce nello spostamento dell’onere su l’Unione
Europea, che costituisce la nuova frontiera per il miglioramento e la
valorizzazione del bosco.
A tal proposito mi piace ricordare le parole di LUIGI LUZZATTI
che a distanza di oltre un secolo sono sempre attuali: «I figli dei nostri
figli ci benediranno perché avremo dato loro una Italia salvata dalle
inondazioni, dal disboscamento, dagli incendi, perché oggigiorno, gli
esploratori del bilancio hanno chiarito l’enorme somma che si spende
in media ogni anno per liberarci dalle inondazioni e per spegnere gli
incendi delle nostre selve».
Epperò, se è vero che la soluzione delle problematiche in
campo forestale risiede in primo luogo nella volontà politica, è pur
vero che un tale impegno ha una reale possibilità di concretarsi se è
affiancato e sostenuto da una moderna e coerente cultura forestale
nella unanime consapevolezza che il bosco rende vivibile il presente e
possibile il futuro.
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4. IL RUOLO DEI GIOVANI E DELLA RICERCA PER IL PROGRESSO SCIENTIFICO
Il vero nemico del pensiero genuino non è
un sano disaccordo ma uno sterile dogmatismo.
PLATONE
La vitalità di una scienza a carattere biologico, qual è la selvicoltura e la gestione forestale, dipende dalla sua storia e dalla capacità di
affrontare e risolvere su basi scientifiche le sfide che il cambiamento
costantemente propone.
Secondo il biologo evoluzionista ERNST WALTER MAYR i caratteri
specifici che rendono la biologia una scienza autonoma sono:
a) la complessità dei sistemi viventi, incomparabilmente maggiore
della complessità di qualsiasi sistema non vivente;
b)l’organizzazione in popolazioni di individui – la popolazione
umana, la popolazione delle querce ecc. – l’una diversa dall’altra tra
tutte le entità biologiche;
c) il possesso di un programma genetico;
d)l’analisi comparativa che in biologia prevale anche sul metodo sperimentale;
e) la presenza forte della storia, che rende i processi biologici perfettamente comprensibili a posteriori ma difficilmente prevedibili a
priori.
Egli sostiene, e su questo non si può non essere d’accordo, che
riconoscere l’autonomia della biologia è il primo passo verso l’unificazione e la riconciliazione tra le scienze fisiche e le scienze umanistiche.
Il mondo della ricerca, così degnamente rappresentata in questo
incontro, ha avuto un grande peso per lo sviluppo delle scienze forestali. L’Accademia non dispone di laboratori e non ha personale specializzato per effettuare ricerca in campo. Essa si pone piuttosto come
un laboratorio di idee. Un laboratorio di idee innovative, naturalmente. E poiché in campo scientifico, come da sempre avviene nella scienza, le idee nuove generano dibattito e, spesso, dissensi, l’Accademia
diviene il luogo ove si promuove e si stimola sul piano dialogico l’evoluzione del pensiero forestale.
A chi si meraviglia di alcune controversie scientifiche sviluppatasi nel corso del tempo, ricordo che il dissenso produce sapere. Se tentiamo di costringere a forza la scienza all’interno di un’unica visione
filosofica come il riduzionismo, ci comportiamo come Procuste che ai
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suoi ospiti troncava le gambe se sporgevano dal letto. Né c’è da stupirsi se talune dispute talvolta provocano, per dirla con ANTONIO
TABUCCHI, la «Gastrite di Platone». Tutto ciò è l’essenza della scienza.
Si fa osservare che allorché si tratta di cambiamenti concettuali,
l’affermazione di una nuova teoria e di un inedito paradigma scientifico determinano il cambiamento del linguaggio e del modo di pensare.
Nella fattispecie un tale cambiamento avviene in un tempo spesso
lungo come si conviene in campo forestale. Tant’è che il premio
Nobel per la fisica MAX PLANK, riprendendo un’affermazione di
GALILEO, osservava che il trionfo di una nuova verità scientifica non si
deve al fatto che essa riesce a convincere i suoi oppositori e a far loro
vedere la luce, ma solo al fatto che infine i suoi oppositori scompaiono
e cresce una nuova generazione che ha familiarità con essa. Come
sempre, i cambiamenti radicali sono patrimonio dei giovani. A essi è
affidato il progresso scientifico.
Siamo consapevoli che dai giovani abbiamo molto da apprendere. Da parte nostra possiamo aiutarli nella presa di coscienza della
rilevanza della ricerca scientifica nel settore forestale. Possiamo aiutarli a rendersi conto che per accrescere la conoscenza occorre essere
educati a una virtù che fa parte del patrimonio genetico di tutti i ricercatori: l’umiltà, che poi è la chiave per aprire le porte a nuove scoperte scientifiche.
Di più: possiamo educarli alla creatività e all’autonomia culturale.
La creatività è la dote che possiedono i giovani, ma essi devono sapere
che tale dote li sorregge solo per un breve periodo della loro vita lavorativa. Guai a non approfittarne. Disperdere questa facoltà significa
danneggiare non solo se stessi, ma anche tutto il settore in cui operano. La creatività si esplica in tutta la sua ampiezza se si sta a contatto
con chi dell’autonomia culturale ne ha fatto una fede e ne sa apprezzare il valore.
Queste sono alcune delle tante regole che i giovani devono rispettare, apprendendo da chi prima di loro ne ha fatto tesoro. Se ciò che da
sempre ha guidato i ricercatori non si accetta con lealtà, se non si ha la
consapevolezza dell’importanza del lavoro che si svolge, se non si accede
a percorsi basati sullo studio e sul lavoro di eccellenza, talvolta anche
senza riconoscimenti – e il rischio a dire il vero sussiste –, allora in queste
condizioni di «mercato» sarà la moneta cattiva a scacciare quella buona.
Se, invece, i ricercatori si riconoscono in tali regole, di certo nessun obiettivo sarà loro precluso e il successo sarà alla loro portata.
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D’altra parte, i ricercatori anziani devono consentire il ricambio generazionale. La mancanza o il blocco di tale ricambio in primo luogo
sarebbe letale per le discipline scientifiche – dove, come prima detto,
la creatività appartiene più ai giovani che agli anziani – e, in secondo
luogo, non consentirebbe la selezione dei leader scientifici del futuro.
5. CONCLUSIONI
Ama gli scogli, nonché il sapere, per gli
abissi immensi sui quali si affacciano.
ELIAS CANETTI
È giunto il momento di considerare il presente non in base al
passato, ma in relazione al futuro. Il mondo forestale si deve adeguare
a questi mutamenti attraverso la proposizione di idee innovative e l’elaborazione di progetti coerenti con tali cambiamenti.
Mettere l’innovazione al centro del proprio credo costituisce una
delle ragioni della cultura forestale che si è formata negli ultimi tempi.
Parliamo di un concetto più ampio, che va oltre la tradizionale ricerca
e sviluppo e include la sfera legata alla cultura umanistica. E in quanto
tale va a toccare la qualità degli individui che oggi devono essere al
centro del sistema foresta.
Il bosco – malgrado l’uomo – è sopravvissuto nel passato e si
presume sopravviverà nel futuro. Oggi più che mai il rapporto uomobosco deve essere interpretato in modo evolutivo e sinergico. E poiché la cultura fa parte della storia evolutiva, è il contesto culturale
delineato da tale rapporto che determina la reificazione del «pensiero
forestale».
Bisogna mutare atteggiamento nei confronti del bosco. Occorre
rinnovare costantemente il dibattito sulla gestione forestale, altrimenti
si finisce con il governare il passato: si trascrive o si ripete quanto
acquisito in condizioni ambientali e in situazioni socio-economiche
diverse da quelle attuali.
Se, come spesso avviene, di fronte a idee nuove vi è la tentazione
di metter in soffitta il termine dialettica e il filosofo che lo ha tramandato e più di ogni altro lo ha utilizzato, allora a farne le spese,
manco a dirlo, sarà sempre e comunque il sistema biologico complesso bosco. Un punto di vista questo che porta all’inaridimento della
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ricerca e di conseguenza non consente il progresso scientifico. E,
appunto perciò, assolutamente inaccettabile.
Seguendo gli itinerari tracciati dai miei predecessori, confermo
l’impegno dell’Accademia per la tutela della biodiversità e la difesa
dei boschi la cui conservazione, oggi più che mai, corrisponde ad
un’altissima esigenza di carattere regionale, nazionale, mondiale.
Concludo con l’aforisma di Petronio che è parte integrante del
logo dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali: Serva me, servabo te.
Grazie.