Silloge da "Il peso degli spazi" - Matteo Zattoni

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Silloge da "Il peso degli spazi" - Matteo Zattoni
Silloge da "Il peso degli spazi" - Matteo Zattoni
Scritto da Matteo Zattoni
*
E se il mio posto non fosse questo
nido di vite intrecciate, ma lassù
fra le dita deformi dei rami
in quelle mani secche e scheletriche
ma sincere nel loro fremere?
*
LA CAVIA
Si sfrega le zampe anteriori
dentro al cilindro di vetro
l’insetto catturato da poco
e ancora non si capàcita
di essere lui il protagonista
di questo esperimento.
Chiuso dentro la mia stanza
io lo osservo notte e giorno.
E mi sento osservato.
*
IL PORTIERE
Il personaggio non ha ruolo,
dunque è protagonista.
Le iridi trasparenti, un sorriso
di comune arguzia.
Vede il debole, la sua miseria,
e affonda sorridendo.
Maurizio Cucchi
Sul campo nessun avversario, solo
l’uomo e il portiere calvo
del condominio, piccolo portiere
notturno, di giorno professore
senza professione, un rumore
che sveglierebbe tutto il quartiere,
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ma lui no, non risponde, impreca
si accende la pipa, finge
di avere qualcosa nell’occhio
– un corpuscolo di umanità.
*
Abito alla periferia di me, vorrei tornare
dove non sono mai stato con la placenta come
abito nella pancia della balena, impiantarmi dei finti
ricordi di un finto passato appassire
piano piano vicino al muretto basso del cortile
giocare col rampicante in giardino senza per forza
seguirlo anche in tutti i suoi sviluppi verticali, assestarmi
a meno di un millimetro dal limite ultimo
del mondo, tornare indietro ridendo per l’assurdo
sforzo cieco e umido, stasera non ci sono per nessuno
sono al centro di me, sono solo.
*
VISITE
Oggi è il giorno delle visite;
bisogna pettinarsi, prepararsi
le battute migliori, i fiori
freschi sul davanzale, qualcosa
di frivolo da raccontare.
Se anche viene – làscialo
perdere il magone, c’è
da togliere la polvere
via dal viso e dai capelli,
farli sembrare belli ad ogni
costo, prendere posto
nelle poltroncine verdi.
*
UNA NOTTE A MILANO
I
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Si arriva nella calma dell’hangar, coperto
e senza tempo, inseguono tutti l’inizio
del pomeriggio, il suo verso nel passo frenetico
e lui, per dispetto, diventa eterna sera
capitale decapitata della cultura, una statua
come monumento a se stesso, mausoleo di nulla
il neon della pubblicità illumina il retro dei sacchi
di carne brodo sparso sulle scale
un attimo e avresti voglia di correre, ma rimani
immobile concentrato
sul tuo dolore, egoista anche stavolta.
II
Alberto e Silvia, sono gli amici la vita
e la città ci uccide, poco alla volta, le amicizie
non le divide, le diluisce in trame complicate
di parole e architetture, piove Milano pesa
sulle cose che ci diciamo nell’abitacolo, unico spazio
abitato, la morte è un passaggio pedonale
di notte senza semaforo
in macchina la capitale si sfascia, perde antichità
si fa più autentica e devi prenderla sul serio
la gente del sabato sera che fluisce al centro, spietata
i locali si riempiono, le macchine parcheggiano
dove non dovrebbero – e ci si incontra finalmente!
in coda per prendere le sigarette.
III
Milano è una ragazza che si passa tutti
quelli del gruppo, tranne uno, stufo di essere
fottuto senza godere, la provincia ti rende impotente
di fronte alla grande notte del Nord
i serpenti del metrò mi hanno già morso
i ferro-tranvieri seguono binari che non mi interessano
stai attento quando imbocchi il sottopasso
guàrdali negli occhi, non abbassare lo sguardo
tra poche ore i cyborg torneranno a far piazza
pulita della puttana di prima
ma stanotte qualcuno avrà fatto l’amore.
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IV
L’uomo che monta sul cofano è lo stesso
che tira calci al vetro della macchina
che la cavalca dal tettuccio, che scivola sul cristallo
di ghiaccio, che si schianta a terra dall’altezza di un metro
con suono sordo e cupo, è lo stesso che si rialza
dopo qualche minuto barcollando – diresti non umano
con la faccia spaccata e l’amico inebetito
lo guarda e smette di ridere, capisce benissimo
neanche la polvere migliore può farti mai più dimenticare…
è domenica mattina, a Milano, i tram passano regolari
due balordi in strada fanno schiamazzi
forse qualcuno di loro ha bevuto un po’ troppo
è un altro uomo.
*
NEL QUADRO, TU PER PRIMA
Fuir! là-bas fuir! Je sens que des oiseaux sont ivres
D’être parmi l’écume inconnue et les cieux!
Stéphane Mallarmé
Se entrassimo io e te nel quadro, tu per prima
Mary Poppins, tenendomi per mano
io dopo di lei – miss – non per cavalleria non solo
e non tanto perché l’amo, ma perché un pauroso
spazzacamino è quello che sono e non ho mai cercato
di essere qualcos’altro, ma con te nel dipinto
stradino che scala l’erba del pendìo e s’inerpica
e che tu, non altri, hai dipinto con pazienza per noi
non sono più un pittore da strada fallito
per colpa dell’acqua se ne va un giorno di lavoro
basta che tu apra l’ombrello, mi dici
e non sei solo, dai, vieni sotto che ti bagni
testone, a me, che ora sono un signore distinto
fa di queste cose il dipinto! parlo a tu
per tu con un pinguino al tavolo di un caffè-giardino…
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LE RAGAZZE DEL MARE
Ho il cervello popolato di donne.
Da qualche parte
dev’essersi sfondato il cranio
e mormorando mi sgorga in testa
una fontana d’amore.
Valerio Magrelli
Le ragazze del mare sono tutte carine
con i cerchietti, le collanine, i braccialetti
alle caviglie, lo smalto verde delle unghie
e le loro acconciature! Capelli biondi lunghi
sulle spalle o raccolti, ora tinti, corti corti
quei ninnoli ai polsi, piercing, rondini
per tatuaggi, e ancora fermagli – non rosa
ma viola gialli – a fermare cosa di questo
bouquet di vostri splendidi miraggi?
*
Si entra con prudenza in casa d’altri
come nelle grotte su in montagna
o nelle tane.
S’annusa dapprima l’odore
che impregna l’aria, poi l’aspro
taglio della luce,
per ultimo il dolce che avvolge
le cose antiche e le rinnova.
Ti guardi intorno, tu, a bocca aperta
– il mobile alto, il mio armadio a muro,
quel tavolo di legno scuro in fondo
e la credenza –.
Come s’addensa in poco spazio
il territorio dell’uomo.
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