Il Granello di Sabbia
Transcript
Il Granello di Sabbia
Granello di Sabbia n°131 pag. 1 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. Il Granello di Sabbia n°131 – venerdì 28 maggio 2004 FATTI VOSTRI! Indice degli argomenti Car* lettore/lettrice del Granello di Sabbia… 1 - Forum sociali nella Germania di Schroeder Luciana Castellina Incontro e lavoro comune fra sindacati e movimenti sociali. E' un sogno che da sempre abbiamo perseguito e che raramente si è realizzato per colpe dell'uno (chiusura conservatrice ) e dell'altro soggetto (estremismo e ideologismo). Qualcosa, come sappiamo, da Seattle in poi, è invece cambiato in questi ultimi anni. 2 - Attac Francia s’interroga sullo sbocco politico della sua azione di Caroline Monnot Quale significato ha la crisi che attraversa Attac Francia, illustrata dalla decisione di alcuni dei suoi membri di presentare delle liste denominate “100% altermondialistes” allo scrutinio europeo del 13 giugno? (…) Traduzione a cura di Umberto G.B. Bardella 3 - Chiapas, tra Nafta e migrazione di Murus La storia della migrazione messicana verso gli Stati Uniti d’America si puó far iniziare nel 1880, quando due imprese ferroviarie, la Southern Pacific e la Santa Fé, cominciarono a “importare” dal vicino del Sud forza lavoro a basso costo… 4 - G20. Il loro potere non è il nostro di Nicola Bullard (Focus on Global South) L’emersione del G20 come forza in gioco ai negoziati dell’OMC e’ stata uno dei molteplici fattori che hanno contribuito al collasso dei colloqui alla Quinta Interministeriale Wto, tenutasi a Cancun nello scorso settembre. (…)Traduzione di Lorraine Buckley Car* lettore/lettrice del Granello di Sabbia, ci permettiamo di rivolgerci direttamente a te per invitarti a aderire all'associazione ATTAC Italia, dando così un concreto sostegno anche al Granello di sabbia. Il Granello di Sabbia è il settimanale elettronico d'informazione e approfondimento - totalmente gratuito - di ATTAC: propone materiale originale prodotto da ATTAC Italia e dai suoi aderenti e traduce testi degli altri Granelli nel mondo e da diverse fonti indipendenti. Speriamo che tu apprezzi il lavoro che ATTAC sta facendo e che pensi sia importante che questo lavoro continui, oltre che attraverso la partecipazione attiva di tanti, anche con un (piccolo) sostegno economico. Per ATTAC Italia è iniziato il terzo anno di vita: un anno importante per il suo futuro, per dare forza al suo ruolo determinante nel Movimento contro il liberismo e la guerra. Un anno importante, a cominciare dal fatto che è l'anno in cui la nostra proposta di legge per la Tassa Tobin arriva in discussione al Parlamento e l'anno in cui stiamo lavorando per elaborare una legge a livello europeo insieme con gli altri ATTAC. E' anche l'anno in cui si è avviata l'Università di ATTAC: un passaggio molto importante per la nostra autoeducazione orientata all'azione. Un anno in cui vogliamo praticare la partecipazione, a partire dai 50 comitati locali esistenti; perché siano protagonisti attivi, insieme con i gruppi di lavoro tematici, della costruzione di ATTAC. Tutto ciò all'interno della rete internazionale di ATTAC (www.attac.org ), ora presente in più di 40 paesi. Un ruolo - quello di ATTAC - e una modalità di lavoro che pensiamo siano indispensabili e insostituibili. Come si fa ad aderire a ATTAC Italia? Aderire è semplice. La tessera di socio è una (con pari diritti) ma si [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 2 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. differenzia per possibilità economiche da “non c'ho un euro" per gli studenti e le persone che non percepiscono un reddito al costo di 10€ a “la crisi non mi permette di più" (20€), a "un altro mondo è possibile" (50€), per finire con "la più bella associazione del mondo" (100€). Effettua il versamento, per l'importo che vuoi, sul conto corrente postale n.29734076 intestato a ATTAC Italia Casella postale 2025 - Roma 158 (con motivazione "Adesione 2004 Attac Italia"). Invia poi i tuoi dati: nome, cognome; indirizzo, e-mail, telefono, età, professione all'indirizzo [email protected] con la comunicazione del versamento effettuato. In alternativa puoi prendere contatto con il Comitato locale più vicino: l'elenco lo trovi nel sito www.attac.it alla voce Comitati locali. Con l'iscrizione riceverai gratuitamente (eventuali spese di spedizione escluse) il CD-ROM che contiene i primi 101 numeri del Granello di Sabbia, l’enciclopedia del movimento con 600 articoli classificati per tipologie e temi. Una preziosa banca dati per ricerche e l'autoeducazione. E il pin ATTAC, il distintivo con l'ormai famosa %. Passa all’ATTAC, ti aspettiamo. 1 - Forum sociali Germania di Schroeder nella Luciana Castellina Incontro e lavoro comune fra sindacati e movimenti sociali. E' un sogno che da sempre abbiamo perseguito e che raramente si è realizzato per colpe dell'uno (chiusura conservatrice ) e dell'altro soggetto (estremismo e ideologismo). Qualcosa, come sappiamo, da Seattle in poi, è invece cambiato in questi ultimi anni. Ma l'Italia - dove a partire dalla grande manifestazione dei 3 milioni per la difesa dell'articolo 18 un'intesa si è sviluppata, e si è poi rinsaldata con il Forum sociale europeo di Firenze - è restata fino ad oggi una felice eccezione: altrove il legame è restato minoritario e intermittente. Ebbene adesso qualcosa di simile si sta invece sviluppando anche in altri paesi e mi pare un gran salto di qualità per l'alternativa. Per molte ragioni mi è capitato di essere uno dei quattro relatori introduttivi alla annuale conferenza dei Socialist Scholars a New York a metà marzo, e uno dei due al Perspektiwenkongress tenuto a Berlino quest'ultimo weekend (15 minuti a disposizione negli Usa, ben 45 in Germania, le diversità culturali continuano a contare!). In ambedue i casi, pur nel quadro di situazioni politiche oggettivamente assai differenti, il fatto nuovo era, per l'appunto, la presenza corposa dei sindacati accanto alla tradizionale moltitudine di gruppi, quelli che ora animano in vario modo il processo di Porto Alegre. Se negli Stati uniti la cosa è importante e tuttavia non molto significativa dal punto di vista dei riflessi che può avere sul quadro politico, ben diverso è in Germania dove i sindacati sono tuttora assai forti e dove al governo ci sono socialdemocratici e verdi. Ed è proprio in polemica con questi partiti, e in particolare con la loro Agenda 2010 (che prevede l'inesorabile taglio di uno dei più straordinari welfare del mondo ) che la conferenza (2.000 delegati paganti, due plenarie e 120 workshops) si è tenuta. In polemica anche con la povera Pds, per via della sua presenza nel Senato di Berlino, una città che si ingigantisce a vista d'occhio ed ha accumulato 53 miliardi di euro di deficit , che ora tenta di coprire con una sventagliata di tagli alla spesa sociale. Avere ministri nella città-stato divenuta capitale aveva segnato per il partito venuto dall'est uno straordinario salto di status che ora sta pagando ad un prezzo assai più caro di quello che pagano i Verdi per ben più gravi malefatte. Ma i verdi hanno ormai un'altra base sociale, quella che un tempo aveva il partito liberale, cui della caduta del welfare importa assai meno che non ai due partiti qui detti «rossi». Spd e Pds, ambedue ancora molto «movimento operaio». Più che del mondo e della guerra (da cui i tedeschi si sentono fuori), temi centrali nei nostri raduni, a Berlino si è parlato proprio di stato sociale, di salari, di disoccupazione. Qui la socialdemocrazia aveva strappato conquiste serie e ora, in particolare i metalmeccanici e l'enorme impiego pubblico , non ammette di perderlo. E quel che c'è di movimento (meno che altrove, ma Attac Germania, nata di recente, cresce ed è la sola rete che coinvolge i più giovani ) fa propri i temi sociali. A novembre, e poi nuovamente il 4 di aprile, sono scesi in piazza in mezzo milione; e una simile mobilitazione - con lo slogan Berlin von Unten («Berlino dal basso») - ha smosso i vertici sindacali. (E persino gli Jusos, l'organizzazione giovanile della Spd, che, sebbene la dimostrazione fosse contro il governo del suo partito, vi ha aderito). E' da questa esperienza che è nato il Perspektivenkongress: «per una altra politica, perché ce ne può essere un'altra», come ha recitato il titolo. Preparata da 70 organizzazioni, fra cui in particolare Attac, la IG Metal, la IG Bau ( edili), Ver.di ( cui fanno capo tutti i lavoratori dei servizi, da quelli che lavorano nei media ai postini) [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 3 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. e molte organizzazioni cattoliche ed evangeliste, si è posta il problema di come superare i confini di una lotta puramente sociale, di come - in sostanza - mettere i piedi nella politica. Fino anche a delineare l'ipotesi di un altro partito della sinistra, come ad un certo momento aveva fatto intendere lo stesso leader dei metalmeccanici, Jurgen Peters (presente al congresso, nel quale non ha tuttavia ripreso l'idea). «La questione del partito non deve dividerci - ha detto incontrando il consenso di tutti Frank Bsirske nel suo discorso conclusivo -. Il che non vuol dire non fare politica. Questo congresso ci ha insegnato che movimenti e sindacato possono lavorare assieme». «Dobbiamo continuare ad utilizzare il rapporto con la Spd - ha aggiunto Horst Schmitthenner, a nome della IG Metal - ma dobbiamo costruirci una seconda gamba nel movimento». Dal Congresso è uscito l'impegno a costruire un Forum sociale tedesco che ancora non esiste. Si riuniranno ancora - il 17-18 luglio a Francoforte per discutere come costruire alleanze ovunque, nei laender e nei comuni. La Germania, insomma, si sta muovendo. Per ultima e lentamente, perché in questi due anni la sua presenza era stata assai fiacca. Ma dimensioni e tradizioni ne fanno subito un soggetto essenziale del movimento. Domenica, alla fine della conferenza, sul grande viale 17 giugno antistante la Technische Universitaet dove si era tenuta, il traffico era bloccato: 20.000 pensionati si erano dati appuntamento per protestare. lato delle Alpi, il Forum Sociale Italiano, nato in occasione del G8 a Genova, non è più in forma strabiliante. “A livello internazionale, commenta Gustave Massiah, vicepresidente di Attac Francia, il movimento ‘alter’ è in una situazione un po’ difficile. Ha molto avanzato, ma non ha vinto. Si deve confrontare con domande delicate: come rispondere alla guerra, all’offensiva neoliberale, alla crescita della barbarie? Siamo un una nuova fase, che non sappiamo ancora se corrisponde a un arretramento o a un attimo di respiro necessario”. In un contributo indirizzato al Consiglio Scientifico di Attac, Christophe Aguiton evoca “la scissione di un certo consenso neoliberalista”. “Le élites si dividono sulle risposte da dare, tra chi continua a credere alle virtù del neoliberalismo controllato dalle istituzioni internazionali, coloro che, al seguito dei neoconservatori USA, spingono verso interventi armati unilaterali, e chi critica le cose che ha fatto fino a ieri”. All’improvviso, secondo Aguiton, “non siamo più nella situazione degli anni 90, quando, di fronte a politici che applicavano gli stessi orientamenti, la sola risposta era il rigetto e la protesta, nella strada come nelle urne”. E aggiunge che “il rischio è ora che il dibattito non si sposti decisamente a destra”. In Francia, il panorama politico uscito dalle regionali ha dato nuova forza a queste domande. “Le ultime elezioni, in Francia come in Spagna, hanno mostrato un mutamento nei rapporti tra cittadini e mondo politico: per la prima volta dopo anni, l’astensione arretra e la politica sembra ritrovare un senso”, afferma Aguiton. “C’è in Francia un largo accordo sul fatto che è necessario da una parte confermare lo scacco della destra – e il movimento altermondialista ha giocato il suo ruolo nel rigetto da parte dell’opinione pubblica delle sue basi ideologiche – impedendo però l’egemonia dell’ala più liberalista del PS sull’insieme della sinistra” spiega Massiah. E di qui, per raggiungere questi obiettivi, il problema di “come fare a contare”. Fonte: il manifesto “CHE FARE DI PIU’?” In realtà, esistono tre posizioni. Ci sono quelli che, come i promotori delle liste “100% alter”, credono che sia necessario scendere nell’arena elettorale. Secondo Bernard Cassen, presidente onorario dell’associazione, la loro scelta è comprensibile. “Quelli che si sono iscritti ad Attac cinque anni fa non sono più gli stessi. Ormai, si pongono la domanda: che cosa si può fare di più?”, sostiene. Secondo lui, “l’offerta politica antiliberalista non è proporzionata al sentire politico antiliberalista della sinistra. Siamo all’interno di un percorso che staan fa che iniziando”. E giudica che “questa evoluzione è del tutto normale e apportatrice di benefici”. Ci sono poi quelli che pensano che gli altermondialisti possono giocare un ruolo di stimolo all’interno di un largo raggruppamento di un polo antiliberalista. “Ci sono già attori politici che operano su tematiche vicine a quelle dei movimenti sociali e altermondialisti: 2 - Attac Francia s’interroga sullo sbocco politico della sua azione di Caroline Monnot Quale significato ha la crisi che attraversa Attac Francia, illustrata dalla decisione di alcuni dei suoi membri di presentare delle liste denominate “100% altermondialistes” allo scrutinio europeo del 13 giugno? Molti movimenti storici dell’altermondialismo sembrano attraversare un periodo di domande. In Gran Bretagna, il movimento “Globalize resistance” ha conosciuto una severa crisi interna. In Spagna, il “Movimento per una resistenza globale” (MRG) si è autodissolto e, dall’altro [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 4 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. l’estrema sinistra, i Verdi, il PCF, una parte del PS. Senza dover passare attraverso la costituzione di cartelli, è necessario radunare le forze per evitare una dispersione generale”, scrive Aguiton, secondo il quale “dopo le europee, ci saranno tre anni prima di una nuova scadenza elettorale. Questo lascerà il tempo per passi trasparenti”. Infine, ci sono coloro che credono che la dimensione di “alter” resti quella di contare dall’esterno, in quanto contropotere. E parlaano paradosso: come può un movimento che si è costruito sulla crisi di legittimità delle istituzioni, che ha sempre affermato – nei suoi statuti, nelle sua linee- guida e nelle sue pratiche – la neutralità verso il gioco elettorale, pensare oggi a investire questo stesso terreno delle istituzioni, non più solo come gruppo di pressione, ma, per alcuni dei suoi membri, direttamente, passando per la strada delle urne? Nell’attesa, a sinistra, i capilista alle europee si dimostrano molto critici a proposito delle liste “alter”. Harlem Désir, numero uno della lista PS in Ile-deFrance, membro del coordinamento Attac al Parlamento europeo, crede che “queste liste fanno correre il rischio di ridurre le idee altermondialiste a un punteggio che tutto indica marginale”. Secondo Alain Lipietz, capolista dei Verdi nella regione e iscritto ad Attac sin dalla sua creazione, “questa iniziativa di qualcuno rischia di colpire a morte l’unità di Attac Francia. Queste liste avranno un risultato minuscolo. Esse puntano solo sulle liste di sinistra, nelle quali ci sono molti membri di Attac”. E assicura: “ La sinistra plurale era lo sbocco politico degli altermondialisti”. Fonte: Le Monde, 16 maggio 2004 Traduzione di Umberto G.B. Bardella 3 - Chiapas, tra Nafta e migrazione di Murus “Solo da quando la storia si é convertita in storia mondiale si sono condannati popoli interi, dichiarandoli come superflui... Le sentenze si proclamano a voce alta e si mettono sistematicamente in pratica, in modo tale che nessuno rimanga col dubbio di che destino gli sia stato riservato: Esodo o Migrazione, Esilio o Genocidio”, Hans Enzensberger, La grande Migrazione , Einaudi, Torino, 1993. La storia della migrazione messicana verso gli Stati Uniti d’America si puó far iniziare nel 1880, quando due imprese ferroviarie, la Southern Pacific e la Santa Fé, cominciarono a “importare” dal vicino del Sud forza lavoro a basso costo, in maggioranza indigeni Yaqui, Cora e O’otam. Fino al 1910 circa 20mila messicani all’anno venivano reclutati dagli agenti delle compagnie ferroviarie. Durante la Prima Guerra Mondiale i lavoratori messicani svolsero un ruolo centrale nello sviluppo dell’economia statunitense, ma l’usuale gratitudine del governo Nordamericano non tardó a presentarsi sotto forma della piú feroce ondata di violenza xenofobica di cui il popolo messicano sia mai stato vittima. Mentre i veterani di guerra attaccavano i lavoratori e le lavoratrici “alieni” nei posti di lavoro, bruciando le loro case e rubando i loro averi, le imprese agricole, ferroviarie, e la sempre piú presente industria automobilistica, continuavano a contrattare i messicani per un salario da fame, lasciandoli in una situazione di permanente illegalitá e pericolosa vulnerabilitá di fronte alle aggressioni. Da allora l’ambiguità della gestione del fenomeno migratorio da parte del governo Usa, non é cambiata: la clandestinitá e l’illegalitá a loro rischio e pericolo sono la normale condizione che i migranti messicani affrontano dal primo istante in cui mettono piede sul territorio degli Stati Uniti. Il primo gennaio 1994 entra in vigore il Trattato di libero commercio dell’America del Nord (Nafta, nella sua dicitura in inglese), un accordo che lega l’economia canadese, statunitense e messicana attraverso l’apertura delle frontiere alle merci con l’abolizione di dazi, la liberalizzazione della circolazione dei capitali e la forte diminuzione del potere politico degli Statinazione, che di fatto non avranno piú la capacitá di sindacare le scelte economiche imposte dal trattato. Da quel momento la contraddizione interna alla politica migratoria dei due paesi piú ricchi si fa di giorno in giorno piú stridente. Uno studio del United States General Accuonting Office (Gao) del 2001 segnala che, nonostante l’aumento consistente della spesa per la sicurezza della frontiera Sud degli Stati, negli ultimi sette anni il flusso migratorio non sia diminuito; come conseguenza si é registrato un aumento delle morti nel tratto di frontiera diventato più invalicabile e pericoloso per chi tenta il suo attraversamento. Il Centro di ricerca sull’immigrazione dell’Universitá di Houston, Texas, stima che tra il 1995 ed il 1998, il numero di morti per ipotermia e insolazione sia aumentato di tre volte rispetto ai livelli degli anni ’80. Nel 2003, secondo la Commissione di diritti umani del Senato della Repubblica federale del Messico, sono avvenuti circa 400 decessi al confine Nord del Messico. All’inasprimento della politica Nord-americana nei confronti delle persone che tentano di attraversare il confine, corrisponde nota una massiccia presenza di lavoratori e lavoratrici messicane clandestine e non, che ormai rivestono un ruolo fondamentale per la prosperitá dell’economia statunitense. D’altronde è proprio la teoria neoliberista a spiegare che accelerando e garantendo la mobilitá del capitale e facilitando l’intervento di quello estero, si ottiene mobilitá dei lavoratori. Se in questo quadro si aggiunge [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 5 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. un’area interstatuale di libero commercio, il risultato è noto: “Quando il sistema politico e quello economico si interconnettono, le forze lavoro tendono a fluire verso il paese dove c’é minor stratificazione sociale e dove gli standard di vita sono piú alti”. Questa teoria, peró, non ci racconta le terribili condizioni che spingono i lavoratori messicani ad abbandonare le proprie case, i propri affetti, le proprie comunitá per affrontare un pericoloso viaggio verso quella prosperitá economica che probabilmente non incontreranno mai come clandestini, destinati a lavori mal pagati e insicuri. Secondo un’indagine dell’Associated Press , negli Usa muore un lavoratore messicano al giorno; erano il 30% dei morti sul lavoro a metá degli anni ’90, sono diventati l’80% nel 2003. Gli ufficiali della pubblica sicurezza spiegano il fenomeno attraverso lo status di illegalità dei lavoratori messicani, costretti ad accettare qualsiasi tipo di occupazione ad alto rischio, in totale assenza di equipaggiamento e formazione adatta. Nel caso di incidente mortale di un lavoratore clandestino, l’autorità federale competente ( l’Occupational Safety and Health Administration) multa il datore di lavoro per mancato compimento degli standard di sicurezza per 50 dollari. Questo é il prezzo che il governo Usa ritiene equo per la morte di un non cittadino. Attualmente sono presenti in territorio statunitense circa 8,5 milioni di messicani, di cui 5,5 milioni “regolari” e 3 milioni circa senza permesso di soggiorno (n un reato penale negli Usa). Si stima che ogni anno prendano la strada dell’emigrazione circa 610mila messicani in maggioranza sprovvisti della documentazione necessaria per varcare stabilmente i confini. L’importanza e la crescita del fenomeno è ben rappresentata dal valore delle rimesse dei lavoratori residenti negli Usa rappresentato nell’economia messicana, che nel 2002, raggiungevano i 6,75 miliardi di dollari (sesta fonte d’entrata valutaria per il paese) e nel gennaio del 2004 si piazzavano al secondo posto, subito dopo il petrolio, con un valore stimato tra i 9.4 ed i 14 miliardi di dollari. Intanto, a dieci anni dall’ingresso del Messico nel mercato globale con il Nafta, il salario minimo nazionale ha perso il 20% del suo potere d’acquisto e la classe politica messicana non ha saputo affrontare e risolvere il problema della mancanza di posti di lavoro, mentre rimane costante la domanda di mano d’opera nei settori agricoli, industriali e dei servizi da parte degli Stati Uniti. Non stupisce, quindi, che il fenomeno migratorio messicano verso il piú ricco vicino sia in costante crescita e che 1,3 milioni di famiglie dipendano direttamente dalle rimesse economiche provenienti dagli Usa. Quello che invece sorprende é la mancanza di volontà, da parte dei due governi interessati, di regolare il fenomeno. Le autorità chiudono entrambi gli occhi sulle bande di “polleros ”, contrabbandieri di mano d’opera, organizzati in una vera impresa transazionale conosciuta come la Gringo Coyote Company che gestisce un traffico clandestino di persone del valore di 8 miliardi di dollari l’anno. Se nel 1995 un messicano che affidava la sua vita nelle mani di un “pollero” per attraversare la frontiera con gli Stati Uniti pagava tra i 20 e i 30 dollari, oggi con un aumento considerevole del rischio si arrivano a pagare tra i 1500 e i 2500 dollari. In sostanza, una massa di denaro ogni giorno si sposta da un lato all’altro della frontiera, fomentando il traffico clandestino di lavoratori e la corruzione degli agenti doganali. Uno degli Stati dove la Gringo Coyote Company si impegna maggiormente nei suoi affari é il Chiapas. Nel municipio di Comalapa, ad esempio, il 24 marzo 2004, seicento uomini hanno intrapreso “il viaggio della speranza” verso il Nord, dopo essere stati contattati da una delle tante “agenzie di viaggio” sorte nel municipio.“Qui a Comalapa non c’é piú lavoro, in ogni angolo di strada c’é una cantina, i prezzi del café e del mais stanno scendendo ed il pinche governo non fa altro che promettere, non sviluppa l’industria e non si accorge che da qui partono ogni mese 2400 persone verso gli Stati Uniti, non si accorge che dipendiamo economicamente dai soldi che ci inviano da lá”, cosí spiegava la situazione Joaquín López López , un uomo che con la sua famiglia ha piú volte tentato di attraversare la frontiera. A Comalapa negli ultimi anni hanno aperto 30 casse di cambio, due banche e altrettanti uffici delle poste; un chiaro esempio dell’importanza che per questo municipio ha significato l’emigrazione verso gli Usa. Non si tratta di un esempio isolato all’interno dello Stato: nel municipio di Siltepec, zona Sierra, ogni mese partono 200 persone di un’etá compresa tra i 20 ed i 45 anni e arriva circa un milione di dollari. Nella comunitá di Las Delicias, nello stesso municipio, non si vedono piú uomini. Sono rimaste solamente le donne e gli anziani in attesa dei soldi dal parente d’America. In tutto, sono circa 90mila i chiapanechi che annualmente affrontano la difficile scelta di lasciare casa e affetti per cercare fortuna oltre il confine, a fronte di 380 milioni di dollari l’anno di rimesse (pari al 4.5% del Pil dello Stato). Per meglio comprendere le ragioni di questo, ci si deve soffermare sulle conseguenze per il mercato del mais derivate dall’avvio del Nafta nel 1994. Il Chiapas storicamente ha basato la sua sopravvivenza sulla coltivazione del campo, la produzione agricola rappresenta il 45% del Pil. Oltre il 95% dei produttori di mais, a cui é dedicata la coltivazione del 65% del terreno chiapaneco, lavorano appezzamenti di terra inferiori ai 5 ettari. Con l’entrata in vigore del Nafta il mais statunitense, coltivato intensivamente e sovvenzionato, ha invaso la terra della piccola produzione messicana. Tanto per chiarire, se il [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 6 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. rendimento medio di produzione di mais negli Usa é di 8/10 tonnellate per ettaro, in Messico oscilla tra 2 e 5, mentre in Chiapas tra 1 e 3. Inoltre, grazie ad una legge promulgata nel 2002, gli Stati Uniti concedono a ogni agricoltore 52,30 dollari al giorno come sussidio alla produzione (1,8 dollari al giornoin Messico). La differenza ricade moltiplicata sul prezzo di vendita. Così, mentre la produzione di mais messicano costa 181,9 dollari la tonnellata, il prezzo sul mercato internazionale é sceso a 123,18 dollari. Per le multinazionali ci sta pure il costo del trasporto. E infatti é esattamente quello che fanno. I piccoli contadini messicani e chiapanechi, trovandosi schiacciati da questa concorrenza sleale, sono costretti ad abbandonare il campo e cercare fortuna altrove. Il lavoro che per millenni ha dato da mangiare agli abitanti di questa regione rischia di scomparire insieme a migliaia di uomini ogni anno. Il Chiapas é uno degli Stati messicani dove é piú forte il morso della politica liberista, dove le risorse naturali, abbondanti nel territorio, sono facile preda di grandi aziende, ma è anche il luogo dove la resistenza quotidiana dei popoli indigeni si erge come una diga contro l’invasione dell’omologazione targata Coca Cola. In questo scenario di colonialismo, di sofferenza e di lotta si dilaga il fenomeno migratorio, che impone l’esilio e abbandona l’esule allo sfruttamento e alla criminalizzazione. Dopo l’11 Settembre, la situazione è ulteriormente peggiorata. Gli Stati Uniti hanno inasprito la loro politica nei confronti dello straniero trasformandolo in un potenziale “terrorista”. La paura diffusa a piene mani permette e giustifica il comportamento congiunto del governo e delle grandi multinazionali che, in nome di una sicurezza nazionale sempre piú indefinita e sempre piú richiamata nei discorsi ufficiali e televisivi, mantengono illegale la condizione del migrante. Per lui non ci sono diritti come cittadino e come lavoratore. Il tutto costa meno a vantaggio, soprattutto, ancora un volta delle imprese nordamericane e del suo settore agricolo. Parallelamete a questo circolo vizioso che imprigiona come in una ragnatela l’indio messicano, incontriamo un nuovo modello che sorge dalla stessa terra chiapaneca: il movimento zapatista. Solidarietá e tradizione indigena per rispondere alle minaccia mortale del liberismo con un progetto d’autonomia comunitaria che risulta essere la possibile alternativa di regole e di vita. In un’epoca storica dove l’imposta omogeneitá culturale si trasforma facilmente nell’appropriazione violenta o nel genocidio dei saperi diversi, l’orizzonte disegnato dagli indigeni del Chiapas sembra essere la sola risposta per la sopravvivenza e per il riscatto di questo popolo che, anche a causa dell’acuirsi del fenomeno migratorio, continua a subire la politica colonizzatrice delle grandi potenze mondiali. * Murus è il nome in lingua tzotzil di Carlo Calabrò, fondatore di Attac Italia ora residente in Chapas. 4 - G20. Il loro potere non è il nostro di Nicola Bullard (Focus on Global South) L’emersione del G20 come forza in gioco ai negoziati dell’OMC e’ stata uno dei molteplici fattori che hanno contribuito al collasso dei colloqui alla Quinta Interministeriale Wto, tenutasi a Cancun nello scorso settembre. Il G20 – il nome richiama la data della sua fondazione nell’agosto dell’anno passato – e’ capeggiato da quattro tra le piu’ significative economie dei paesi in via di sviluppo: India, Brasile, Cina e Sudafrica. Alcuni commentatori, per sottolineare il predominio di queste nazioni, si riferiscono al gruppo in termini del ‘G4 Piu’’. Negli scorsi mesi il numero dei componenti del gruppo ha fluttuato, alcuni dei membri minori avendo ceduto alle pressioni degli Stati Uniti per farglielo abbandonare. Gli attuali componenti del G20 sono Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Cuba, Ecuador, Egitto, El Salvador, Filippine, Guatemala, India, Messico, Pakistan , Paraguay, Peru’, Sudafrica, Tailandia e Venezuela. Informalmente, la missione brasiliana di Ginevra dice che l’attuale gruppo conta 22 membri. La Nigeria e l’Indonesia sono entrate, El Salvador si e’ ritirato. Queste informazioni erano corrette al 22 settembre 2003 e una ricerca sulla Rete non ha trovato elenchi piu’ aggiornati. La posizione negoziale del G20 era – ed e’ ancora – chiara: richiedono l’apertura dei mercati del Nord ai loro prodotti agricoli, la fine delle sovvenzioni alle esportazioni agricole dei paesi ricchi e l’eliminazione dei sussidi interni che di fatto non sono altro che sussidi alle esportazioni. (v. successivo articolo di Hugueney per ulteriori particolari sulla posizione del G20). A Cancun, l’UE e gli USA hanno dimostrato scarso interesse ad accogliere le richieste del G20 e, in ogni caso, i colloqui sono terminati prima dei negoziati sostanziali sulla bozza dell’accordo sull’agricoltura, per cui l’equilibrio delle forze non e’ stato messo alla prova. A seguito dei colloqui interministeriali, l’UE e gli USA hanno tacciato il G20 di intransigenza, mentre altri vedevano la creazione di un terzo polo di contrapposizione agli USA e all’UE come l’alba di una nuova era nei negoziati OMC (o anche nelle relazioni nord-sud) Le critiche dell’UE e degli USA non sono tuttavia rimaste isolate. La federazione internazionale dei contadini Via Campesina, per esempio, ha interpretato la posizione del G20 come un tentativo appena dissimulato di promuovere gli interessi degli agroesportatori e dell’agri-business, con scarsa attenzione [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 7 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. alle conseguenze che avrebbe per i produttori contadini. Questo punto di vista e’ emerso durante la stesura della bozza di denuncia da parte delle ONG contro le tattiche sporche degli USA e dell’UE nei loro tentativi di dividere la coalizione G20 dopo Cancun. La Via Campesina ha deciso di non appoggiare la denuncia, sostenendo che mentre il G20 poteva dimostrarsi un efficace ostacolo a breve ai negoziati, qualora le loro richieste di ulteriori liberalizzazioni in campo agricolo venissero accolte, cio’ non farebbe che accentuare la crisi dei contadini e dei piccoli produttori. E’ stato un momento difficile: per molti, il G20 meritava sostegno per il solo fatto di esistere, per il ruolo che avrebbe potuto svolgere nello spostare il bilancio di potere all’interno dell’OMC, anche se le loro posizioni negoziali erano ben lunghe dal pretendere una trasformazione dell’Accordo sull’Agricoltura (AOA), per non parlare nemmeno del completo ritiro dell’OMC dal campo dell’agricoltura. IL DIBATTITO G20 AL FORUM SOCIALE MONDIALE In questo contesto, Focus on the Global South ha invitato delegati G20 da Brasile, India e Sudafrica ad un dibattito , al Forum Sociale Mondiale di quest’anno a Mumbai, con Via Campesina, Africa Trade Network (rete africana per il commercio ), Focus on the Global South, la confederazione sindacale brasiliana CUT e la Economics Research Foundation (Fondazione per la Ricerca Economica) di Delhi. Il titolo del dibattito: ‘G20: Fenomeno sociale passeggero o duraturo ? Lo scopo era semplice: arrivare ad una maggiore comprensione della direzione intrapresa dal G20, per capire se ci sono spazi perche’ il gruppo adotti un’agenda piu’ ampia e piu’ radicale che rifletta le istanze di movimenti sociali, sindacati e contadini. Il Ministero brasiliano degli Affari Esteri – Itamaraty – incarico’ l’ambasciatore Clodoaldo Hugueney, responsabile del coordinamento degli addetti di alto livello del G20, delegato ad esprimere la posizione ufficiale del governo brasiliano. Il portavoce indiano era Shri S.N. Menon, segretario speciale del Ministero del Commercio e dell’Industria. Alla fine il Sudafrica non ha inviato delegati. Nell’attesa che cominciasse il dibattito, l’ambasciatore Hugueney dichiaro’ scherzosamente di voler ‘abbassare’ le nostre aspettative nei confronti del G20. Ribattemmo scherzosamente che qualcuno aveva gia’ delle aspettative molto basse e che magari lui avrebbe dovuto elevarle ! Alla conclusione, le nostre aspettative sono state decisamente abbassate (o confermate, a seconda della posizione di partenza dell’individuo), perche’ Hugueney ha ribadito piu’ volte che l’agenda del G20 all’interno dell’OMC e’ ristretta – accesso ai mercati e la fine dei sussidi all’esportazione – e che qualsiasi tentativo di allargare l’agenda del gruppo avrebbe portato al suo collasso. La presentazione dell’Ambasciatore Hugueney e’ pubblicata di seguito a questo mio articolo. Al suo interno, definisce chiaramente gli scopi ed i limiti del G20, benche’ non abbia spiegato ne’ nella presentazione ne’ nel corso del dibattito come intendano far quadrare il cerchio di proteggere i piccoli coltivatori e nel contempo promuovere l’agricoltura per l’esportazione. Non si parla di protezione dei mercati, ne’ del calmierare i prezzi dei generi di prima necessita’, ne’ di come gestire le concessioni che inevitabilmente gli Stati Uniti e l’Unione Europea pretenderanno in cambio di qualsiasi futura loro concessione in termini di accesso ai mercati o eliminazione di sussidi interni o alle esportazioni. E’ questo il nocciolo del dilemma: riuscira’ il G20 a liberalizzare e a proteggere contemporaneamente? E’ chiaro che risolvere questo genere di paradosso e’ pane quotidiano per l’UE e gli USA, come ampiamente dimostrato dalle recenti concessioni USA all’industria dello zucchero nell’ambito degli accordi di libero scambio USA-Australia e CAFTA, ma e’ tutt’altra questione aspettarsi che le grandi potenze commerciali permettano ai loro concorrenti di giocare alle medesime condizioni. LA STRATEGIA DENTRO-FUORI, VISTA DALL’INTERNO Sia Hugueney che Menon vivono ‘dentro la gabbia’ ed il loro approccio e’ quello di assecondare il gioco politico con proposte tecniche adeguate. Come ha detto Hugueney, ‘il giusto ruolo della societa’ civile e’ quello di deragliare l’OMC. Il nostro e’ di lavorare al suo interno per vedere se l’OMC non possa giocare un ruolo costruttivo nello sviluppo’. Nel corso del dibattito, ha posto molta enfasi sull’importanza delle forze ‘esterne’ nel dar forma ai dibattiti all’interno dell’OMC e ha dichiarato che il G20 non sarebbe riuscito a ‘stare uniti’ a Cancun se non fosse stato cosi’ ben accolto. Menon crede che il G20 sia destinato a durare, e la sfida che devono affrontare e’ quella di rimanere ‘compatti, concentrati e fedeli’ mentre espandono il gruppo per comprendere i paesi meno sviluppati (LDC – PMS). Sia Menon che Hugueney hanno delineato le caratteristiche di base del G20; tutti i paesi sono del Sud, 12 fanno parte del Gruppo Cairns, ma al contrario di quell’alleanza, che effettua lobbying solamente a favore della piena liberalizzazione, la maggioranza dei paesi componenti il G20 conta grandi settori della propria popolazione che dipendono dall’agricoltura di sussistenza o su piccola scala e definiscono la loro posizione un punto di equilibrio tra la liberalizzazione e lo sviluppo. Hugueney si dichiara convinto che il G20 possa rendere Doha un ‘Round di Sviluppo’ e ha descritto il loro approccio quale ‘il combinare i benefici della liberalizzazione del commercio con la risoluzione dei problemi della fame, dei senza terra e della [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 8 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. disoccupazione’. Questo, evidentemente, e’ esattamente l’approccio che il Presidente brasiliano Lula Ignacio de Silva (Lula) ha adottato durante il primo anno del suo mandato, fornendo sostanziose prove che il G20 viene diretto da Brasilia. Se potra’ funzionare la ‘strategia Lula’ – in Brasile o altrove – rimane da vedere. (Per ulteriori informazioni su questo punto, vedi la successiva intervista con Joao Pedro Stedile del movimento dei Sem Terra). LA STRATEGIA BRASILIANA Al congresso della confederazione sindacale brasiliano CUT nel giugno dello scorso anno, il Presidente del Partito dei Lavoratori, Jose Genoino ed il Ministro responsabile del ‘dialogo sociale’, Luiz Dulci, hanno spiegato la politica economica del governo Lula agli ospiti stranieri. Nonostante i copiosi riferimenti alla giustizia, la poverta’ e l’equita’, dopo due ore di discorso era chiaro che il messaggio finale e’ quello di ‘accontentare i mercati’. Il successo di una politica economica viene misurata in termini di rendimento delle obbligazioni, tassi d’interesse ed un Real forte, e viene formulata con intenti ‘stabilizzatori’ (cioe’, tenere tranquilli gli investitori ). Eppure dopo un anno di stabilizzazione in terapia intensiva, la crescita economica del Brasile e’ stata di appena l’l%, decisamente meno del 5% che Dulci aveva dichiarato necessario: un ritorno assai magro in cambio di una capitolazione cosi’ massiccia ai mercati. In considerazione del proprio pesantissimo debito estero e l’apparente politica di pacificazione dei finanzieri, il Brasile deve cercare di accrescere i propri guadagni sul mercato dei cambi. Inoltre, il 50% del PIL e dei posti di lavoro in Brasile dipendono dal settore esportazioni, da cui derivano gli sforzi intensi del Brasile nell’ultimo anno per stabilire e diversificare le proprie relazioni commerciali, soprattutto in termini di commercio Sud- Sud. Il G20 costituisce una delle frecce dell’arco brasiliano in questo campo. Inoltre, il G20 simboleggia la politica estera rivitalizzata del Brasile, caratterizzata dalla rivendicazione della propria leadership ed indipendenza (per esempio, reagire alla pretesa USA di rilevare le impronte digitali a tutti i brasiliani che entrano negli Stati Uniti pretendendo altrettanto dai cittadini USA che entrano in Brasile, o il ruolo del Brasile nel Forum IBSA (India, Brasile Sudafrica), annunciata ufficialmente a Nuova Delhi a marzo, che tratta un ampio spettro di questioni commerciali, politiche, sullo sviluppo, sulle fonti energetiche). (Puo’ darsi che questa coraggiosa politica estera sia stata formulata per placare le forze progressiste interne, spazientite dalla lentezza delle riforme e dalla capitolazione governativa davanti ai mercati). Benche’ le politiche commerciali ed estere paiano coerenti – stimolare la crescita attraverso le esportazioni, in particolare verso nuovi mercati – rimane la questione: e’ possibile conciliare l’impegno economico alla liberalizzazione con l’impegno politico alla ‘giustizia e la dignita’ per tutti’ ? Questo stesso dilemma si presenta per ogni componente del G20, in maniera pesante per gli altri tre paesi dominanti – India, Cina e Sudafrica, i quali dovranno affrontare enormi - e potenzialmente esplosive - pressioni interne a causa dell’aumento della disoccupazione e della poverta’ rurale. Basandoci sui risultati degli ultimi 20 anni di neoliberismo, non sembra che sia possibile all’interno della gabbia neoliberista realizzare il genere di ridistribuzione massiccia e la rivitalizzazione delle economie locali che servirebbero per creare posti di lavoro per decine di milioni di lavoratori disoccupati in citta’ e per assicurare la sopravvivenza di milioni di piccoli coltivatori. Ma potrebbe darsi che, attraverso una sapiente miscela del politico col tecnico, il G20 possa allargare i confini di quella gabbia. Questo dipendera’ da quanto sostegno avranno all’interno dell’OMC, e da quante e quali pressioni subiranno dall’esterno. LA RELAZIONE AMORE-ODIO TRA L’UE E IL G20 Ora pare che l’UE sia disposta a trattare col G20, ribaltando i commenti denigratori del commissario al commercio Pascal Lamy a Cancun, quando si domandava quanto sarebbe durata quell’alleanza. Il 19 gennaio di quest’anno, in un discorso pronunciato davanti alla Confederazione dell’Industria Indiana, Lamy ha fatto frequenti e generosi riferimenti al G20, riconoscendo l’esistenza di una realta’ che a Cancun si augurava scomparisse. L’UE deve affrontare un dilemma nei suoi rapporti col G20. Sul fronte politico, l’UE ha interesse a formare un’alleanza forte col G20 per appoggiare il proprio rapporto verso gli Stati Uniti. Sul fronte commerciale, pero’, Lamy (nonostante le sue sviolinate diplomatiche) senz’altro preferirebbe un G20 debole e diviso, che non rappresenti una vera forza all’interno dell’OMC, che potrebbe intralciare le ambizioni dell’UE nei campi industriale, dei servizi e degli investimenti. Ma l’UE ha ben poco da offrire al G20: i segnali che arrivano da Bruxelles indicano pochissima flessibilita’ nella politica agricola dell’UE, nonostante indicazioni che forse potrebbero prendere in considerazione l’apertura dei propri mercati ad una serie molto limitata di prodotti non controversi. Per ora, la politica UE e’ limitata dagli imperativi interni di accontentare l’agribusiness europeo e assimilare l’impatto dell’espansione UE che introdurra’ diversi nuovi paesi membri con economie agricole e popolazioni rurali rilevanti, che competeranno anch’essi per l’accesso ai mercati UE. Per contro, l’UE potrebbe finalmente rivedere le proprie posizioni sui sussidi alle esportazioni, anche a causa degli enormi costi che comportano. Una piccola ma crescente fetta dell’opinione pubblica europea e’ favorevole alla protezione dei piccoli produttori e agli [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 9 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. aspetti ‘polifunzionali’ dell’agricoltura, e si rende conto che i sussidi alle esportazioni vanno dritti in tasca ai grandi, a discapito dei paesi in via di sviluppo. E’ chiaro che qualsiasi cambiamento deve partire dal PAC (Politica Agricola Comune) e l’UE dovra’ sopraffare la potente lobby dell’agri-business, ma i benefici del concretizzare un’alleanza col G20 – soprattutto se comportasse una reciproca liberalizzazione dei servizi, dell’industria e degli investimenti - ricordatevi del G4 – potrebbero fare si’ che ne valga la pena. Quindi, volendo azzardare alla grande un’ipotesi: ‘che succederebbe se’… l’UE ed il G20 , tramite varie configurazioni di accordi bilaterali con i singoli paesi G20, oppure attraverso organi regionali per il commercio quali Mercosur, mettessero su un ‘Accordo sull’Agricoltura Piu’ (AOA Plus) che servisse da punto di riferimento per i futuri negoziati AOA ? E quale significato avrebbe ai fini di un’agenda progressista che allontani la produzione agricola dalle esportazioni e si orienti alla sovranita’ alimentare ? Negli Stati Uniti, sia i Repubblicani che i Democratici stanno scoprendo che i discorsi protezionistici riscuotono grande favore col pubblico, perche’ sfruttano l’opinione corrente che decine di migliaia di posti di lavoro di statunitensi vengono ‘rubati’ dai lavoratori del Sud dai salari bassissimi. Benche’ Bush abbia recentemente ribadito il suo impegno verso la liberalizzazione del commercio e alla globalizzazione, la vita vissuta (per esempio l’accordo Australia-USA sul commercio) conferma che il ‘libero commercio’ s’imbatte in un muro di gomma appena le potenti lobby agricole – soprattutto quelle del Sud (degli Stati Uniti) – si fanno sentire. Inoltre, la posizione ufficiale degli Stati Uniti nei negoziati OMC e’ che qualunque riduzione dei sussidi interni USA debba essere accompagnata da impegni all’apertura dei mercati da parte dei piu’ importanti paesi emergenti quali Cina, Brasile ed India. Ovvero, il G20. Come l’UE, quasi sicuramente gli USA continuano ad esercitare pressioni sui singoli paesi perche’ abbandonino il G20, nella speranza di indebolire la coalizione e qualunque ostacolo alle proprie ambizioni commerciali. L’AGENDA G20 AL DI FUORI DELL’OMC Secondo l’Ambasciatore Hugueney, l’agenda personale del Brasile e’ a respiro ben piu’ ampio di quella del G20, e cercheranno di raggiungere gli scopi sia dentro che fuori dell’OMC. Lula ha suggerito che il G20 potrebbe negoziare un accordo di libero scambio al proprio interno, utilizzando il Sistema Generale di Preferenze Commerciali (GSTP); e l’accordo firmato tra il Mercosur e l’India nel corso della visita di stato di cinque giorni di Lula a pochi giorni dal Forum Sociale Mondiale indica che il G20 continuera’ a rafforzare i loro collegamenti Sud- Sud. ‘Insieme, l’India ed il Brasile potranno costruire una grande forza che puo’ cambiare la geografia commerciale del mondo’, dichiaro’ Lula ai cronisti a Delhi. Un sistema per dar forma a questa nuova geografia potrebbe essere l’utilizzo di accordi commerciali preferenziali, pero’ sembrerebbe contraddittorio rispetto all’impegno dichiarato del G20 al rafforzamento del multilateralismo. Anche Pascal Lamy ha un approccio positivo di fronte alla prospettive di approfondimenti nei rapporti commerciali Sud- Sud; ha dichiarato alla Camera di Commercio Indiana (CCI) che questo e’ ‘essenziale per lo sviluppo’, e ha esortato l’India ad aprire ai mercati ai paesi meno sviluppati. Forse questo sara’ un sistema per fare entrare lo ‘sviluppo’ nel round di Doha senza che l’UE sia costretta ad alcuna rinuncia. UN’AGENDA PROGRESSISTA PER IL G20 ? In quale relazione devono quindi porsi i movimenti progressisti verso il G20 ? Ci sono tre considerazioni importanti. La prima, che non vi e’ alcuna probabilita’ che il G20 vada oltre la propria posizione minimalista nell’OMC in relazione all’apertura dei mercati e l’eliminazione dei sussidi interni/all’esportazione. Se dovesse prevalere la loro posizione (ed e’ un grandissimo ‘se’), la logica della produzione di cibo per l’esportazione, dominata dall’agri-business e dagli agriesportatori si insedierebbe definitivamente nel Sud. Non appare prossimo un riavvicinamento tra il G20 e/o l’UE o gli USA, pero’ se cio’ avvenisse, il dibattito sull’agricoltura rimarrebbe chiuso per moltissimo tempo, e anche dopo rimarrebbe indifferente alle richieste dei piccoli agricoltori, che sarebbero senz’altro i perdenti nella nuova distensione agricola. Secondo, il G20 sta cercando di ‘combinare i piu’ ampi interessi dello sviluppo economico e sociale, particolarmente nelle zone rurali, attraverso la liberalizzazione del commercio ’. Se cio’ sia possibile all’interno dell’OMC e’ tutto da dimostrare, ma molti sono scettici. Inoltre, non c’e’ alcuna indicazione che il G 20 abbia alcuna idea di come potrebbero raggiungere questo scopo, perche’ non hanno fatto alcuna proposta sulle questioni di protezione dei mercati, prezzi dei generi di prima necessita’, gestione dell’offerta, ecc. Terzo: ci fidiamo dei governi G20 quali promotori degli interessi dei popoli ? Dovremmo permettere che l’elite politica occupi gli spazi che i contadini, i lavoratori, i popoli indigeni, gli studenti e gli attivisti si sono ritagliati col loro lavoro e con le loro lotte ? Molti di questi governi asseriscono di rappresentare gli interessi delle loro popolazioni piu’ povere ed emarginate, ma se mai le ascoltassero per davvero, si renderebbero conto abbastanza presto che l’accesso ai mercati e l’eliminazione dei sussidi non risolveranno i problemi, e potrebbero crearne molti di nuovi. Il G20 ha fatto un buon lavoro nel bloccare i negoziati di Cancun e rappresenta un importante alleato tattico [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia Granello di Sabbia n°131 pag. 10 (10 ) Vi preghiamo di diffondere il Granello nella maniera più ampia possibile. nel tentativo di fermare il consenso, deragliare e svuotare di potere l’OMC, soprattutto se riescono a tener fede alla loro posizione di Cancun, cosi’ chiaramente invisa all’UE e agli USA. Pero’, come ha dichiarato l’Ambasciatore Hugueney, il ruolo della societa’ civile e’ proprio quello di ‘deragliare l’OMC’ ed i movimenti progressisti e gli attivisti non devono lasciarsi intrappolare dalle logiche di negoziati e potere del G20. Traduzione di Lorraine Buckley [email protected] - http://attac.org/ - Per abbonarsi: http://attac.org/listit.htm Il Granello di Sabbia è realizzato da un gruppo di traduttori e traduttrici volontari/e e dalla redazione di ATTAC Italia