Art. 115 c.p.c.: non è contestazione, neanche implicita, dire che l
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Art. 115 c.p.c.: non è contestazione, neanche implicita, dire che l
Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693 Pubblicazione del 30.4.2014 La Nuova Procedura Civile, 3, 2014 Comitato scientifico: Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell’associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) – Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) – Mariacarla GIORGETTI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano SCHIRO’ (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato) – Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato). Art. 115 c.p.c.: non è contestazione, neanche implicita, dire che l’email non è prova certa Il mero rilievo che una semplice e-mail (ossia una mail non qualificata, priva di firma digitale) può tutt'al più provare l'esistenza di uno scambio di messaggi tra gli indirizzi coinvolti, ma sul contenuto dei messaggi non possono essere ricavati elementi certi, non vale quale contestazione, neppure implicita1. Tribunale di Livorno, sentenza del 17.2.2014 …omissis… La controversia ha ad oggetto il pagamento dell'importo di Euro 14.600,00 che il Condominio attore deduce essere dovuto dalla ditta convenuta in forza di un accordo con il quale il primo aveva concesso alla seconda l'utilizzo di un piazzale condominiale per la sosta di un pullman che aveva subito un incendio a seguito di incidente occorso nel mese di aprile dell'anno 2009. …omissis… L'attore ha quindi prodotto in giudizio la stampa della seguente comunicazione e-mail del 14.4.2009, in risposta alla precedente: "Con la presente l'autorizzo in qualità di amministratore a collocare il pullman bruciato in marciana xxxx 1 N.d.R.: l’affermazione appare condivisibile in virtù del rilievo che l’art. 115 c.p.c. pretende la contestazione specifica di “fatti” e non di qualificazioni o “pesi probatori” (L.V.). Come da vostra richiesta e accordi indicate nella mail del 8.04.09 pervenuta al sig. xxxCordiali saluti". Il legislatore della novella di cui alla L. n. 69 del 18 giugno 2009 ha modificato il disposto dell'art. 115 c.p.c., indicando fra il materiale probatorio che il giudice deve porre a fondamento della decisione, oltre alle prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, anche "i fatti non specificamente contestati dalla parte costituita" (con ciò sostanzialmente, ratificando e consolidando le conclusioni cui era da tempo pervenuta la giurisprudenza di legittimità con riferimento al testo dell'art. 167 c.p.c. come sostituito dalla riforma ex L. n. 353 del 1990). A seguito di tale riforma (e, già prima di essa, del revirement giurisprudenziale che l'aveva preceduta) può dirsi definitivamente superato l'orientamento secondo il quale i fatti non controversi, come tali esclusi dal thema probandum, sono unicamente quelli esplicitamente ammessi dalla controparte o logicamente implicati dalle sue difese, se basate su argomenti logicamente inconciliabili con la loro negazione. Per i procedimenti instaurati successivamente alla novella della L. n. 353 del 1990, tanto il silenzio quanto la contestazione generica sottraggono il fatto a controllo probatorio, dovendo il giudice ritenerlo accertato. Per le cause introdotte tra l'entrata in vigore della suddetta novella ed il mutamento giurisprudenziale del quale s'è detto, potrebbe porsi in astratto un problema di overruling processuale, questione che tuttavia non tocca in alcun modo il presente procedimento, essendo esso instaurato successivamente alla stessa riforma di cui alla L. n. 69 del 2009, che ha tradotto in legge il principio di cui sopra. Nella fattispecie, il fatto dedotto dall'attore non è stato specificamente contestato né sono state articolate difese sulla base delle quali sia possibile evincere l'implicita contestazione dello stesso. Il mero rilievo - peraltro sollevato nella seconda memoria ex art. 183 comma 6 c.p.c., e, dunque, tardivamente - che "... una semplice e-mail, ossia una mail non qualificata, priva di firma digitale, può tutt'al più provare l'esistenza di uno scambio di messaggi tra gli indirizzi coinvolti, ma sul contenuto dei messaggi non possono essere ricavati elementi certi", non vale quale contestazione, neppure implicita. Al fine di evitare la sottrazione del fatto a controllo probatorio, la ditta convenuta avrebbe dovuto chiaramente contestare di aver mai conferito tale incarico e, dunque, che l'e-mail in questione era stata inviata da soggetto che non aveva il potere di impegnarla validamente oppure che tale soggetto le era del tutto sconosciuto e/o che l'attore aveva confezionato un falso. Invece, si è limitata ad invocare l'art. 2697 c.c., trascurando di considerare che - come evidenziato in precedenza - il principio in essa contenuto vale unicamente per i fatti che siano stati specificamente contestati o per i quali non sia possibile predicarne la "vicinanza" alla parte onerata a tale specifica contestazione. D'altra parte, le considerazioni svolte circa la valenza probatoria dell'email priva di firma digitale, potrebbero avere una qualche rilevanza solo allorché si trattasse di un contratto per la cui validità fosse prevista la forma scritta; il contratto in questione, con il quale viene messo a disposizione uno spazio per il parcheggio verso un corrispettivo, deve essere ricondotto al deposito o alla locazione commerciale di area, fattispecie negoziali per la cui validità non è contemplato dalla legge italiana l'obbligo della forma scritta ad substantiam (legge che trova applicazione nella fattispecie ai sensi dell'art. 4 cpv. 3 della Convenzione di Roma del 19.6.1980, applicabile ratione temporis, disponendo peraltro in senso analogo il Reg. CE del 17.6.2008). In particolare, si tratta di un contratto con il quale è stata messa a disposizione della Ditta xxxxx l'area in questione senza un termine di durata ben definito (nello scambio di corrispondenza a mezzo e-mail si prevede una durata "approssimativamente" di 4 settimane), essendo la durata stessa evidentemente correlata agli adempimenti che avrebbe dovuto svolgere la stessa anzidetta Ditta xxxxal fine della rimozione del pullman. Ciò posto, quanto alle ulteriori eccezioni svolte da parte convenuta, si rileva che: - l'importo richiesto corrisponde a due anni di sosta ed è pacifico che il veicolo in questione abbia sostato per tale periodo nel piazzale condominiale di cui trattasi; - il mero passaggio di proprietà del pullman non comporta automatico subentro del nuovo proprietario nel relativo contratto con liberazione dell'originario depositante o conduttore dell'area in questione, essendo irrilevante, ai fini del contratto in questione, la circostanza che il depositante (o conduttore) sia anche proprietario del veicolo in questione; eventualmente, la convenuta potrà rivalersi nei confronti del soggetto cui il bene in questione è stato venduto, che ha indirettamente beneficiato della prestazione di messa a disposizione dello spazio di cui trattasi; - non si ravvisa in capo all' attore comportamento contrario a buona fede, apparendo semmai poco conforme ai canoni di buona fede oggettiva il comportamento della convenuta stessa, la quale, dopo aver comunicato che "la sosta durerà approssimativamente 4 settimane", ha venduto il mezzo a terzi disinteressandosi sostanzialmente della sua rimozione dall'area di cui trattasi. L'inadempimento della convenuta al pagamento del corrispettivo nonché all'obbligo (implicitamente assunto) di fare quanto necessario per consentire lo sgombero dell'area in tempi brevi, giustifica, al contempo, la domanda di risoluzione contrattuale - da ritenersi implicitamente proposta stante la domanda di condanna della convenuta stessa alla rimozione del veicolo in questione (si deve in proposito rilevare che " la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo implicitamente essere contenuta in altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione" (cfr., Cass. 5-10-2009 n. 21230 e, conforme, la recente Cass. civ. sez. II, sent. n. 211132 del 18.6.2013) - e quella anzidetta di condanna alla rimozione del veicolo stesso dal piazzale condominiale. Trattandosi di contratto di durata, gli effetti della risoluzione non si estendono alle prestazioni svolte (cfr. art. 1458 comma 1 cod. civ.) ed è quindi 2 La massima ufficiale così recita: la volontà di risolvere un contratto per inadempimento non deve necessariamente risultare da una domanda espressamente proposta dalla parte in giudizio, ben potendo essere implicitamente contenuta in un'altra domanda, eccezione o richiesta, sia pure di diverso contenuto, che presupponga una domanda di risoluzione (come la domanda del venditore relativa al riconoscimento del diritto di trattenere un acconto a seguito dell'inadempimento del compratore all'obbligo di versare il residuo prezzo). ammissibile la domanda di pagamento del corrispettivo per il periodo antecedente alla domanda. Invece, non può essere accolta la domanda di autorizzazione del Condominio alla rimozione e relativa rottamazione del veicolo, in assenza di disposizioni di legge che la giustifichino, dovendo l'attore, in caso di mancata spontanea ottemperanza al giudicato, agire in via esecutiva. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo avuto riguardo al valore della causa, al numero e complessità delle questioni trattate, all'attività effettivamente svolta ed ai parametri di cui al D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (pubblicato sulla G.U. n. 195 del 22.8.12), applicabile ex art. 41 alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore. p.q.m. il Tribunale di Livorno, definitivamente pronunciando: 1. dichiara tenuta e condanna la ditta xxxxx, in persona del suo titolare sig. xxx., corrente in xxx (Germania), xxx, al pagamento in favore del Condominio xxxxx, in persona del suo Amministratore pro tempore, l'importo di Euro 14.600,00 oltre interessi legali dalla domanda al saldo; 2. dichiara la risoluzione del contratto per cui è causa e condanna la stessa ditta S. REISEN, in persona del suo titolare sig. xxx corrente in xxg (Germaniaxxx, alla rimozione del pullman di cui trattasi dal piazzale di pertinenza del Condominio xxxxxe, ove si trova ubicato; 3. condanna la ditta xxxx, in persona del suo titolare sig. xxx corrente in xxx (Germania), xxxxx, alla rifusione in favore in favore del Condominio xxxx, in persona del suo Amministratore pro tempore, delle spese di lite, che liquida in Euro 253,47 per esborsi, Euro 550,00 per la fase di studio, Euro 300,00 per la fase introduttiva, Euro 550,00 per la fase istruttoria ed Euro 700,00 per la fase decisoria, oltre c.p.a. ed i.v.a. come per legge. Sentenza provvisoriamente esecutiva ex art. 282 c.p.c. Così deciso in Livorno, il 14 febbraio 2014. Depositata in Cancelleria il 17 febbraio 2014.