Aspetti generali - Libri Professionali
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IRPEF – ASPETTI GENERALI IRPEF Aspetti generali Soggetti passivi 1. Principi di tassazione; 2. Nozione di residenza (art. 2, D.P.R. n. 917/1986); 3. Soggetti non residenti; 4. Imputazione dei redditi nella famiglia; 5. Soci di società di persone (art. 5, D.P.R. n. 917/1986); 6. Eredi del contribuente; 7. Soggetti falliti; 8. Nudo proprietario e usufruttuario 1. Principi di tassazione L’IRPEF colpisce tutte le persone fisiche residenti e non nello Stato (art. 2, D.P.R. n. 917/1986). In particolare, la normativa interna italiana, in materia di principi di tassazione, è basata su due criteri: principio della “tassazione su base mondiale”; principio della “tassazione su base territoriale”. Il principio della “tassazione su base mondiale” (world-wide income taxation principle), applicato nei confronti dei soggetti residenti, serve a far sì che il soggetto, una volta qualificato come residente, sia assoggettato a tassazione su tutti i suoi redditi ovunque prodotti, per il solo fatto che questi sono riferibili al suddetto beneficiario. Il principio della “tassazione su base territoriale” o “principio della fonte” (principle of source) interviene, invece, nel caso in cui il soggetto venga qualificato come non residente e si fonda sul criterio dell’assoggettamento a tassazione in base alla localizzazione dei redditi nello Stato. Esistono eccezioni a tali regole, costituite dalle norme interne per evitare le doppie imposizioni (art. 165, D.P.R. n. 917/1986) e dalle disposizioni delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. 2. Nozione di residenza (art. 2, D.P.R. n. 917/1986) Al fine della tassazione, appare, di fondamentale importanza stabilire se il soggetto possa esse qualificato non residente, oppure se lo stesso, pur trovandosi all’estero, mantenga la residenza in Italia. Nel primo caso, infatti, come accennato, è soggetto a imposizione in Italia limitatamente ai redditi prodotti nel territorio dello Stato; nel secondo caso, invece, mantiene la soggettività anche per i redditi prodotti all’estero. Si considerano residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d’imposta, rispettano uno dei seguenti requisiti: risultano iscritte nelle anagrafi della popolazione residente nello Stato; hanno il domicilio nello Stato, cioè hanno stabilito la sede principale dei loro affari ed interessi, anche morali e sociali, nello Stato; FISCO 2014 3 IRPEF – ASPETTI GENERALI hanno la residenza nello Stato; hanno, dunque, in Italia la loro dimora abituale, cioè il luogo nel quale normalmente si trovano. Il criterio della maggior parte del periodo d’imposta è verificato, se il periodo di permanenza è di almeno 183 giorni, anche non continuativi. I predetti requisiti sono alternativi tra loro e non concorrenti: sarà sufficiente, pertanto, il verificarsi di uno solo di essi, affinché un soggetto venga considerato fiscalmente residente in Italia. Da ciò discende che l’avere stabilito il proprio domicilio civilistico in Italia ovvero l’avere fissato la propria residenza nel territorio dello Stato sono condizioni sufficienti per l’integrazione della fattispecie di residenza fiscale, indipendentemente dall’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente. Di converso, la sola iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente per la maggior parte del periodo d’imposta è, altresì, elemento di per sé sufficiente a determinare la soggettività passiva IRPEF dell’individuo. Inoltre, la cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e la conseguente iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non sono elementi che consentono di escludere il domicilio o la residenza nello Stato, in quanto questi ultimi sono criteri alternativi alle risultanze anagrafiche e sono desumibili con qualsiasi mezzo di prova. Per legittimare la pretesa tributaria nei confronti del contribuente che abbia provveduto alla cancellazione dai registri anagrafici e alla contestuale iscrizione all’AIRE, l’Amministrazione deve dimostrare che lo stesso abbia conservato comunque in Italia il centro dei suoi interessi e attività professionali, considerando l’irretroattività del comma 2-bis, art. 2, D.P.R. n. 917/1986 con cui è stato spostato sul contribuente l’onere di provare che il trasferimento in uno degli Stati con regime fiscale privilegiato è effettivo e non ispirato a fini elusivi (Cass., Sez. trib., 26 febbraio 2007, n. 4303). La semplice cancellazione dall’anagrafe della popolazione residente e l’iscrizione all’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) non costituisce pertanto elemento determinante a far perdere lo status di residente sotto il profilo fiscale, allorché il soggetto abbia nel territorio dello Stato il proprio domicilio, inteso come sede principale degli affari ed interessi economici, nonché delle relazioni personali. Attenzione Con particolare riferimento al concetto di domicilio, l’Amministrazione fiscale, recependo un consolidato orientamento della giurisprudenza, ha affermato che deve considerarsi fiscalmente residente in Italia un soggetto che, indipendentemente dalla propria effettiva presenza nel territorio nazionale, mantenga il centro dei propri interessi familiari, morali e sociali in Italia (C.M. 2 dicembre 1997, n. 304/E; C.M. 26 gennaio 2001, n. 9/E). Tale interpretazione consentirebbe alle autorità fiscali italiane di contestare al soggetto in questione la perdita della residenza fiscale in Italia, ad esempio, nel caso in cui mantenesse la propria famiglia in Italia, con la conseguenza che lo stesso sarebbe tassato in base al principio della world-wide taxation. 4 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI Pertanto, gli elementi di prova che dimostrano che i contribuenti – pur avendo residenza anagrafica in Paesi esteri (alcuni dei quali a fiscalità privilegiata) – hanno comunque mantenuto i propri interessi economici e personali in Italia, dove possono essere: - lunga permanenza in località italiane (dimostrata dai viaggi aerei di rientro dall’estero); - partecipazione a concerti, sfilate di moda, eventi mondani tenuti in diverse città italiane; - frequente apparizione in trasmissioni televisive nazionali, oltre che vari contratti stipulati con case discografiche e compagnie assicurative italiane, - nonché la presenza in Italia degli affetti familiari. Tutte circostanze, queste, che, secondo l’Amministrazione finanziaria evidenziano la “volontà” di tali contribuenti di conservare in Italia i propri interessi economici, professionali e sociali e che rappresentano indicatori significativi per l’identificazione della effettiva residenza fiscale (Agenzia entrate, comunicato stampa 23 dicembre 2008). Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato (art. 2, comma 2bis, D.P.R. n. 917/1986) Sempre in tema di residenza fiscale, è opportuno rilevare che a prescindere dalla verifica delle condizioni riportate nel paragrafo precedente, si considerano, altresì, residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con un apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (tale decreto individua, appunto, i c.d. Paesi white list). Tale norma è stata introdotta, a partire dal periodo d’imposta successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del predetto decreto (art. 1, comma 83, lett. a) e comma 89, legge 24 dicembre 2007, n. 244). Sino a tale data si considerano, altresì, residenti, salvo prova contraria, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con il D.M. 4-5-1999. Si tratta, pertanto, di una presunzione relativa, in base alla quale l’Amministrazione finanziaria considera il soggetto, che abbia dichiarato la propria residenza in uno dei Paesi tassativamente elencati dal decreto, fiscalmente residente in Italia. La disposizione in commento pone, altresì, a carico del contribuente, che si è trasferito in Paese a fiscalità privilegiata (c.d. tax heaven), l’onere, generalmente incombente sulla stessa Amministrazione finanziaria, di dimostrare la propria residenza all’estero, adducendo fatti o atti che comprovino l’effettività della situazione dichiarata, in coerenza con un reale e duraturo collegamento con lo Stato di emigrazione. In concreto, si assiste ad un’inversione dell’onere della prova, per cui, in presenza di un eventuale futuro accertamento, l’individuo dovrà fornire tutti gli elementi idonei a provare la non sussistenza di legami familiari ed economici con l’Italia, anche in relazione alla durata del periodo di permanenza all’estero e la sussistenza di legami reali e duraturi con lo Stato di emigrazione. Attualmente, gli Stati e i territori aventi un regime fiscale privilegiato sono (D.M. 4 maggio 1999, come modificato dal D.M. 27 luglio 2010): 2.1. FISCO 2014 5 IRPEF – ASPETTI GENERALI Alderney (Aurigny) Anguilla Antille Olandesi (Nederlandse Antillen) Bahama (Bahamas) Barbados Bermuda Dominica Ecuador (Repuplica del Ecuador) Gibilterra (Dominion of Gibraltar) Grenada Hong Kong (Xianggang) Isole Cayman (The Cayman Islands) Isole Marshall (Republic of the Marshall Islands) Jersey Andorra (Principat d’Andorra) Antigua e Barbuda (Antigua and Barbuda) Aruba Bahrein (Dawlat al-Bahrain) Belize Brunei (Negara Brunei Darussalam) Costa Rica (Repùblica de Costa Rica) Emirati Arabi Uniti (Al-Imarat al-’Arabiya al Muttahida) Filippine (Pilipinas) Gibuti (Djibouti) Guernsey (Bailiwick of Guernsey) Isola di Man (Isle of Man) Isole Cook Isole Vergini Britanniche (British Virgin Islands) Liberia (Republic of Liberia) Libano (Al-Jumhuriya al Lubnaniya) Macao (Macau) Liechtenstein (Furstentum Liechtenstein) Maldive (Divehi) Malaysia (Persekutuan Tanah Malaysia) Maurizio (Republic of Mauritius) Monserrat Nauru (Republic of Nauru) Niue Oman (Saltanat ‘Oman) Panama (Repubblica de Panamà) Polinesia Francese (Polynesie Francaise) Monaco (Principauté de Monaco) San Marino (Repubblica di San Marino) Sark (Sercq) Seichelles (Republic of Seychelles) Singapore (Republic of Singapore) Saint Kitts e Nevis (Federation of Saint Kitts Saint Lucia and Nevis) Saint Vincent e Grenadine (Saint Vincent and Svizzera (Confederazione Svizzera) the Grenadines) Taiwan (Chunghua MinKuo) Tonga (Pule’anga Tonga) Turks e Caicos (The Turks and Caicos Islands) Tuvalu (The Tuvalu Islands) Uruguay (Republica Oriental del Uruguay) Vanuatu (Republic of Vanuatu) Samoa (Independent State of Samoa) Anagrafe dei residenti all’estero e controlli (art. 83, commi 16 e 17, D.L. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) I comuni, entro i sei mesi successivi alla richiesta di iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero, confermano all’Ufficio dell’Agenzia delle entrate com2.2. 6 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI petente per l’ultimo domicilio fiscale che il richiedente ha effettivamente cessato la residenza nel territorio nazionale. Per il triennio successivo alla predetta richiesta di iscrizione la effettività della cessazione della residenza nel territorio nazionale è sottoposta a vigilanza da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate, la quale si avvale delle facoltà istruttorie di cui al D.P.R. n. 600/1973. In fase di prima attuazione delle disposizioni sopra riportate, la specifica vigilanza ivi prevista da parte dei comuni e dell’Agenzia delle entrate viene esercitata anche nei confronti delle persone fisiche che hanno chiesto la iscrizione nell’anagrafe degli italiani residenti all’estero a far corso dal 1° gennaio 2006. 3. Soggetti non residenti Come accennato, i soggetti non residenti, sono tassati in Italia esclusivamente sui redditi ivi prodotti. A tal fine, si applicano le disposizioni previste dagli artt. 23 e 24, D.P.R. n. 917/1986. Per maggiori dettagli in merito alla tassazione dei soggetti non residenti si rimanda all’apposito paragrafo (Aspetti generali – Soggetti non residenti). 4. Imputazione dei redditi nella famiglia Redditi dei beni in comunione (art. 4, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 917/1986) I redditi derivanti dai beni in regime di comunione legale sono imputati a ciascuno dei coniugi per metà del loro ammontare netto (o per la diversa quota, se così è stabilito da una convenzione modificativa). I redditi dei beni esclusi dalla comunione (cfr. art. 179 c.c.) sono imputati invece unicamente al coniuge che li possiede. 4.1. 4.2. Redditi dei beni in separazione Nel caso in cui i coniugi siano in regime di separazione legale, ciascuno mantiene la titolarità esclusiva dei beni acquistati durante il matrimonio. In tal caso, ad ognuno è imputato il reddito derivante dai beni di sua proprietà. 4.3. Figli minorenni I redditi derivanti dai beni appartenenti ai figli minori, non emancipati, subiscono un diverso trattamento fiscale a seconda che ricadano o meno nell’usufrutto legale dei genitori. Infatti, per i beni soggetti all’usufrutto legale, i redditi sono imputati a ciascun genitore per metà del loro ammontare netto. Gli altri beni sono, invece, ricondotti direttamente al minore, in qualità di autonomo soggetto passivo d’imposta. FISCO 2014 7 IRPEF – ASPETTI GENERALI 5. Soci di società di persone (art. 5, D.P.R. n. 917/1986) I soci delle società di persone e assimilate residenti in Italia sono soggetti all’IRPEF per i redditi da queste derivanti, mentre la società è soggetta solamente all’IRAP. Rientrano in tale ipotesi i soci di: società di persone propriamente dette; società equiparate; associazioni senza personalità giuridica tra artisti e professionisti per lo svolgimento di attività professionale; Gruppi Europei di Interesse Economico (GEIE) residenti in Italia, ovvero che vi abbiano una stabile organizzazione. 6. Eredi del contribuente In caso di morte del contribuente, i redditi del de cuius sono tassati in capo agli eredi e ai legatari che li hanno percepiti, secondo le disposizioni della tassazione separata (artt. 19 e 21, D.P.R. n. 917/1986). In caso di eredità giacente, non esiste un soggetto passivo d’imposta. Se questa situazione si protrae oltre il periodo d’imposta nel quale è avvenuto il decesso, responsabile per la dichiarazione dei redditi e per il versamento delle imposte gravanti sull’eredità è il curatore dell’eredità. Il reddito imponibile è calcolato, in via provvisoria, applicando le regole proprie di ciascuna categoria di reddito. A seguito dell’accettazione dell’eredità, soggetti passivi diventano gli eredi, con effetto retroattivo sin dal momento dell’apertura della successione ed è possibile effettuare la liquidazione definitiva dell’imposta. 7. Soggetti falliti Nel caso di fallimento, il fallito resta il contribuente sul quale grava il prelievo, mentre il curatore fallimentare o il commissario liquidatore agiscono solo come organo di gestione per la liquidazione del patrimonio del contribuente. 8. Nudo proprietario e usufruttuario In caso di usufrutto o altro diritto reale, soggetto passivo dell’imposta è solo l’usufruttuario o il titolare del diritto reale di godimento. Se l’usufrutto è parziale, il reddito deve essere imputato pro-quota anche al proprietario. Reddito imponibile 1. Classificazione dei redditi (art. 6, D.P.R. n. 917/1986); 2. Momento impositivo; 3. Redditi di fonte estera; 4. Base imponibile; 5. Reddito complessivo (art. 8, comma 1, D.P.R. n. 917/1986); 6. Periodo d’imposta (art. 7, D.P.R. n. 917/1986); 7. Determinazione dei redditi (art. 9, D.P.R. n. 917/1986); 8. Criteri di valutazione (art. 9, D.P.R. n. 917/1986); 9. Scomputo degli acconti (art. 22, D.P.R. n. 917/1986); 10. Redditi esclusi (art. 3, comma 3, D.P.R. n. 917/1986); 11. Redditi in sostituzione e indennità risarcitorie; 12. Redditi detenuti in Paesi black list 8 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI 1. Classificazione dei redditi (art. 6, D.P.R. n. 917/1986) I redditi che possono essere ricondotti in una delle categorie disciplinate dal Testo Unico devono essere considerati redditi imponibili, mentre i redditi non riconducibili ad alcuna categoria sono da considerarsi redditi non tassabili ai fini delle imposte dirette. Vengono individuate le seguenti sei categorie di redditi, esaustive di tutti i redditi imponibili: 1) redditi fondiari; 2) redditi di capitale; 3) redditi di lavoro autonomo; 4) redditi di lavoro dipendente; 5) redditi d’impresa; 6) redditi diversi. TIPO DI REDDITO DEFINIZIONE Terreni – Dominicale Terreni – Agrario Reddito medio ordinario di terreno adibito ad uso agricolo destinato alla proprietà Reddito medio ordinario del terreno agricolo destinato all’organizzazione impiegata nell’esercizio dell’attività Reddito medio ordinario di ogni unità immobiliare urbana suscettibile di reddito autonomo, ad eccezione delle unità espressamente escluse Interessi e proventi derivanti da mutui, depositi, c/correnti, obbligazioni e titoli similari; rendite perpetue; compensi per prestazioni di fidejussione o garanzia; utili da associazione in partecipazione con apporto di capitale o di capitale e lavoro; proventi derivanti dalla gestione di masse patrimoniali costituite con somme di denaro e beni affidati da terzi; proventi derivanti da riporti e pronti contro termine su titoli e valute; proventi derivanti dal mutuo di titoli garantito; redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita; redditi delle pensioni integrative e delle rendite vitalizie previdenziali, senza tenere conto dei rendimenti finanziari; interessi ed altri proventi derivanti da altri rapporti aventi per oggetto l’impiego del capitale. Reddito derivante da rapporti aventi ad oggetto prestazioni di lavoro subordinato; pensioni; redditi da lavoro dei soci di cooperative; borse di studio, trattamento di disoccupazione giovanile, assegni al coniuge; rendite vitalizie; altre fattispecie; redditi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa Redditi derivanti dall’esercizio di arti e professioni; associazioni in partecipazione con apporto di solo lavoro; altre fattispecie Redditi derivanti dall’esercizio di imprese commerciali Redditi non di capitale, non conseguiti nell’esercizio di arti e professioni o nell’esercizio di impresa, derivanti da lottizzazioni di terreni, cessioni di aree edificabili o immobili, indennità di esproprio, redditi fondiari non determinabili catastalmente, cessione di partecipazioni societarie, utilizzazione di brevetti, opere dell’ingegno e formule, cessione dell’unica azienda, attività commerciali e di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, premi e vincite, ed altri Fabbricati Capitale Lavoro dipendente e assimilati Lavoro autonomo Impresa Diversi FISCO 2014 9 IRPEF – ASPETTI GENERALI Proventi derivanti da attività illecite (art. 14, commi 4 e 4-bis, legge 24 dicembre 1993, n. 537) Nelle categorie di reddito di cui all’art. 6, comma 1, D.P.R. n. 917/1986 devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale. I relativi redditi sono determinati secondo le disposizioni riguardanti ciascuna categoria. Nella determinazione dei redditi di cui all’art. 6, comma 1, non sono ammessi in deduzione i costi o le spese riconducibili a fatti, atti o attività qualificabili come reato, fatto salvo l’esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti. In sostanza, ferma restando l’imponibilità dei proventi derivanti da attività illecite, i relativi costi e spese seguono un regime fiscale differente in relazione alla tipologia di illecito: essi sono deducibili secondo le regole ordinarie, se riconducibili ad illeciti civili o amministrativi; sono indeducibili nel caso di illeciti penalmente rilevanti. Come chiarito dall’Agenzia delle entrate con la circolare 26 settembre 2005, n. 42/E, il legislatore ha inteso ulteriormente specificare le modalità di tassazione dei proventi derivanti da attività illecite, ma solo con riferimento agli illeciti penalmente rilevanti. In tale ottica, la disposizione in commento, deve essere considerata innovativa, in quanto si caratterizza per un intento indirettamente sanzionatorio dell’attività illecita, per cui una sua valenza retroattiva contrasterebbe anche con i principi costituzionali. In definitiva la norma, in quanto innovativa, trova applicazione solo in relazione ai costi e alle spese sostenuti a partire dal 1° gennaio 2003 (data di entrata in vigore della legge n. 289/2002 che ha introdotto la disposizione in commento). Inoltre, la disciplina si rende applicabile in particolare in sede di determinazione del reddito d’impresa e di lavoro autonomo e, in generale, con riferimento a quelle fattispecie reddituali per le quali la norma tributaria prevede la deducibilità delle spese specificamente inerenti la produzione del reddito. In materia di proventi derivanti da attività illecite, si richiama, infine, il principio per cui nelle categorie di reddito di cui all’art. 6, comma 1, del TUIR, se in esse classificabili, devono intendersi ricompresi anche i proventi derivanti da atti, fatti ed attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo, se non già sottoposti a sequestro o confisca penali (art. 36, comma 34-bis, D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 che ha interpretato autenticamente l’art. 14, comma 4, legge 24 dicembre 1993, n. 537). I redditi, classificati nelle specifiche categorie, vengono determinati alla luce delle regole generali dettate, per ciascuna di esse, dallo stesso Testo Unico. Interpretando autenticamente il testo della disposizione riportata, è stato stabilito che qualora i proventi illeciti non siano classificabili nelle altre categorie di cui all’art. 6, comma 1, sopra richiamato, i medesimi vengono inquadrati, anche ai fini della loro determinazione, nella categorie dei redditi diversi di cui agli artt. 67 e ss. del TUIR. 1.1. 10 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI Sulla deducibilità dei costi da reato si deve segnalare l’importante intervento attuato con il c.d. “decreto sulla semplificazione fiscale” (art. 8, commi 1-3, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, come modificato dalla legge di conversione n. 44/2012). Infatti, è stato previsto che nella determinazione dei redditi soggetti alle imposte sui redditi (art. 6, comma 1, TUIR) non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 del codice di procedura penale o, comunque, con le modifiche introdotte dalla legge di conversione, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell’art. 424 del codice di procedura penale ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall’art. 157 del codice penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione ai sensi dell’art. 530 del codice di procedura penale ovvero una sentenza definitiva di non luogo a procedere ai sensi dell’art. 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza di motivi diversi dalla causa di estinzione indicata nel periodo precedente, ovvero una sentenza definitiva di non doversi procedere ai sensi dell’art. 529 del codice di procedura penale, compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi (art. 14, comma 4-bis, legge 24 dicembre 1993, n. 537). Viene inoltre disposto che: ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi non concorrono alla formazione del reddito oggetto di rettifica i componenti positivi direttamente afferenti a spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati, entro i limiti dell’ammontare non ammesso in deduzione delle predette spese o altri componenti negativi (in tal caso si applica la sanzione amministrativa dal 25 al 50% dell’ammontare delle spese o altri componenti negativi relativi a beni o servizi non effettivamente scambiati o prestati indicati nella dichiarazione dei redditi). Comunque, in nessun caso si applica la disposizione (art. 12, D.Lgs. n. 472/1997) in tema di concorso di violazioni e la sanzione è riducibile solo nell’ipotesi in cui il trasgressore, entro il termine previsto per il ricorso, definisca la controversia con il pagamento di un importo pari ad un terzo della sanzione indicata per la violazione; le norme si applicano, ove più favorevoli, in luogo di quanto disposto dalla previgente disciplina sui costi da reato (art. 14, comma 4-bis, legge 24 dicembre 1993, n. 537 nella formulazione precedente), anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni, facendo comunque salva l’ipotesi in cui i provvedimenti emessi in base alla vecchia disciplina si siano resi definitivi. Sulle predette norme si è espressa l’Agenzia delle entrate, con la circolare 3 agosto 2012, n. 32/E, nella quale ha chiarito che il D.L. n. 16/2012 ha introdotto una serie di disposizioni modificative di quanto già previsto dalla legge n. 537/1993 quali: FISCO 2014 11 IRPEF – ASPETTI GENERALI l’indeducibilità dei costi in relazione ai delitti non colposi laddove gli stessi siano in diretta connessione con il reato commesso; l’applicabilità di una sanzione specifica in relazione ai costi per operazioni oggettivamente inesistenti; l’introduzione di una disciplina transitoria in relazione a quegli atti che non si sono resi definitivi alla data del 2 marzo 2012 (data di entrata in vigore delle nuove norme). Nel commentare le nuove disposizioni, nella circolare si afferma che il legislatore, con esse, ha voluto definire in modo chiaro come l’indeducibilità in esame si applica solo per i costi e le spese direttamente utilizzati per la commissione dei soli delitti, con la conseguenza di escludere che l’indeducibilità colpisca, anche i costi direttamente utilizzati per la commissione di reati contravvenzionali. In particolare, la nuova disciplina riguarda i soli delitti non colposi, mentre fa salva la deducibilità degli oneri correlati al compimento dei delitti colposi: pertanto, non sono da considerare come indeducibili (e, quindi, possono essere dedotti) i costi esposti in fatture oggettivamente inesistenti; infatti, secondo l’Agenzia, nel caso di utilizzo di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, i costi esposti su tali documenti, in quanto non sostenuti al fine di acquisire beni e servizi direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto, non rilevano ai fini dell’applicazione della norma. Gli altri punti che sono approfonditi nella circolare riguardano i seguenti aspetti: ai fini amministrativi, la contestazione di indeducibilità è subordinata all’esercizio dell’azione penale; il contribuente può operare direttamente le variazioni in aumento nella dichiarazione al fine di evitare l’accertamento e questo comportamento può essere seguito accedendo alle disposizioni di cui all’art. 2, comma 8, del D.P.R. n. 322/1998 e, dunque, entro i termini dell’accertamento stesso; l’indeducibilità di elementi passivi direttamente utilizzati per un’attività delittuosa non colposa può configurare uno dei delitti dichiarativi previsti dal D.Lgs. n. 74/2000; in caso di assoluzione, al contribuente spetta il rimborso delle sanzioni eventualmente corrisposte anche laddove sia stata integrata la dichiarazione originaria attraverso, ad esempio, il ravvedimento operoso di cui all’art. 13 del D.Lgs. n. 472/1997; il rimborso compete anche nel caso in cui il contribuente abbia definito la pretesa secondo i diversi istituti definitori. Un ulteriore importante chiarimento riguarda la decorrenza delle disposizioni del D.L. n. 16/2012: nella circolare si afferma che esse operano per quegli atti che non si sono ancora resi definitivi all’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Comunque, è necessario effettuare un confronto caso per caso tra la vecchia e la nuova disciplina al fine di giungere alla valutazione sulla norma più conveniente. Sulla stessa tematica si è espressa, da ultimo, l’Assonime con la circolare n. 25 del 28 settembre 2012. Tra l’altro, l’Assonime rimarca come la circolare n. 32/E del 3 agosto 2012 dell’Agenzia delle entrate conferma che nell’ipotesi di una attività totalmente ille- 12 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI cita tutti i costi effettivi strumentali al suo esercizio sono considerati indeducibili, ivi compresi quei casi in cui l’illiceità deriva, ad esempio, da attività esercitate in assenza di licenze di commercio e simili (ovviamente, sempreché si tratti “di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l’azione penale o, comunque, qualora il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio […] ovvero sentenza di non luogo a procedere” per prescrizione del reato”). Si tratta, secondo l’Associazione, di una lettura alquanto penalizzante, “non apparendo conforme ai principi costituzionali che una attività imprenditoriale o professionale, per quanto illecita, debba essere assoggettata a tassazione sulla base non del reddito ma dei proventi lordi e subire un’imposizione che, diversamente da quanto accade per le attività imprenditoriali lecite, non trova corrispondenza alcuna nella propria capacità contributiva”. Inoltre, la circolare Assonime, partendo dall’assunto che la locuzione “non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo” è di stretta interpretazione, “tale da attrarre nel regime di indeducibilità i soli costi sostenuti per commettere il reato”, esamina il passaggio della citata circolare n. 32/E delle entrate, nella quale l’Agenzia precisa, invece, che nei casi in cui risultino criminosi singoli atti in cui si esplica l’attività d’impresa, l’indeducibilità potrà essere contestata “con riguardo alla quota dei componenti negativi afferenti all’ordinaria attività d’impresa che abbiano avuto un rapporto di strumentalità con la commissione del reato, seppur sostenuti non esclusivamente per il compimento dello stesso”, ivi compresi, quindi, “interessi passivi, accantonamenti, sopravvenienze passive, ammortamenti, minusvalenze e così via”, se correlati al compimento del delitto. L’Assonime mette in evidenza come l’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, includendo nella indeducibilità anche costi “strumentali” o “correlati” all’attività illecita, finirebbe con il recuperare un’accezione ampia della norma in esame che, secondo l’Associazione, il legislatore ha cercato di superare modificando, con il D.L. n. 16/2012, il comma 4-bis dell’art. 14 della legge n. 537/1993. 2. Momento impositivo I redditi sono assoggettati a tassazione utilizzando i seguenti criteri per stabilire il momento in cui il reddito diviene disponibile e, quindi, imponibile: cassa; competenza; titolarità. CRITERIO MODALITÀ DI FUNZIONAMENTO Cassa I redditi sono disponibili (e, quindi, Redditi di lavoro dipendente imponibili) al momento della loro per- Redditi di lavoro autonomo cezione Redditi di capitale (*) Redditi diversi (*) FISCO 2014 TIPI DI REDDITO ASSOGGETTATI 13 IRPEF – ASPETTI GENERALI CRITERIO MODALITÀ DI FUNZIONAMENTO TIPI DI REDDITO ASSOGGETTATI Competenza I redditi sono imponibili in base alla Redditi d’impresa loro competenza economica, a prescindere dalla loro effettiva percezione Titolarità Si tiene conto della mera disponibilità Redditi fondiari del bene in base alla proprietà del medesimo o ad un altro diritto reale, a prescindere dalla percezione Nota: (*) Salva l’applicazione del regime del risparmio gestito. 3. Redditi di fonte estera Il presupposto oggettivo di tassazione prescinde dalla provenienza del reddito, per cui, se alla formazione del reddito complessivo concorrono redditi di fonte estera, questi sono tassati in Italia, fatta salva l’applicazione delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. Qualora il reddito di fonte estera venga tassato in Italia e, nel contempo, abbia subito l’imposizione fiscale anche nel Paese di provenienza, è possibile detrarre dall’imposta lorda in Italia un credito d’imposta, commisurato alle imposte definitivamente pagate all’estero, da determinarsi sulla base delle condizioni previste dall’art. 165, D.P.R. n. 917/1986. Per maggiori dettagli sul credito d’imposta si rimanda all’apposito paragrafo. 4. Base imponibile Definiti i presupposti oggettivi e soggettivi di tassazione, la base imponibile su cui applicare l’imposta è costituita dal reddito complessivo prodotto dal contribuente nel periodo d’imposta. 5. Reddito complessivo (art. 8, comma 1, D.P.R. n. 917/1986) Il reddito complessivo si determina sommando i redditi di ogni categoria che concorrono a formarlo e sottraendo le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali in contabilità semplificata di cui all’art. 66 D.P.R. n. 917/1986 e quelle derivanti dall’esercizio di arti e professioni. Non concorrono a formare il reddito complessivo i compensi non ammessi in deduzione ai sensi dell’art. 60 del TUIR. Pertanto, il reddito può essere negativo, nel caso in cui le eventuali perdite superino i redditi. Le perdite delle società in nome collettivo ed in accomandita semplice di cui all’art. 5, D.P.R. n. 917/1986, nonché quelle delle società semplici e delle associazioni di cui allo stesso art. derivanti dall’esercizio di arti e professioni, si sottraggono per ciascun socio o associato nella proporzione stabilita dall’art. 5. Le perdite derivanti dall’esercizio di imprese commerciali e quelle derivanti dalla partecipazione in società in nome collettivo e in accomandita semplice sono computate in diminuzione dai relativi redditi conseguiti nei periodi di imposta e per la 14 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI differenza nei successivi, ma non oltre il quinto, per l’intero importo che trova capienza in essi. Tale regola non si applica per le perdite determinate a norma dell’art. 66, D.P.R. n. 917/1986. Si applicano le disposizioni del comma 2 dell’art. 84 (valide per i soggetti IRES) e, limitatamente alle società in nome collettivo ed in accomandita semplice, quelle di cui al comma 3 del citato art. 84. 6. Periodo d’imposta (art. 7, D.P.R. n. 917/1986) Con riferimento a ciascun periodo d’imposta, l’imposta è dovuta per anni solari, a ciascuno dei quali corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma. In ciascun periodo d’imposta, pertanto, devono essere imputati i redditi complessivi prodotti dal contribuente. Attenzione I redditi vanno attribuiti all’intero anno solare, secondo le regole proprie della categoria di appartenenza, anche se il tempo occorso per la loro produzione è stato inferiore all’anno e anche in caso di nascita o decesso del contribuente nel corso dell’anno (R.M. 3 luglio 1975, n. 2/332). 7. Determinazione dei redditi (art. 9, D.P.R. n. 917/1986) I redditi (e le perdite) che concorrono a formare il reddito complessivo sono determinati distintamente per ciascuna categoria. In sostanza, quindi, per ogni singola categoria reddituale sono previsti autonomi criteri di determinazione della base imponibile e il reddito complessivo è costituito dalla somma algebrica di tutti i redditi prodotti dalla persona fisica. Costituiscono redditi della stessa categoria di quelli cui si riferiscono: i proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti; le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, esclusi quelli dipendenti da invalidità permanente o da morte; gli interessi moratori e interessi per dilazione di pagamento; i proventi derivanti da fatti, atti o attività illecite. Come accennato, in linea generale, il reddito complessivo di un soggetto è sempre la risultante di redditi di diverso tipo. Tuttavia, mentre per le persone fisiche e per gli enti non commerciali il reddito complessivo è determinato dalla somma algebrica di tutti i redditi, per le società e gli enti commerciali dotati di personalità giuridica il reddito complessivo, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito di impresa. Conseguentemente, per le società e gli enti commerciali, le singole categorie reddituali concorrono alla formazione del reddito complessivo, determinato secondo i criteri e le regole proprie del reddito di impresa. In altre parole, gli altri redditi perdono la loro autonomia, essendo attratti nel reddito di impresa. FISCO 2014 15 IRPEF – ASPETTI GENERALI 8. Criteri di valutazione (art. 9, D.P.R. n. 917/1986) Accanto ai normali criteri di valutazione dei redditi, la legge stabilisce alcuni principi generali di valutazione, applicabili quando le componenti di reddito non sono costituite da moneta corrente. 8.1. Valutazione dei beni in natura I corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in natura sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti. Per valore normale si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi. Per la determinazione del valore normale si fa riferimento, in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle Camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso. Per i beni e i servizi soggetti a disciplina dei prezzi, si fa riferimento ai provvedimenti in vigore. 8.2. Valutazione di proventi ed oneri in valuta estera Per la determinazione dei redditi e delle perdite i corrispettivi, i proventi, le spese e gli oneri in valuta estera sono valutati: secondo il cambio del giorno in cui sono stati percepiti o sostenuti o del giorno antecedente più prossimo; in mancanza, secondo il cambio del mese in cui sono stati percepiti o sostenuti. I redditi in natura sono valutati in base al valore normale dei beni e dei servizi da cui sono costituiti. In caso di conferimenti o apporti in società o in altri enti, si considera corrispettivo conseguito il valore normale dei beni e dei crediti conferiti. Se le azioni o i titoli ricevuti sono negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e il conferimento o l’apporto è proporzionale, il corrispettivo non può essere inferiore al valore normale determinato in base a quanto precisato nel paragrafo precedente. 8.3. Valutazione dei titoli Il valore normale dei titoli è determinato: a) per le azioni, obbligazioni e altri titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese; b) per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e per i titoli o quote di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, ovvero, per le società o enti di nuova costituzione, all’ammontare complessivo dei conferimenti; 16 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI c) per le obbligazioni e gli altri titoli diversi da quelli indicati alle lettere a) e b), comparativamente al valore normale dei titoli aventi analoghe caratteristiche, negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri e, in mancanza, in base ad altri elementi determinabili in modo obiettivo. 9. Scomputo degli acconti (art. 22, D.P.R. n. 917/1986) E’ previsto lo scomputo del credito per le imposte pagate all’estero, secondo le modalità di cui all’art. 165. Allo stesso modo occorre comportarsi per le ritenute operate dopo la dichiarazione e per quelle operate sui redditi delle società e degli altri soggetti indicati nell’art. 5 e per i soggetti che esercitano l’opzione per la tassazione per trasparenza, ai sensi dell’art. 115. Se l’ammontare dei versamenti e delle ritenute supera quello dell’imposta netta sul reddito complessivo, il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta del periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi. 10. Redditi esclusi (art. 3, comma 3, D.P.R. n. 917/1986) Non sono assoggettati a imposta: i redditi dichiarati esenti, quali, ad esempio, le pensioni di guerra, alcune borse di studio, i compensi percepiti dai componenti dei seggi elettorali per le consultazioni politiche, amministrative, europee e per i referendum, in Italia e all’estero (legge 21 marzo 1990, n. 53); i redditi soggetti a imposta sostitutiva; gli assegni periodici spettanti al coniuge risultanti da provvedimenti dell’autorità giudiziaria, conseguiti in caso di separazione legale ed effettiva, o in caso di cessazione degli effetti civili del matrimonio, destinati al mantenimento dei figli anche naturali (circolare Agenzia entrate 13 maggio 2011, n. 20/E); gli assegni familiari e le somme sostitutive o integrative; la maggiorazione sociale dei trattamenti pensionistici prevista per i soggetti ultrasessantacinquenni con redditi minimi (art. 1, legge 29 dicembre 1988, n. 544); le somme corrisposte a titolo di borsa di studio dal Governo italiano a cittadini stranieri in forza di accordi e intese internazionali (art. 1, comma 336, legge 27 dicembre 2006, n. 296). 11. Redditi in sostituzione e indennità risarcitorie I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche a seguito della cessazione del credito relativo, e le indennità, anche assicurative, conseguite a titolo di risarcimento danni, consistenti nella perdita di redditi, sono equiparate ai redditi sostituiti. FISCO 2014 17 IRPEF – ASPETTI GENERALI 12. Redditi detenuti in Paesi black list (art. 12, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102) Facendo seguito alle intese raggiunte tra gli Stati aderenti alla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, allo scopo di migliorare l’attuale insoddisfacente livello di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni, nonché di incrementare la cooperazione amministrativa tra Stati è stata emanata una disposizione che prevede una presunzione relativa riguardo alla tassazione in Italia di investimenti e attività finanziarie detenute in Paesi black list. Infatti, è previsto che, derogando ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (Paesi black list per le persone fisiche di cui al D.M. 4 maggio 1999 e Paesi black list per le CFC di cui al D.M. 21 novembre 2001), senza tener conto delle limitazioni ivi previste, in violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (e cioè di compilazione del modulo RW di UNICO), ai soli fini fiscali si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’art. 1, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, sono raddoppiate. In altre parole, si vuole punire i fenomeni di illecito trasferimento da, verso e sull’estero che interessano gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria detenute, violando gli obblighi di segnalazione nel modulo RW, dalle persone fisiche, dagli enti non commerciali e dalle società semplici ed equiparate ai sensi dell’art. 5 del TUIR, fiscalmente residenti in Italia. Va inoltre ricordato che, in caso di applicazione della predetta presunzione, i termini di accertamento sono raddoppiati (art. 1, comma 3, D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25). Determinazione dell’imposta L’imposta lorda è determinata applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10, D.P.R. n. 917/1986, le relative aliquote per scaglioni di reddito. L’imposta netta è determinata operando sull’imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, le detrazioni previste negli artt. 12 (carichi di famiglia), 13 (detrazioni per lavoro), 15 e 16 (altre detrazioni per oneri e spese), D.P.R. n. 917/1986, nonché in altre disposizioni di legge. Dall’imposta netta si detrae l’ammontare dei crediti d’imposta spettanti al contribuente a norma dell’art. 165, D.P.R. n. 917/1986. Se l’ammontare dei crediti d’imposta è superiore a quello dell’imposta netta il contribuente ha diritto, a sua scelta, di computare l’eccedenza in diminuzione dell’imposta relativa al periodo d’imposta successivo o di chiederne il rimborso in sede di dichiarazione dei redditi. Pertanto, sintetizzando, la determinazione dell’IRPEF avviene nel seguente modo: 18 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI REDDITO COMPLESSIVO Oneri deducibili Perdite anni precedenti deducibili = REDDITO IMPONIBILE Aliquote IRPEF * = IMPOSTA LORDA Detrazioni per carichi di famiglia Detrazioni per redditi di lavoro Altre detrazioni d’imposta per spese Crediti d’imposta Ritenute d’acconto IMPOSTA NETTA = Oneri deducibili 1. Regole generali; 2. Principali oneri deducibili (art. 10, D.P.R. n. 917/1986); 3. Contributi previdenziali obbligatori e facoltativi; 4. Contributi per previdenza complementare; 5. Fondi sanitari integrativi; 6. Erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose; 7. Contributi per Paesi in via di sviluppo; 8. Spese mediche e di assistenza per portatori di handicap; 9. Assegni periodici; 10. Altri oneri deducibili 1. Regole generali Nella determinazione del reddito imponibile, a parte le spese specifiche per ogni tipologia di reddito, esistono alcuni oneri e spese che possono essere dedotti dal reddito complessivo, a prescindere dalla composizione del reddito stesso. Affinché l’onere sia deducibile o detraibile, occorre che vengano rispettate alcune condizioni: deve rientrare tra quelli previsti dalla legge, in quanto esiste una elencazione tassativa; il contribuente deve avere effettivamente sostenuto la spesa nel corso dell’anno d’imposta, in applicazione del principio di cassa e questa deve essere rimasta a suo carico. Per alcuni oneri è prevista la possibilità di essere deducibili o detraibili anche se sostenuti nell’interesse di persone fiscalmente a carico del contribuente; deve risultare da apposita documentazione (fattura, ricevuta, ecc.). Attenzione In genere, le spese sostenute per soggetti non a carico (ad eccezione delle spese sanitarie sostenute per familiari affetti da gravi patologie e delle spese mediche e di assistenza specifica per portatori di handicap) non sono deducibili né per la persona che ha sostenuto l’onere né per quella che ha beneficiato della prestazione (C.M. 14 giugno 2001, n. 55/E). FISCO 2014 19 IRPEF – ASPETTI GENERALI 2. Principali oneri deducibili (art. 10, D.P.R. n. 917/1986) I principali oneri deducibili dalla base imponibile sono: ONERI E SPESE DEDUCIBILITÀ ANCHE PER SOGGETTI FISCALMENTE A CARICO Contributi previdenziali ed assistenziali obbligatori e facoltativi SI Contributi per previdenza complementare SI Contributi a fondi sanitari integrativi SI Erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose NO Contributi per Paesi in via di sviluppo NO Spese mediche e di assistenza per portatori di handicap SI (*) Assegni periodici NO Somme restituite a chi le ha erogate NO Oneri fondiari NO Indennità per la perdita di avviamento NO Compensi dati ai dipendenti che hanno svolto funzioni elettorali NO Donazioni di immobili vincolati NO Spese sostenute per l’adozione internazionale NO Spese sostenute per la gestione di micro-asili e nidi nei luoghi di lavoro NO (*) Possono essere dedotti anche in caso di soggetto non a carico 3. Contributi previdenziali obbligatori e facoltativi Sono deducibili i contributi previdenziali e assistenziali versati a seguito di disposizioni imperative di legge, la cui inosservanza dà luogo a sanzioni dirette o indirette. Nel caso in cui i contributi siano corrisposti per conto di altri, se la legge prevede il diritto di rivalsa, la deduzione compete alle persone per conto delle quali i contributi sono versati. Inoltre, i contributi sono deducibili anche se sono stati sostenuti per le persone indicate nell’art. 433 c.c., se fiscalmente a carico. Costituisce onere deducibile, in quanto obbligatorio, il contributo INPS, di cui alla legge n. 335/1995, versato dagli iscritti alla Gestione separata INPS. Sono, inoltre, deducibili i contributi previdenziali volontari pagati in base a contratti stipulati a partire dal 1° gennaio 2001. Per i contratti stipulati fino al 31 dicembre 2000, è prevista la detraibilità degli importi versati sino ad un ammontare massimo pari a euro 1.291,14. 20 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI La legge di riforma del welfare (art. 1, comma 77, legge 24 dicembre 2007, n. 247) ha introdotto infine, specifiche regole per il riscatto dei corsi universitari di studio. In particolare è previsto che, per le domande presentate a decorrere dal 1° gennaio 2008, gli oneri da riscatto per periodi in relazione ai quali trova applicazione il sistema retributivo ovvero contributivo possono essere versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in 120 rate mensili senza l’applicazione di interessi per la rateizzazione. La disposizione in questione, accrescendo il numero delle rate ed escludendo l’applicazione di interessi, introduce una disciplina di favore per chi vuole riscattare il corso di laurea; resta peraltro confermata la possibilità che l’interessato eserciti la facoltà di estinguere il debito anche in un numero minore di rate e comunque senza applicazione di interessi. Il pagamento rateale non può essere richiesto dai pensionati; inoltre, il pensionamento implica la decadenza dal beneficio della rateizzazione eventualmente in corso, con conseguente obbligo di pagamento del capitale residuo in unica soluzione. Una ulteriore importante disposizione riguarda la possibilità di esercitare il riscatto anche dai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l’attività lavorativa. La disposizione in esame si riferisce a coloro che, al momento della domanda, non risultino essere stati mai iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza, inclusa la Gestione Separata INPS. Ne consegue che in tutti i casi di pregressa iscrizione ed anche se, all’atto della presentazione della domanda, l’interessato risulti “non iscritto” ad alcuna gestione previdenziale, troveranno invece applicazione le disposizioni di carattere generale che disciplinano la materia. Dal punto di vista fiscale è previsto la possibilità, per l’interessato, di dedurre i contributi versati per il riscatto. Nel caso in cui l’interessato non abbia un reddito personale, i contributi possono essere detratti, nella misura del 19% dell’importo stesso, dall’imposta dovuta dai soggetti di cui l’interessato risulti fiscalmente a carico. Casi particolari 1. I contributi, obbligatori e facoltativi, versati da imprenditori e lavoratori autonomi, non sono deducibili dal singolo reddito, ma dal reddito complessivo, poiché sono a vantaggio della persona e non costituiscono costo di produzione di alcun reddito (R.M. 8 marzo 2002, n. 79/E). La Corte di cassazione si è espressa in senso contrario, ritenendo costi professionali i contributi versati dai professionisti (Cass. 26 febbraio 2001, n. 2871). Va comunque ricordato che tale regola non si applica in caso di imprenditori e lavoratori autonomi che hanno optato, a partire dal 1° gennaio 2008, per il regime agevolato dei contribuenti minimi (legge n. 244/2007, art. 1, commi 96-117). Per tali soggetti, i contributi previdenziali obbligatori si deducono dal reddito d’impresa/lavoro autonomo e solo l’eventuale eccedenza va portata in deduzione dal reddito complessivo (circolare 21 dicembre 2007, n. 73/E). FISCO 2014 21 IRPEF – ASPETTI GENERALI 2. Sono deducibili i contributi sanitari obbligatori, compresi quelli versati con il premio di assicurazione RC per i veicoli e mezzi agricoli, indipendentemente dalla titolarità giuridica del veicolo (C.M. 14 giugno 2001, n. 55/E). Sul punto si segnala che, a partire dal periodo d’imposta 2012, la suddetta deduzione si applica solo sulla parte che eccede 40 euro (art. 4, comma 76, legge 28 giugno 2012, n. 92, c.d. riforma del lavoro Fornero). Inoltre, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2014, il contributo SSN diviene interamente indeducibile, sia ai fini delle imposte sui redditi sia ai fini dell’IRAP (art. 12, comma 2-bis D.L. n. 102/2013). 3. Sono deducibili i premi INAIL a carico dei collaboratori coordinati e continuativi (C.M. 14 giugno 2001, n. 55/E), nonché quelli dovuti dalle casalinghe (C.M. 7 giugno 2002, n. 48/E). 4. E’ possibile, per un professionista, dedurre i contributi previdenziali pagati con carta di credito on-line nell’anno di imposta in cui è stata utilizzata la carta stessa, a prescindere dal momento in cui l’importo versato è addebitato sul suo conto corrente (risoluzione 23 aprile 2007, n. 77/E). 5. I contributi previdenziali dovuti dal contribuente defunto possono essere portati in de- duzione nella dichiarazione dei redditi del coniuge superstite che ha provveduto al versamento per ottenere la pensione di reversibilità (risoluzione 28 aprile 2009, n. 114/E). 6. In caso di conferimento di assegni per la collaborazione ad attività ricerca di cui all’art. 51, comma 6, legge n. 449/1997, non sono deducibili, da parte del titolare dell’assegno di ricerca, ovvero del familiare di cui sia fiscalmente a carico, i contributi previdenziali a suo carico, trattenuti e versati all’INPS dall’ente di ricerca (circolare 13 maggio 2011, n. 20/E). 7. Le prestazioni occasionali rese nell’ambito di lavori domestici in base all’art. 70 del D.Lgs. n. 276/2003, pur non riferibili alla legge sul rapporto di lavoro domestico, sono da ricomprendere tra quelle rese dagli addetti ai servizi domestici di cui all’art. 10, comma 2, del TUIR, attesa peraltro anche la comune finalità delle disposizioni in esame di far emergere prestazioni rese in forma irregolare (circolare 1° giugno 2012, n. 19/E). 4. Contributi per previdenza complementare Sono deducibili i contributi versati dai lavoratori dipendenti, autonomi e dagli imprenditori a forme pensionistiche complementari di cui al D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124 e al D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, alle condizioni e nei limiti previsti dall’art. 8 del medesimo D.Lgs. n. 252/2005. Alle medesime condizioni ed entro gli stessi limiti sono deducibili i contributi versati alle forme pensionistiche complementari istituite negli Stati membri dell’Unione Europea negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’art. 168-bis, D.P.R. n. 917/1986. I contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente sono deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore a 5.164,57 euro. Ai lavoratori di prima occupazione successiva alla data di entrata in vigore del decreto e, limitatamente ai primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari, è consentito – nei 20 anni successivi al quinto anno di partecipazione – dedurre dal reddito complessivo contributi eccedenti il limite di 5.164,57 euro, pari alla differenza positiva tra 25.822,85 euro e i contributi effetti22 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI vamente versati nei primi 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche e, comunque, per un importo non superiore a 2.582,29 euro annui. Ai fini del computo del predetto limite di 5.164,57 euro si tiene conto anche delle quote accantonate dal datore di lavoro ai fondi di previdenza di cui all’art. 105, comma 1, D.P.R. n. 917/1986. Per la parte dei contributi versati che non hanno fruito della deduzione, compresi quelli eccedenti il suddetto ammontare, il contribuente comunica alla forma pensionistica complementare, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento, ovvero, se antecedente, alla data in cui sorge il diritto alla prestazione, l’importo non dedotto o che non sarà dedotto nella dichiarazione dei redditi. Per i contributi versati nell’interesse di familiari a carico, spetta al soggetto nei confronti del quale dette persone sono a carico la deduzione per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivo di 5.164,57 euro. Per maggiori approfondimenti si rimanda al paragrafo dedicato al reddito di lavoro dipendente. 5. Fondi sanitari integrativi Sono deducibili i contributi versati, fino ad un massimo di 3.615,20 euro, ai fondi integrativi del Servizio sanitario nazionale istituiti o adeguati ai sensi dell’art. 9, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, che erogano prestazioni negli ambiti di intervento stabiliti con decreto del Ministro della salute. Ai fini del calcolo del predetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. a), D.P.R. n. 917/1986. Per i contributi versati nell’interesse delle persone a carico indicate nell’art. 12, D.P.R. n. 917/1986, che si trovino nelle condizioni ivi previste, la deduzione spetta per l’ammontare non dedotto dalle persone stesse, fermo restando l’importo complessivamente stabilito. 6. Erogazioni liberali a favore di istituzioni religiose Sono indicate come tali le erogazioni liberali in denaro a favore di: Istituto centrale per il sostentamento del clero della Chiesa cattolica italiana; Unione italiana delle Chiese cristiane avventiste del 78 giorno; Ente morale Assemblee di Dio in Italia; Tavola valdese; Unione Cristiana Evangelica Battista le Chiese e gli enti aventi parte nell’UCEBI; Chiesa Evangelica Luterana in Italia e le Comunità ad essa collegate; Comunità ebraiche e Unione delle Comunità ebraiche italiane; Unione Buddhista Italiana e gli organismi civilmente riconosciuti da essa rappresentati, per il sostentamento dei ministri di culto e le attività di religione o di culto; FISCO 2014 23 IRPEF – ASPETTI GENERALI Unione Induista Italiana e gli organismi civilmente riconosciuti da essa rappresentati, per il sostentamento dei ministri di culto, le esigenze di culto e le attività di religione o di culto. Ognuna delle erogazioni indicate è deducibile fino ad un importo di 1.032,91 euro. Il decreto del Ministro delle finanze del 12 dicembre 1988 ha precisato che i contributi a favore dell’Istituto, per poter essere dedotti, devono essere documentati da: bollettino di versamento in conto corrente postale; quietanza liberatoria redatta su appositi stampati dell’Istituto; in caso di bonifico bancario a favore dell’ente, ricevuta rilasciata dall’azienda di credito al cliente che attesti l’accredito dell’importo erogato. Le erogazioni all’Istituto per il sostentamento del clero possono essere effettuate anche con carta di credito in analogia a quanto disposto per le ONLUS e le associazioni di promozione sociale. I contributi possono essere versati in banca, presso l’ufficio postale, e con le modalità di pagamento previste dall’art. 23, D.Lgs. n. 241/1997 quali carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari. I contribuenti devono conservare le ricevute dei versamenti relativi alle suddette erogazioni. Inoltre, chi effettua versamenti a titolo di liberalità alla Chiesa o a ONLUS mediante carta di credito deve conservare l’estratto conto ed esibirlo in caso di controllo della dichiarazione dei redditi (risoluzione 3 agosto 2009, n. 199/E). 7. Contributi per Paesi in via di sviluppo Sono deducibili, nella misura massima del 2% del reddito complessivo, le donazioni a favore di organizzazioni non governative, purché riconosciute dal Ministero degli esteri, in aiuto dei Paesi in via di sviluppo. Anche in tal caso, le somme versate devono risultare da apposite quietanze, rilasciate dalle organizzazioni destinatarie o dalle ricevute di versamento (ad esempio, c/c postale o bonifico bancario). 8. Spese mediche e di assistenza per portatori di handicap E’ possibile dedurre le spese mediche generiche e quelle di assistenza specifica, sostenute dai portatori di handicap riconosciuti ai sensi degli artt. 3 e 4, legge n. 104/1992, indipendentemente dal fatto che fruiscano o meno dell’assegno di accompagnamento. In caso di ricovero in un istituto di assistenza, è possibile portare in deduzione solo la parte di retta pagata che riguarda le spese mediche e quelle paramediche di assistenza specifica. A tal fine, è necessario che le stesse risultino separatamente indicate nella documentazione rilasciata dall’istituto. Questa categoria di spese è deducibile, anche se le stesse sono sostenute per i familiari indicati nell’art. 433 c.c. non fiscalmente a carico. Se si tratta di spese chirurgiche, per prestazioni specialistiche, per protesi dentarie e sanitarie e per i mezzi di deambulazione, sostenute dai soggetti portatori di handicap, tali spese costituiscono oneri detraibili dall’imposta. 24 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI Si ricorda, che l’art. 1, commi 36 e 37, legge 27 dicembre 2006, n. 296 ha previsto che le agevolazioni tributarie e di altra natura relative agli autoveicoli utilizzati per la locomozione dei soggetti di cui all’art. 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104, con ridotte o impedite capacità motorie, sono riconosciute a condizione che gli autoveicoli siano utilizzati in via esclusiva o prevalente a beneficio dei predetti soggetti. In caso di trasferimento a titolo oneroso o gratuito delle autovetture per le quali l’acquirente ha usufruito dei benefici fiscali prima del decorso del termine di due anni dall’acquisto, è dovuta la differenza fra l’imposta dovuta in assenza di agevolazioni e quella risultante dall’applicazione delle agevolazioni stesse. La disposizione non si applica per i disabili che, in seguito a mutate necessità dovute al proprio handicap, cedano il proprio veicolo per acquistarne un altro su cui realizzare nuovi e diversi adattamenti. 8.1. Dimostrazione del sostenimento della spesa per farmaci Ai fini della detrazione, la spesa sanitaria relativa all’acquisto di medicinali deve essere certificata da fattura o da scontrino fiscale contenente la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e l’indicazione del codice fiscale del destinatario. Per maggiori dettagli si rimanda al paragrafo dedicato alle spese detraibili. Precisazioni Le prestazioni di ippoterapia e musicoterapia possono essere ammesse alla deduzione qualora: un medico ne attesti la necessità per la cura della patologia di cui è affetto il portatore di handicap e siano eseguite in centri specializzati direttamente da personale medico o sanitario specializzato (psicoterapeuta, fisioterapista, psicologo, terapista della riabilitazione, ecc.), ovvero sotto la loro direzione e responsabilità tecnica. Per poter fruire della deduzione è quindi necessario presentare la prescrizione del medico e la fattura del centro specializzato presso cui è eseguita l’ippoterapia o la musicoterapia dalla quale risulti che le prestazioni sono direttamente effettuate da personale medico o sanitario specializzato ovvero sotto la loro direzione e responsabilità tecnica (circolare 1° giugno 2012, n. 19/E). 9. Assegni periodici Sono interamente deducibili dal reddito dell’erogante: gli assegni periodici corrisposti al coniuge, anche se residente all’estero, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva o di scioglimento o annullamento di matrimonio o di divorzio, nella misura in cui risultino da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. L’assegno si considera per metà destinato al coniuge, se il provvedimento non distingue la quota destinata al coniuge da quella destinata ai figli. La separazione di fatto non comporta alcun obbligo legale di corrispondere gli assegni; pertanto, gli assegni corrisposti volontariamente non danno diritto ad alcuna deduzione; si precisa che, in base a quanto previsto dall’art. 1, comma 63, legge 27 dicembre 2006, n. 296, i soggetti che FISCO 2014 25 IRPEF – ASPETTI GENERALI deducono dal reddito complessivo le somme per assegni periodici corrisposti al coniuge, devono indicare nella dichiarazione annuale il codice fiscale del soggetto beneficiario delle somme; gli assegni periodici, quali rendite e vitalizi, corrisposti in forza di testamento o di donazione modale e nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria; gli assegni alimentari corrisposti ai familiari indicati nell’art. 433 del c.c. e, precisamente: il coniuge, i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, i discendenti prossimi, anche naturali; i genitori, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti; i generi e le nuore; il suocero e la suocera; i fratelli e le sorelle germani o unilaterali. Va ricordato che la Corte Costituzionale, con la sentenza 14 novembre 2008, n. 373, ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10, comma 1, lett. c), del TUIR, relativo all’indeducibilità degli assegni periodici corrisposti al coniuge per il mantenimento dei figli. Secondo la Consulta l’assegno alimentare, dal punto di vista quantitativo è un minus rispetto a quello di mantenimento, ed è pertanto erroneo ritenere che debbano avere il medesimo trattamento fiscale. L’obbligo di mantenimento è, infatti, espressione del dovere di solidarietà familiare sancito dall’art. 30 Cost. ed assolve la funzione di consentire il pieno sviluppo della personalità dei figli, l’obbligo alimentare sussiste, invece, solo ove non vi sia obbligo di mantenimento ed assolve la diversa funzione di assistenza familiare, in quanto è diretto esclusivamente ad ovviare allo stato di bisogno ed all’incapacità dell’alimentando di farvi fronte. 10. Altri oneri deducibili Possono essere dedotti dal reddito complessivo: le indennità per perdita dell’avviamento, corrisposte per disposizioni di legge al conduttore in caso di cessazione della locazione di immobili urbani adibiti ad usi diversi da quello di abitazione; le somme corrisposte a dipendenti chiamati ad adempiere funzioni presso gli uffici elettorali in ottemperanza alla legge; le somme restituite al soggetto erogatore, se hanno concorso a formare il reddito in anni precedenti; con le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 174 legge 27 dicembre 2013, n. 147) viene stabilito che, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, l’ammontare, in tutto o in parte, non dedotto nel periodo d’imposta di restituzione può essere portato in deduzione dal reddito complessivo dei periodi d’imposta successivi; in alternativa, il contribuente può chiedere il rimborso dell’imposta corrispondente all’importo non dedotto secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze; il 50% delle spese sostenute dai genitori adottivi per l’espletamento della procedura di adozione disciplinata dalle disposizioni contenute nel Capo I del Titolo III, legge 4 maggio 1983, n. 184; 26 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI le erogazioni liberali in denaro per il pagamento degli oneri difensivi dei soggetti ammessi al patrocinio a spese dello Stato, anche quando siano eseguite da persone fisiche; il controvalore in denaro dei beni immobili vincolati di rilevante interesse paesaggistico e ambientale donati allo Stato o ad altri enti previsti dalla legge (legge n. 394/1991), allo scopo di assicurare la conservazione del bene. La deduzione è consentita nel limite massimo del 25% del reddito imponibile; le erogazioni liberali in denaro effettuate a favore di università, fondazioni universitarie e di istituzioni universitarie pubbliche, degli enti di ricerca pubblici, ovvero degli enti di ricerca vigilati dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ivi compresi l’Istituto superiore di sanità e l’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, nonché degli enti parco regionali e nazionali. Come precisato con la circolare 19 agosto 2005, n. 39/E, tale deduzione, introdotta dall’art. 14, comma 7, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, riguarda le liberalità erogate a favore dei seguenti soggetti: università; fondazioni universitarie ex art. 59, comma 3, legge 23 dicembre 2000, n. 388, regolamentate con il D.P.R. 24 maggio 2001, n. 254; istituzioni universitarie pubbliche; enti di ricerca pubblici; fondazioni e associazioni regolarmente riconosciute a norma del D.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, aventi per oggetto statutario lo svolgimento o la promozione di attività di ricerca scientifica. Questi enti dovranno essere individuati, però, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca; enti di ricerca privati, sottoposti a vigilanza da parte del Ministero dell’istruzione e dell’università e della ricerca; Istituto superiore di sanità (ISS); Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL); enti parco regionali e nazionali. Aliquote 1. Aliquote IRPEF (art. 11, D.P.R. n. 917/1986); 2. Esenzioni IRPEF; 3. Contributo di solidarietà (art. 2, commi 1, 1-bis e 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138) 1. Aliquote IRPEF (art. 11, D.P.R. n. 917/1986) Sul reddito imponibile si applicano le aliquote IRPEF che, attualmente, sono le seguenti: FISCO 2014 27 IRPEF – ASPETTI GENERALI DA EURO A EURO ALIQUOTA 0,00 15.000,00 23% 15.000,01 28.000,00 27% 28.000,01 55.000,00 38% 55.000,01 75.000,00 41% 75.000,01 43% 2. Esenzioni IRPEF 2.1. Pensionati con redditi sino a 7.500 euro L’art. 11, comma 2, D.P.R. n. 917/1986 prevede che l’IRPEF non è dovuta, qualora al reddito complessivo concorrano esclusivamente redditi di pensione di importo non superiore a 7.500 euro, redditi di terreni di importo non superiore a 185,92 euro. Il limite di pensione di 7.500 euro, come indicato dalla norma, deve essere riferito all’intero anno. Pertanto, in caso di possesso di redditi di pensione percepiti per un periodo inferiore all’anno, fermo restando la sussistenza delle altre condizioni richieste dalla norma, l’esonero spetta solo se il reddito, rapportato all’intera annualità risulta uguale o inferiore al predetto limite. 2.2. Redditi fondiari non superiori a 500 euro Se alla formazione del reddito complessivo concorrono soltanto redditi fondiari di cui all’art. 25, D.P.R. n. 917/1986 di importo complessivo non superiore a 500 euro, l’imposta non è dovuta. Tale disposizione, introdotta dall’art. 1, comma 13, legge 24 dicembre 2007, n. 244, si applica a decorrere dal periodo d’imposta 2007. 3. Contributo di solidarietà (art. 2, commi 1, 1-bis e 2, D.L. 13 agosto 2011, n. 138) In considerazione dell’eccezionalità della situazione economica internazionale e tenuto conto delle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, a decorrere dal 2011 e fino al 2013 (ma anche oltre, se la situazione economica lo richiede è stato istituito un contributo di solidarietà, dovuto sul reddito complessivo IRPEF di importo superiore a 300.000 euro lordi annui, del 3% sulla parte eccedente il predetto importo. Ai fini della verifica del superamento del limite di 300.000 euro rilevano anche i redditi di lavoro dipendente dei dipendenti pubblici soggetti al contributo del 5%10%, al lordo della riduzione ivi prevista (art. 9, comma 2, D.L. n. 78/2010, convertito con modificazioni, nella legge n. 122/2010) e i trattamenti pensionistici (c.d. “pensioni d’oro”) soggetti al contributo di solidarietà di analogo tenore al lordo del contributo di perequazione (art. 18, comma 22-bis, D.L. n. 98/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111/2011). 28 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI Va ricordato che la Corte costituzionale, con sentenza 8-11 ottobre 2012, n. 223 (pubblicata sulla G.U. 17 ottobre 2012, n. 41 - Prima serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro, l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 2, D.L. n. 78/2010; pertanto, tale norma non incide più ai fini della verifica del calcolo. Il contributo di solidarietà, le cui modalità operative sono state rese note con il D.M. 21 novembre 2011, non si applica sul reddito dei dipendenti pubblici e alle c.d. pensioni d’oro soggetti ai contributi di cui sopra. Il contributo di solidarietà è deducibile dal reddito complessivo prodotto nello stesso periodo d’imposta ovvero in base al principio di competenza. Nel caso di dipendenti, è il sostituto d’imposta a determinare l’ammontare del contributo, in sede di conguaglio di fine anno, e a trattenerlo ai fini del versamento (entro il giorno 16 del mese successivo a quello in cui è stata effettuata la trattenuta). Successivamente, la predetta disciplina ha subito alcune modifiche ad opera del c.d. “decreto Monti” (art. 24, comma 31-bis, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201) al fine di prevedere l’incremento del contributo di perequazione sui trattamenti pensionistici più elevati ivi previsto, fissandolo al 15% per la parte eccedente i 200.000 euro. Il contributo di solidarietà, pertanto, è stato rideterminato nel modo seguente: 5% per gli importi da 90.000 a 150.000 euro; 10% per gli importi da 150.000 a 200.000 euro; 15% per gli importi oltre i 200.000 euro. Per quanto riguarda i versamenti, con la risoluzione 9 gennaio 2012, n. 4/E sono stati istituiti i seguenti codici tributo: versamento con modello F24: 1618 - Contributo di solidarietà di cui all’art. 2, comma 2, D.L. n. 138/2011, trattenuto dal sostituto d’imposta a seguito delle operazioni di conguaglio di fine anno; versamento con modello F24 Enti Pubblici: 145E - Contributo di solidarietà di cui all’art. 2, comma 2, D.L. n. 138/2011, trattenuto dal sostituto d’imposta a seguito delle operazioni di conguaglio di fine anno. Come previsto per il saldo IRPEF, anche il contributo di solidarietà deve essere versato entro il 16 giugno dell’anno di presentazione della dichiarazione. Non sono dovuti versamenti in acconto mentre è possibile anche avvalersi della compensazione e della rateizzazione fino al mese di novembre. 3.1. Bocciatura da parte della Corte costituzionale Si segnala, comunque, che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 5 giugno 2013, ha stabilito che è incostituzionale la norma della manovra estiva del 2011 che impone il prelievo straordinario del 5-10% sulle pensioni oltre i 90-150 mila euro dal 2011 al 2014. 3.2. Contributo sulle pensioni d’oro La legge di stabilità 2014 (art. 1, comma 590 legge 27 dicembre 2013, n. 147) ha riproposto il contributo di solidarietà pari al 3% sulla parte eccedente il reddito FISCO 2014 29 IRPEF – ASPETTI GENERALI complessivo di 300.000 euro, introdotto dal D.L. n. 138/2011, per gli anni 2014, 2015 e 2016. Tale contributo è deducibile ai fini Irpef e delle addizionali locali. Detrazioni e deduzioni per familiari a carico 1. Definizione di familiari a carico; 2. Computo delle detrazioni; 3. Detrazioni per coniuge a carico; 4. Detrazione per figli a carico; 5. Detrazione per famiglie numerose (art. 1, comma 15, legge 24 dicembre 2007, n. 244); 6. Detrazione per altre persone a carico 1. Definizione di familiari a carico Le detrazioni spettano per i “familiari a carico”. Si considerano a carico, i seguenti soggetti: il coniuge non legalmente ed effettivamente separato; i figli, compresi quelli naturali riconosciuti; i figli adottivi e gli affidati o affiliati; i genitori, gli adottanti, i generi, le nuore, i suoceri, i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, che convivano con il contribuente o percepiscano assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria. Lo status di familiare a carico è riconosciuto se nel corso dell’anno i predetti soggetti hanno posseduto un reddito complessivo non superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili, computando: le retribuzioni corrisposte da enti e organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica; il reddito d’impresa o di lavoro autonomo assoggettato ad imposta sostitutiva in applicazione del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità (vecchi “contribuenti minimi” di cui all’art. 27, commi 1 e 2 D.L. n. 98/2011); il reddito d’impresa e di lavoro autonomo soggetto ad imposta sostitutiva sulle nuove attività produttive (art. 13 Legge n. 388/2000); il reddito dei fabbricati assoggettato ad imposta sostitutiva sulle locazioni (c.d. “cedolare secca”); la quota esente prevista per i redditi di lavoro dipendente prestato all’estero in zone di frontiera e in altri Paesi limitrofi, nel caso in cui la prestazione venga fornita in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da soggetti residenti in Italia (c.d. “lavoratori frontalieri”). Si ricorda che nel reddito complessivo va compreso anche il reddito dei fabbricati assoggettato alla cedolare secca sulle locazioni. 30 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI 2. Computo delle detrazioni L’importo delle detrazioni deve essere rapportato ai mesi dell’anno per i quali i familiari sono rimasti a carico e competono dal mese in cui si sono verificate a quello in cui sono cessate le condizioni richieste. Le detrazioni per coniuge e figli a carico spettano anche se questi risiedono all’estero. Esempio Nel caso di matrimonio avvenuto il 21 ottobre, la detrazione per coniuge a carico spetta per tre mesi. 3. Detrazioni per coniuge a carico Per il coniuge a carico non legalmente ed effettivamente separato è prevista una detrazione teorica variabile da zero a 800 euro secondo tre diverse modalità di determinazione dell’importo in concreto spettante, corrispondenti a tre classi di reddito. In particolare, è previsto che: 1) se il reddito complessivo non supera 15.000 euro, dalla imposta lorda si detraggono 800 euro, diminuiti del prodotto tra 110 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra reddito complessivo e 15.000 euro. Inoltre è previsto che: se il rapporto tra il reddito complessivo e 15.000 (Reddito Complessivo/15.000) è uguale a “1”, la detrazione compete nella misura fissa di 690 euro; se, invece, tale rapporto è uguale a “0” la detrazione non compete; negli altri casi e, quindi, nelle ipotesi in cui detto rapporto dia un risultato compreso tra zero e uno, lo stesso va assunto considerando le prime quattro cifre decimali. Tale calcolo è espresso dalla seguente formula: 800 – [110 x (Reddito Complessivo / 15.000)] Gli importi indicati dalla norma, di 800 e 110 euro, devono essere rapportati al periodo in cui il coniuge è stato a carico; 2) se il reddito complessivo è superiore a 15.000 euro ma non a 40.000 euro, dall’imposta lorda si detraggono 690 euro. Inoltre, la detrazione spettante è aumentata di un importo che varia a seconda del reddito complessivo, nel seguente modo: REDDITO COMPLESSIVO (IN EURO) INCREMENTO DETRAZIONE (IN EURO) Da A 29.000,01 29.200,01 34.700,01 35.000,01 35.100,01 29.200,00 34.700,00 35.000,00 35.100,00 35.200,00 FISCO 2014 10 20 30 20 10 31 IRPEF – ASPETTI GENERALI Il riferimento contenuto nella norma alla “detrazione spettante” implica che gli importi aggiuntivi devono essere assunti nell’intero ammontare indicato senza essere rapportati al periodo in cui il coniuge è stato a carico; 3) se il reddito complessivo è superiore a 40.000 euro ma non a 80.000 euro dall’imposta lorda si detraggono 690 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 40.000 euro. Se il rapporto è uguale a “0”, non spetta alcuna detrazione. Per determinare la detrazione effettiva il risultato del rapporto deve essere considerato assumendo le prime quattro cifre decimali. Tale calcolo è espresso dalla seguente formula: 690 x [(80.000 – Reddito Complessivo) / 40.000] 4. Detrazione per figli a carico A partire dal 1° gennaio 2013, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2013 (art. 1, comma 483 legge n. 228/2012) dall’imposta lorda si detraggono per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, i seguenti importi teorici: 950 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 800 euro); 1.220 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 900 euro) per ciascun figlio di età inferiore a tre anni. Inoltre, la detrazione teorica è aumentata di un importo pari a: 400 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 220 euro), per ogni figlio portatore di handicap ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104; 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo, per i contribuenti con più di tre figli a carico. Pertanto, la detrazione teorica sarà: 1.620 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 1.120 euro) per un figlio minore di tre anni portatore di handicap; 1.820 euro (sino al 31 dicembre 2012 erano 1.320 euro), per un figlio minore di tre anni portatore di handicap che sia a carico con altri tre fratelli. Così come previsto in precedenza, le detrazioni per figli spettano a prescindere dall’età del figlio e dalla convivenza di questo con i genitori, ferma restando la sussistenza della condizione del limite di reddito. Le detrazioni previste dalla norma sopra riportate sono solo teoriche in quanto, per determinare gli importi effettivamente spettanti, occorre calcolare il rapporto tra 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro e moltiplicarlo per la detrazione teorica. Pertanto, la formula è la seguente: Detrazione teorica x (95.000 – Reddito Complessivo) / 95.000 In presenza di più figli l’importo di 95.000 euro è aumentato, sia al numeratore che al denominatore del rapporto, per ogni figlio successivo al primo, di 15.000 euro. 32 FISCO 2014 IRPEF – ASPETTI GENERALI Ad esempio, in caso di due figli, l’importo di 95.000 euro è aumentato di 15.000 euro (110.000), nel caso di tre figli è aumentato di 30.000euro (125.000) e così via. L’importo così aumentato deve essere considerato con riferimento a tutti i figli, compreso il primo, e deve essere assunto interamente senza effettuare alcun ragguaglio al periodo in cui i figli sono a carico. Occorre, invece, ragguagliare l’ammontare della detrazione teorica, eventualmente maggiorato in ragione delle condizioni e del numero dei figli, con riferimento ai mesi in cui il figlio è stato a carico e dell’eventuale ripartizione tra i genitori. Inoltre, le detrazioni non competono se il rapporto è pari a zero o minore di zero (reddito complessivo uguale o maggiore di 95.000 aumentato degli ulteriori importi riferiti al numero dei figli) ovvero quando il rapporto è uguale a uno (reddito complessivo pari a zero). Negli altri casi, il risultato si assume nelle prime quattro cifre decimali. Le maggiorazioni spettanti in ragione del numero dei figli si applicano per l’intero anno, a prescindere dal momento in cui si verifica l’evento che dà diritto alla maggiorazione stessa. Esempio di calcolo Due figli interamente a carico di un solo genitore, con reddito complessivo pari a 20.000 euro, per 12 mesi, di cui il primo maggiore di tre anni e l’altro minore di tre anni. Detrazioni teoriche: 950 (figlio maggiore di tre anni) + 1.220 (figlio minore di tre anni) = 2.070 Detrazione spettante: 2.170 x [(95.000 + 15.000) – 20.000] : [95.000 +15.000] = 1.775,28 4.1. Ripartizione della detrazione tra i genitori Secondo le disposizioni in vigore dal 1° gennaio 2007, diversamente da quanto consentito in precedenza, i genitori non possono ripartire liberamente tra loro la detrazione per figli a carico in base alla convenienza economica. Per i genitori non legalmente ed effettivamente separati la detrazione per figli a carico è ripartita, in via normativa, nella misura del 50% ciascuno. Il criterio secondo cui la detrazione è attribuita ai genitori in eguale percentuale può essere derogato nella sola ipotesi in cui i genitori stessi si accordino per attribuire l’intera detrazione a quello dei due che possiede il reddito complessivo di ammontare più elevato. Attraverso la previsione di tale accordo, il legislatore ha inteso, in linea di principio, evitare che, a causa dell’incapienza dell’imposta dovuta da uno dei genitori, il nucleo familiare perda in tutto o in parte il beneficio fiscale previsto per i figli a carico. È possibile, tuttavia, dar corso all’accordo anche in assenza di tale condizione “di incapienza” poiché la norma, nel consentire l’attribuzione dell’intera detrazione al genitore con il maggior reddito, non vi fa espresso riferimento. Per i genitori legalmente ed effettivamente separati ovvero in caso di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la ripartizione della detrazione tra i genitori è diversamente disciplinata a seconda che sia stabilito o meno l’affidamento congiunto dei figli. FISCO 2014 33