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Sarà il jackfruit a risolvere il problema della
fame nel mondo
Originario dell’India, dove viene considerato il frutto dei poveri, è ricco di carboidrati e sali
minerali. E arriva a pesare fino a 30 chili. Cotto ha sapore di porchetta
di Elisabetta Curzel | Corriere della Sera |
Il jackfruit. Dall’alto a sinistra in senso orario: il frutto intero, tagliato con i semi, gli arilli
shadow
Si chiama jackfruit (Artocarpus heterophyllus) e potrebbe essere un’ottima risposta alimentare ai
cambiamenti climatici. Originario delle pendici meridionali indiane dell’Himalaya, questo frutto - il
più grande in natura tra quelli che crescono sugli alberi - è attualmente diffuso in tutto il sud-est
asiatico, sulla costa settentrionale dell’Australia, su quella atlantica del Brasile e in altre regioni
tropicali.
Sapore tra ananas e porchetta
Le sue caratteristiche sono curiose, a partire dal gusto: grande per dimensioni (pesa fino a 30 chili),
da fresco sa di ananas e mela, mentre cotto ha un sapore che viene paragonato a quello della
porchetta. Ma la cosa più interessante del jackfruit (che in italiano prende in prestito il nome
portoghese di giaca) è la sua composizione. Polpa e semi, entrambi edibili, costituiscono una ricca
fonte di carboidrati e contengono potassio, calcio e ferro. Secondo Shyamala Reddy, biotecnologa
all’Università di scienze agrarie di Bangalore (India), «mangiando da dieci a dodici arilli (la parte
esterna del seme, ndr) di giaca al giorno, non si ha bisogno di altri alimenti per mezza giornata».
In India è il frutto dei poveri
Il jackfruit, purtroppo, non è profeta in patria: viene considerato un frutto da povera gente, e
nonostante il governo indiano stia facendo sforzi per la sua promozione, ancora si stenta ad
accettarlo come proposta alimentare. Altri Paesi, come Sri Lanka e Vietnam, gli riservano invece
tutt’altra accoglienza: l’industria alimentare, oltre a proporlo fresco, trasforma il giaca in farina, in
pasta, in gelato, in papad (una sorta di chips croccante, utilizzata come snack o come contorno), e lo
commercializza anche inscatolato. Nei paesi emergenti, sostiene Danielle Nierenberg, presidente di
Food Tank, organizzazione no profit che si occupa di promuovere un’agricoltura sostenibile per
combattere la fame nel mondo, il jackfruit è una coltivazione da promuovere perché «è facile da
coltivare, resiste a parassiti, malattie, alte temperature e siccità, e viene incontro alle sfide continue
che i coltivatori di queste aree del pianeta devono affrontare per contrastare i cambiamenti
climatici».
L’alternativa
Per un pianeta che continua a puntare su tre grandi coltivazioni (riso, mais e grano), sempre meno
produttive a causa del riscaldamento globale, il jackfruit potrebbe risultare provvidenziale.