Vento largo (60)

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Vento largo (60)
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Vento largo (60)
“I libri sono batterie che non si scaricano mai, non hanno neppure bisogno di sole o vento per
generare energia”. (Il libro è una bella storia, Marcos Y Marcos)
Con la primavera e il numero (60) di Vento largo, diciamo che i libri, i dischi, gli incontri (sempre più
numerosi) non sono un premio di consolazione piuttosto un semplice modo per osservare la realtà e per
viverla un po’ meglio. Senza pretese, per carità, perché alla fine un bicchiere di vino non ce lo neghiamo, ma
anche con la consapevolezza di aver inaugurato e continuato una piccola (importante) tradizione.
(libri)
Tom Waits, Il fantasma del sabato sera, minimum fax
Dice uno dei suoi intervistatori, Jeff Burger: “Il mondo di Waits non è quello in cui vive, ma quello di cui ha
letto e che immagina e descrive nelle sue canzoni e nella sua poesia. I suoi amici non sono gli editori, gli
scrittori, gli agenti delle serate e i manager dei club che lo circondano, ma tutti i Jack Kerouac, gli Allen
Ginsberg e i Lenny Bruce che vivono nella sua testa”. Qui rispondono tutti all’appello, in un libro che è Tom
Waits al 100%.
Valerio Varesi, Il rivoluzionario, Frassinelli
Bologna, dalla fine della seconda guerra mondiale al 1980, l’anno della strage alla stazione. Un lungo
periodo di transizione (non ancora finito direbbe qualcuno) che travolge vite, idee e speranze: Oscar
Montuschi, che ha combattuto da partigiano, vorrebbe un mondo che si identifichi negli ideali per cui ha
imbracciato le armi e si ritrova a distinguere ombre sempre più ingannevoli. Con una prosa limpida, Valerio
Varesi racconta una storia d’Italia ancora da comprendere. Generoso e toccante.
Carson McCullers, La ballata del caffè triste, Einaudi
“Tutti i personaggi di Carson McCullers sono accomunati da una medesima ossessione: la loro esistenza, fino
all’ultimo istante, consiste nel’innamorarsi di una speranza, destinata a svanire” ha detto uno dei massimi
letterati mondiali, Harold Bloom e deve essersi ispirato proprio a La ballata del caffè triste. Attorno alla bottega
di Miss Amelia, nel sud degli Stati Uniti, la distinzione l’eterna battaglia tra tenebre e redenzione svela una
voce tormentata e indimenticabile.
Roger Vercel, Tempesta, Nutrimenti
Il suo primo passo nella storia questo romanzo lo fece quando lo raccolse Primo Levi, primo libro che
riuscì ad aprire dopo l’agghiacciante prigionia ad Auschwitz. E’ la storia del capitano Renaud,
comandante del Cyclone, rimorchiatore specializzato in salvataggi nelle acque burrascose davanti alla
Bretagna. In una notte tempestosa, il capitano deve prendere il mare per accogliere un cargo greco. Una
missione che gli cambierà la vita. Un grande romanzo, da riscoprire.
Erskine Caldwell, Il piccolo campo, Bompiani
A raccontare l’America rurale, della Grande Depressione e della norma sopravvivenza sono stati John
Steinbeck, Woody Guthrie, John Ford ed Erskine Caldwell, non meno importante: Il piccolo ca mpo,
ambientato nelle immense piantagioni della Georgia, racconta la stessa lotta per difendere la propria
dignità anche nella durezza e nella fatica della povertà. Un classico, ormai, da accostare senza esitazioni
a La via del tabacco, il suo capolavoro.
(dischi)
Boz Scaggs, Memphis, Universal
Boz Scaggs, una lunghissima carriera partita con Steve Miller e approdata a Donald Fagen, si è sempre
distinto per la raffinatezza e la qualità della musica che ha affrontato e il suo ritorno, con Memphis, non fa che
ribadire lo stile e la classe. Un sound elegante (il produttore è il batterista Steve Jordan) e un paio di omaggi
all’indimenticabile Willy DeVille lo rendono un disco bello e intenso.
Nick Cave, Push The Sky Away, Bad Seed Ltd.
Dopo l’esperienza nuda e cruda dei Grinderman, Nick Cave sembra riprendere le fila del suo lato più
romantico e affascinante, quello delle ballate di No More Shall We Part, magari riviste con un tocco di sonorità
più levigate e moderne. Push The Skay Away è un disco dalle qualità notevoli, a partire dal songwriting molto
ispirato: le canzoni sono tutte memorabili, con We No Who U R già in cima alle preferenze di quest’anno.
Otis Taylor, My World Is Gone, Telarc
Con una continuità che non ha nulla da chiedere o da invidiare a bluesman con nomi più rinomati, Otis
Taylor continua a percorrere le strade di vite e storie dolorose, da quelle con radici afroamericane a
quelle, come in questo caso, che affondano nel passato dei nativi americani. Non a caso sono
rappresentati qui da Mato Nanji degli Indigenous, che canta e suona la chitarra e la sua collaborazione
aggiunge, se possibile, un tocco di qualità in più all’epopea di Otis Taylor.
Francesco Villani, Il premio di consolazione, Universal Music Jazz
La prova in trio di Francesco Villani affronta la prova in trio, con il contrabbassista danese Jesper
Bodilsen e suo fratello Pierluigi, esplora sonorità che vanno da da Henry Mancini a Bruno Lauzi, tutte
rilette ed eseguite secondo la sensibilità da jazzista che emerge nel suo stile pianistico. Il premio di
consolazione ha tutte le caratteristiche per portarlo a consolidare una già notevole reputazione
internazionale.
Aa. Vv., Son Of Rogue's Gallery, Anti
Il secondo capitolo della galleria di canzoni di pirati e altre creature marine è ancora più emozionante di
quello che inaugurava la saga prodotta da Hal Willner: con protagonisti come Tom Waits, Keith Richards,
Iggy Pop, Nick Cave, Patti Smith, Sean Lennon non poteva essere diversamente, ma Shane McGowan che
canta Leaving For Liverpool da solo vale il prezzo, sia per la sua voce (sembra Jack Sparrow in persona) sia per il
coro di ubriachi attorno. Grande musica.
(promemoria)
Un altro grande ritorno a Zig Zag: sabato 9 marzo Daniele Tenca (con Leo Ghiringhelli alla chitarra)
presenta il suo nuovo disco Wake Up Nation!, ed è un appuntamento da non mancare!
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