Un`amicizia totale: il sacrificio del figlio
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Un`amicizia totale: il sacrificio del figlio
14 Un’amicizia totale: il sacrificio del figlio Nasce il «figlio del sorriso», Isacco, il figlio della promessa, ma un giorno Dio chiama Abramo ad immolarlo. Fin dove potrà giungere la fede del vecchio Abramo? E davvero Dio vorrà distruggere le promesse che cominciano a realizzarsi? A bramo ha ricevuto la promessa dai tre misteriosi viandianti in cui si nasconde Dio stesso: «L’anno prossimo avrai un figlio». Poi i tre si allontanano. Ma prima Dio sente che deve parlare ad Abramo dei suoi progetti per la città di Sodoma. Iniziò così quella celebre preghieradialogo in cui Abramo stette davanti a Dio difendendo anzitutto il diritto – anche solo di alcuni giusti – di non essere colpiti assieme ai peccatori («sterminerai tu i giusti assieme con gli empi?»); e poi – in un crescendo di solidarietà – il diritto dei giusti di ottenere anche la salvezza dell’intera comunità dei peccatori. Anche se i giusti non saranno cinquanta, ma solo quaranta, trenta, venti, o forse dieci. Abramo si fermerà nella sua intercessione, perché a Sodoma e Gomorra non esistevano nemmeno dieci giusti: il gruppo minimo – secondo la mentalità ebraica – per riunirsi in preghiera davanti a Dio. Più tardi i profeti diranno che Dio perdonerebbe a un’intera città, anche se ci fosse in essa un solo giusto. Più tardi ancora riceveremo l’annuncio che l’unico Giusto, Gesù, è venuto ad abitare in mezzo a noi e a intercedere a nostro favore. Ma già allora – all’inizio della storia sacra – Abramo intuì che essere amico di Dio voleva dire avere su di Lui un ampio credito per la salvezza. E le città del lago saranno distrutte sì, ma solo dopo che Lot, nipote del patriarca, è stato sottratto alla morte per la sua ospitalità nei confronti dei messaggeri divini. Quando finalmente venne il tempo e nacque il bambino tanto atteso, gli fu posto il nome di «Isacco», che significa «sorriso di Dio». All’iniziale sorriso di scetticismo – col quale sia Abramo che Sara avevano rischiato un giorno di offendere La distruJHWH – rispondeva ora un sorriso di giozione di ia che coinvolgeva Dio stesso: la promessa Sodoma e era finalmente realizzata. di Gomorra A pensarci bene, «sorriso di Dio» fu e la nascita nella storia il primo modo con cui gli di Isacco uomini definirono la grazia divina. Con la nascita di Isacco, dunque, la nuova creazione – quella del popolo benedetto da Dio – era già iniziata. In qualche modo si poteva dire davvero che quel figlio era stato creato dal nulla, «donato» a un patriarca centenario e a una donna non solo sterile, ma irrimediabilmente avvizzita per i troppi anni. Dio aveva fatto in modo che l’alleanza tra Lui e Abramo fosse «stabilita nella carne» (Sir 44,21). Ma la logica di Dio procede inesorabile. Quel bambino dono di Dio ma generato «dalla carne e dal sangue» è ancora «qualcosa» di cui l’uomo potrebbe vantarsi; è pur nato dall’umanità peccatrice. Dio voleva invece che Isacco fosse totalmente «figlio della promessa», totalmente messo al mondo dalla fede e nella fede in Lui. Così – come accade oggi ad ogni bambino che viene condotto al Battesimo per essere innestato nella morte e nella risurrezione di Cristo – Dio chiese ad Abramo di sacrificargli il figlio: di donargli la vita del figlio fisicamente perché fosse davvero figlio della fede. LA BIBBIA - 65 Dal libro della Genesi Capitolo 18, 16-33 L’intercessione di Abramo Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall’alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli. 17 il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, 18 mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? 19 Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». 20 Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. 21 Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». 22 Quegli uomini partirono di là e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora alla presenza del Signore. 23 Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l’empio? 24 Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? 25 Lontano da te il far morire il giusto con l’empio, così che il giusto sia trattato come l’empio; lontano da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?». 26 Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell’ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutto quel luogo». 27 Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere: 28 forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne troverò quarantacinque». 29 Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». 30 Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». 31 Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». 32 Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola: forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci». 33 Come ebbe finito di parlare con Abramo, il Signore se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione. 16 66 - LA BIBBIA La preghiera di Abramo Questa sezione, evidentemente, non deriva da antiche tradizioni, ma è stata composta liberamente dallo Jahwista. In essa noi ritroviamo una teologia piuttosto sviluppata, che ci viene presentata sotto forma di due brevi conversazioni. Nella prima conversazione (vv. 1718), caratterizzata dalla rievocazione della promessa (12,2-3), Yhvvh decide di parlare ad Abramo del giudizio espresso su Sodoma. Il proposito e le azioni di Dio, prima nascosti, sono ora rivelati alla persona prescelta, ad Abramo, perché egli possa essere capace di insegnare ai suoi discendenti la giustizia divina. Così, la distruzione di Sodoma assume un particolare significato ammonitore per le generazioni future. La seconda conversazione avviene tra Abramo e Yhvvh. Essa è un esempio piuttosto divertente di trattativa orientale, ma l’oggetto in questione è decisamente serio. E in gioco un problema di giustizia: è giusto sterrninare degli innocenti, per quanto pochi possano essere, insieme con la grande maggioranza che è colpevole? Sono gli innocenti abbastanza importanti da evitare la punizione degli empi? Nell’incontro la tensione è innalzata da Abramo il quale, sebbene rispettoso verso Yhvvh, osa entrare in disputa e continua a incalzarlo ad ogni mossa dello scambio, tentando audacemente di ridurre al minimo il numero degli innocenti necessari per salvare la città. Non è solo la pazienza di Yhvvh ad essere manifestata nel dialogo, ma anche la sua grande propensione ad evitare iI castigo per amore dei pochi innocenti. Dieci giusti L’intercessione di Abramo si ferma al numero di 10 giusti: egli non osa scendere al di sotto di questa cifra. Nella tradizione giudaica dieci è il numero minimo perché si possa tenere una riunione di preghiera in sinagoga. Capitolo 21, 1-8 La nascita di Isacco Il Signore visitò Sara, come aveva detto, e fece a Sara come aveva promesso. 2 Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia, nel tempo che Dio aveva fissato. 3 Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato, che Sara gli aveva partorito. 4 Abramo circoncise suo figlio Isacco quando questi ebbe otto giorni, come Dio gli aveva comandato. 5 Abramo aveva cento anni quando gli nacque il figlio Isacco. 6 Allora Sara disse: «Motivo di lieto riso mi ha dato Dio: chiunque lo saprà riderà lietamente di me!». 7 Poi disse: «Chi avrebbe mai detto ad Abramo che Sara avrebbe allattato figli? Eppure gli ho partorito un figlio nella sua vecchiaia!». 8 Il bambino crebbe e fu svezzato e Abramo fece un grande banchetto quando Isacco fu svezzato. 1 Capitolo 22, 1-19 La nascita di Isacco Dopo queste cose, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 2 Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». 3 Abramo si alzò di buon mattino, sellò l’asino, prese con sé due servi e il figlio Isacco, spaccò la legna per l’olocausto e si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato. 4 Il terzo giorno Abramo alzò gli occhi e da lontano vide quel luogo. 5 Allora Abramo disse ai suoi servi: «Fermatevi qui con l’asino; io e il ragazzo andremo fin lassù, ci prostreremo e poi ritorneremo da voi». 6 Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco, prese in mano il fuoco e il coltello, poi proseguirono tutti e due insieme. 7 Isacco si rivolse al padre Abramo e disse: «Padre mio!». Rispose: «Eccomi, figlio mio». Riprese: «Ecco qui il fuoco e la legna, ma dov’è l’agnello per l’olocausto?». 8 Abramo rispose: «Dio stesso si provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». Proseguirono tutti e due insieme. 9 Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna, legò suo figlio Isacco e lo depose sull’altare, sopra la legna. 10 Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. 1 Sodoma è distrutta La città di Sodoma (Gen 19,1-19)è distrutta a causa della malvagità dei suoi abitanti e Lot e la sua famiglia devono fuggire per salvarsi. Anche se il racconto della distruzione di Sodoma si fonda forse su qualche effettiva calamità naturale avvenuta nel lontano passato, la finalità dello Jahwista è quella di spiegare la cosa come giudizio divino per il peccato. IL FIGLIO DELLA PROMESSA Questo racconto della nascita di Isacco riunisce le tre fonti J, E e P. La versione jahwista presenta semplicemente la nascita di Isacco nella vecchiaia di Sara quale adempimento della promessa fatta da YHWH alle querce di Mamre (18,15). Il motivo del riso di Sara è connessa con il nome di Isacco e, insieme, dalla risposta che Sara si attende dai suoi vicini quando sentiranno che ella ha partorito nella sua vecchiaia. Nella versione sacerdotale (21,25), la nascita di Isacco è letta come compimento delle promesse e per questo Abramo diede il nome e circoncise il bambino secondo il comando divino. La narrazione elohista che segue alla nascita di Isacco (versi 8-21 qui non riportati) è un duplicato del racconto dell’espulsione di Agar e Ismaele che si ritrova nella versione jahwista al cap16 e che abbiamo letto la volta scorsa. La prova più grande Il racconto del sacrificio di Isacco, generalmente attribuito all’Elohista, è uno dei grandi capolavori dell’arte narrativa della Bibbia. Veniamo trascinati nell’azione del racconto già fin dall’inizio e siamo tenuti in suspense fino al momento culminante. Come lettori, noi siamo informati che quanto viene narrato rappresenta la “prova” suprema della fede di Abramo; perciò ci concentriamo sulla sua risposta e non sull’orrore che suscita in noi il comando divino. Spesso è stabilito un rapporto tra questo racconto e il sacrificio umano nel senso che una delle applicazioni più immediate del brano dovette essere il rifiuto dei sacrifici umani. Questi erano comunemente LA BIBBIA - 67 Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». 12 L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito». 13 Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio. 14 Abramo chiamò quel luogo «Il Signore vede»; perciò oggi si dice: «Sul monte il Signore si fa vedere». 15 L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta 16 e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, 17 io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. 18 Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce». 11 praticati tra le popolazioni limitrofe a Israele e, in poche occasioni, perfino in Israele, sebbene ciò fosse proibito (cfr I Re 16,34; 2 Re 3,27; 23,10). DIO MISE ALLA PROVA (19,1) «Dio mise alla prova Abramo: offri il tuo figlio in olocausto…». Non è più il solito amichevole faccia a faccia di tutti i giorni, ma un essere convocati alla presenza della maestà di Dio. la terribile richiesta dell’Altissimo può essere giustificata e compresa in molti modi. Basta ricordare che nel paese dei cananei i sacrifici dei primogeniti erano pratica ricorrente. Gli uomini pensavano allora che non avevano il diritto di essere padri, se non dopo aver riconosciuto il primato della paternità divina, sacrificandogli ciò che nasceva loro per primo. Quando si fondava un santuario o una città il corpo di un primogenito sacrificato al dio veniva deposto nelle 68 - LA BIBBIA fondamenta, perché la protezione fosse più sicuramente garantita. Poteva Abramo – lui che conosceva l’unico e vero Dio – essere da meno di chi riusciva ad offrire a idoli muti quanto aveva di più caro al mondo? Se a ciò si aggiunge il lieto fine della storia – dato che Dio impedirà poi un simile sacrificio – si può anche pensare che la prova del Patriarca dovesse servire a sradicare simili aberrazioni dalla cultura religiosa del nuovo popolo eletto. Ma non si tratta solo di questo: la Scrittura insiste troppo sulla descrizione di un Dio che, per così dire, gira volutamente il dito nella piaga: «offri il tuo figlio, il tuo unico figlio, quello che ami». Il libro della Sapienza, dice che Abramo ricevette in quel momento una particolare grazia destinata «a mantenerlo forte, nonostante la tenerezza per il figlio» (10,53). Ma l’aspetto più grave non stava neppure in quello sconvolgimento affettivo che la richiesta dovette provocare nell’animo del vecchio Padre. Il fatto è che quell’affetto per il ragazzo era inestricabilmente mescolato all’amicizia che Abramo aveva per Dio, al lungo tempo di attesa e di fiducia, alla promessa portata in cuore per tanti anni, alla visione del futuro generoso che da quel fanciullo dipendeva: la posterità innumerevole, la benedizione di tutte le famiglie della terra che in Isacco prendeva corpo come eredità esclusivamente sua. Tutto questo Dio metteva in gioco chiedendo il sacrificio del primogenito. Commenta un celebre biblista: «Di fronte a tutte le riserve sentimentali che si fanno a proposito di questo episodio, ci sarà da dare una sola risposta: che anzi esso tratta di qualcosa di molto più atroce ancora che di un sacrificio di bambini; tratta cioè di un cammino estraneo e lontano su cui Dio lascia completamente soli... Sotto questi diciotto versetti si cela una esperienza di fede di immensa portata, quella cioè che Jahve sembra contraddirsi, che si comporta come se volesse strappare di nuovo dalla storia quella salvezza a cui egli stesso ha dato l’avvio… Si può aggiungere ancora una considerazione: con questa prova Dio chiede ad Abramo se egli sia capace di restituire a Dio anche il dono della promessa. Egli dovrebbe saperlo fare (e infatti l’ha saputo) perché essa non è un bene che possa essere trattenuto a titolo di un diritto qualsiasi e grazie a una rivendicazione umana. Il che è come dire che egli pone ad Abramo la questione se il dono della salvezza sia da lui effettivamente considerato come un dono puro e semplice» (G. von Rad). Dio sembra ridiventare come uno di quegli idoli mostruosi da cui Abramo un tempo è fuggito. Eppure il figlio è là, ed è proprio lui la prova vivente della fedeltà del Dio buono e amico. Si mise in viaggio (19,3) «Si mise in viaggio verso il luogo che Dio gli aveva indicato». Ed è un viaggio che dura tre giorni, come tre giorni di passione. Un antico commento precristiano già dice: «Isacco portava la legna del sacrificio, come il condannato porta la sua croce». Questa prefigurazione del mistero pasquale di Cristo è entrata stabilmente nella liturgia per esempio con la Sequenza della messa del Corpus Domini, Lauda Sion: «[Cristo] con i simboli è annunziato, in Isacco dato a morte, nell’agnello della Pasqua…» L’OLOCAUSTO (19,7) «Dov’è l’agnello per il sacrificio? Abramo rispose: Dio stesso provvederà l’agnello per l’olocausto, figlio mio!». La risposta non è evasiva, e non è neanche un salto nel vuoto; non è un generico affidarsi alla provvidenza divina. E un rimettere tutto – di un sol getto – nelle mani di Dio: il figlio, il futuro, quel terribile comando, l’olocausto richiesto, l’apparente vanificarsi della promessa, la vita e la morte. Quando tutto sarà accaduto e Dio gli avrà fermato la mano all’ultimo istante («Non stendere la mano contro il ragazzo, e non fargli alcun male»), quando Dio si sarà provveduto da sé un ariete per l’olocausto, allora Abramo chiamerà quella montagna Provvidenza di Dio. E quel nome - dice la Bibbia - diventò un proverbio: «Sul monte, il Signore provvede». Come a dire: «quando si è giunti al termine del cammino, quando si è pronti a offrire tutto e non si trattiene per sé più nulla, allora Dio è costretto a prendersi cura dei suoi amici». Una cura totale che costringe Dio a creare tutto da capo. In un antico Midrash si racconta che Isacco, pur accettando generosamente il sacrificio chiesto da Dio, chiede ad Abramo: «Ma dopo, quando mi avrai immolato e sarai separato da me, e andrai da Sara mia madre, ed ella ti chiederà: ‘Dov’è mio figlio?’, tu che cosa le dirai? Che cosa farete della vostra vecchiaia?». E Abramo gli risponde: «Noi sappiamo che, dopo di te, saranno pochi i nostri giorni. E Colui che ha avuto pietà di noi prima che tu nascessi, avrà pietà di noi da questo giorno in poi». E lo stesso racconto spiega che il coltello fu fermato dalle lacrime degli angeli che caddero sulla lama e le impedirono di ferire. Un’altra versione, per rendere ancora più chiaro il senso del racconto, narra che Isacco viene davvero sacrificato, ma che – alle parole dell’angelo –l’anima ritorna in lui ed Isacco può esclamare: «Benedetto sei tu, che dai la vita ai morti!». E Abramo ne approfitta per chiedere a Dio che, in forza di questo primo sacrificio, siano protetti tutti i futuri discendenti: «O Sovrano del mondo! Quando i miei figli saranno nell’angustia, ricordati a loro favore di quest’ora in cui io sto davanti a te!». I versetti del libro del Genesi dicono soltanto che Dio, dopo la prova del sacrificio, rinnovò ancora la sua promessa, ma questa volta i termini di essa si erano fatti ancora più “totali”: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza… perché tu hai obbedito alla mia voce». Quando si era trattato di sperare nella nascita di un figlio – pur avendo un corpo già vecchio e segnato dalla morte – Abramo aveva dovuto riscoprire la fede nel Dio Creatore «che chiama all’esistenza le cose che non sono» (così l’apostolo Paolo usava spiegare ai cristiani). Col sacrificio di Isacco questa stessa fede era diventata anticipazione della «fede nella Risurrezione». il suo amico Abramo in modo che la sua esistenza diventasse, tutta intera, un simbolo di cos’è la fede, di quanto si estende, di che cosa esige, e di quali verità si nutre. Abramo venne chiamato a essere «amico di Dio»; ma in questa amicizia Dio doveva essere appunto Dio, capace di fare esistere ciò che non esiste (come alla nascita di Isacco) e capace di far risorgere ciò che muore (come al momento del sacrificio). nn FU COME UN SEGNO La Lettera agli Ebrei commenta: «Per fede, Abramo, messo alla prova, offrì Isacco, offrì il suo unico figlio – proprio lui del quale gli era stato detto: ‘In Isacco avrai una discendenza che porterà il tuo nome’–. Egli pensava infatti che Dio è capace di far risorgere anche dai morti. Per questo riebbe suo figlio e fu come un simbolo» (11,7). Fu come un simbolo: Dio trattò LA BIBBIA - 69 Preghiera Come Abramo «Abramo, padre nella fede, vengo a te, come a una sorgente. Oggi i fiumi trasportano acque cupe l’aria che ci circonda è inquinata e il progresso colma il cielo di nubi fuligginose. Risalendo a te, l’uomo che sta alla sorgente, colui al quale Dio può mostrare, ancora visibili, le stelle del cielo e le sabbie incontaminate come segni della tua innumerevole discendenza, forse ritroverò quello per cui i tuoi figli devono rassomigliare a te, a te, padre dei credenti, santo padre Abramo. Poiché siamo noi la tua posterità... Ma indicami: in che potrei rassomigliarti?... Tu mi insegni che la fede consiste nel vivere aggrappato unicamente a una promessa, su una parola... E su una parola soltanto, tu parti, Abramo. Io non sarò tuo figlio se non quando sarò nomade... un eterno nomade alla ricerca di Dio. Abramo, padre mio, tu sei prima di tutto padre di Isacco, il figlio della promessa... Oserò pertanto guardare te, il vegliardo, che prende in mano fuoco e coltello e carica la legna dell’olocausto sul figlio... Abramo, tu non discuti, tu rifiuti di entrare nel conflitto insolubile, tu non parli né di doppia fedeltà, né di coscienza, tu lasci a Dio di uscire dal dilemma... Così Abramo, padre di tutti nella fede, tu mi conduci verso l’Altissimo e mi fai pregustare il suo amore più abbondante delle stelle, più grande del cielo e di tutte le distese di sabbia». Amen. 70 - LA BIBBIA