Gargallo Gil, José Enrique (a c. di), con Bastardas, Maria

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MATTEO RIVOIRA
Gargallo Gil, José Enrique (a c. di), con Bastardas, Maria-Reina / Fontana i Tous, Joan /
Iannàccaro, Gabriele / Torres Torres, Antonio (2011): I proverbi meteorologici. Ai confini dell’Europa romanza. Alessandria: Edizioni dell’Orso, pp. VIII+318.
Il volume raccoglie i contributi presentati al Segon Seminari Internacional sobre Refranys Meteorològics. Als llindars de l’Europa romànica (27 e 28 maggio 2010, Barcelona), organizzato in seno al
progetto BADARE (Bases de datos sobre refranes del calendario y meteorológicos en la Romania),
programma di ricerca il cui obiettivo è la costituzione di una banca dati sui proverbi del calendario e
meteorologici della Romània. Finanziato per due trienni dal Ministerio de Ciencia e Innovación della
Spagna e coordinato dal prof. José Enrique Gargallo Gil (Universitat de Barcelona), curatore, insieme
ad altri membri dell’équipe BADARE, del presente volume, il progetto ha preso il via nel 2005 e ha
permesso di archiviare sinora (2011) quasi diecimila schede paremiologiche, consultabili in rete
all’indirizzo (http://stel.ub.edu/badare/)4. Il primo seminario è stato organizzato nel 2009 e ha visto
confrontarsi intorno al concetto di «paremiologia romanza» diversi studiosi, i cui interventi sono stati
presentati nel volume, anch’esso curato da Gargallo Gil, dal titolo Paremiología romance. Los refranes
meteorológicos (Barcelona: Publicacions i Edicions de la Universitat de Barcelona, 2010). In
quell’occasione lo sguardo è stato rivolto all’interno dell’area di riferimento e il confronto ha potuto
mettere in evidenza la forte continuità linguistico-culturale che caratterizza il patrimonio paremiologico romanzo, giustificando così ulteriormente la bontà e la fecondità del principio che ha ispirato il
progetto BADARE. Nel Segon Seminari l’attenzione, ovviamente sempre orientata allo studio dei proverbi meteorologici, è stata invece rivolta ai margini dell’Europa romanza, prendendo cioè in considerazione principalmente le aree linguistiche non neolatine, nella prospettiva del contatto linguistico e
culturale. Il volume presenta il ricco materiale offerto alla discussione, secondo una prospettiva geografica che si muove dallo spazio lusofono sino all’area balcanica, toccando diversi ambiti linguistici
compresi tra questi due estremi: il basco, il bretone, i dialetti alemanni della Svizzera tedesca, i dialetti
walser delle Alpi meridionali, le varietà italoromanze delle coste venete e istriane, lo sloveno, il croato
čakavo, l’arbënishtë di Zara e l’albanese d’Italia (arbëresh), il griko salentino e il maltese. Ai contributi specificamente dedicati alla paremiologia meteorologica, s’aggiungono alcuni altri scritti di argomento differente variamente legati al tema. Completano infine il volume i riassunti multilingui (lingua di
redazione dell’intervento, italiano, spagnolo, catalano e inglese) dei diversi interventi (pp. 283-312)
presentati per ordine alfabetico di autore.
Il contributo che apre il volume riguarda, come s’è detto, lo spazio lusofono (Lucília Chacoto, Semelhanças e diferenças dos provérbios meteorológicos no espaço lusófono, pp. 1-14), limitato, tuttavia,
a tre ambiti geografici specifici: l’Algarve, la regione più meridionale del Portogallo, le Azzorre e il
Brasile (l’esclusione dell’area lusofona africana è giustificata dalla difficoltà di reperimento di materiale e dalla particolarità della situazione linguistico-culturale). Lo studio, che si propone come prima
esplorazione delle somiglianze e delle differenze riscontrabili nelle diverse aree lusofone caratterizzate
—tra le altre cose— da notevoli differenze climatiche, tenta di rispondere a due interrogativi di fondo,
vale a dire in quale circostanza un proverbio si può ormai considerare locale e quali sono le condizioni
linguistiche necessarie perché si possa parlare, invece, di un adattamento di un proverbio meteorologico
debe de ser anterior [...], 297, 1, 12, Pero a la Academia no le debió convencer [...], y 352, 2, 8, Este zorrocloquear
andaluz debe tener relación con [...]: la última revisión de las normas académicas acepta la utilización de deber sin
preposición para indicar probabilidad, pero su uso debería ser uniforme a lo largo del texto; asimismo, convendría, a
menos que se trate ello de una reivindicación lingüística, actualizar la acentuación del adverbio solo y de los pronombres demostrativos.
4. Allo stesso indirizzo internet si possono trovare maggiori informazioni sul progetto, si veda inoltre Gargallo
Gil E., Iannàccaro G. (2010), «Il progetto BADARE. Proverbi meteorologici e territorio», in BALI, III Serie, n. 34,
pp. 165-188.
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di più ampia diffusione. Nel primo caso, l’attribuzione all’ambito locale sarà determinata dall’allusione
a toponimi locali o a usi esclusivi o, ancora, alla presenza di fauna e flora tipiche. In mancanza di tali
riferimenti e nel caso di riconoscimento di sua struttura lessico-sintattica o semantica analoga a quella di
proverbi registrati altrove potremo, invece, parlare di adattamento.
L’ambito basco è preso in considerazione da Javier Calzacorta Elorza (Los refranes meteorológicos
vascos: dos colecciones poco conocidas, pp. 15-33), che presenta, dopo un’ampia introduzione (pp. 1520) di carattere metodologico e terminologico relativa alla struttura dei proverbi atmosferici baschi
confrontata con quella di proverbi francesi e spagnoli, un repertorio di proverbi meteorologici baschi in
particolare legati al mare. Da ultimo, l’Autore si sofferma sulle credenze e leggende cristallizzate nei
proverbi baschi, mettendo in evidenza lo spessore culturale che si cela dietro alcuni detti.
Jean Le Dû (Les dictons météreologiques de la Basse-Bretagne, pp. 35-44) nel suo intervento si
concentra sull’ambito bretone, particolarmente ricco dal punto di vista delle ricerche inerenti la letteratura popolare, affrontando alcune questioni generali utili per comprendere i significati dei proverbi bretoni (le caratteristiche climatiche della regione, la suddivisione delle stagioni nella lingua bretone).
Nell’interessante disamina della terminologia francese per indicare proverbi e sentenze (dicton, sentence, maxime, proverbe), l’Autore si sofferma sull’opposizione tra proverbes e dictons, giustificando la
scelta di adottare quest’ultimo termine per i proverbi meteorologici. La distinzione ricalca quella proposta da Temistocle Franceschi (e ripresa da A. Romano, v. oltre) per l’ambito italiano che distingue tra
detti paremiaci e detti didattici. Le conclusioni del saggio aprono su due questioni assai interessanti: da
un lato quella relativa alla veridicità dei proverbi dal valore predittivo (cfr. J. Martín-Vide, v. oltre) e
dall’altro chiedendosi in quali tratti e persistenze si possa individuare una specificità culturale della
bassa Bretagna nell’ambito dei proverbi.
Le varietà germaniche alle soglie della Romània prese in considerazione sono quelle alemanniche della Svizzera (H. Bickel, Dictons météorologiques de la Suisse alémanique. Aspects historicolinguistiques, sources et rapports interlinguistiques, pp. 45-52) e quelle delle colonie walser a sud delle
Alpi (G. Iannàccaro, Broahut volli a hut, all moanada gnug. Proverbi meteorologici nelle comunità
walser a sud delle Alpi, pp. 53-81). L’intervento di Bickel offre una panoramica dello stato delle fonti
svizzero-tedesche per lo studio dei proverbi —assai poco sistematiche, in particolare per l’ambito relativo alla meteorologia— fornendo successivamente alcuni esempi di proverbi dai quali emerge una
continuità molto evidente con i contenuti dei proverbi meteorologici di ambito romanzo. Tale continuità,
tuttavia, pare non esser stata sinora indagata, così come mancano studi relativi all’evoluzione storica dei
proverbi nell’area di confine. L’intervento di Iannàccaro si muove, invece, in una prospettiva differente,
puntando a indagare, tramite lo studio dei proverbi della minoranza walser in Italia e Ticino, da un lato la
«peculiare situazione (etno)linguistica che caratterizza le comunità walser a sud delle Alpi, in particolar
modo il rapporto che lega il mondo romanzo con queste colonie alemanniche», dall’altro la percezione
dell’ambiente così come emerge dal repertorio paremiologico, nonché l’autopercezione della comunità
e l’immagine che tale riflessione propone all’esterno. I fenomeni legati all’interferenza linguistica (e
culturale, quanto al contenuto dei proverbi), interessanti tanto nella loro relativa scarsezza nei proverbi
(a fronte di parlate invece che ne sono radicalmente interessate) quanto nella loro particolare manifestazione che interessa sia il lessico sia la morfologia o la sintassi, sono considerati come simboli di una
rappresentazione di sé che oscilla tra una tendenza al purismo e al ripiegamento su se stesse delle comunità walser —che si autorappresentano ancorate al mondo tradizionale, cui appartengono i proverbi— e l’accoglimento, in forme via via più subordinate, delle forme linguistiche e dei modelli mentali
delle comunità romanze circostanti.
Il dominio veneto-istriano delle coste dell’Adriatico settentrionale è l’orizzonte linguistico-geografico
nel quale si muove lo studio di R. Fontanot (Els refranys meteorològics als dialectes de les costes vènetes
i istrianes, pp. 83-93). Dopo aver tracciato un sintetico ed efficace quadro della complessa storia linguistica del Golfo di Venezia, l’Autore tenta di ricostruire in prospettiva diacronica le fasi della diffusione
diatopica dei vari proverbi, attraverso la comparazione dei repertori di proverbi relativi al mare desunti da
varie fonti scritte.
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Il contributo di S. Škrabec (Poesia i paremiologia: un exemple des d’Eslovènia, pp. 95-107) nel
quadro complessivo si distingue per metodologia e ambito di studio, poiché analizza, a partire da un testo poetico di France Prešeren (1800-1848), dove si allude a un proverbio popolare, l’atteggiamento del
più grande poeta sloveno nei confronti della cultura popolare.
Sempre all’ambito slavo è dedicato il contributo di N. Vuletić (L’herència cultural romànica als
refranys meteorològics del croat txacavià, pp. 109-127), nel quale l’Autore offre un’interessante descrizione della forte componente romanza riscontrabile nel repertorio paremiologico croato delle regioni
della Dalmazia, di Kvarner, di Primorje e dell’Istria, che si presentano nello stesso tempo come «Romània submersa» (per l’antico dalmatico), come «Romània continua» (coll’istroromanzo, benché ormai in
via d’estinzione) e come «Romània nova» (con la romanizzazione lungo il corso del tempo rappresentata dall’istrorumeno, dall’italiano e dal veneziano, sebbene ormai in una condizione sociolinguistica assai
poco favorevole). I proverbi con elementi romanzi sono classificati in base al loro relativo adattamento
al croato: dal caso estremo, ma non trascurabile, di proverbi italoromanzi impiegati tal quali, a varie
forme di ibridazione e adattamento, sino ai calchi paremiologici.
L’ambito linguistico albanese è trattato, in due diversi interventi, da I.-B. Habuš (L’element romànic
als refranys meteorològics de l’arbënishtë de Zadar, pp. 129-136) e da F. Altimari (Proverbi meteorologici delle comunità arbëresh d’Italia, pp. 135-147). Nel primo, il contesto è quello del villaggio albanese
di Borgo Erizzo a Zara, realtà multilingue assai ricca, dove alla componente albanese si aggiunge quella
slava e quella romanica. Tale varietà si manifesta, a livello paremiologico, in una forte eterogeneità caratterizzata da varie componenti e interferenze, delle quali viene offerta una panoramica. L’intervento di
Altimari, a sua volta, è dedicato alle comunità albanesi in Italia, con particolare attenzione all’area calabrese, la più compatta e numerosa dal punto di vista degli insediamenti arbëresh. L’Autore si sofferma
soprattutto sui proverbi calendariali e climatici, considerati anche sotto l’aspetto del loro valore normativo rispetto allo svolgersi della vita della comunità.
A. Romano («Quando il vento soffia, facciamo come la canna»: la paremiologia grika e salentina
tra meteorognostica e metafore meteorologiche, pp. 149-175) presenta un repertorio di proverbi raccolti nella Grecìa salentina (riportato in appendice) accompagnato da considerazioni critiche particolarmente pertinenti quanto alla relativa scarsità di proverbi meteorologici nel repertorio paremiologico
griko e alla conservazione di questo particolare aspetto della cultura popolare. L’attribuzione della (relativamente scarsa) componente autenticamente greca del repertorio rispetto a quella romanza avviene
ricorrendo allo studio formale dei singoli detti. Dall’analisi complessiva emerge tuttavia come non si
possa individuare un fondo di ellenismo nei proverbi griki, né specifiche componenti di una tradizione
neogreca e tuttavia, quando i proverbi raccolti non appartengono alla cultura salentina in generale, presentano una spiccata originalità.
L’isola di Malta, dove il maltese —unica varietà semitica europea autoctona— vive in regime di
coufficialità insieme all’inglese, è l’ambito toccato da M. Cassar (Maltese meteorological and calendar
proverbs, pp. 177-206), in un contributo che presenta un ricco repertorio di proverbi meteorologici e
calendariali (raggruppati per mesi), confrontato con i corrispettivi italiani o siciliani, di cui spesso sono
calchi o traduzioni letterali.
T. Dimitrova Láleva (Paremias meteorológicas relacionadas con la primavera. Sobre el material
búlgaro en comparación con el español y el rumano, pp. 217-234) chiude la carrellata di contributi relativi ai repertori paremiologici delle varie aree alla periferia della Romània con un contributo relativo alla
Bulgaria. Constata la drastica crisi del sapere paremiologico bulgaro, in particolar modo di quello legato
alla meteorologia strettamente connesso con le attività agricole tradizionali, già messo in crisi, dal punto di
vista del suo valore predittivo, dalla recente (1916) introduzione del calendario gregoriano (adottato anche dalla chiesa solo nel 1968), l’Autrice espone un elenco di detti relativi alla primavera puntualmente
confrontati con i corrispettivi spagnoli e rumeni.
Il primo intervento non espressamente dedicato alla paremiologia romanza è quello di M. Nevaci
(L’aroumain: aspects ethnographiques réflétés dans un dialecte roumain parlé dans les Balkans, pp. 207215), la cui pertinenza nel contesto del volume appare nel complesso poco giustificata. Più interessante
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invece quello di N. Saramandu (Les enseignements de l’Atlas Linguarum Europae (ALE), pp. 235-246),
che, pur non trattando di paremiologia, nel presentare l’ormai quarantennale esperienza dell’ALE offre
interessanti spunti contenutistici e metodologici nella prospettiva di un ampliamento della comparazione
di lingue e realtà culturali differenti.
Riguardano invece la paremiologia, considerata però da punti di vista diversi rispetto al resto degli
interventi, i due studi che chiudono il volume. Il primo porta la firma di J. Martín-Vide (¿Qué tienen
de verdad los refranes meteorológicos?, pp. 247-258), specialista in geografia fisica che affronta una
questione centrale rispetto al valore culturale dei proverbi meteorologici, quella cioè relativa al loro effettivo valore predittivo. L’Autore procede distinguendo innanzitutto tra proverbi relativi al tempo meteorologico, cioè agli stati dell’atmosfera in un luogo e in un momento determinati, mutanti e congiunturali, e quelli relativi al clima, stato caratteristico dell’atmosfera in un luogo determinato, ma dedotto in
un lungo periodo di osservazione. L’analisi è condotta, in seguito, in modo brillante partendo dall’ipotesi che i proverbi abbiano scarsa o nulla validità scientifica. Tale ipotesi è espressa nei due linguaggi
proprî ai due ambiti nei quali si articola la questione (e ai due diversi piani di realtà ai quali si riferiscono): quello paremiologico (¡del dicho al hecho hay mucho trecho!), contesto nel quale i proverbi sono
considerati da Martín-Vide iuxta propria principia, classificati cioè per ambito disciplinare e finalità
(meteorologici predittivi a breve termine, meteorologici predittivi a scala stagionale, climatici, astronomici ecc.), per elemento osservato esplicito (nubi, vento, mese, festività), per ambito territoriale di riferimento (generali, regionali o locali), e quello scientifico (meteorologico in particolare), dove la validità
dell’asserzione proverbiale è confrontata con dati statistici. Dall’analisi complessiva, sebbene si tratti di
uno studio preliminare, emerge come un certo numero di proverbi meteorologici abbia effettivamente
una utilità o una veridicità meteorologica su scala locale e che un numero apprezzabile di proverbi con
valore predittivo a breve termine si appoggi su fondamenti fisici reali, sebbene il loro valore non resista
a una verifica statistica oggettiva, mentre quelli a medio e lungo termine non meritano credito. Al contrario i proverbi climatici sono sostanzialmente verificati, così come quelli astronomici che si riferiscono
con esattezza al ciclo naturale annuale.
L’ultimo intervento è di K. Morvay (Entre «la feina feta» i «un ja està fet». Estudis comparatius
de fraseologia i de paremiologia en les llengües d’Europa, pp. 259-282). Lo studioso di fraseologia,
discutendo la definizione di europeismo paremiologico proposta da Gyula Paczolay partendo dal materiale raccolto nel suo manuale European Proverb (DeProverbio.com, 2002), manifesta l’esigenza di una
riconsiderazione di alcuni aspetti di base, soprattutto quelli concernenti i legami tra fraseologia e paremiologia, in particolare sul piano del significato e delle corrispondenze (sinonimia e equivalenze) nei
proverbi.
Nel complesso il volume —come quello che l’ha preceduto, menzionato in apertura—, nella diversità delle situazioni linguistiche considerate e degli approcci adottati dai singoli studiosi, alcuni dei quali
hanno rivolto la loro attenzione per la prima volta ai proverbi, ci permette di cogliere la ricchezza di spunti offerta dalla paremiologia, soprattutto quando considerata in una prospettiva di ampio respiro. In questo
senso l’arricchimento che può dare alle conoscenze paremiologiche il progetto BADARE è quanto mai
apprezzabile. Tanto più che una delle considerazioni che ritorna con maggior insistenza nei vari interventi riguarda proprio la scarsezza o disomogeneità delle fonti disponibili (considerazione che ha spinto
alcuni, come Altimari, Habuš, Iannàccaro e Romano a effettuare o promuovere —lodevolmente!— nuove ricerche sul campo in vista della preparazione del loro contributo). Altro innegabile valore positivo
da attribuire a esperienze come quella dei due Seminari (si è intanto già tenuto il Tercer Seminario Internacional sobre refranes meteorológicos. Geoparemiología románica, Barcelona, 6-7 giugno 2011) organizzati in seno al progetto BADARE è dato dall’occasione di confronto e perfezionamento dell’apparato euristico nello studio paremiologico: quasi ogni autore, infatti, prima di procedere all’esposizione
del repertorio raccolto, si sofferma sul valore linguistico del proverbio meteorologico proponendo letture a volte originali (si veda per esempio il contributo di Iannàccaro). In alcuni casi, però, il ricorso all’apparato concettuale elaborato nel corso degli anni da studiosi come Temistocle Franceschi, ideatore e
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direttore dell’Atlante Paremiologico Italiano che tanto impulso ha dato agli studi in questo ambito,
avrebbe evitato di tornare sulle stesse questioni in modo approssimativo favorendo un avanzamento più
organico delle conoscenze.
Matteo Rivoira
Atlante Linguistico Italiano
Gómez Inglada, Pere (2010): Quinze anys de periodisme. Les col·laboracions de J. V. Foix a «La
Publicitat» (1922-1936). Barcelona: Institut d’Estudis Catalans, 498 p.
J. V. Foix és un dels escriptors catalans que ha gaudit tant de l’èxit en l’aspecte editorial com de les
simpaties de la investigació. La seva obra poètica, monumental en diversos sentits dins de la història de la
literatura catalana, ha centrat l’interès de la majoria dels seus lectors i investigadors. Tot monument, però,
fa ombra, fins i tot al propi pedestal. Si la seva poesia ha ocupat la part del «solell», la seva obra periodística ha quedat tradicionalment a «l’obaga», per dir-ho a la manera del poeta. Doncs bé, el llibre que ens
ocupa hi aporta llum. Es tracta d’una visió panoràmica de la tasca que va desenvolupar al capdavant de La
Publicitat entre 1922 i 1936, en la qual Pere Gómez Inglada posa sobre la taula algunes de les peces imprescindibles per situar correctament l’intel·lectual i la seva època. El conjunt d’aquesta obra correspon a
la tesi de l’autor, premiada el 2007 amb el Nicolau d’Olwer que atorga l’Institut d’Estudis Catalans.
Als anys vint i trenta Foix va ser, sobretot, periodista. Durant aquesta etapa es va dedicar gairebé
exclusivament a La Publicitat, la plataforma que va canalitzar pràcticament tots els seus projectes polítics i culturals. És més: segons la hipòtesi de Gómez Inglada, si les circumstàncies ho haguessin permès,
possiblement Foix hauria continuat fent del periodisme la seva principal tribuna, cosa que potser hauria
anat en detriment del poeta que va acabar consolidant-se durant la postguerra. Foix, el periodista, que
durant aquests anys va batallar per una idea de país —lliure, culte, europeu— i va defensar una concepció del periodista català lligada exclusivament a la llengua catalana, va veure com el desenllaç de la
Guerra d’Espanya el menava a un cul-de-sac. És aleshores quan intensifica de grat per força la seva dedicació a la poesia. Com sentencia Gómez Inglada, amb l’ensulsiada «la literatura catalana ha perdut un
periodista, però ha guanyat un poeta» (p. 17). Així doncs, estem davant d’un material molt sucós en dos
sentits: d’una banda, es tracta d’una intervenció periodística de primer ordre i, com a tal, es reivindica en
el llibre; de l’altra, els articles il·lustren l’ideari i l’evolució de Foix, per la qual cosa es proposen claus
d’interpretació per apropar-se o aprofundir en l’intel·lectual i en l’escriptor.
Aquest estudi s’insereix en la línia interpretativa d’obres com la biografia de Manuel Guerrero (J.
V. Foix, investigador en poesia, 1996) o els articles de Manuel Carbonell i Josep Maria Balaguer, principalment. L’autor, com escau en aquest tipus d’aproximacions, també explora críticament altres aportacions de la investigació literària. L’especificitat d’aquest llibre rau en l’enfocament metodològic i la
interpretació panoràmica que se’n deriva. Gómez Inglada ha fet l’anàlisi del corpus periodístic de Foix
d’aquests anys, que supera els 1.100 articles, bona part del qual no ha estat mai recollit en llibre. El resultat d’aquesta investigació ha estat un recorregut estructurat en quatre parts: els «primers passos»
(anys 1922-1927), les «col·laboracions centrals» a la secció «Meridians» (1928-1932), la continuïtat
d’un projecte a la secció «Itineraris» (1933) i, finalment, els «presagis del silenci» (1934-1936). Una
visió que arrenca des de l’impuls originari de Joaquim Folguera, l’enyorat amic de Foix, fins a l’acabament abrupte causat per la guerra i la revolució.
Tot i que l’autor s’atura a comentar aspectes rellevants de la trajectòria de Foix, l’interès que ha
guiat la seva investigació no radica tant en una aproximació «analítica i comprensiva», sinó en un «acostament ampli» d’aparença «descriptiva i extensiva» (p. 19). Tot i el plantejament cronològic, els articles
de cada capítol estan agrupats i comentats en subapartats temàtics (literatura, filosofia, religió, pintura,
arquitectura, etc.). Des de la visió organitzada de conjunt, es volen donar les claus de l’estructura del
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