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(Cessioni all`esportazione la non imponibilità IVA supera il limite dei
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Cessioni all’esportazione: la non imponibilità IVA supera il limite dei 90 giorni?
Della Dott.ssa Roberta De Pirro
Abstract
Assonime, nella Circolare n. 10 del 17 marzo 2014, ha commentato la sentenza della Corte di Giustizia UE
relativa alla causa C-563/12 del 19 dicembre 2013, nella quale si conclude che il regime di non imponibilità
IVA previsto per le c.d. esportazioni “improprie” può trovare applicazione anche nel caso in cui la prova che la
merce abbia effettivamente lasciato il territorio della Comunità europea sia fornita successivamente dal
termine - previsto da molte legislazioni nazionali - dei 90 giorni dalla data di consegna della stessa al
cessionario.
Testo
Assonime, nella Circolare n. 10 del 17 marzo 2014, ha commentato la recente sentenza della Corte di
Giustizia relativa alla causa C-573/12 depositata il 19 dicembre 2013, nella quale è stato affermato il principio
secondo il quale una normativa nazionale in base alla quale i beni destinati ad essere esportati al di fuori
dell’Unione europea devono lasciare il territorio dell’Unione entro un termine prestabilito dalla data di
cessione deve intendersi contraria alle norme dettate dalla Direttiva IVA n. 2006/112/CE in materia di
esportazioni, qualora dal semplice superamento di tale termine derivi l’imponibilità in via definitiva della
cessione all’esportazione.
Normativa nazionale e le interpretazioni dell’Amministrazione finanziaria
La normativa IVA dettata in materia di cessioni all’esportazione è contenuta nell’articolo 8 del D.P.R. n.
633/1972, che con specifico riferimento alle c.d. “esportazioni improprie” al comma 1, lett. b) considera non
imponibili ai fini IVA le cessioni di beni con trasporto o spedizione fuori dal territorio comunitario effettuati
entro il termine di 90 giorni dalla consegna della merce, a cura del cessionario non residente o di soggetti
terzi che operano per suo conto.
Al fine di identificare la data di consegna della merce, momento a decorrere dal quale decorrono i 90 giorni
che garantiscono il regime di non imponibilità della operazioni in commento, occorre fare riferimento al
documento di consegna o trasporto, quale ad esempio il documento di trasporto di cui al D.P.R. n. 472/1996
o alla lettera di vettura internazionale (CMR).
Prova dell’avvenuta esportazione deve essere data tramite la vidimazione da parte dell’Ufficio doganale o
dell’Ufficio postale di un esemplare della fattura.
Il mancato rispetto del riferito termine dei 90 giorni comporta l’applicazione del regime sanzionatorio di cui
all’articolo 7, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997, ossia l’applicazione di una sanzione compresa tra il 50% e il
100% dell’imposta dovuta.
Detta sanzione non trova applicazione nel caso in cui il cedente, entro i 30 giorni successivi, versi l’imposta,
previa la regolarizzazione della fattura emessa con titolo di non imponibilità.
In ordine alla natura del termine dei 90 giorni, il cui rispetto risulta fondamentale al fine di garantire il regime
di non imponibilità IVA delle c.d. “esportazioni improprie”, nonché in ordine agli strumenti di prova
dell’avvenuta esportazione in più occasioni, l’Agenzia delle Entrate, ha fornito alcuni chiarimenti:
nella Circolare 13 febbraio 1997, n. 35/E ha affermato che la prova dell’avvenuta esportazione non
può essere costituita dall’apposizione da parte della Dogana del visto di uscita sull’esemplare della
fattura dallo stesso emessa e presentata in dogana dall’atto dell’esportazione dal cessionario ovvero,
dal soggetto, che per il suo conto, ha svolto le procedure doganali per l’esportazione delle merci e ciò
nella considerazione che il documento di esportazione, munito del visto uscire, resta nella
disponibilità dell’acquirente estero;
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nella successiva Circolare 25 gennaio 1999, n. 23 il Ministero delle finanze ha esaminato le
conseguenze derivanti dal mancato trasporto o spedizione dei beni fuori dal territorio dell’Unione
europea, precisando che il mancato rispetto del termine dei 90 giorni di cui all’articolo 8, comma 1,
lett. b) del D.P.R. n. 633/1972 determina la decadenza del beneficio della non imponibilità IVA e
l’applicazione del regime sanzionatorio di cui all’articolo 7, comma 1, del D.Lgs. n. 471/1997. Sempre
nell’ambito dello stesso documento di prassi, si legge che “ove il cedente non sia in grado di provare
l’avvenuto trasporto o spedizione, questi è tenuto a versare l’IVA. Da tale affermazione, secondo
Assonime potrebbe evincersi che il regime di non imponibilità potrebbe trovare applicazione anche
nel caso in cui la prova dell’effettivo trasferimento della merce fuori dal territorio comunitario sia data
successivamente al termine dei 90 giorni. In tale ipotesi troverebbe comunque applicazione il riferito
regime sanzionatorio.
infine, nella circolare 12 giugno 2002, n. 50/E l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che nell’ipotesi delle
c.d. “esportazioni improprie” gli obblighi relativi alle stesse incombono sul cessionario, il quale deve
restituire al cedente un esemplare della fattura vistata dalla dogana di uscita dalla Comunità, entro 90
giorni dall’operazioni. Il mancato adempimento di tali obblighi da parte del cessionario comporta in
capo al cedente di procedere alla regolarizzazione dell’applicazione dell’imposta e il conseguente
versamento dell’imposta dovuta.
Alla luce delle riferite precisazioni rese in materia dall’Agenzia delle Entrate, non risulta chiara quale sia la
valenza del termine dei 90 giorni previsto dall’articolo 8, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 633/1972.
Intervenendo in argomento, i giudici di legittimità, nella sentenza n. 21956 del 27 ottobre 2010 ha affermato
che il termine in parola ha natura perentoria; ad avviso della Corte, infatti, se tale termine non viene
rispettato, il trattamento di non imponibilità attribuito all’operazione (cessione all’esportazione) non può
essere riconosciuto, anche se i beni sono stati effettivamente esportati.
Corte di Giustizia UE, Sentenza relativa alla causa C-563/12 del 19 dicembre 2013
Il caso esaminato dalla Corte di Giustizia UE derivava da un contenzioso instauratosi in Ungheria a seguito di
un controllo fiscale riguardante una società che aveva effettuato alcune cessioni di beni a clienti esteri sulla
base di contratti che prevedevano l’applicazione della clausola “ex words”, clausola commerciale secondo la
quale la responsabilità del trasporto è a carico dell’acquirente.
L’Amministrazione finanziaria ungherese aveva rilevato, durante un’ispezione, che, sebbene le operazioni
fossero state considerate delle cessioni all’esportazione, i beni erano stati trasportati fuori dal territorio
comunitario oltre il termine dei 90 giorni previsto dalla legge ungherese.
La società in questione aveva impugnato la contestazione, rilevando un contrasto tra la normativa interna e la
direttiva IVA, rilevando che nel caso in questione, i beni erano stati trasportati realmente fuori dal territorio UE
e che di tale circostanza era stata fornita la prova.
Nella sentenza relativa alla causa C-563/12 del 19 dicembre 2013, la Corte ha rilevato che a norma
dell’articolo 146 della Direttiva (n. 2006/112/CE) le esportazioni si considerano perfezionate quanto il potere
di disporre del bene come proprietario è stato trasmesso all’acquirente e il fornitore prova che tale bene è
stato spedito o trasportato al di fuori dal territorio UE.
La norma, come rileva la Corte, non prevede che il bene destinato all’esportazione debba essere trasportato
fuori dal territorio comunitario entro un termine prestabilito (così come tra l’altro previsto dall’articolo 8,
comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 633/1972, la cui inosservanza avrebbe la conseguenza di privare
definitivamente l’operazione del regime di non imponibilità.
Un termine è previsto, ma solo in via eccezionale, dall’articolo 147, par. 1 lett. b) per l’ipotesi di cessione di
beni destinati ad essere trasportati nel bagaglio personale del viaggiatore.
Inoltre, sempre a dire della Corte, il disposto dell’articolo 131 della Direttiva IVA stabilisce che gli Stati
membri possono stabilire alcune specifiche condizioni per assicurare la corretta applicazione dei regimi di
esenzione dall’imposta, e quindi prevenire possibili fenomeni di abuso o evasione.
Nel prevedere tali condizioni, tuttavia, gli Stati membri devono rispettare i principi di certezza del diritto, di
proporzionalità e di tutela del legittimo affidamento.
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Sulla base di tali conclusioni, di conseguenza, con specifico riferimento al caso di specie, e alla previsione
del rispetto dei 90 giorni quale condizione necessaria ed indispensabile per beneficiare nel caso di cessioni
all’esportazione del regime di non imponibilità IVA, nel caso in cui venga fornita prova dell’avvenuto invio
all’estero del bene, è possibile riconoscere l’applicazione dei detto regime, anche se il bene è stato esportato
dopo la scadenza del riferito termine dei 90 giorni.
Riflessi delle conclusioni della corte a livello nazionale
Venendo al contesto nazionale, in base a quanto statuito dalla Corte di Giustizia UE, sarebbe possibile
applicare il regime di non imponibilità IVA anche nel caso in cui la prova della cessione all’esportazione sia
fornita dopo il termine dei 90 giorni dalla data di consegna al cessionario dei beni.
Inoltre, non sembra neanche trovare giustificazione l’applicazione del regime sanzionatorio di cui all’articolo
7, comma 1 del D.Lgs. n. 471/1997, nell’ipotesi in cui sia fornita la prova che la cessione all’esportazione è
stata realizzata.
La sanzione dovrebbe essere applicata soltanto nel caso in cui l’operazione è stata considerata non
imponibile, ma i beni effettivamente non sono stati trasportati all’estero, oppure non è stata fornita prova del
trasferimento.
Al fine di superare le incertezze interpretative in ordine al dettato del riferito articolo 8, comma 1, lett. b) del
D.P.R. n. 633/1972 sarebbe, pertanto, auspicabile che l’Agenzia delle Entrate intervenga con chiarimenti in
argomento.
Pubblicato sul sito www.ilquotidiano.ipsoa.it in data 18 marzo 2014