Aspetti generali - Libri Professionali

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IRPEF – ASPETTI GENERALI
IRPEF
Aspetti generali
Soggetti passivi
1. Principi di tassazione; 2. Nozione di residenza (art. 2, D.P.R. n. 917/1986); 3. Soggetti non residenti; 4. Imputazione dei redditi nella famiglia; 5. Soci di società di persone (art. 5, D.P.R. n. 917/1986); 6. Eredi del contribuente; 7. Soggetti falliti; 8. Nudo
proprietario e usufruttuario
1. Principi di tassazione
L’IRPEF colpisce tutte le persone fisiche residenti e non nello Stato (art. 2,
D.P.R. n. 917/1986).
In particolare, la normativa interna italiana, in materia di principi di tassazione, è
basata su due criteri:
 principio della “tassazione su base mondiale”;
 principio della “tassazione su base territoriale”.
Il principio della “tassazione su base mondiale” (world-wide income taxation
principle), applicato nei confronti dei soggetti residenti, serve a far sì che il
soggetto, una volta qualificato come residente, sia assoggettato a tassazione su
tutti i suoi redditi ovunque prodotti, per il solo fatto che questi sono riferibili al
suddetto beneficiario.
Il principio della “tassazione su base territoriale” o “principio della fonte”
(principle of source) interviene, invece, nel caso in cui il soggetto venga qualificato come non residente e si fonda sul criterio dell’assoggettamento a tassazione
in base alla localizzazione dei redditi nello Stato.
Esistono eccezioni a tali regole, costituite dalle norme interne per evitare le doppie imposizioni (art. 165, D.P.R. n. 917/1986) e dalle disposizioni delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.
2. Nozione di residenza (art. 2, D.P.R. n. 917/1986)
Al fine della tassazione, appare, di fondamentale importanza stabilire se il soggetto possa esse qualificato non residente, oppure se lo stesso, pur trovandosi
all’estero, mantenga la residenza in Italia.
Nel primo caso, infatti, come accennato, è soggetto a imposizione in Italia limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato; nel secondo caso, invece,
mantiene la soggettività anche per i redditi prodotti all’estero.
Si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del
periodo d’imposta, rispettano uno dei seguenti requisiti:
 risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente nello Stato;
 hanno il domicilio nello Stato, cioè hanno stabilito la sede principale dei loro
affari ed interessi, anche morali e sociali, nello Stato;
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
hanno la residenza nello Stato; hanno, dunque, in Italia la loro dimora
abituale, cioè il luogo nel quale normalmente si trovano.
Il criterio della maggior parte del periodo d’imposta è verificato, se il periodo di
permanenza è di almeno 183 giorni, anche non continuativi.
I predetti requisiti sono alternativi tra loro e non concorrenti: sarà sufficiente,
pertanto, il verificarsi di uno solo di essi, affinché un soggetto venga considerato
fiscalmente residente in Italia.
Da ciò discende che l’avere stabilito il proprio domicilio civilistico in Italia ovvero
l’avere fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente
dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente.
Di converso, la sola iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la
maggior parte del periodo d’imposta è, altresì, elemento di per sé sufficiente a determinare la soggettività passiva IRPEF dell’individuo.
Inoltre, la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la conseguente
iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non sono elementi
che consentono di escludere il domicilio o la residenza nello Stato, in quanto questi ultimi sono criteri alternativi alle risultanze anagrafiche e sono desumibili con
qualsiasi mezzo di prova.
Per legittimare la pretesa tributaria nei confronti del contribuente che abbia provveduto alla cancellazione dai registri anagrafici e alla contestuale iscrizione
all’AIRE, l’Amministrazione deve dimostrare che lo stesso abbia conservato comunque in Italia il centro dei suoi interessi e attività professionali, considerando
l’irretroattività del comma 2-bis, art. 2, D.P.R. n. 917/1986 con cui è stato spostato sul contribuente l’onere di provare che il trasferimento in uno degli Stati con
regime fiscale privilegiato è effettivo e non ispirato a fini elusivi (Cass., Sez. trib.,
26 febbraio 2007, n. 4303).
La semplice cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione
all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce pertanto
elemento determinante a far perdere lo status di residente sotto il profilo fiscale,
allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso
come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni
personali.
Attenzione
Con particolare riferimento al concetto di domicilio, l’Amministrazione fiscale, recependo
un consolidato orientamento della giurisprudenza, ha affermato che deve considerarsi fiscalmente residente in Italia un soggetto che, indipendentemente dalla propria effettiva
presenza nel territorio nazionale, mantenga il centro dei propri interessi familiari, morali e sociali in Italia (C.M. 2 dicembre 1997, n. 304/E; C.M. 26 gennaio 2001, n. 9/E).
Tale interpretazione consentirebbe alle autorità fiscali italiane di contestare al soggetto in
questione la perdita della residenza fiscale in Italia, ad esempio, nel caso in cui mantenesse la propria famiglia in Italia, con la conseguenza che lo stesso sarebbe tassato in
base al principio della world-wide taxation.
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Pertanto, gli elementi di prova che dimostrano che i contribuenti – pur avendo residenza
anagrafica in Paesi esteri (alcuni dei quali a fiscalità privilegiata) – hanno comunque
mantenuto i propri interessi economici e personali in Italia, dove possono essere:
- lunga permanenza in località italiane (dimostrata dai viaggi aerei di rientro dall’estero);
- partecipazione a concerti, sfilate di moda, eventi mondani tenuti in diverse città italiane;
- frequente apparizione in trasmissioni televisive nazionali, oltre che vari contratti stipulati
con case discografiche e compagnie assicurative italiane,
- nonché la presenza in Italia degli affetti familiari.
Tutte circostanze, queste, che, secondo l’Amministrazione finanziaria evidenziano la “volontà” di tali contribuenti di conservare in Italia i propri interessi economici, professionali e
sociali e che rappresentano indicatori significativi per l’identificazione della effettiva residenza fiscale (Agenzia entrate, comunicato stampa 23 dicembre 2008).
Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato (art. 2, comma 2bis, D.P.R. n. 917/1986)
Sempre in tema di residenza fiscale, è opportuno rilevare che a prescindere dalla
verifica delle condizioni riportate nel paragrafo precedente, si considerano, altresì,
residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della
popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati
con un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (tale decreto
individua, appunto, i c.d. Paesi white list).
Tale norma è stata introdotta, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello
di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del predetto decreto (art. 1, comma 83,
lett. a) e comma 89, legge 24 dicembre 2007, n. 244).
Sino a tale data si considerano, altresì, residenti, salvo prova contraria, i cittadini
italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o
territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con il D.M. 4-5-1999.
Si tratta, pertanto, di una presunzione relativa, in base alla quale
l’Amministrazione finanziaria considera il soggetto, che abbia dichiarato la propria residenza in uno dei Paesi tassativamente elencati dal decreto, fiscalmente residente in Italia.
La disposizione in commento pone, altresì, a carico del contribuente, che si è trasferito in Paese a fiscalità privilegiata (c.d. tax heaven), l’onere, generalmente incombente sulla stessa Amministrazione finanziaria, di dimostrare la propria residenza all’estero, adducendo fatti o atti che comprovino l’effettività della situazione dichiarata, in coerenza con un reale e duraturo collegamento con lo Stato di
emigrazione.
In concreto, si assiste ad un’inversione dell’onere della prova, per cui, in presenza di un eventuale futuro accertamento, l’individuo dovrà fornire tutti gli elementi idonei a provare la non sussistenza di legami familiari ed economici con
l’Italia, anche in relazione alla durata del periodo di permanenza all’estero e la sussistenza di legami reali e duraturi con lo Stato di emigrazione.
Attualmente, gli Stati e i territori aventi un regime fiscale privilegiato sono (D.M.
4 maggio 1999, come modificato dal D.M. 27 luglio 2010):
2.1.
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Alderney (Aurigny)
Anguilla
Antille Olandesi (Nederlandse Antillen)
Bahama (Bahamas)
Barbados
Bermuda
Dominica
Ecuador (Repuplica del Ecuador)
Gibilterra (Dominion of Gibraltar)
Grenada
Hong Kong (Xianggang)
Isole Cayman (The Cayman Islands)
Isole Marshall (Republic of the Marshall
Islands)
Jersey
Andorra (Principat d’Andorra)
Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda)
Aruba
Bahrein (Dawlat al-Bahrain)
Belize
Brunei (Negara Brunei Darussalam)
Costa Rica (Repùblica de Costa Rica)
Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-’Arabiya
al Muttahida)
Filippine (Pilipinas)
Gibuti (Djibouti)
Guernsey (Bailiwick of Guernsey)
Isola di Man (Isle of Man)
Isole Cook
Isole Vergini Britanniche (British Virgin
Islands)
Liberia (Republic of Liberia)
Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya)
Macao (Macau)
Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein)
Maldive (Divehi)
Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia)
Maurizio (Republic of Mauritius)
Monserrat
Nauru (Republic of Nauru)
Niue
Oman (Saltanat ‘Oman)
Panama (Repubblica de Panamà)
Polinesia Francese (Polynesie Francaise)
Monaco (Principauté de Monaco)
San Marino (Repubblica di San Marino)
Sark (Sercq)
Seichelles (Republic of Seychelles)
Singapore (Republic of Singapore)
Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts Saint Lucia
and Nevis)
Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and Svizzera (Confederazione Svizzera)
the Grenadines)
Taiwan (Chunghua MinKuo)
Tonga (Pule’anga Tonga)
Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands) Tuvalu (The Tuvalu Islands)
Uruguay (Republica Oriental del Uruguay)
Vanuatu (Republic of Vanuatu)
Samoa (Independent State of Samoa)
Anagrafe dei residenti all’estero e controlli (art. 83, commi 16 e 17, D.L.
25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133)
I comuni, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli
italiani residenti all’estero, confermano all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate com2.2.
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petente per l’ultimo domicilio fiscale che il richiedente ha effettivamente cessato
la residenza nel territorio nazionale.
Per il triennio successivo alla predetta richiesta di iscrizione la effettività della cessazione della residenza nel territorio nazionale è sottoposta a vigilanza da parte
dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, la quale si avvale delle facoltà istruttorie
di cui al D.P.R. n. 600/1973.
In fase di prima attuazione delle disposizioni sopra riportate, la specifica vigilanza
ivi prevista da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate viene esercitata anche
nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto la iscrizione nell’anagrafe
degli italiani residenti all’estero a far corso dal 1° gennaio 2006.
3. Soggetti non residenti
Come accennato, i soggetti non residenti, sono tassati in Italia esclusivamente sui
redditi ivi prodotti.
A tal fine, si applicano le disposizioni previste dagli artt. 23 e 24, D.P.R. n.
917/1986.
Per maggiori dettagli in merito alla tassazione dei soggetti non residenti si rimanda all’apposito paragrafo (Aspetti generali – Soggetti non residenti).
4. Imputazione dei redditi nella famiglia
Redditi dei beni in comunione (art. 4, comma 1, lett. a), D.P.R. n.
917/1986)
I redditi derivanti dai beni in regime di comunione legale sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto (o per la diversa quota, se
così è stabilito da una convenzione modificativa). I redditi dei beni esclusi dalla
comunione (cfr. art. 179 c.c.) sono imputati invece unicamente al coniuge che li
possiede.
4.1.
4.2. Redditi dei beni in separazione
Nel caso in cui i coniugi siano in regime di separazione legale, ciascuno mantiene
la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. In tal caso, ad
ognuno è imputato il reddito derivante dai beni di sua proprietà.
4.3. Figli minorenni
I redditi derivanti dai beni appartenenti ai figli minori, non emancipati, subiscono
un diverso trattamento fiscale a seconda che ricadano o meno nell’usufrutto legale
dei genitori.
Infatti, per i beni soggetti all’usufrutto legale, i redditi sono imputati a ciascun
genitore per metà del loro ammontare netto.
Gli altri beni sono, invece, ricondotti direttamente al minore, in qualità di autonomo soggetto passivo d’imposta.
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5. Soci di società di persone (art. 5, D.P.R. n. 917/1986)
I soci delle società di persone e assimilate residenti in Italia sono soggetti
all’IRPEF per i redditi da queste derivanti, mentre la società è soggetta solamente
all’IRAP.
Rientrano in tale ipotesi i soci di:
 società di persone propriamente dette;
 società equiparate;
 associazioni senza personalità giuridica tra artisti e professionisti per lo
svolgimento di attività professionale;
 Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE) residenti in Italia, ovvero
che vi abbiano una stabile organizzazione.
6. Eredi del contribuente
In caso di morte del contribuente, i redditi del de cuius sono tassati in capo agli
eredi e ai legatari che li hanno percepiti, secondo le disposizioni della tassazione
separata (artt. 19 e 21, D.P.R. n. 917/1986).
In caso di eredità giacente, non esiste un soggetto passivo d’imposta. Se questa
situazione si protrae oltre il periodo d’imposta nel quale è avvenuto il decesso, responsabile per la dichiarazione dei redditi e per il versamento delle imposte gravanti sull’eredità è il curatore dell’eredità.
Il reddito imponibile è calcolato, in via provvisoria, applicando le regole proprie
di ciascuna categoria di reddito. A seguito dell’accettazione dell’eredità, soggetti
passivi diventano gli eredi, con effetto retroattivo sin dal momento dell’apertura
della successione ed è possibile effettuare la liquidazione definitiva dell’imposta.
7. Soggetti falliti
Nel caso di fallimento, il fallito resta il contribuente sul quale grava il prelievo,
mentre il curatore fallimentare o il commissario liquidatore agiscono solo come
organo di gestione per la liquidazione del patrimonio del contribuente.
8. Nudo proprietario e usufruttuario
In caso di usufrutto o altro diritto reale, soggetto passivo dell’imposta è solo
l’usufruttuario o il titolare del diritto reale di godimento. Se l’usufrutto è parziale,
il reddito deve essere imputato pro-quota anche al proprietario.
Reddito imponibile
1. Classificazione dei redditi (art. 6, D.P.R. n. 917/1986); 2. Momento impositivo; 3.
Redditi di fonte estera; 4. Base imponibile; 5. Reddito complessivo (art. 8, comma 1,
D.P.R. n. 917/1986); 6. Periodo d’imposta (art. 7, D.P.R. n. 917/1986); 7. Determinazione dei redditi (art. 9, D.P.R. n. 917/1986); 8. Criteri di valutazione (art. 9, D.P.R. n.
917/1986); 9. Scomputo degli acconti (art. 22, D.P.R. n. 917/1986); 10. Redditi esclusi
(art. 3, comma 3, D.P.R. n. 917/1986); 11. Redditi in sostituzione e indennità risarcitorie; 12. Redditi detenuti in Paesi black list
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1. Classificazione dei redditi (art. 6, D.P.R. n. 917/1986)
I redditi che possono essere ricondotti in una delle categorie disciplinate dal Testo
Unico devono essere considerati redditi imponibili, mentre i redditi non riconducibili ad alcuna categoria sono da considerarsi redditi non tassabili ai fini delle imposte dirette.
Vengono individuate le seguenti sei categorie di redditi, esaustive di tutti i redditi
imponibili:
1) redditi fondiari;
2) redditi di capitale;
3) redditi di lavoro autonomo;
4) redditi di lavoro dipendente;
5) redditi d’impresa;
6) redditi diversi.
TIPO DI REDDITO
DEFINIZIONE
Terreni –
Dominicale
Terreni – Agrario
Reddito medio ordinario di terreno adibito ad uso agricolo destinato alla
proprietà
Reddito medio ordinario del terreno agricolo destinato
all’organizzazione impiegata nell’esercizio dell’attività
Reddito medio ordinario di ogni unità immobiliare urbana suscettibile di
reddito autonomo, ad eccezione delle unità espressamente escluse
Interessi e proventi derivanti da mutui, depositi, c/correnti, obbligazioni
e titoli similari; rendite perpetue; compensi per prestazioni di fidejussione
o garanzia; utili da associazione in partecipazione con apporto di capitale
o di capitale e lavoro; proventi derivanti dalla gestione di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi; proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute; proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito; redditi compresi nei capitali corrisposti
in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita; redditi delle pensioni integrative e delle rendite vitalizie previdenziali, senza tenere conto dei
rendimenti finanziari; interessi ed altri proventi derivanti da altri rapporti
aventi per oggetto l’impiego del capitale.
Reddito derivante da rapporti aventi ad oggetto prestazioni di lavoro subordinato; pensioni; redditi da lavoro dei soci di cooperative; borse di
studio, trattamento di disoccupazione giovanile, assegni al coniuge; rendite vitalizie; altre fattispecie; redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa
Redditi derivanti dall’esercizio di arti e professioni; associazioni in partecipazione con apporto di solo lavoro; altre fattispecie
Redditi derivanti dall’esercizio di imprese commerciali
Redditi non di capitale, non conseguiti nell’esercizio di arti e professioni
o nell’esercizio di impresa, derivanti da lottizzazioni di terreni, cessioni di
aree edificabili o immobili, indennità di esproprio, redditi fondiari non
determinabili catastalmente, cessione di partecipazioni societarie, utilizzazione di brevetti, opere dell’ingegno e formule, cessione dell’unica
azienda, attività commerciali e di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, premi e vincite, ed altri
Fabbricati
Capitale
Lavoro dipendente
e assimilati
Lavoro autonomo
Impresa
Diversi
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Proventi derivanti da attività illecite (art. 14, commi 4 e 4-bis, legge 24
dicembre 1993, n. 537)
Nelle categorie di reddito di cui all’art. 6, comma 1, D.P.R. n. 917/1986 devono
intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o
attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già
sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria. Nella determinazione dei redditi
di cui all’art. 6, comma 1, non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti.
In sostanza, ferma restando l’imponibilità dei proventi derivanti da attività illecite,
i relativi costi e spese seguono un regime fiscale differente in relazione alla tipologia di illecito:
 essi sono deducibili secondo le regole ordinarie, se riconducibili ad illeciti
civili o amministrativi;
 sono indeducibili nel caso di illeciti penalmente rilevanti.
Come chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare 26 settembre 2005, n.
42/E, il legislatore ha inteso ulteriormente specificare le modalità di tassazione
dei proventi derivanti da attività illecite, ma solo con riferimento agli illeciti penalmente rilevanti.
In tale ottica, la disposizione in commento, deve essere considerata innovativa, in
quanto si caratterizza per un intento indirettamente sanzionatorio dell’attività illecita, per cui una sua valenza retroattiva contrasterebbe anche con i principi costituzionali.
In definitiva la norma, in quanto innovativa, trova applicazione solo in relazione
ai costi e alle spese sostenuti a partire dal 1° gennaio 2003 (data di entrata in vigore della legge n. 289/2002 che ha introdotto la disposizione in commento).
Inoltre, la disciplina si rende applicabile in particolare in sede di determinazione
del reddito d’impresa e di lavoro autonomo e, in generale, con riferimento a quelle fattispecie reddituali per le quali la norma tributaria prevede la deducibilità delle
spese specificamente inerenti la produzione del reddito.
In materia di proventi derivanti da attività illecite, si richiama, infine, il principio
per cui nelle categorie di reddito di cui all’art. 6, comma 1, del TUIR, se in esse
classificabili, devono intendersi ricompresi anche i proventi derivanti da atti, fatti
ed attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo, se non già
sottoposti a sequestro o confisca penali (art. 36, comma 34-bis, D.L. 4 luglio
2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 che
ha interpretato autenticamente l’art. 14, comma 4, legge 24 dicembre 1993, n.
537). I redditi, classificati nelle specifiche categorie, vengono determinati alla luce
delle regole generali dettate, per ciascuna di esse, dallo stesso Testo Unico.
Interpretando autenticamente il testo della disposizione riportata, è stato stabilito
che qualora i proventi illeciti non siano classificabili nelle altre categorie di cui
all’art. 6, comma 1, sopra richiamato, i medesimi vengono inquadrati, anche ai fini
della loro determinazione, nella categorie dei redditi diversi di cui agli artt. 67 e ss.
del TUIR.
1.1.
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Sulla deducibilità dei costi da reato si deve segnalare l’importante intervento attuato con il c.d. “decreto sulla semplificazione fiscale” (art. 8, commi 1-3, D.L. 2
marzo 2012, n. 16, come modificato dalla legge di conversione n. 44/2012).
Infatti, è stato previsto che nella determinazione dei redditi soggetti alle imposte
sui redditi (art. 6, comma 1, TUIR) non sono ammessi in deduzione i costi e le
spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il giudice
abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 del codice di
procedura penale o, comunque, con le modifiche introdotte dalla legge di conversione, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi
dell’art. 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 del codice penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 del codice di
procedura penale ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi
dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla
causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 del codice di procedura penale,
compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi (art. 14,
comma 4-bis, legge 24 dicembre 1993, n. 537).
Viene inoltre disposto che:
 ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla
formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente
afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non
effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non
ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi (in tal
caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50% dell’ammontare delle
spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente
scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi). Comunque, in
nessun caso si applica la disposizione (art. 12, D.Lgs. n. 472/1997) in tema di
concorso di violazioni e la sanzione è riducibile solo nell’ipotesi in cui il
trasgressore, entro il termine previsto per il ricorso, definisca la controversia
con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata per la
violazione;
 le norme si applicano, ove più favorevoli, in luogo di quanto disposto dalla
previgente disciplina sui costi da reato (art. 14, comma 4-bis, legge 24
dicembre 1993, n. 537 nella formulazione precedente), anche per fatti, atti o
attività posti in essere prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni,
facendo comunque salva l’ipotesi in cui i provvedimenti emessi in base alla
vecchia disciplina si siano resi definitivi.
Sulle predette norme si è espressa l’Agenzia delle entrate, con la circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, nella quale ha chiarito che il D.L. n. 16/2012 ha introdotto
una serie di disposizioni modificative di quanto già previsto dalla legge n.
537/1993 quali:
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
l’indeducibilità dei costi in relazione ai delitti non colposi laddove gli stessi
siano in diretta connessione con il reato commesso;
 l’applicabilità di una sanzione specifica in relazione ai costi per operazioni
oggettivamente inesistenti;
 l’introduzione di una disciplina transitoria in relazione a quegli atti che non si
sono resi definitivi alla data del 2 marzo 2012 (data di entrata in vigore delle
nuove norme).
Nel commentare le nuove disposizioni, nella circolare si afferma che il legislatore,
con esse, ha voluto definire in modo chiaro come l’indeducibilità in esame si applica solo per i costi e le spese direttamente utilizzati per la commissione dei soli
delitti, con la conseguenza di escludere che l’indeducibilità colpisca, anche i costi
direttamente utilizzati per la commissione di reati contravvenzionali.
In particolare, la nuova disciplina riguarda i soli delitti non colposi, mentre fa salva la deducibilità degli oneri correlati al compimento dei delitti colposi: pertanto,
non sono da considerare come indeducibili (e, quindi, possono essere dedotti) i
costi esposti in fatture oggettivamente inesistenti; infatti, secondo l’Agenzia, nel
caso di utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, i costi esposti
su tali documenti, in quanto non sostenuti al fine di acquisire beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto,
non rilevano ai fini dell’applicazione della norma.
Gli altri punti che sono approfonditi nella circolare riguardano i seguenti aspetti:
 ai fini amministrativi, la contestazione di indeducibilità è subordinata
all’esercizio dell’azione penale;
 il contribuente può operare direttamente le variazioni in aumento nella
dichiarazione al fine di evitare l’accertamento e questo comportamento può
essere seguito accedendo alle disposizioni di cui all’art. 2, comma 8, del
D.P.R. n. 322/1998 e, dunque, entro i termini dell’accertamento stesso;
 l’indeducibilità di elementi passivi direttamente utilizzati per un’attività
delittuosa non colposa può configurare uno dei delitti dichiarativi previsti dal
D.Lgs. n. 74/2000;
 in caso di assoluzione, al contribuente spetta il rimborso delle sanzioni
eventualmente corrisposte anche laddove sia stata integrata la dichiarazione
originaria attraverso, ad esempio, il ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del
D.Lgs. n. 472/1997;
 il rimborso compete anche nel caso in cui il contribuente abbia definito la
pretesa secondo i diversi istituti definitori.
Un ulteriore importante chiarimento riguarda la decorrenza delle disposizioni del
D.L. n. 16/2012: nella circolare si afferma che esse operano per quegli atti che
non si sono ancora resi definitivi all’entrata in vigore delle nuove disposizioni.
Comunque, è necessario effettuare un confronto caso per caso tra la vecchia e la
nuova disciplina al fine di giungere alla valutazione sulla norma più conveniente.
Sulla stessa tematica si è espressa, da ultimo, l’Assonime con la circolare n. 25 del
28 settembre 2012.
Tra l’altro, l’Assonime rimarca come la circolare n. 32/E del 3 agosto 2012
dell’Agenzia delle entrate conferma che nell’ipotesi di una attività totalmente ille-
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FISCO 2014
IRPEF – ASPETTI GENERALI
cita tutti i costi effettivi strumentali al suo esercizio sono considerati indeducibili,
ivi compresi quei casi in cui l’illiceità deriva, ad esempio, da attività esercitate in
assenza di licenze di commercio e simili (ovviamente, sempreché si tratti “di atti o
attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero
abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il
decreto che dispone il giudizio […] ovvero sentenza di non luogo a procedere”
per prescrizione del reato”). Si tratta, secondo l’Associazione, di una lettura alquanto penalizzante, “non apparendo conforme ai principi costituzionali che una
attività imprenditoriale o professionale, per quanto illecita, debba essere assoggettata a tassazione sulla base non del reddito ma dei proventi lordi e subire
un’imposizione che, diversamente da quanto accade per le attività imprenditoriali
lecite, non trova corrispondenza alcuna nella propria capacità contributiva”.
Inoltre, la circolare Assonime, partendo dall’assunto che la locuzione “non sono
ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto
non colposo” è di stretta interpretazione, “tale da attrarre nel regime di indeducibilità i soli costi sostenuti per commettere il reato”, esamina il passaggio della citata circolare n. 32/E delle entrate, nella quale l’Agenzia precisa, invece, che nei
casi in cui risultino criminosi singoli atti in cui si esplica l’attività d’impresa,
l’indeducibilità potrà essere contestata “con riguardo alla quota dei componenti
negativi afferenti all’ordinaria attività d’impresa che abbiano avuto un rapporto di
strumentalità con la commissione del reato, seppur sostenuti non esclusivamente
per il compimento dello stesso”, ivi compresi, quindi, “interessi passivi, accantonamenti, sopravvenienze passive, ammortamenti, minusvalenze e così via”, se
correlati al compimento del delitto.
L’Assonime mette in evidenza come l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, includendo nella indeducibilità anche costi “strumentali” o “correlati”
all’attività illecita, finirebbe con il recuperare un’accezione ampia della norma in
esame che, secondo l’Associazione, il legislatore ha cercato di superare modificando, con il D.L. n. 16/2012, il comma 4-bis dell’art. 14 della legge n. 537/1993.
2. Momento impositivo
I redditi sono assoggettati a tassazione utilizzando i seguenti criteri per stabilire il
momento in cui il reddito diviene disponibile e, quindi, imponibile:
 cassa;
 competenza;
 titolarità.
CRITERIO
MODALITÀ DI FUNZIONAMENTO
Cassa
I redditi sono disponibili (e, quindi, Redditi di lavoro dipendente
imponibili) al momento della loro per- Redditi di lavoro autonomo
cezione
Redditi di capitale (*)
Redditi diversi (*)
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TIPI DI REDDITO ASSOGGETTATI
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
CRITERIO
MODALITÀ DI FUNZIONAMENTO
TIPI DI REDDITO ASSOGGETTATI
Competenza
I redditi sono imponibili in base alla Redditi d’impresa
loro competenza economica, a prescindere dalla loro effettiva percezione
Titolarità
Si tiene conto della mera disponibilità Redditi fondiari
del bene in base alla proprietà del medesimo o ad un altro diritto reale, a
prescindere dalla percezione
Nota:
(*) Salva l’applicazione del regime del risparmio gestito.
3. Redditi di fonte estera
Il presupposto oggettivo di tassazione prescinde dalla provenienza del reddito,
per cui, se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di fonte
estera, questi sono tassati in Italia, fatta salva l’applicazione delle Convenzioni
internazionali contro le doppie imposizioni.
Qualora il reddito di fonte estera venga tassato in Italia e, nel contempo, abbia
subito l’imposizione fiscale anche nel Paese di provenienza, è possibile detrarre
dall’imposta lorda in Italia un credito d’imposta, commisurato alle imposte definitivamente pagate all’estero, da determinarsi sulla base delle condizioni previste
dall’art. 165, D.P.R. n. 917/1986.
Per maggiori dettagli sul credito d’imposta si rimanda all’apposito paragrafo.
4. Base imponibile
Definiti i presupposti oggettivi e soggettivi di tassazione, la base imponibile su
cui applicare l’imposta è costituita dal reddito complessivo prodotto dal contribuente nel periodo d’imposta.
5. Reddito complessivo (art. 8, comma 1, D.P.R. n. 917/1986)
Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che
concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali in contabilità semplificata di cui all’art. 66 D.P.R. n.
917/1986 e quelle derivanti dall’esercizio di arti e professioni.
Non concorrono a formare il reddito complessivo i compensi non ammessi in
deduzione ai sensi dell’art. 60 del TUIR.
Pertanto, il reddito può essere negativo, nel caso in cui le eventuali perdite superino i redditi.
Le perdite delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice di cui
all’art. 5, D.P.R. n. 917/1986, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni di cui allo stesso art. derivanti dall’esercizio di arti e professioni, si sottraggono per ciascun socio o associato nella proporzione stabilita dall’art. 5.
Le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla
partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova
capienza in essi. Tale regola non si applica per le perdite determinate a norma
dell’art. 66, D.P.R. n. 917/1986.
Si applicano le disposizioni del comma 2 dell’art. 84 (valide per i soggetti IRES) e,
limitatamente alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quelle di
cui al comma 3 del citato art. 84.
6. Periodo d’imposta (art. 7, D.P.R. n. 917/1986)
Con riferimento a ciascun periodo d’imposta, l’imposta è dovuta per anni solari, a
ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma. In ciascun
periodo d’imposta, pertanto, devono essere imputati i redditi complessivi prodotti
dal contribuente.
Attenzione
I redditi vanno attribuiti all’intero anno solare, secondo le regole proprie della categoria
di appartenenza, anche se il tempo occorso per la loro produzione è stato inferiore
all’anno e anche in caso di nascita o decesso del contribuente nel corso dell’anno (R.M.
3 luglio 1975, n. 2/332).
7. Determinazione dei redditi (art. 9, D.P.R. n. 917/1986)
I redditi (e le perdite) che concorrono a formare il reddito complessivo sono determinati distintamente per ciascuna categoria.
In sostanza, quindi, per ogni singola categoria reddituale sono previsti autonomi
criteri di determinazione della base imponibile e il reddito complessivo è costituito dalla somma algebrica di tutti i redditi prodotti dalla persona fisica.
Costituiscono redditi della stessa categoria di quelli cui si riferiscono:
 i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione
dei relativi crediti;
 le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di
danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità
permanente o da morte;
 gli interessi moratori e interessi per dilazione di pagamento;
 i proventi derivanti da fatti, atti o attività illecite.
Come accennato, in linea generale, il reddito complessivo di un soggetto è sempre
la risultante di redditi di diverso tipo. Tuttavia, mentre per le persone fisiche e
per gli enti non commerciali il reddito complessivo è determinato dalla
somma algebrica di tutti i redditi, per le società e gli enti commerciali dotati di personalità giuridica il reddito complessivo, da qualsiasi fonte provenga,
è considerato reddito di impresa. Conseguentemente, per le società e gli enti
commerciali, le singole categorie reddituali concorrono alla formazione del reddito complessivo, determinato secondo i criteri e le regole proprie del reddito di
impresa. In altre parole, gli altri redditi perdono la loro autonomia, essendo attratti nel reddito di impresa.
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
8. Criteri di valutazione (art. 9, D.P.R. n. 917/1986)
Accanto ai normali criteri di valutazione dei redditi, la legge stabilisce alcuni principi generali di valutazione, applicabili quando le componenti di reddito non sono
costituite da moneta corrente.
8.1. Valutazione dei beni in natura
I corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in natura sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti.
Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato
per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in
cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel
luogo più prossimi.
Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai
listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi, si fa riferimento ai provvedimenti in vigore.
8.2. Valutazione di proventi ed oneri in valuta estera
Per la determinazione dei redditi e delle perdite i corrispettivi, i proventi, le spese
e gli oneri in valuta estera sono valutati:
 secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del
giorno antecedente più prossimo;
 in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o
sostenuti.
I redditi in natura sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da
cui sono costituiti. In caso di conferimenti o apporti in società o in altri enti, si
considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti.
Se le azioni o i titoli ricevuti sono negoziati in mercati regolamentati italiani o
esteri e il conferimento o l’apporto è proporzionale, il corrispettivo non può essere inferiore al valore normale determinato in base a quanto precisato nel paragrafo precedente.
8.3. Valutazione dei titoli
Il valore normale dei titoli è determinato:
a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati
nell’ultimo mese;
b) per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o
quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le
società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti;
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
c) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b),
comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche,
negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad
altri elementi determinabili in modo obiettivo.
9. Scomputo degli acconti (art. 22, D.P.R. n. 917/1986)
E’ previsto lo scomputo del credito per le imposte pagate all’estero, secondo le
modalità di cui all’art. 165.
Allo stesso modo occorre comportarsi per le ritenute operate dopo la dichiarazione e per quelle operate sui redditi delle società e degli altri soggetti indicati
nell’art. 5 e per i soggetti che esercitano l’opzione per la tassazione per trasparenza, ai sensi dell’art. 115.
Se l’ammontare dei versamenti e delle ritenute supera quello dell’imposta netta sul
reddito complessivo, il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare
l’eccedenza in diminuzione dell’imposta del periodo d’imposta successivo o di
chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi.
10. Redditi esclusi (art. 3, comma 3, D.P.R. n. 917/1986)
Non sono assoggettati a imposta:
 i redditi dichiarati esenti, quali, ad esempio, le pensioni di guerra, alcune borse
di studio, i compensi percepiti dai componenti dei seggi elettorali per le
consultazioni politiche, amministrative, europee e per i referendum, in Italia e
all’estero (legge 21 marzo 1990, n. 53);
 i redditi soggetti a imposta sostitutiva;
 gli assegni periodici spettanti al coniuge risultanti da provvedimenti
dell’autorità giudiziaria, conseguiti in caso di separazione legale ed effettiva, o
in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, destinati al
mantenimento dei figli anche naturali (circolare Agenzia entrate 13 maggio
2011, n. 20/E);
 gli assegni familiari e le somme sostitutive o integrative;
 la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista per i soggetti
ultrasessantacinquenni con redditi minimi (art. 1, legge 29 dicembre 1988, n.
544);
 le somme corrisposte a titolo di borsa di studio dal Governo italiano a
cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali (art. 1, comma
336, legge 27 dicembre 2006, n. 296).
11. Redditi in sostituzione e indennità risarcitorie
I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche a seguito della cessazione
del credito relativo, e le indennità, anche assicurative, conseguite a titolo di risarcimento danni, consistenti nella perdita di redditi, sono equiparate ai redditi sostituiti.
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
12. Redditi detenuti in Paesi black list (art. 12, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102)
Facendo seguito alle intese raggiunte tra gli Stati aderenti alla Organizzazione per
la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, allo scopo
di migliorare l’attuale insoddisfacente livello di trasparenza fiscale e di scambio di
informazioni, nonché di incrementare la cooperazione amministrativa tra Stati è
stata emanata una disposizione che prevede una presunzione relativa riguardo alla
tassazione in Italia di investimenti e attività finanziarie detenute in Paesi black list.
Infatti, è previsto che, derogando ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime
fiscale privilegiato (Paesi black list per le persone fisiche di cui al D.M. 4 maggio
1999 e Paesi black list per le CFC di cui al D.M. 21 novembre 2001), senza tener
conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di monitoraggio
fiscale (e cioè di compilazione del modulo RW di UNICO), ai soli fini fiscali si
presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione.
In tale caso, le sanzioni previste dall’art. 1, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, sono
raddoppiate.
In altre parole, si vuole punire i fenomeni di illecito trasferimento da, verso e
sull’estero che interessano gli investimenti all’estero e le attività estere di natura
finanziaria detenute, violando gli obblighi di segnalazione nel modulo RW, dalle
persone fisiche, dagli enti non commerciali e dalle società semplici ed equiparate
ai sensi dell’art. 5 del TUIR, fiscalmente residenti in Italia.
Va inoltre ricordato che, in caso di applicazione della predetta presunzione, i termini di accertamento sono raddoppiati (art. 1, comma 3, D.L. 30 dicembre 2009,
n. 194 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25).
Determinazione dell’imposta
L’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli
oneri deducibili indicati nell’art. 10, D.P.R. n. 917/1986, le relative aliquote per
scaglioni di reddito.
L’imposta netta è determinata operando sull’imposta lorda, fino alla concorrenza
del suo ammontare, le detrazioni previste negli artt. 12 (carichi di famiglia), 13
(detrazioni per lavoro), 15 e 16 (altre detrazioni per oneri e spese), D.P.R. n.
917/1986, nonché in altre disposizioni di legge.
Dall’imposta netta si detrae l’ammontare dei crediti d’imposta spettanti al contribuente a norma dell’art. 165, D.P.R. n. 917/1986. Se l’ammontare dei crediti
d’imposta è superiore a quello dell’imposta netta il contribuente ha diritto, a
sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al
periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione
dei redditi.
Pertanto, sintetizzando, la determinazione dell’IRPEF avviene nel seguente modo:
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FISCO 2014
IRPEF – ASPETTI GENERALI
REDDITO COMPLESSIVO
Oneri deducibili
Perdite anni precedenti deducibili
=
REDDITO IMPONIBILE
Aliquote IRPEF
*
=
IMPOSTA LORDA
Detrazioni per carichi di famiglia
Detrazioni per redditi di lavoro
Altre detrazioni d’imposta per spese
Crediti d’imposta
Ritenute d’acconto
IMPOSTA NETTA
=
Oneri deducibili
1. Regole generali; 2. Principali oneri deducibili (art. 10, D.P.R. n. 917/1986); 3. Contributi previdenziali obbligatori e facoltativi; 4. Contributi per previdenza complementare; 5. Fondi sanitari integrativi; 6. Erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose;
7. Contributi per Paesi in via di sviluppo; 8. Spese mediche e di assistenza per portatori di handicap; 9. Assegni periodici; 10. Altri oneri deducibili
1. Regole generali
Nella determinazione del reddito imponibile, a parte le spese specifiche per ogni
tipologia di reddito, esistono alcuni oneri e spese che possono essere dedotti
dal reddito complessivo, a prescindere dalla composizione del reddito stesso.
Affinché l’onere sia deducibile o detraibile, occorre che vengano rispettate alcune
condizioni:
 deve rientrare tra quelli previsti dalla legge, in quanto esiste una elencazione
tassativa;
 il contribuente deve avere effettivamente sostenuto la spesa nel corso
dell’anno d’imposta, in applicazione del principio di cassa e questa deve
essere rimasta a suo carico. Per alcuni oneri è prevista la possibilità di essere
deducibili o detraibili anche se sostenuti nell’interesse di persone
fiscalmente a carico del contribuente;
 deve risultare da apposita documentazione (fattura, ricevuta, ecc.).
Attenzione
In genere, le spese sostenute per soggetti non a carico (ad eccezione delle spese sanitarie sostenute per familiari affetti da gravi patologie e delle spese mediche e di assistenza specifica per portatori di handicap) non sono deducibili né per la persona che ha sostenuto l’onere né per quella che ha beneficiato della prestazione (C.M. 14 giugno 2001,
n. 55/E).
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
2. Principali oneri deducibili (art. 10, D.P.R. n. 917/1986)
I principali oneri deducibili dalla base imponibile sono:
ONERI E SPESE
DEDUCIBILITÀ
ANCHE PER
SOGGETTI
FISCALMENTE
A CARICO
Contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori e facoltativi
SI
Contributi per previdenza complementare
SI
Contributi a fondi sanitari integrativi
SI
Erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose
NO
Contributi per Paesi in via di sviluppo
NO
Spese mediche e di assistenza per portatori di handicap
SI (*)
Assegni periodici
NO
Somme restituite a chi le ha erogate
NO
Oneri fondiari
NO
Indennità per la perdita di avviamento
NO
Compensi dati ai dipendenti che hanno svolto funzioni elettorali
NO
Donazioni di immobili vincolati
NO
Spese sostenute per l’adozione internazionale
NO
Spese sostenute per la gestione di micro-asili e nidi nei luoghi di lavoro
NO
(*) Possono essere dedotti anche in caso di soggetto non a carico
3. Contributi previdenziali obbligatori e facoltativi
Sono deducibili i contributi previdenziali e assistenziali versati a seguito di disposizioni imperative di legge, la cui inosservanza dà luogo a sanzioni dirette o indirette.
Nel caso in cui i contributi siano corrisposti per conto di altri, se la legge prevede
il diritto di rivalsa, la deduzione compete alle persone per conto delle quali i contributi sono versati.
Inoltre, i contributi sono deducibili anche se sono stati sostenuti per le persone
indicate nell’art. 433 c.c., se fiscalmente a carico.
Costituisce onere deducibile, in quanto obbligatorio, il contributo INPS, di cui
alla legge n. 335/1995, versato dagli iscritti alla Gestione separata INPS.
Sono, inoltre, deducibili i contributi previdenziali volontari pagati in base a
contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2001. Per i contratti stipulati fino al 31
dicembre 2000, è prevista la detraibilità degli importi versati sino ad un ammontare massimo pari a euro 1.291,14.
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
La legge di riforma del welfare (art. 1, comma 77, legge 24 dicembre 2007, n. 247) ha
introdotto infine, specifiche regole per il riscatto dei corsi universitari di studio.
In particolare è previsto che, per le domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008, gli oneri da riscatto per periodi in relazione ai quali trova applicazione
il sistema retributivo ovvero contributivo possono essere versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in 120 rate mensili senza
l’applicazione di interessi per la rateizzazione.
La disposizione in questione, accrescendo il numero delle rate ed escludendo
l’applicazione di interessi, introduce una disciplina di favore per chi vuole riscattare il corso di laurea; resta peraltro confermata la possibilità che l’interessato eserciti la facoltà di estinguere il debito anche in un numero minore di rate e comunque senza applicazione di interessi.
Il pagamento rateale non può essere richiesto dai pensionati; inoltre, il pensionamento implica la decadenza dal beneficio della rateizzazione eventualmente in
corso, con conseguente obbligo di pagamento del capitale residuo in unica soluzione.
Una ulteriore importante disposizione riguarda la possibilità di esercitare il riscatto anche dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che
non abbiano iniziato l’attività lavorativa.
La disposizione in esame si riferisce a coloro che, al momento della domanda,
non risultino essere stati mai iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza,
inclusa la Gestione Separata INPS.
Ne consegue che in tutti i casi di pregressa iscrizione ed anche se, all’atto della
presentazione della domanda, l’interessato risulti “non iscritto” ad alcuna gestione
previdenziale, troveranno invece applicazione le disposizioni di carattere generale
che disciplinano la materia.
Dal punto di vista fiscale è previsto la possibilità, per l’interessato, di dedurre i
contributi versati per il riscatto.
Nel caso in cui l’interessato non abbia un reddito personale, i contributi possono
essere detratti, nella misura del 19% dell’importo stesso, dall’imposta dovuta dai
soggetti di cui l’interessato risulti fiscalmente a carico.
Casi particolari
1. I contributi, obbligatori e facoltativi, versati da imprenditori e lavoratori autonomi,
non sono deducibili dal singolo reddito, ma dal reddito complessivo, poiché sono a vantaggio della persona e non costituiscono costo di produzione di alcun reddito (R.M. 8
marzo 2002, n. 79/E). La Corte di cassazione si è espressa in senso contrario, ritenendo
costi professionali i contributi versati dai professionisti (Cass. 26 febbraio 2001, n.
2871). Va comunque ricordato che tale regola non si applica in caso di imprenditori e lavoratori autonomi che hanno optato, a partire dal 1° gennaio 2008, per il regime agevolato dei contribuenti minimi (legge n. 244/2007, art. 1, commi 96-117). Per tali soggetti, i
contributi previdenziali obbligatori si deducono dal reddito d’impresa/lavoro autonomo
e solo l’eventuale eccedenza va portata in deduzione dal reddito complessivo (circolare
21 dicembre 2007, n. 73/E).
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
2. Sono deducibili i contributi sanitari obbligatori, compresi quelli versati con il premio di
assicurazione RC per i veicoli e mezzi agricoli, indipendentemente dalla titolarità giuridica del veicolo (C.M. 14 giugno 2001, n. 55/E). Sul punto si segnala che, a partire dal
periodo d’imposta 2012, la suddetta deduzione si applica solo sulla parte che eccede 40
euro (art. 4, comma 76, legge 28 giugno 2012, n. 92, c.d. riforma del lavoro Fornero).
Inoltre, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2014, il
contributo SSN diviene interamente indeducibile, sia ai fini delle imposte sui redditi sia
ai fini dell’IRAP (art. 12, comma 2-bis D.L. n. 102/2013).
3. Sono deducibili i premi INAIL a carico dei collaboratori coordinati e continuativi (C.M.
14 giugno 2001, n. 55/E), nonché quelli dovuti dalle casalinghe (C.M. 7 giugno 2002, n.
48/E).
4. E’ possibile, per un professionista, dedurre i contributi previdenziali pagati con carta di
credito on-line nell’anno di imposta in cui è stata utilizzata la carta stessa, a prescindere dal
momento in cui l’importo versato è addebitato sul suo conto corrente (risoluzione 23
aprile 2007, n. 77/E).
5. I contributi previdenziali dovuti dal contribuente defunto possono essere portati in de-
duzione nella dichiarazione dei redditi del coniuge superstite che ha provveduto al versamento per ottenere la pensione di reversibilità (risoluzione 28 aprile 2009, n. 114/E).
6. In caso di conferimento di assegni per la collaborazione ad attività ricerca di cui all’art.
51, comma 6, legge n. 449/1997, non sono deducibili, da parte del titolare dell’assegno di
ricerca, ovvero del familiare di cui sia fiscalmente a carico, i contributi previdenziali a suo
carico, trattenuti e versati all’INPS dall’ente di ricerca (circolare 13 maggio 2011, n.
20/E).
7. Le prestazioni occasionali rese nell’ambito di lavori domestici in base all’art. 70 del
D.Lgs. n. 276/2003, pur non riferibili alla legge sul rapporto di lavoro domestico, sono
da ricomprendere tra quelle rese dagli addetti ai servizi domestici di cui all’art. 10, comma
2, del TUIR, attesa peraltro anche la comune finalità delle disposizioni in esame di far
emergere prestazioni rese in forma irregolare (circolare 1° giugno 2012, n. 19/E).
4. Contributi per previdenza complementare
Sono deducibili i contributi versati dai lavoratori dipendenti, autonomi e dagli imprenditori a forme pensionistiche complementari di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993,
n. 124 e al D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti
dall’art. 8 del medesimo D.Lgs. n. 252/2005.
Alle medesime condizioni ed entro gli stessi limiti sono deducibili i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri
dell’Unione Europea negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e
delle finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis, D.P.R. n. 917/1986.
I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente sono
deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore a 5.164,57
euro. Ai lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore
del decreto e, limitatamente ai primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito – nei 20 anni successivi al quinto anno di partecipazione – dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di
5.164,57 euro, pari alla differenza positiva tra 25.822,85 euro e i contributi effetti22
FISCO 2014
IRPEF – ASPETTI GENERALI
vamente versati nei primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche e,
comunque, per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui.
Ai fini del computo del predetto limite di 5.164,57 euro si tiene conto anche delle
quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all’art. 105,
comma 1, D.P.R. n. 917/1986.
Per la parte dei contributi versati che non hanno fruito della deduzione, compresi
quelli eccedenti il suddetto ammontare, il contribuente comunica alla forma pensionistica complementare, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in
cui è stato effettuato il versamento, ovvero, se antecedente, alla data in cui sorge il
diritto alla prestazione, l’importo non dedotto o che non sarà dedotto nella dichiarazione dei redditi.
Per i contributi versati nell’interesse di familiari a carico, spetta al soggetto nei
confronti del quale dette persone sono a carico la deduzione per l’ammontare non
dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivo di 5.164,57
euro.
Per maggiori approfondimenti si rimanda al paragrafo dedicato al reddito di lavoro dipendente.
5. Fondi sanitari integrativi
Sono deducibili i contributi versati, fino ad un massimo di 3.615,20 euro, ai
fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell’art.
9, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, che erogano prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministro della salute.
Ai fini del calcolo del predetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. a), D.P.R. n. 917/1986.
Per i contributi versati nell’interesse delle persone a carico indicate nell’art. 12,
D.P.R. n. 917/1986, che si trovino nelle condizioni ivi previste, la deduzione spetta per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo
complessivamente stabilito.
6. Erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose
Sono indicate come tali le erogazioni liberali in denaro a favore di:
 Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana;
 Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 78 giorno;
 Ente morale Assemblee di Dio in Italia;
 Tavola valdese;
 Unione Cristiana Evangelica Battista le Chiese e gli enti aventi parte
nell’UCEBI;
 Chiesa Evangelica Luterana in Italia e le Comunità ad essa collegate;
 Comunità ebraiche e Unione delle Comunità ebraiche italiane;
 Unione Buddhista Italiana e gli organismi civilmente riconosciuti da essa
rappresentati, per il sostentamento dei ministri di culto e le attività di
religione o di culto;
FISCO 2014
23
IRPEF – ASPETTI GENERALI

Unione Induista Italiana e gli organismi civilmente riconosciuti da essa
rappresentati, per il sostentamento dei ministri di culto, le esigenze di culto e
le attività di religione o di culto.
Ognuna delle erogazioni indicate è deducibile fino ad un importo di 1.032,91
euro.
Il decreto del Ministro delle finanze del 12 dicembre 1988 ha precisato che i
contributi a favore dell’Istituto, per poter essere dedotti, devono essere documentati da:
 bollettino di versamento in conto corrente postale;
 quietanza liberatoria redatta su appositi stampati dell’Istituto;
 in caso di bonifico bancario a favore dell’ente, ricevuta rilasciata dall’azienda
di credito al cliente che attesti l’accredito dell’importo erogato.
Le erogazioni all’Istituto per il sostentamento del clero possono essere effettuate anche con carta di credito in analogia a quanto disposto per le ONLUS e le associazioni
di promozione sociale. I contributi possono essere versati in banca, presso l’ufficio
postale, e con le modalità di pagamento previste dall’art. 23, D.Lgs. n. 241/1997 quali
carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari.
I contribuenti devono conservare le ricevute dei versamenti relativi alle suddette erogazioni. Inoltre, chi effettua versamenti a titolo di liberalità alla Chiesa o a ONLUS
mediante carta di credito deve conservare l’estratto conto ed esibirlo in caso di controllo della dichiarazione dei redditi (risoluzione 3 agosto 2009, n. 199/E).
7. Contributi per Paesi in via di sviluppo
Sono deducibili, nella misura massima del 2% del reddito complessivo, le donazioni a favore di organizzazioni non governative, purché riconosciute dal Ministero degli esteri, in aiuto dei Paesi in via di sviluppo.
Anche in tal caso, le somme versate devono risultare da apposite quietanze, rilasciate dalle organizzazioni destinatarie o dalle ricevute di versamento (ad esempio,
c/c postale o bonifico bancario).
8. Spese mediche e di assistenza per portatori di handicap
E’ possibile dedurre le spese mediche generiche e quelle di assistenza specifica,
sostenute dai portatori di handicap riconosciuti ai sensi degli artt. 3 e 4, legge n.
104/1992, indipendentemente dal fatto che fruiscano o meno dell’assegno di accompagnamento.
In caso di ricovero in un istituto di assistenza, è possibile portare in deduzione
solo la parte di retta pagata che riguarda le spese mediche e quelle paramediche di
assistenza specifica. A tal fine, è necessario che le stesse risultino separatamente
indicate nella documentazione rilasciata dall’istituto.
Questa categoria di spese è deducibile, anche se le stesse sono sostenute per i familiari indicati nell’art. 433 c.c. non fiscalmente a carico.
Se si tratta di spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche, per protesi dentarie
e sanitarie e per i mezzi di deambulazione, sostenute dai soggetti portatori di handicap, tali spese costituiscono oneri detraibili dall’imposta.
24
FISCO 2014
IRPEF – ASPETTI GENERALI
Si ricorda, che l’art. 1, commi 36 e 37, legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha previsto che le agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti di cui all’art. 3, legge 5 febbraio 1992, n.
104, con ridotte o impedite capacità motorie, sono riconosciute a condizione
che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei
predetti soggetti.
In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali
l’acquirente ha usufruito dei benefici fiscali prima del decorso del termine di due
anni dall’acquisto, è dovuta la differenza fra l’imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione delle agevolazioni stesse. La disposizione non si applica per i disabili che, in seguito a mutate necessità dovute al proprio handicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare
nuovi e diversi adattamenti.
8.1. Dimostrazione del sostenimento della spesa per farmaci
Ai fini della detrazione, la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve
essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale
del destinatario.
Per maggiori dettagli si rimanda al paragrafo dedicato alle spese detraibili.
Precisazioni
Le prestazioni di ippoterapia e musicoterapia possono essere ammesse alla deduzione
qualora: un medico ne attesti la necessità per la cura della patologia di cui è affetto il portatore di handicap e siano eseguite in centri specializzati direttamente da personale medico o sanitario specializzato (psicoterapeuta, fisioterapista, psicologo, terapista della riabilitazione, ecc.), ovvero sotto la loro direzione e responsabilità tecnica. Per poter fruire della deduzione è quindi necessario presentare la prescrizione del medico e la fattura del
centro specializzato presso cui è eseguita l’ippoterapia o la musicoterapia dalla quale risulti che le prestazioni sono direttamente effettuate da personale medico o sanitario specializzato ovvero sotto la loro direzione e responsabilità tecnica (circolare 1° giugno 2012, n.
19/E).
9. Assegni periodici
Sono interamente deducibili dal reddito dell’erogante:
 gli assegni periodici corrisposti al coniuge, anche se residente all’estero,
ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di
separazione legale ed effettiva o di scioglimento o annullamento di
matrimonio o di divorzio, nella misura in cui risultino da provvedimenti
dell’autorità giudiziaria. L’assegno si considera per metà destinato al coniuge,
se il provvedimento non distingue la quota destinata al coniuge da quella
destinata ai figli. La separazione di fatto non comporta alcun obbligo legale di
corrispondere gli assegni; pertanto, gli assegni corrisposti volontariamente
non danno diritto ad alcuna deduzione; si precisa che, in base a quanto
previsto dall’art. 1, comma 63, legge 27 dicembre 2006, n. 296, i soggetti che
FISCO 2014
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
deducono dal reddito complessivo le somme per assegni periodici corrisposti
al coniuge, devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del
soggetto beneficiario delle somme;
 gli assegni periodici, quali rendite e vitalizi, corrisposti in forza di
testamento o di donazione modale e nella misura in cui risultano da
provvedimenti dell’autorità giudiziaria;
 gli assegni alimentari corrisposti ai familiari indicati nell’art. 433 del c.c. e,
precisamente: il coniuge, i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, i
discendenti prossimi, anche naturali; i genitori, gli ascendenti prossimi, anche
naturali; gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le
sorelle germani o unilaterali.
Va ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza 14 novembre 2008, n.
373, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10,
comma 1, lett. c), del TUIR, relativo all’indeducibilità degli assegni periodici corrisposti al coniuge per il mantenimento dei figli.
Secondo la Consulta l’assegno alimentare, dal punto di vista quantitativo è un minus rispetto a quello di mantenimento, ed è pertanto erroneo ritenere che debbano avere il medesimo trattamento fiscale.
L’obbligo di mantenimento è, infatti, espressione del dovere di solidarietà familiare sancito dall’art. 30 Cost. ed assolve la funzione di consentire il pieno sviluppo
della personalità dei figli, l’obbligo alimentare sussiste, invece, solo ove non vi sia
obbligo di mantenimento ed assolve la diversa funzione di assistenza familiare, in
quanto è diretto esclusivamente ad ovviare allo stato di bisogno ed all’incapacità
dell’alimentando di farvi fronte.
10. Altri oneri deducibili
Possono essere dedotti dal reddito complessivo:
 le indennità per perdita dell’avviamento, corrisposte per disposizioni di
legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani
adibiti ad usi diversi da quello di abitazione;
 le somme corrisposte a dipendenti chiamati ad adempiere funzioni presso
gli uffici elettorali in ottemperanza alla legge;
 le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il
reddito in anni precedenti; con le modifiche apportate dalla legge di stabilità
2014 (art. 1, comma 174 legge 27 dicembre 2013, n. 147) viene stabilito che, a
decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, l’ammontare,
in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può
essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta
successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta
corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze;
 il 50% delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della
procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel Capo I del
Titolo III, legge 4 maggio 1983, n. 184;
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FISCO 2014
IRPEF – ASPETTI GENERALI

le erogazioni liberali in denaro per il pagamento degli oneri difensivi dei
soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche quando siano
eseguite da persone fisiche;
 il controvalore in denaro dei beni immobili vincolati di rilevante interesse
paesaggistico e ambientale donati allo Stato o ad altri enti previsti dalla legge
(legge n. 394/1991), allo scopo di assicurare la conservazione del bene. La
deduzione è consentita nel limite massimo del 25% del reddito imponibile;
 le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di università, fondazioni
universitarie e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca
pubblici, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione,
dell’università e della ricerca, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e
l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli
enti parco regionali e nazionali.
Come precisato con la circolare 19 agosto 2005, n. 39/E, tale deduzione, introdotta dall’art. 14, comma 7, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, riguarda le liberalità erogate a favore dei seguenti soggetti:
 università;
 fondazioni universitarie ex art. 59, comma 3, legge 23 dicembre 2000, n. 388,
regolamentate con il D.P.R. 24 maggio 2001, n. 254;
 istituzioni universitarie pubbliche;
 enti di ricerca pubblici;
 fondazioni e associazioni regolarmente riconosciute a norma del D.P.R. 10
febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la
promozione di attività di ricerca scientifica. Questi enti dovranno essere
individuati, però, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del
Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca;
 enti di ricerca privati, sottoposti a vigilanza da parte del Ministero
dell’istruzione e dell’università e della ricerca;
 Istituto superiore di sanità (ISS);
 Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL);
 enti parco regionali e nazionali.
Aliquote
1. Aliquote IRPEF (art. 11, D.P.R. n. 917/1986); 2. Esenzioni IRPEF; 3. Contributo
di solidarietà (art. 2, commi 1, 1-bis e 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138)
1. Aliquote IRPEF (art. 11, D.P.R. n. 917/1986)
Sul reddito imponibile si applicano le aliquote IRPEF che, attualmente, sono le
seguenti:
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
DA EURO
A EURO
ALIQUOTA
0,00
15.000,00
23%
15.000,01
28.000,00
27%
28.000,01
55.000,00
38%
55.000,01
75.000,00
41%
75.000,01
43%
2. Esenzioni IRPEF
2.1. Pensionati con redditi sino a 7.500 euro
L’art. 11, comma 2, D.P.R. n. 917/1986 prevede che l’IRPEF non è dovuta, qualora al reddito complessivo concorrano esclusivamente redditi di pensione
di importo non superiore a 7.500 euro, redditi di terreni di importo non superiore a 185,92 euro.
Il limite di pensione di 7.500 euro, come indicato dalla norma, deve essere riferito
all’intero anno.
Pertanto, in caso di possesso di redditi di pensione percepiti per un periodo inferiore all’anno, fermo restando la sussistenza delle altre condizioni richieste dalla
norma, l’esonero spetta solo se il reddito, rapportato all’intera annualità risulta
uguale o inferiore al predetto limite.
2.2. Redditi fondiari non superiori a 500 euro
Se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto redditi fondiari
di cui all’art. 25, D.P.R. n. 917/1986 di importo complessivo non superiore a
500 euro, l’imposta non è dovuta.
Tale disposizione, introdotta dall’art. 1, comma 13, legge 24 dicembre 2007, n.
244, si applica a decorrere dal periodo d’imposta 2007.
3. Contributo di solidarietà (art. 2, commi 1, 1-bis e 2, D.L. 13 agosto 2011,
n. 138)
In considerazione dell’eccezionalità della situazione economica internazionale e
tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza
pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 2011 e fino al 2013 (ma anche oltre, se la situazione economica lo richiede è stato istituito un contributo di
solidarietà, dovuto sul reddito complessivo IRPEF di importo superiore a 300.000
euro lordi annui, del 3% sulla parte eccedente il predetto importo.
Ai fini della verifica del superamento del limite di 300.000 euro rilevano anche i
redditi di lavoro dipendente dei dipendenti pubblici soggetti al contributo del 5%10%, al lordo della riduzione ivi prevista (art. 9, comma 2, D.L. n. 78/2010, convertito con modificazioni, nella legge n. 122/2010) e i trattamenti pensionistici
(c.d. “pensioni d’oro”) soggetti al contributo di solidarietà di analogo tenore al
lordo del contributo di perequazione (art. 18, comma 22-bis, D.L. n. 98/2011,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011).
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FISCO 2014
IRPEF – ASPETTI GENERALI
Va ricordato che la Corte costituzionale, con sentenza 8-11 ottobre 2012, n. 223
(pubblicata sulla G.U. 17 ottobre 2012, n. 41 - Prima serie speciale), ha dichiarato,
tra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, D.L. n. 78/2010; pertanto, tale norma non incide più ai fini della verifica del calcolo.
Il contributo di solidarietà, le cui modalità operative sono state rese note con il
D.M. 21 novembre 2011, non si applica sul reddito dei dipendenti pubblici e alle
c.d. pensioni d’oro soggetti ai contributi di cui sopra.
Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo prodotto nello
stesso periodo d’imposta ovvero in base al principio di competenza.
Nel caso di dipendenti, è il sostituto d’imposta a determinare l’ammontare del
contributo, in sede di conguaglio di fine anno, e a trattenerlo ai fini del versamento (entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la trattenuta).
Successivamente, la predetta disciplina ha subito alcune modifiche ad opera del
c.d. “decreto Monti” (art. 24, comma 31-bis, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201) al
fine di prevedere l’incremento del contributo di perequazione sui trattamenti
pensionistici più elevati ivi previsto, fissandolo al 15% per la parte eccedente i
200.000 euro.
Il contributo di solidarietà, pertanto, è stato rideterminato nel modo seguente:
 5% per gli importi da 90.000 a 150.000 euro;
 10% per gli importi da 150.000 a 200.000 euro;
 15% per gli importi oltre i 200.000 euro.
Per quanto riguarda i versamenti, con la risoluzione 9 gennaio 2012, n. 4/E sono
stati istituiti i seguenti codici tributo:
 versamento con modello F24: 1618 - Contributo di solidarietà di cui all’art. 2,
comma 2, D.L. n. 138/2011, trattenuto dal sostituto d’imposta a seguito delle
operazioni di conguaglio di fine anno;
 versamento con modello F24 Enti Pubblici: 145E - Contributo di solidarietà
di cui all’art. 2, comma 2, D.L. n. 138/2011, trattenuto dal sostituto d’imposta
a seguito delle operazioni di conguaglio di fine anno.
Come previsto per il saldo IRPEF, anche il contributo di solidarietà deve essere
versato entro il 16 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione. Non sono dovuti versamenti in acconto mentre è possibile anche avvalersi della compensazione e della rateizzazione fino al mese di novembre.
3.1. Bocciatura da parte della Corte costituzionale
Si segnala, comunque, che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 5 giugno 2013, ha stabilito che è incostituzionale la norma della manovra estiva del
2011 che impone il prelievo straordinario del 5-10% sulle pensioni oltre i 90-150
mila euro dal 2011 al 2014.
3.2. Contributo sulle pensioni d’oro
La legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 590 legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha
riproposto il contributo di solidarietà pari al 3% sulla parte eccedente il reddito
FISCO 2014
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
complessivo di 300.000 euro, introdotto dal D.L. n. 138/2011, per gli anni 2014,
2015 e 2016.
Tale contributo è deducibile ai fini Irpef e delle addizionali locali.
Detrazioni e deduzioni per familiari a carico
1. Definizione di familiari a carico; 2. Computo delle detrazioni; 3. Detrazioni per coniuge a carico; 4. Detrazione per figli a carico; 5. Detrazione per famiglie numerose
(art. 1, comma 15, legge 24 dicembre 2007, n. 244); 6. Detrazione per altre persone a
carico
1. Definizione di familiari a carico
Le detrazioni spettano per i “familiari a carico”. Si considerano a carico, i seguenti
soggetti:
 il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
 i figli, compresi quelli naturali riconosciuti;
 i figli adottivi e gli affidati o affiliati;
 i genitori, gli adottanti, i generi, le nuore, i suoceri, i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, che convivano con il contribuente o percepiscano assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria.
Lo status di familiare a carico è riconosciuto se nel corso dell’anno i predetti soggetti hanno posseduto un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al
lordo degli oneri deducibili, computando:
 le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze
diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica;
 il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva
in applicazione del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e
lavoratori in mobilità (vecchi “contribuenti minimi” di cui all’art. 27, commi 1
e 2 D.L. n. 98/2011);
 il reddito d’impresa e di lavoro autonomo soggetto ad imposta sostitutiva sulle nuove attività produttive (art. 13 Legge n. 388/2000);
 il reddito dei fabbricati assoggettato ad imposta sostitutiva sulle locazioni (c.d.
“cedolare secca”);
 la quota esente prevista per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in
zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi, nel caso in cui la prestazione venga
fornita in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da soggetti
residenti in Italia (c.d. “lavoratori frontalieri”).
Si ricorda che nel reddito complessivo va compreso anche il reddito dei fabbricati
assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni.
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FISCO 2014
IRPEF – ASPETTI GENERALI
2. Computo delle detrazioni
L’importo delle detrazioni deve essere rapportato ai mesi dell’anno per i quali i
familiari sono rimasti a carico e competono dal mese in cui si sono verificate a
quello in cui sono cessate le condizioni richieste.
Le detrazioni per coniuge e figli a carico spettano anche se questi risiedono
all’estero.
Esempio
Nel caso di matrimonio avvenuto il 21 ottobre, la detrazione per coniuge a carico spetta
per tre mesi.
3. Detrazioni per coniuge a carico
Per il coniuge a carico non legalmente ed effettivamente separato è prevista una
detrazione teorica variabile da zero a 800 euro secondo tre diverse modalità di determinazione dell’importo in concreto spettante, corrispondenti a tre classi di
reddito.
In particolare, è previsto che:
1) se il reddito complessivo non supera 15.000 euro, dalla imposta lorda si
detraggono 800 euro, diminuiti del prodotto tra 110 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra reddito complessivo e 15.000 euro.
Inoltre è previsto che:
 se il rapporto tra il reddito complessivo e 15.000 (Reddito
Complessivo/15.000) è uguale a “1”, la detrazione compete nella misura fissa
di 690 euro;
 se, invece, tale rapporto è uguale a “0” la detrazione non compete;
 negli altri casi e, quindi, nelle ipotesi in cui detto rapporto dia un risultato
compreso tra zero e uno, lo stesso va assunto considerando le prime quattro
cifre decimali.
Tale calcolo è espresso dalla seguente formula:
800 – [110 x (Reddito Complessivo / 15.000)]
Gli importi indicati dalla norma, di 800 e 110 euro, devono essere rapportati
al periodo in cui il coniuge è stato a carico;
2) se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 40.000 euro, dall’imposta lorda si detraggono 690 euro. Inoltre, la detrazione spettante
è aumentata di un importo che varia a seconda del reddito complessivo, nel
seguente modo:
REDDITO COMPLESSIVO
(IN EURO)
INCREMENTO DETRAZIONE
(IN EURO)
Da
A
29.000,01
29.200,01
34.700,01
35.000,01
35.100,01
29.200,00
34.700,00
35.000,00
35.100,00
35.200,00
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10
20
30
20
10
31
IRPEF – ASPETTI GENERALI
Il riferimento contenuto nella norma alla “detrazione spettante” implica che
gli importi aggiuntivi devono essere assunti nell’intero ammontare indicato
senza essere rapportati al periodo in cui il coniuge è stato a carico;
3) se il reddito complessivo è superiore a 40.000 euro ma non a 80.000 euro
dall’imposta lorda si detraggono 690 euro.
La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di
80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 40.000 euro.
Se il rapporto è uguale a “0”, non spetta alcuna detrazione. Per determinare la detrazione effettiva il risultato del rapporto deve essere considerato assumendo le
prime quattro cifre decimali.
Tale calcolo è espresso dalla seguente formula:
690 x [(80.000 – Reddito Complessivo) / 40.000]
4. Detrazione per figli a carico
A partire dal 1° gennaio 2013, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di
stabilità 2013 (art. 1, comma 483 legge n. 228/2012) dall’imposta lorda si detraggono per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli
affidati o affiliati, i seguenti importi teorici:
 950 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 800 euro);
 1.220 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 900 euro) per ciascun figlio di età
inferiore a tre anni.
Inoltre, la detrazione teorica è aumentata di un importo pari a:
 400 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 220 euro), per ogni figlio portatore
di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104;
 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo, per i contribuenti con più di
tre figli a carico.
Pertanto, la detrazione teorica sarà:
 1.620 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 1.120 euro) per un figlio minore
di tre anni portatore di handicap;
 1.820 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 1.320 euro), per un figlio minore
di tre anni portatore di handicap che sia a carico con altri tre fratelli.
Così come previsto in precedenza, le detrazioni per figli spettano a prescindere
dall’età del figlio e dalla convivenza di questo con i genitori, ferma restando la
sussistenza della condizione del limite di reddito.
Le detrazioni previste dalla norma sopra riportate sono solo teoriche in quanto,
per determinare gli importi effettivamente spettanti, occorre calcolare il rapporto
tra 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro e moltiplicarlo
per la detrazione teorica.
Pertanto, la formula è la seguente:
Detrazione teorica x (95.000 – Reddito Complessivo) / 95.000
In presenza di più figli l’importo di 95.000 euro è aumentato, sia al numeratore
che al denominatore del rapporto, per ogni figlio successivo al primo, di 15.000
euro.
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IRPEF – ASPETTI GENERALI
Ad esempio, in caso di due figli, l’importo di 95.000 euro è aumentato di 15.000
euro (110.000), nel caso di tre figli è aumentato di 30.000euro (125.000) e così via.
L’importo così aumentato deve essere considerato con riferimento a tutti i figli,
compreso il primo, e deve essere assunto interamente senza effettuare alcun ragguaglio al periodo in cui i figli sono a carico.
Occorre, invece, ragguagliare l’ammontare della detrazione teorica, eventualmente
maggiorato in ragione delle condizioni e del numero dei figli, con riferimento ai
mesi in cui il figlio è stato a carico e dell’eventuale ripartizione tra i genitori.
Inoltre, le detrazioni non competono se il rapporto è pari a zero o minore di zero
(reddito complessivo uguale o maggiore di 95.000 aumentato degli ulteriori importi riferiti al numero dei figli) ovvero quando il rapporto è uguale a uno (reddito
complessivo pari a zero). Negli altri casi, il risultato si assume nelle prime quattro
cifre decimali.
Le maggiorazioni spettanti in ragione del numero dei figli si applicano per l’intero
anno, a prescindere dal momento in cui si verifica l’evento che dà diritto alla
maggiorazione stessa.
Esempio di calcolo
Due figli interamente a carico di un solo genitore, con reddito complessivo pari a 20.000
euro, per 12 mesi, di cui il primo maggiore di tre anni e l’altro minore di tre anni.
Detrazioni teoriche: 950 (figlio maggiore di tre anni) + 1.220 (figlio minore di tre anni) =
2.070
Detrazione spettante: 2.170 x [(95.000 + 15.000) – 20.000] : [95.000 +15.000] = 1.775,28
4.1. Ripartizione della detrazione tra i genitori
Secondo le disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2007, diversamente da quanto
consentito in precedenza, i genitori non possono ripartire liberamente tra loro
la detrazione per figli a carico in base alla convenienza economica.
Per i genitori non legalmente ed effettivamente separati la detrazione per figli a
carico è ripartita, in via normativa, nella misura del 50% ciascuno.
Il criterio secondo cui la detrazione è attribuita ai genitori in eguale percentuale
può essere derogato nella sola ipotesi in cui i genitori stessi si accordino per attribuire l’intera detrazione a quello dei due che possiede il reddito complessivo di
ammontare più elevato.
Attraverso la previsione di tale accordo, il legislatore ha inteso, in linea di principio, evitare che, a causa dell’incapienza dell’imposta dovuta da uno dei genitori, il
nucleo familiare perda in tutto o in parte il beneficio fiscale previsto per i figli a
carico.
È possibile, tuttavia, dar corso all’accordo anche in assenza di tale condizione “di
incapienza” poiché la norma, nel consentire l’attribuzione dell’intera detrazione al
genitore con il maggior reddito, non vi fa espresso riferimento.
Per i genitori legalmente ed effettivamente separati ovvero in caso di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la ripartizione della detrazione tra i genitori è diversamente disciplinata a seconda che sia
stabilito o meno l’affidamento congiunto dei figli.
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