I racconti del Comandante Ep. 1

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I racconti del Comandante Ep. 1
I racconti del Comandante Ep. 1
DATA STELLARE
MTHM.41LUGLIO.MY.2239
Quando ero piccolo, la televisione trasmetteva una serie di fantascienza di cui non ricordo più il
nome, che parlava di un’astronave che esplorava le infinità della nostra galassia. Mi sembrava una
cosa strana. Gli esseri umani avevano già messo piede sulla Luna e su Marte, ma pensare che si
potesse arrivare in pianeti distanti anche mille anni luce dalla Terra, mi apparivs altamente
improbabile. Eppure, oggi, che so bene come quei colori sgargianti, quelle storie piene di alieni e
quei coraggiosi astronauti, non sono del tutto frutto della fantasia; oggi, mi rendo conto che sono
diventato quello che sono diventato, solo ed esclusivamente per quelle storie che guardavo in
televisione, da bambino.
Ho rubato parecchie idee a quella visione, ormai così obsoleta, del futuro. La prima fu quando,
novello ingegnere aeronautico, appena assunto dall’Ente Spaziale, mi chiesero di studiare un modo
per misurare il tempo nello spazio. In effetti lo chiesero al mio capo, Simmons, un megalomane
burocrate che a quei tempi comandava l’Ufficio Statistica e Cosmologia, un essere viscido e poco
incline all’onestà con cui avrei avuto tragicamente a che fare nel prosieguo della mia carriera.
Questi, era estremamente contrariato che al suo dipartimento fosse stata affidata una questione così
irrisoria come quella del “tempo nello spazio”. Oltretutto, mi odiava. Avevo lasciato dietro di me,
all’Accademia, un suo inutile nipote di nome Jack, il quale era stato spedito in Siberia a pulire i
retrorazzi d’accensione delle navicelle spaziali, mentre io, con il mio punteggio, ero finito a San
Francisco, in uno dei dipartimenti più prestigiosi.
“Cosa importa a noi come si misura il tempo nello spazio? In minuti, ore, giorni e anni!”, mi disse
sbattendo un pugno sulla sua lussuosa scrivania di mogano, risalente ai tempi in cui il legno veniva
usato in scala industriale per costruire mobili.
“Capisco, signore…Ma io cosa posso fare?”, chiesi intimidito da quel gesto d’ira.
“Te ne occuperai tu…Sei abbastanza pivello per portare a termine il compito in modo
adeguatamente scrupoloso”.
“Pivello, signore?”.
“Pivello, inesperto…E’ un gergo del passato…”.
“Comprendo perfettamente…Ma, in sostanza, cosa debbo fare?”.
“Viaggiando per lo spazio si perde di vista la classica scansione del tempo terrestre, in quanto il
Sole muta il suo punto di riferimento…Almeno così dicono i capoccia di Astrofisica, e vorrebbero
realizzare un calendario spaziale standard valido per ogni occasione…”.
“Già…”, mormorai e mi misi subito al lavoro.
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L’idea del calendario spaziale non era del tutto nuova, come detto, in quell’antica serie televisiva
che mi appassionava tanto, si parlava di Data Stellare.
Un meccanismo di misurazione del tempo che, però, in nessuno degli episodi era mai stato spiegato.
Ma il concetto, che ché ne dicesse Simmons, era giusto. Avevamo una base sulla Luna, ne stavamo
costruendo una su Marte e intorno all’orbita di Titano. Tre luoghi decisamente distanti dalla Terra e
dalla sua scansione temporale eliocentrica. Bisognava assolutamente concepire un’idea di
misurazione standard del tempo. Ma come?
Come si misura il tempo sulla Terra? Un anno è il tempo che la Terra impiega per girare intorno al
Sole, e un mese è scandito dalle fasi Lunari. Qual è il Sole della Luna che è solo un satellite? Mi
arrovellai per giorni in quella considerazione.
La cosa che mi dava maggiormente fastidio, non era tanto la difficoltà del mio incarico, quanto
l’assoluto pressappochismo con cui esso era visto. Subito divenni lo zimbello dei miei colleghi che
mi chiamavano Gregorio XIII, in ricordo del papa che aveva rivoluzionato il calendario terrestre.
Per non parlare di Simmons, il quale mi escludeva sistematicamente da ogni missione interessante
con la scusa che io stavo lavorando “alla nuova visione del futuro e del tempo”, e giù una lunga
serie di risate da parte di tutti i presenti.
Comunque, fu solo dopo quasi un mese che mi venne l’idea. Stavo guardando il cielo dal balcone di
casa mia. Abitavo in un residence nella periferia sud di San Francisco. La Luna era particolarmente
limpida e si riuscivano a vedere gli edifici costruiti dall’uomo, sulle soglie del lago Armstrong.
C’ero stato solo due volte, entrambe per un volo di addestramento. Era stata la concretizzazione dei
sogni di una vita. Poi, nulla più. Il nostro satellite aveva continuato a girare intorno alla Terra ed io
intorno al mio problema: trovare un modo per misurare il tempo nello spazio. “Girare intorno alla
Terra!”, pensai. “La Luna gira intorno alla terra…Compie la rivoluzione siderale in poco più di 27
giorni e quella sinodica in poco più di 29….”, continuavo a snocciolare nozioni di geografia
astronomica da scuola primaria. “Quindi, volendo riflettere bene sulla cosa, è la Terra il Sole della
Luna…”, mi dissi. Risi, e già, risi io prima che Simmons ridesse su questa mia folle considerazione.
Eppure qualcosa di interessante c’era, me ne resi conto nonostante la pressante morsa di ridicolo
che si impadronì di me.
L’indomani ne parlai subito con un mio collega di origine svedese che lavorava nel settore
astrofisica. Era più grande di me di quasi dieci anni, ma mi voleva bene, anche perché era stato
alunno di mio padre e amico, se sapete cosa intendo per amico, di mia sorella Mary. Lo chiamavo
ancora Vic, lo chiamai così per quasi due lustri, poi avvenne quello che avvenne…Vic fu molto
gentile con me e ascoltò cosa avevo da dire con pazienza ed interesse.
“Quindi, ho pensato che se la Terra sta al Sole come la Luna sta alla Terra, il mese lunare può
essere simile all’anno solare…”.
“Beh, è un modo come un altro di intendere le cose…”.
“Lo so, è un modo ridicolo…”, dissi io mettendomi a sedere su una poltrona in stile fine XX secolo,
un design che stava lentamente tornando di moda. “Ma vedi, Vic, sono disperato. Simmons mi ha
dato questo incarico per tenermi lontano dalle missioni più interessanti…Per umiliarmi…”.
“E perché mai dovrebbe umiliarti?”, mi chiese mentre studiava una carta astronomica.
“Per via di Jack, non sopporta che io sia qui e lui in Siberia a pulire astronavi…”.
“Jack è un incapace, il fatto che sia nipote di Simmons non l’assolve di certo…”
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“…Tu sai com’è Simmons, però…Nepotista, arrogante e ambizioso…”.
“Capisco, ma cosa conti di fare?”.
“Conto di condurre in porto questa maledetta missione e basta…Vuole che misuri il tempo, lo
farò…Un mese varrà un anno, un giorno un’ora, un’ora…Ecco, un’ora varrà quello che varrà…”,
gridai e mi alzai di scatto facendo cadere uno strano contenitore di plastica perfettamente bianca,
levigata e smussata.
“Stai attento, mi distruggi la collezione di soprammobili d’epoca, questo è un contenitore per
alimenti datato 1971…”, disse Vic correndo a soccorrere il suo prezioso monile.
“Fiuuu…”, fischiai con ammirazione. “Più di 140 anni! Dove lo hai preso?”.
“Quando mi sono reso conto che stava tornando di moda quest’epoca ho dato carta bianca al mio
antiquario…”.
“…Allora, cosa ne pensi della mia idea?”.
“Cosa ne penso? Incarico ridicolo, soluzione ridicola, idea ridicola…”.
“Così non mi aiuti molto”, dissi allargando le braccia.
“Ti aiuto tanto quanto basta, del resto tu sei un tipo che ti sai cavare dai guai da solo, ti saprai
sempre cavare da guai…”.
A pensarci bene, dopo tutto quello che è successo, queste parole sanno un po’ di beffa e molto di
premonizione. Ma tant’è. Mi inventai allora quel pazzo calendario. L’anno lunare sarebbe durato 28
giorni (la media tra rivoluzione siderale e sinodica); i mesi sarebbero durati due giorni l’uno, tranne
gennaio, marzo, maggio e luglio, che invece sarebbero durati tre giorni. Ogni mese sarebbe stato
composto da ore, quindi un mese di due giorni, avrebbe avuto 48 ore; un mese di tre, 72. Il
capodanno lunare sarebbe stato il primo luglio; luglio per ricordare la conquista della luna. E dal
luglio 1969 si sarebbe iniziato a contare il nuovo calendario. Presentai una bozza dell’idea a
Simmons. Posso giurare ancora ora che lo vidi ridere sotto i baffi. Mi immagino che solleticò subito
l’idea di farmi buttar fuori dal suo dipartimento e chiamare al mio posto quel suo inutile nipote
Jack.
“Mi faccia capire…”, mi disse giocando come il gatto fa con il topo. “Oggi è il 18 aprile 2110,
secondo il suo calendario, sarebbe?”.
“Il diciotto di un mese corrisponderebbe, grosso modo, al mese di luglio lunare, sono le 12
antimeridiane, ebbene sarebbe il 60 luglio 1825…”.
“Caspita…”, sogghignò Simmons. “Comunque, passerò la sua proposta a chi di dovere, può
ritirarsi…”.
Quando chiusi la porta dietro le mie spalle sentii distintamente ridere. Una proposta che faceva
ridere. Ma faceva ridere anche me, quindi perché mi stupivo che ridesse il mio diretto superiore?
Comunque, non seppi più nulla per la cosa per circa tre giorni. Poi, mentre una mattina mi
gingillavo con il mio nuovo rasoio sonico in perfetto stile XX secolo, ricevetti una chiamata da Vic.
Il suo sguardo amabile e bonario che mi accolse nello schermo mi mise subito di buon umore; fui
meno attratto dalle sue parole.
“Vedo che hai comprato il nuovo Philips-Broun di ultima generazione, mi compiaccio con il tuo
gusto…”.
“La tua fissazione per il design di questo periodo è ossessionante, cosa vuoi Vic?”.
“Mi ha chiamato Walter Ross dalla Commissione Generale per le Attività Spaziali…”.
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“E allora?” chiesi spazientito.
“Hanno letto la tua proposta di datazione, uno della Commissione ha anche aggiunto che in calce
alla stessa dovrebbe essere aggiunto: Spazio Ultima Frontiera…Capisci la battuta?”.
“La capisco…”, mormorai scotendo il capo. Era il ritornello con cui iniziava quell’antica serie
televisiva che mi appassionava tanto da bambino.
“Volevano la tua testa…”.
“Non mi stupisco…”.
“…Ma li ho convinti che la tua proposta non è poi così ridicola come sembra!”.
“Ed è questo quello che pensi?”, domandai stupito.
“…No, io penso che è molto più ridicola di quello che pare…Ma tu sei una persona troppo in
gamba per essere lasciato fuori dal progetto spaziale…”.
“Ti ringrazio per la duplice stima”, risposi ironicamente.
“Duplice?”.
“Certo, per quello che so di navi spaziali e per quello che so di calendari spaziali!”.
Vic rise garbatamente, poi si schiarì la voce per fare un piccolo ma importante annuncio.
“Lavorerai con me…Ti ho tolto dalle mani di Simmons…”.
“Grazie Vic, te ne sono grato…E per la vicenda ‘data stellare’?”.
“La utilizzeranno, con qualche modifica…Per prima cosa metteranno MY e MTHY, per indicare i
Moon Year e i Month Year, i mesi e gli anni lunari…Poi faranno altri piccoli
aggiustamenti…Certo, sulla base lunare il tuo sarà il calendario di riferimento, Gregorio XIII!”.
E’ ironico, pensare ora, come uno dei primi avvenimenti degni di nota contrassegnati con il mio
calendario porti la data 13 settembre 1999. Ironico perché, se alla base dello stesso calendario stava
il fatto che la Luna girava attorno alla Terra in circa 28 giorni, proprio quel giorno, il 1 dicembre del
2122, data terrestre, il nostro satellite smise di girare attorno al suo pianeta di riferimento. Qualcosa
in più e qualcosa in meno di un’esplosione nucleare portò la Luna fuori dalla sua orbita, lontana
nello spazio e lontanissima nel tempo. Ma quello che successe dopo lo racconterò un’altra volta.
John Koenig
Già comandante della Base Lunare Alpha
Sindaco di Alphaville
Terra Alpha.
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