sri lanka

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sri lanka
dopo lo tsunami
sri lank a
Lezioni
di nuoto
Molti non sapevano farlo:
i bambini perché mancavano le piscine,
le donne perché era loro vietato bagnarsi.
Anche per questo la mostruosa onda
di sei anni fa aveva fatto 30mila vittime.
Se oggi queste persone sono tornate
in spiaggia è solo grazie a un ex olimpionico
e a due eccentrici benefattori.
Che si sono buttati in acqua con loro
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Posse Photo
di Anna Epinel - foto Massimiliano Clausi
gioia
La folla della domenica
sulla spiaggia della
capitale, Colombo.
Nessuno entra in acqua.
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gioia
Posse Photo
Le lezioni di nuoto
di SwimLanka, gratuite
e aperte anche
alle bambine.
LA COSA piÙ triste un anno dopo lo
tsunami, avevano notato Petronella e Tony Ballard, non
erano le file di prefabbricati sghembi che avevano sostituito le case spazzate via dall’onda gigante. Erano le
spiagge: deserte. Petronella e Tony, un ufficiale dell’esercito britannico in pensione e la sua dinamica moglie olandese che avevano raggiunto alcuni remoti
villaggi di pescatori sulla costa sud per portare aiuti,
avevano riflettuto sull’entità del trauma che teneva rigorosamente lontani dal mare centinaia di migliaia di
bambini cresciuti giocando tra gli spruzzi. E sul bilancio delle vittime di quella minuscola nazione-isola: tre
quarti delle coste devastate, 30mila morti, in maggioranza donne e bambini. I bambini non sapevano
nuotare perché nello Sri Lanka
non esistevano piscine, salvo le
poche della capitale, Colombo.
Le donne non sapevano nuotare
perché comunque a loro non era
permesso bagnarsi in piscina, né
in mare se non vestite.
I Ballard pensarono che, più che di
uno psicoterapeuta, la gente aveva
bisogno di un maestro di nuoto.
L’uomo c’era: Julian Bolling, l’unico nuotatore dello Sri Lanka convocato a tre Olimpiadi. Figlio e
fratello di grandi sportivi, privilegiato quel che basta per aver preso una
laurea in Pennsylvania, religiosissimo. Disse subito di sì. Era il 2006
e nasceva SwimLanka, associazione
non profit specializzata in corsi di
nuoto gratuiti e itineranti. Il metodo prevede due fasi: nella prima si
monta una piscina di fibra di vetro
(cinque metri per tre, uno di profondità), in spiaggia o nei pressi di
una laguna, sempre vicino all’acqua
aperta. Poco più di una tinozza.
Però è lì che i bambini, a gruppetti, vincono il terrore, imparano a galleggiare e a bagnarsi le orecchie.
Per il secondo ciclo serve un angolo di acque tranquille, in una baia o nell’ansa di un fiume (che, se necessario, viene recintato per evitare incontri ravvicinati
con i coccodrilli). Lì si fa lezione di nuoto vero e tecniche base di salvataggio. Le bambine vanno ancora in
acqua vestite, ma molte delle loro madri, dopo averle
accompagnate ai corsi per un po’, hanno chiesto alle
istruttrici di imparare a nuotare. Nell’anno 2010, SwimLanka ha raggiunto 14mila bambini e firmato una
partnership con una ong molto importante, Terre des
Hommes. Ma, soprattutto, grandi e piccoli sono tornati in spiaggia. A guardare, finalmente, le onde (www.
swimlanka.lk). n
L’obiettivo di SwimLanka
è ottenere che il nuoto
diventi materia obbligatoria
in tutte le scuole.
Posse Photo
Julian Bolling,
tre Olimpiadi:
per Sri Lanka,
il miglior
nuotatore di
tutti i tempi
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