scarica il documento PDF

Transcript

scarica il documento PDF
Una tradizione di famiglia
(Raccontando Manet di Stefano Atzeni)
“Mamma ma quando passano?”
“Buona Cirillina, buona. Adesso passano a mamma!”
Mamma e figlia aspettavano, sedute vicino alla cancellata, il passaggio degli atleti. Cirillina
fremeva dall’impazienza di vedere il padre corridore. Il bravuomo si era impegnato a correre una
maratona nella città eterna, era un voto che aveva fatto in una circostanza particolare , dove solo un
voto avrebbe potuto salvarlo.
Il plotone d’esecuzione stava per dare attuazione alla terribile sentenza di alto tradimento quando
l’ufficiale in comando era stato fermato dal ministro degli interni in persona, grande appassionato di
sport, che in un sussulto di pietà gli aveva offerto una strana chance di salvare la vita.
“Correrai per più di 40 chilometri senza mai fermarti. Se ci riuscirai avrai salva la vita altrimenti si
vedrà dove sarai arrivato; i chilometri che mancheranno saranno i tuoi anni di fortezza!”
Ovviamente l’uomo aveva accettato e ora la mamma di Cirillina e Cirillina, ne aspettavano il
transito, al 40esimo chilometro.
Sentirono un po’ di rumore ,trambusto di persone, ed eco un drappello di soldati e uomini in
borghese che scortavano una persona che non si reggeva in piedi.
Telesforo passò, vide la moglie e la figlia e urlò loro:
“Crocifissa, Cirillina, ci vedremo fra 3 anni!”
“Che storie il bisnonno Telesforo! Certo che se il prozio Temistocle non avesse raccontato la storia,
la tradizione maratonica col cavolo sarebbe nata nella mia famiglia! Difendere l’onore, negli anni
… che palle … eppure nessuno è mai riuscito ad esimersi dall’obbligo morale!”.
Così pensavo rigirandomi nel letto. Ricordavo la storia che avevo sentito ottomiltrecentoventotto
volte dalla mia infanzia; mamma e zia volevano essere ben certe che la faticosa tradizione di
famiglia continuasse, con me! Sentivo di non potermi esimere, eppure indugiavo ancora nel buio
confortevole della mia camera da letto.
Poi, d’improvviso …
“Miii già le sei sono !”
Queste le prime parole che mi uscirono dalla bocca il giorno della gara, quando la sveglia si azionò
dotata di una propria vita intelligente.
Per la verità, qualche attimo prima, avevo mormorato : “Alice se non mi togli il muso dall’occhio ti
pitturo di fucsia e ti metto a pane e acqua per 3 giorni!”. Alice è una delle mie due bambine pelose
di razza felina che ogni mattina presto, quando i morsi della fame i fanno più serrati, viene a vedere
se sono sveglio per poter avere da mangiare; e datosi che in camera è buio e che, alla faccia della
1
sua natura gatta, al buoi ci vede quanto me, mi appiccica il muso agli occhi e controlla lo stato del
mio sonno REM.
Mah! Come fai a non preferire Mimì, l’altra gatta nera e sorella di Alice ? Almeno lei pretende solo
di venire in bagno con me , qualche coccola e la goccia da ghermire come cade dal bidet.
Intanto erano già le 6 e dovevo procedere a vestirmi per la grande competizione romana!
Cerotti : ok;
vaselina : yes;
carboidrati a zucchero gelatinoso di lenta ma inesorabile assimilazione che al 36° km “je fai ‘na
pernacchia a la crisi” : all right;
troppo leggero … : no;
troppo pesante .. : nno;
troppo fico … : YES!
Puoi procedere roccia!
Bacio nell’ordine :
Puffina : “in b-bocca al – yawn – lupoo” : crepi il lupo!!!
Alice, hey belva, non pestare tua sorella, chiaro? Meow (trad.: d’accordissimo! Mo ’o vedi che je
faccio!)
Mimi, non fare gli agguati ad Alice che poi ti pesta! Va bene? Meow? Meow!!! (trad.: Ma chi, io?
Ahò ma che te dice a testa !!! Esci esci che poi t’a saluto a quella!).
Perplessità dubbiose mi si affollarono in testa.
Fuori allora, incontro a ROMA e ai miei avi corsaioli per tradizione di famiglia (mah!)!
Il mio amico Dick Fulmine (nome d’arte, ovviamente) venne a prendermi con auto e figlio autista e
andammo verso l’anfiteatro Flavio teatro della partenza.
Arrivando, ecco subito la folla delle grandi occasioni! Alla partenza, nelle immediate vicinanze del
Colosseo e dell’Arco di Costantino, sono tutti top runners con le relative pertinenti rituali movenze
e atteggiamenti. Mordono il freno, si fotografano come se non dovessero vedersi con i propri cari
per 3 anni. Li vedi corricchiare con gravità, fare respirazioni alzandole braccia, come sanno fare fin
da bambini; addentano gli ultimi cibi miracolosi. Si abbracciano e si salutano con amici e parenti
che non la pensano come loro e non corrono affatto.
“Hey Dick,anche quest’anno un fottìo di invidiosi!”
Dick era agitato, in fibrillazione pre-agonistica : “Dove cavolo sono i camion deposito borse?”
“Dritto di prua sul tuo naso!” “Ah!, e come facciamo a cambiare l’acqua al canarino?” “Hey Dick,
la vedi quella massa ordinata di persone suddivisa per file?” “Si.” “Well, là!” “Uhm!” Ci
scrostammo dalla nostra estatica ammirazione per la fantastica zona del prepartenza in mezzo a
2500 anni di storia incredibile, dal cuore dell’impero romano che fu, e ci sparammo verso gli
autobus deposito borse. Dopo attente e severe riflessioni ponderali, riuscimmo a orientarci fra le
molteplici serie di numeri di pettorali in cui erano frazionati gli autobus e a lasciare le nostre borse
con i cambi e i generi di pronto soccorso per il dopo gara.
Potevamo passare al cambio acqua a le canard. Fu più difficile; avete mai fatto le persone civili alla
partenza di una maratona? Si? Allora sapete di cosa sto parlando! No? Beh, auguri se vi dovesse
capitare. File affiancate e sterminate di gente lentissima e assolutamente, inesorabilmente immobili.
Da panico convulsivo. Se poi il cambio acqua non è per scrupolo tipo “Miii hai visto mai che al 28°
mi piglia la necessitaaaà …”, ma per effettivo bisogno organico ... allora il vostro problema è serio.
L’esperienza vi porterà a comprendere che il segreto è nella preventiva valutazione del numero di
donne presenti nella fila; le povere hanno tempi necessariamente più lunghi, specie se italiane. Il
chimico poi, al vostro turno, si presenterà in condizioni irachene; potrete pure impegnarvi in
2
un’apnea che nemmeno il Majorca dei tempi d’oro, ma la sosta nel chimico sarò comunque sempre
più lunga.
Io e Dick, comunque, dopo una fila lunghissima riuscimmo in un cambio acqueo da applausi; ma,
all’uscita, erano spariti tutti.
“Hey Dick! Mi viene un dubbio: ma che minchia di ora è!?”
“Oh porca vacca, ma sono le 8.58!”
“Oh porca vacca, oh porca vacca, oh porca vacca!”
Piazzammo uno sprintino decisamente plastico e fuggimmo in bello stile verso le gabbie di accesso
alla zona partenza.
“Daje compà, che a sto giro famo ’a partenza lanciata!”
In zona partenza, la musica “a palla” era quella di The Final Countdown degli Europe, non certo
l’ultimo successo del momento, ma abbastanza eccitante per una partenza da eroi guerrieri
dell’impero romano.
Ma, non eravamo soli! Le sterminate file davanti all’ultima creatura del micidiale “Alì il chimico”, i
wc, si erano come per magia riallocate e ricompattate lungo tutta l’estensione dei fori imperiali e,
soprattutto, davanti a noi !
Di superare la folla non se ne parlava nemmeno; altro che partenza lanciata! Manco con un
caterpillar c’era verso di allungare passo e falcata. Tacere e aspettare. Mutismo, rassegnazione e
pentimento. E così finì per essere; io e Dick restammo per un po’ a vedere le belle ragazze strizzate
nei completini multicolor e i tipi finto cool con cinture da carpentiere sovietico cariche di
borraccette dai liquidi misteriosi e biancastri.
Arrivò il momento di muoversi nella calca, e in 3 minuti passammo infine sotto lo striscione della
partenza. Ci salutammo, io e Dick, inboccallupandoci vicendevolmente e dandoci appuntamenti
telefonici per il pomeriggio.
Un destino eroico mi attendeva.
Eccolo il giorno della Maratona di Roma, dove ogni runner è un soldato invincibile dell’antica
Roma.
Avremmo avuto concesso l’onore del trionfo nella città eterna.
Ed ora io dirò delle vostre nascite latenti; ora scoprirò ancora una volta il fine ultimo della
creazione.
Bisnonno Telesforo, Bisnonna Crocifissa, Bis … cosa? Cirillina … tocca a me, sto per passare
senza fermarmi!
3