Chiara, Caldwell, Deledda

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Chiara, Caldwell, Deledda
PIERO CHIARA
Piero Chiara nasce il 23 Marzo 1913 a Luino. Il suo primo
romanzo, pubblicato nel 1962 è "Il piatto piange", libro nel
quale lo scrittore rievoca la Luino degli anni '30, una piccola
cittadina del Lago Maggiore, che diviene simbolo
dell'atmosfera sonnolenta e grottesca della vita (forse a mio
parere si può fare un confronto con Alberto Moravia).
Riporto uno stralcio tratto da "Il piatto piange".
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Si giocava d'azzardo in quegli anni, come si era sempre giocato,
con accanimento e passione; perchè non c'era, né c'era mai
stato a Luino altro modo per poter sfogare senza pericolo
l'avidità di danaro, il dispetto verso gli altri e, per i giovani,
l'esuberanza dell'età e la voglia di vivere. Nei paesi la vita è
sotto la cenere. Per vivere come si vorrebbe da giovani ci vuole
danaro; e di danaro ne corre poco. Allora si gioca per
moltiplicarlo e si finisce col fare del gioco un fine, una manìa
nella quale si stempera la noia dei pomeriggi e delle sere. Non
ci si accorge che a due passi, fuori della finestre, c'è il lago e la
campagna. Si sta legati ai tavoli a denti stretti e neppure si
pensa che lo studio, o un mestiere qualsiasi, potrebbero
rompere quell'inceppo che si maledice e si adora, e aprire una
strada nel mondo a chi nascendo si è trovato davanti l'acqua
del lago e dietro le montagne, quasi a indicare che per uscire
dal paese bisogna compiere una traversata o una salita, fare
uno sforzo insomma senza sapere se ne valga la pena.
Erskine Caldwell
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Erskine Caldwell: "Il piccolo campo" (1933)
Capitolo I pagina 7
"La terra si smosse in cima e scivolò, per alcuni metri, sul fondo della
buca. Tai Tai se ne arrabbiò talmente che rimase, con la sua pala in
mano e sprofondato sino alle ginocchia nella terra rossa, a bestemmiare
e bestemmiare tutto il bestemmiabile.
I ragazzi, però, intendevano interrompere il lavoro ormai. Il pomeriggio
volgeva alla fine, ed era dalle prime luci dell'alba ch'essi si trovavano
dentro quella buca a scavare.
Tai Tai guardò Shaw, guardò Buck.
"Perchè diavolo fottuto questa porcheria doveva scivolare qui dentro
proprio mentre si cominciava ad andare in fondo?" disse.
I suoi occhi mandavano fiamme, e prima che l'uno o l'altro dei ragazzi
potesse rispondere, egli sollevò la pala e la scagliò, con tutta la sua
forza, contro la parete della buca. Si contentò di questo. Altre volte,
invece, si lasciava portare dal rancore a tal punto che magari afferrava
un bastone e bastonava la terrà finchè non gli veniva meno il fiato.
Buck si prese le ginocchia con le mani e si tirò fuori le gambe dalla terra
crollata, poi si sedette per togliersi la sabbia dalla scarpe. Pensava,
facendo questo, alla grande massa di sabbia e argilla che avrebbero
dovuto spalar via dalla buca prima di rimettersi a scavare. Shaw, da
parte sua, si rivolse al padre e disse: "Era tempo che si cominciasse a
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scavare una buca nuova. Abbiamo scavato per due mesi dentro a
questa, e non ne abbiamo ricavato altro che fatica. Ne sono stufo di
questa buca qui."
Sedette anche Tai Tai, e si fece vento col cappello. Non c'era aria là in
fondo.
"Il guaio con voialtri," egli disse, "è che non avete pazienza."
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"La via del tabacco" (1958)
Capitolo I, pagina 7
Con un sacco di rape d'inverno sulla schiena, Lov Bensey veniva avanti a
fatica, affondando i piedi nella sabbia bianca della via del tabacco
sconvolta dalle piogge. Aveva dovuto faticare, per quelle rape: era una
camminata lunga e noiosa fino a Fuller, andata e ritorno.
Lov aveva udito il giorno prima che un uomo laggiù vendeva rape a
mezzo dollaro il sacco, e quella mattina era partito con mezzo dollaro
in tasca per acquistarne. Aveva camminato già sette miglia e mezzo, e
un miglio e mezzo ancora lo separava dalla sua casa presso la carbonaia.
Quando Lov posò il sacco e si fermò davanti alla casa, cinque o sei dei
Lester lo guardavano, immobili, da ogni angolo dell'aia. Spiavano Lov
da quando era stato avvistato un'ora prima sulla duna di sabbia, a quasi
due miglia; e adesso che era infine vicino erano decisi a non lasciargli
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quelle rape.
Lov, che aveva oltre a sé una moglie da sfamare, stava bene attento a
tener lontani i Lester dalle rape. Generalmente, quando passava davanti
alla casa dei Lester con rape o patate dolci, o con qualsiasi altra
provvista, a un mezzo miglio circa dalla casa Lov faceva un gran giro nei
campi, per riprendere la strada cinquecento metri più in là. Ma quel
giorno doveva fare a Jeeter un discorso molto importante: perciò si era
avvicinato alla casa più di quanto avesse mai fatto quando portava rape
o patate dolci.
Qualche info su Erskine Caldwell! :D
Mio Padre penso abbia quasi tutti i romanzi di questo scrittore, che è
riposto su uno scaffale in fondo, vicino a Steinbeck, sotto i Classici
Greci. Devo dire la verità, non l'ho mai letto. L'ho ripescato ieri, perchè
mio Padre amava molto Caldwell, e alcuni dei libri di questo scrittore
glieli ho regalati io; per un periodo, li avevano messi in vendita a
pochissimo al mercatino dell'usato, e così avevo comprato per lui quelli
che gli mancavano, insieme ai libri di Grazia Deledda (altra Autrice che
riporterò).
Mio Padre li ha arricchiti con alcune note critiche, che riporto qui,
magari possono far piacere a chi già ama Caldwell, se dovesse capitargli
di trovare questo scritto :D
Erskine Caldwell è nato a White Oak, in Georgia nel 1903 da un pastore
presbiteriano. In gioventù fu raccoglitore di cotone, operaio in una
raffineria d'olio, macchinista di teatro, cuoco in un ristorante delle
ferrovie, portiere di una squadra di football in Pennsylvania. Dal
principio, i suoi primi romanzi passarono inosservati; "La via del
tabacco" ("Tobacco Road") fu il romanzo che lo fece diventare famoso, a
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cui seguì lo "scandaloso" (a quel tempo) "Il piccolo campo" ("God's little
acre", 1933).
Altri libri di Caldwell sono:
- Il bastardo (1930)
- Un povero scemo (1930)
- Il predicatore vagante (1935) (conosciuto anche col titolo "Il pellegrino
del Diavolo")
- The sacrilege of Alan Kent (1936)
- Furore di luglio (1940)
- Il fiume caldo (1940)
- Tutta la notte (1942)
- Ragazzo di Sycamòre (1947)
- Terra tragica (1944)
- Casa sull'altopiano (1946)
- La mano di Dio (1947)
- Questa nostra terra (1951)
- Un luogo chiamato Estherville (1948)
- Episodio in Palmetto (1950)
- La lampada della sera (1952)
- Amore e soldi (1954)
- Gretta (1955)
- Giorni sulla costa del golfo (1956)
- Molly Cottontail (1958)
- Claudelle Inglish (1958)
- Jenny e Milo (1961)
- Close to home (1962)
- The last night of summer (1963)
- Miss Mamma Aimee (1967)
- Summertime Island (1969)
- Vento sul fienile (1969)
- Medora (1971)
- Annette (1973)
In realtà, ci sono anche molte raccolte di racconti, inchieste e saggi sulle
condizioni i vita dei "poveri negri" e dei "poveri bianchi" del Sud.
"Il piccolo campo" è una storia molto comune, sullo sfondo della
Georgia solare, solcata da immense piantagioni: uomini che lottano, che
amano, che muoiono, gente che paga con la vita il prezzo della propria
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povertà.
(Nota di Lunaria: chissà, si potrebbe fare un confronto con il nostro
Verga e i suoi romanzi e racconti sui contadini del 1800!)
Paolo Mauri sul "Venerdì" così parla di Caldwell:
"C'è una bella dosa di violenza nel Piccolo campo di E. Caldwell e chi
non lo hai mai letto resterà sorpreso per come l'autore sa descrivere
l'esplodere degli istinti e di quelli sessuali in primo luogo. Siamo in
Georgia all'epoca della Grande Depressione e assistiamo alla folle
impresa della famiglia di Tai Tai Walden che da quindici anni scava
buche nella propria fattoria convinto di trovare l'oro [...] La fame, la
miseria e la morte circolano per tutto il libro, insieme all'ingenuità. [...]
Il romanzo, ora riproposto da Fazi nella traduzione di Luca Briasco, fece
a suo tempo molto scandalo e Caldwell finì persino in prigione. Poi
divenne un classico."
Questo è il commento tratto da "La via del tabacco", Edizione Arnoldo
Mondadori Editore, Traduzione di Maria Martone (1964).
"Il mondo statico e amaro della Georgia, che Caldwell conosce così bene
e che gli dette materia per il famoso "Southern Cyclorama" (Ciclo del
Sud), trova in quest'opera la sua espressione più alta e avvincente. Il
senso della disperazione, la miseria, l'incredibile fanatismo religioso non bisogna dimenticare che Caldwell è nato in Georgia e che è figlio di
un pastore presbiteriano - fanno dei personaggi de "La via del tabacco"
esseri allucinati, assurdi, addirittura grotteschi. Nella tragedia di uomini
e donne cui la fame fa sembrare boccone delizioso una panciuta rapa,
tipi come sorella Bessie e Dude, che arrancano sulla vecchia Ford in
cerca di impossibili guadagni e di neofiti, non rappresentano certo
l'eccezione. Del resto l'enorme successo della riduzione teatrale prima e
del film poi attesta la potenza di questi "poveri bianchi" per i quali il
lettore proverà anche pietà ma che sopratutto gli rimarranno
incancellabili nella memoria."
"I personaggi della "Via del tabacco" sono "poveri bianchi" della
Georgia, caratterizzati da quell'ottusità egoistica che scaturisce da
un'estrema miseria materiale e morale. Al centro della vicenda è la
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famiglia Lester: la moglie Ada, la cui unica aspirazione è avere un
vestito alla moda e un cappello nuovo, la vecchia nonna, sempre alla
ricerca di cibo e tabacco, Pearl, atterrita dal marito a cui il padre l'ha
venduta, Dude, il figlio un po' minorato e Bessie, predicatrice e moglie
di Dude. Ma su tutti campeggia il capofamiglia Jeeter che si ostina a
coltivare cotone rifiutandosi di andare a lavorare in fabbrica, dove
potrebbe guadagnare abbastanza."
Riporto ancora qualche stralcio da "La via del tabacco".
"Lo sapevo che il Signore non mi avrebbe lasciato scivolare e cadere
nella mani del Diavolo!" urlava Jeeter ballando intorno alla sedia di
Bessie. "Lo sapevo! Lo sapevo! Io sono stato sempre dalla parte di Dio,
anche nei momenti più neri! Sapevo che Egli mi avrebbe tirato fuori
dall'inferno prima che fosse troppo tardi. Io non sono un peccatore per
natura, sorella Bessie; è tutta colpa del vecchio Diavolo che mi spinge
sempre verso il male. Ma non lo farò più! Voglio andare in Cielo quando
muoio."
"Non vuoi darmi una rapa, Jeeter?" disse Bessie. "Non ho avuto molto da
mangiare in questi ultimi tempi. Qualche volta penso che non è giusto,
ma i tempi sono duri, sia per i buoni che per i cattivi. I buoni non
dovrebbero essere perseguitati come meritano continuamente i cattivi."
"Non credo che il Signore tenesse molto a Jeeter, disse sorella Bessie. Jeeter dev'essere stato un gran peccatore in gioventù, perchè il Signore
non è stato buono con lui come con me. Il Signore ci conosce bene
tutti, sa quando siamo buoni e quando abbiamo dentro il Diavolo.
- Bè', ormai non ha più molta importanza- disse Lov. - Jeeter è morto e
non si tormenterà più per la passione di coltivare la sua terra"
(Nota di Lunaria: qui credo che si possa fare un parallelo col
personaggio di Mazzarò, nella novella verghiana "La roba")
"Però Ada è morta senza avere addosso un vestito alla moda, disse Lov.
-Speravo che ci sarebbe riuscita. è un vero peccato, ma ormai non
importa più. Il fuoco le ha bruciato sul corpo il suo vecchio vestito ed è
stata sepolta come Dio l'aveva fatta. [...] in un certo senso, le cose sono
andate bene anche per lei. Ada non ha saputo che sarebbe morta senza
un vestito alla moda."
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Grazia Deledda
Grazia Deledda nacque a Nuoro il 27 settembre del 1871.
Il primo racconto -la Deledda comunque, fu in gran parte autodidatta- è
"Sangue sardo" pubblicato nel luglio 1888, sulla rivista "L'ultima moda";
ad agosto, pubblica "Remigia Helder". L'anno seguente pubblica, a
puntate, "Memoria di Fernanda".
I critici -stranamente!- l'accolgono subito con entusiasmo. Persino
Verga e Capuana parlano di lei (Capuana curerà una recensione per il
romanzo "La via del male"); e così negli anni, la Deledda pubblica
racconti e romanzi: "Nell'azzurro", "Anime oneste", le poesie "Paesaggi
sardi", "Elias Portolu","Cenere", "L'edera", "Marianna Sirca", "Il Dio dei
viventi" e molti altri. Nel 1926 Grazia Deledda è insignita del nobel per
la Letteratura: dopo Carducci , è la seconda volta che il riconoscimento
veniva assegnato a un italiano.
Muore a Roma -dove si era stabilita da tempo- il 16 agosto 1936.
"Cosima, quasi Grazia" l'ultimo romanzo, resta incompiuto, e viene
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ristampato come "Cosima".
Come si può facilmente intuire, i suoi racconti, d'ambientazione
regionale sarda, suscitarono subito scandalo; la stessa Deledda in una
lettera riporta la sua amarezza: "Credevo di far onore e piacere ai miei
compatrioti...; si figuri dunque il mio dolore, il primo dolore che provai
allorchè, comparsi alla luce quei racconti, per poco non venni lapidata
dai miei conterranei. Si pretese di conoscere i tipi... mi coprivano di
maldicenza, di ingiurie, di ridicolo, arrivando persino a dire che altri
scriveva nell'ombra ed io non facevo che firmare."
(Nota di Lunaria: in tempi più recenti, anni '90, anche Lara Cardella,
l'Autrice di "Volevo i pantaloni" ha subito critiche e ostilità simili).
Da "Canne al vento" (1913) , capitolo sesto.
"Nei tempi di carestia, cioè nelle settimane che precedono la raccolta
dell'orzo, e la gente, terminata la provvista del grano, ricorre all'usura,
la vecchia Pottoi andava a pescare sanguisughe. Il suo posto favorito era
una insenatura del fiume sotto la Collina dei Colombi presso il
poderetto delle dame Pintor. Stava là ore ed ore immobile, seduta
all'ombra di un ontano, con le gambe nude nell'acqua trasparente
verdognola venata d'oro; e mentre con una mano teneva ferma sulla
sabbia una bottiglia, con l'altra si toccava la collana. Di tanto in tanto si
curvava un poco, vedeva i suoi piedi ondulare grandi e giallastri entro
l'acqua, ne traeva uno, staccava dalla gamba bagnata un acino nero
lucente che vi si era attaccato e lo introduceva nella bottiglia
spingendovelo giù con un giunco. L'acino si allungava, si restringeva,
prendeva la forma di un anello nero: era la sanguisuga.
Un giorno, verso la metà di giugno, ella salì fino alla capanna di Efix.
Faceva un gran caldo e la valle era tutta gialla sotto il cielo d'un azzurro
velato.
Il servo intrecciava una stuoia, all'ombra delle canne, con le dita che
tremavano per la febbre di malaria; vedendo la vecchia che gli si sedeva
ai piedi con la bottiglia in grembo, sollevò appena gli occhi velati e
attese rassegnato, quasi sapesse già quello che ella volesse da lui."
Un commento critico al titolo: "Canne al vento è in questo senso
un'opera esemplare: induce, già nel titolo, un'inconfondibile immagine
dell'aspro ed essenziale paesaggio dell'isola, ma evoca nel contempo
l'immagine universale, "biblica" dell'uomo, fragile e oscillante creatura
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battuta dalla sorte, ma sempre tentata da un conforto diretto con la
forza potente di una misteriosa Giustizia. Forse dopo aver letto il
romanzo, molti lettori avranno l'impressione, che in Sardegna non si va,
ma dalla Sardegna si viene."
PDF DEDICATO ALLA MEMORIA DI
MIO PADRE
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