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Estratto distribuito da Biblet
Jakob e Wilhelm Grimm
Le fiabe dei fratelli
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Tommaso Mainenti
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Excerpt of the full publication
Estratto distribuito da Biblet
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Copyright © 2006 Esselibri S.p.A.
Via F. Russo 33/D
80123 Napoli
Azienda con sistema qualità certificato ISO 14001: 2004
Tutti i diritti riservati.
È vietata la riproduzione anche parziale
e con qualsiasi mezzo senza l’autorizzazione
scritta dell’editore.
Titolo originale: Kinder und Hausmärchen
Autore: Jakob e Wilhelm Grimm
Traduzione e adattamento: Tommaso Mainenti
Prima edizione: marzo 2006
ISBN 88-244-7874-3
S287 - Le fiabe dei fratelli Grimm
Ristampe
8 7 6 5 4 3 2 1
2006 2007 2008 2009
Questo volume è stato stampato presso
Officina Grafica Iride
Via Prov.le Arzano–Casandrino, VII Trav., 24 – Arzano (Arzano)
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Grafica di copertina: Gianfranco De Angelis
Illustrazione di copertina: Aldo Amati
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Introduzione
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PERCHÉ LEGGERE LE FIABE
Mia nonna ogni sera mi raccontava una fiaba, davanti al camino nelle
serate invernali e sull’uscio di casa nelle fresche serate estive.
Mi piaceva ascoltarle in silenzio e immaginare…
Perché mi appassionassi tanto, allora non lo sapevo… mi bastava fantasticare a occhi aperti... in attesa del lieto fine.
Col passare del tempo ho capito il motivo...
Nelle fiabe c’è tutto, tutto quello che bisogna sapere per vivere.
Le fiabe tranquillizzano, rasserenano; anche quando sono tristi, si
aspetta da un momento all’altro che l’eroe esca vincitore, sposi la principessa dopo numerose peripezie e in seguito al superamento di prove
durissime e sfiancanti per chiunque.
Le fiabe sono efficaci metafore dell’esperienza umana, della vita e della
crescita. Insegnano che non viviamo soli, ma in un mondo dove esistono i buoni e i cattivi; ci rendono coscienti della nostra piccolezza,
delle nostre debolezze, e ci spingono a muoverci, a superare il senso
d’impotenza di fronte alle difficoltà e a trovare alleati che ci aiutino
con le loro forze magiche e non per stare in piedi da soli.
Le fiabe ci mettono sull’avviso che esiste l’imprevisto e bisogna tenere bene gli occhi aperti per non cadere nelle trappole, per superare gli
ostacoli, le situazioni conflittuali e angoscianti che gli occhi chiusi per
la paura non ci permetterebbero di vedere.
La via d’uscita c’è sempre, anche quando si presenta l’inevitabile. L’aiuto prima o poi verrà, come dopo una notte insonne e piena di incubi
la luce del mattino arriva salutare a ricordarci che il peggio è passato
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Le fiabe dei fratelli Grimm
e bisogna ricominciare, è necessario resistere, consapevoli che non
siamo i soli, ma le paure, le difficoltà sono patrimonio comune.
Le fiabe allenano a non farsi terrorizzare dagli ostacoli, ma ad affrontarli, a passarci in mezzo, perché la vita è un viaggio continuo; fermarsi significa fare il gioco del cattivo. Non è possibile diventare grandi
e autonomi, consapevoli di sé e fiduciosi nei propri mezzi senza misurarsi con le difficoltà della vita.
Gli eroi attraversano boschi, s’introducono in palazzi misteriosi, affrontano orchi. Non ci pensano due volte ad agire. Sono decisi, non
tentennano, perché sanno che alla fine vivranno felici e contenti e che,
anche se sono sconfitti, possono comunque ricominciare con la possibilità d’incontrare il Principe Azzurro o la Principessa dai capelli
d’oro. Tutto sta a non credere che, poi, il Principe o la Principessa
durino tutta la vita e non ci sia più bisogno di viaggiare e di lottare.
Ogni fiaba si conclude con la trasformazione dell’eroe che rinasce a
nuova vita, pieno di nuove energie.
I messaggi arrivano subito, perché il linguaggio è quello del bambino. I protagonisti mostrano di avere bisogni essenziali: mangiare e
bere, riposarsi e cercare di portare a casa integra la pelle; hanno senso
pratico e sanno che non bisogna inseguire false illusioni.
Anche la loro immagine o i loro caratteri sono ben definiti e quasi
mai sfumati. Si incontra un genitore affettuosissimo o malvagio e cattivo, la sorella superba, la figlia del re bellissima. Immediatamente si
riesce a comprendere la differenza fra due cose, perché è estremamente
evidente.
I personaggi simboleggiano conflitti interiori, difetti umani, ma anche
virtù e nobiltà d’animo, comunicando una visione positiva della vita.
Essi suscitano speranza nel futuro, voglia di partecipare al gioco della vita, il desiderio di giustizia. Aiutano a riconoscere sia i percorsi che
portano alla felicità, sia quelli che portano al dolore; insegnano a non
rinunciare mai, ma ad avere sempre un orientamento e uno scopo da
perseguire, coscienti delle proprie capacità e abilità e della necessità
di non smettere di sperare e crederci anche quando non si è sicuri
della vittoria.
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Introduzione
LE ORIGINI
La fiaba ha origini antichissime. Alcuni studiosi la fanno risalire al
momento di trapasso dalla società dei clan, basata sulla caccia, alle
prime comunità fondate sull’agricoltura; altri la ritengono di origine
orientale; altri ancora sostengono che ogni popolo agli albori ha inventato le proprie fiabe.
Vladimir Propp (1895-1970), studioso sovietico, sostiene che le fiabe
risalgono addirittura all’epoca preistorica e si riallacciano a usi e credenze primitivi, legati ai riti di iniziazione cui erano sottoposti i giovani nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Il ragazzo veniva
accompagnato nella foresta dove era tenuto ad affrontare e superare
alcune prove per diventare membro attivo del gruppo sociale. Dopo le
prove, ritornato al villaggio, poteva cacciare con gli uomini e sposarsi.
L’allontanamento, il bosco, le prove, la magia, il ritorno, le nozze, momenti di questo antico rito, sono infatti componenti essenziali di moltissime fiabe.
IL LINGUAGGIO E LA STRUTTURA NARRATIVA
Il linguaggio della fiaba è caratterizzato dalla presenza di espressioni
tipiche del linguaggio orale, quotidiano, informale, perché le fiabe erano trasmesse oralmente di generazione in generazione.
Dialoghi frequenti vivacizzano la narrazione. Cantilene, modi di dire,
formule fisse, come “c’era una volta” o “ vissero felici e contenti” o
“cammina, cammina”, sono elementi ricorrenti, che si ripetono sempre uguali, facili da tenere a memoria, come frequenti sono le filastrocche, brevi componimenti, con caratteristiche proprie della poesia, in particolare la rima e il ritmo. Altro elemento è l’utilizzo prevalente di voci verbali coniugate al modo indicativo imperfetto e
passato remoto.
Vladimir Propp, nelle sue opere, Morfologia della fiaba e La trasformazione nelle fiabe di magia, analizzando la struttura delle fiabe, rile5
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Le fiabe dei fratelli Grimm
va che in esse certe situazioni, certi ruoli dei personaggi si ripetono
costantemente, pur narrando vicende diverse.
In tutte le fiabe c’è sempre un eroe protagonista, un antagonista e un
aiutante che, dotato di poteri straordinari, aiuta il protagonista offrendogli mezzi magici.
Egli smontando la struttura della fiaba, ha individuato 7 ruoli fissi e
31 funzioni , cioè azioni ricorrenti, che svolgono una determinata funzione nella logica della vicenda narrata.
Non è detto che le 31 funzioni individuate da Propp debbano necessariamente comparire tutte all’interno di una stessa fiaba, ma esse
seguono un preciso ordine di successione.
Ruoli fissi:
1. l’eroe, la figura principale che si trova al centro dell’azione e ne
determina lo svolgimento; sempre solo, dotato di qualità positive, può essere perseguitato o cercatore di qualcosa;
2. l’antagonista, colui che ostacola l’eroe nel raggiungimento del
suo obiettivo, opponendosi a lui e alla realizzazione dei suoi desideri, danneggiandolo, perseguitandolo, con atti di cattiveria; è un
personaggio del tutto negativo;
3. il donatore, colui che aiuta l’eroe, dopo averlo messo alla prova,
consegnandogli l’oggetto magico;
4. l’aiutante,colui che salva l’eroe (gli aiutanti possono essere più di uno);
5. la persona ricercata, la figlia del Re;
6. il falso eroe, colui che cerca di sostituirsi all’eroe; il protagonista
deve guardarsi dai falsi aiutanti, da coloro che fingono di collaborare con lui, ma invece lo tradiscono; spesso sono figure minori
al servizio dell’antagonista;
7. il mandante, colui che affida un compito all’eroe, mandandolo
alla ricerca di qualcosa o di qualche persona.
Funzioni narrative:
1) allontanamento
2) divieto
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Introduzione
3) infrazione
4) investigazione
5) delazione
6) tranello
7) connivenza
8) danneggiamento (o mancanza)
9) mediazione
10) consenso dell’eroe
11) partenza dell’eroe
I2) l’eroe messo alla prova dal donatore
I3) reazione dell’eroe
I4) fornitura del mezzo magico
I5) trasferimento dell’eroe
16) lotta tra eroe e antagonista
17) l’eroe marchiato
18) vittoria sull’antagonista
19) rimozione della sciagura o mancanza iniziale
20) ritorno dell’eroe
2I) sua persecuzione
22) l’eroe si salva
23) l’eroe arriva in incognito a casa
24) pretese del falso eroe
25) all’eroe è imposto un compito difficile
26) esecuzione del compito
27) riconoscimento dell’eroe
28) smascheramento del falso eroe o dell’antagonista
29) trasfigurazione dell’eroe
30) punizione del falso eroe o dell’antagonista
31) nozze dell’eroe
Le funzioni principali più ricorrenti sono:
1. Situazione iniziale: non è una vera e propria funzione, ma una
sorta di “introduzione” in cui sono presentati i primi elementi
della fiaba (l’ambientazione, il protagonista ecc.).
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Le fiabe dei fratelli Grimm
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Divieto: all’eroe è dato un divieto o un ordine da rispettare.
Infrazione: il divieto viene infranto.
Danneggiamento: l’antagonista reca danno a qualcuno.
Partenza dell’eroe: l’eroe parte per l’avventura.
Esecuzione del compito: l’eroe supera le prove.
Nozze dell’eroe: il lieto fine con cui si conclude la fiaba.
Jacob e Wilhelm Grimm
I fratelli Grimm, Jacob Ludwig Karl e Wilhelm Karl, nacquero rispettivamente il 4 gennaio 1785 e il 24 febbraio 1786 a Hanau. Figli di un
giurista, trascorsero i primi anni della loro giovinezza a Steinau e frequentarono il liceo a Kassel, presso il quale entrambi insegnarono
lettere antiche.
Nel 1829 Jacob assumeva la cattedra universitaria e l’incarico di bibliotecario a Gottinga, Wilhelm lo seguiva come vice bibliotecario.
Di idee liberali, i due fratelli furono fra i sette professori di Gottinga
destituiti nel 1837 per aver partecipato alla protesta dei “Göttinger
Sieben” contro la revoca della costituzione hannoverese.
Dal 1840 vissero entrambi a Berlino. Nel 1841 furono nominati membri dell’Accademia delle Scienze di Berlino.
Wilhelm morì il 16 dicembre 1859, Jacob il 20 settembre 1863.
Jacob Ludwig Karl Grimm, scrittore e filologo, fu una delle figure più
importanti del Romanticismo. Con il fratello Wilhelm Karl diede sistemazione scientifica e metodo agli studi di germanistica (filologia, storia dei popoli germanici).
Jacob, considerato il fondatore della germanistica, è fra i due fratelli
quello che avvertiva maggiormente i problemi di natura storica e
filologica, ritenendo che nessuno studio letterario serio si potesse
intraprendere se non fosse integrato da quello della storia della lingua
e della cultura dei popoli germanici. Espresse queste sue teorie nella
fondamentale Grammatica tedesca (4 voll., 1819-1837), mentre nella
Storia della lingua tedesca (1848), espose la teoria dell’unità linguistica
indoeuropea.
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Introduzione
Altre opere importanti furono: Antichità giuridiche tedesche (1828), e il
Vocabolario tedesco (incompiuto).
Wilhelm fu collaboratore del fratello Jacob, dal quale si distinse per
una maggiore tendenza alla narrativa, attento più al fenomeno poetico
che al documento filologico.
Fu autore con il fratello delle Novelle per bambini e per la casa (18121822), una raccolta di novelle popolari, iniziata in piena occupazione
napoleonica.
I fratelli Grimm curarono personalmente sette edizioni delle loro Fiabe.
Tra la prima edizione del 1812 e l’ultima del 1857 intercorrono
quarantacinque anni, trascorsi in un costante lavoro di arricchimento
della raccolta e di cura dei testi. Complessivamente la raccolta si compone di 201 racconti e 10 Leggende per bambini di carattere religioso.
I Grimm si ripromettevano di salvare dall’oblio la grande tradizione
favolistica del Medioevo tedesco, in cui essi vedevano la testimonianza
più profonda della poesia popolare.
Essi, infatti, cercarono di non “inventare” nulla; fecero invece un’accurata opera di ricerca e documentazione di un antico patrimonio popolare tramandato verbalmente fino alla loro epoca.
Oltre a rifarsi ai propri ricordi d’infanzia, Wilhelm e Jacob recuperarono
le storie ascoltando amici, parenti, gente semplice delle diverse regioni
tedesche. Fedeli non solo alla trama ma anche al linguaggio e allo stile
dei narratori popolari, evitarono di alterare il racconto con toni
moralistici, politici o letterari, mirando a conservare la freschezza e la
magia del racconto orale.
Molte delle fiabe si ritrovano con poche varianti in altre letterature e
alcune sono diventate popolari in ogni paese del mondo.
Biancaneve, Cenerentola, Pollicino, Cappuccetto Rosso, Hänsel e Gretel, I
musicanti di Brema, Barbablù sono i protagonisti più noti di queste antiche
storie elaborate dalla fantasia popolare, accanto a una galleria di personaggi che costituiscono dei modelli, come i fanciulli savi o invidiosi o astuti, gli gnomi ingegnosi, le fate misteriose e benefiche, le streghe malvagie.
Le fiabe dei fratelli Grimm sono tra le opere più tradotte, ristampate e
diffuse della letteratura mondiale.
Raccontano di esperienze e desideri umani che vengono espressi in motivi
ricorrenti, ogni volta con combinazioni e variazioni nuove.
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Le fiabe dei fratelli Grimm
Il loro stare fuori del tempo, il loro collocarsi in una dimensione trasfigurata dove i pericoli più spaventosi vengono superati, il male punito,
la virtù ricompensata, sono probabilmente i motivi di tanto successo,
che risiedono negli stessi modelli esemplari dell’infanzia.
A completamento della grande opera dei fratelli Grimm è da porre La
saga tedesca degli eroi (1829), eccellente raccolta di tutte le antiche
leggende eroiche tedesche.
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Pollicino
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C’era una volta un povero contadino che una sera se ne stava accanto
al fuoco e badava ad attizzarlo mentre la moglie filava.
«Che peccato», disse, «non aver bambini! Nelle case degli altri c’è baccano e allegria, la nostra invece è proprio un mortorio».
«Sì» disse la moglie sospirando, «anche se fosse uno solo e piccino
piccino, non più grande di un pollice, sarei contenta lo stesso e noi gli
vorremmo tanto bene».
Ed ecco, accadde che la donna si facesse cagionevole di salute e dopo
sette mesi mettesse al mondo un bambino perfettamente formato ma
non più lungo di un dito pollice. Lei disse:
«È come quello che ci avrebbe contentato,sarà il nostro amato figliolino»,
e per la sua statura lo chiamarono Pollicino. Non gli facevano mancare
il cibo, ma il bambino non cresceva; restò com’era appena nato, anche
se i suoi occhi erano intelligenti e ben presto si dimostrò un cosino svelto e giudizioso a cui riusciva tutto quello che faceva.
Un giorno che il contadino stava per andare nel bosco a far legna,
disse così tra sé: «Almeno ci fosse qualcuno che dopo mi portasse il
carro!».
«Oh, babbo» esclamò Pollicino «a portarvi il carro ci penso io; contateci pure, lo troverete nel bosco quando vi occorrerà». L’uomo si mise
a ridere:
«Come vuoi fare» disse «sei troppo piccolo per tenere le briglie».
«Non fa niente se sono piccolo; basterà che la mamma attacchi, io mi
metterò dentro l’orecchio del cavallo e gli dirò dove deve andare».
«Bèh» disse il padre «per una volta proviamo».
Quando fu il momento, la madre attaccò e sistemò Pollicino nell’orecchio del cavallo. Il piccolo diceva al cavallo dove andare gridando «Uh»
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Le fiabe dei fratelli Grimm
e «Oh», «Arrì» e «Là», tutto filava a meraviglia proprio come se ci fosse stato il carrettiere e il carro imboccò proprio la strada che portava
al bosco.
Ma ecco, mentre nel curvare a una cantonata (1) il piccolo gridava
«Arrì, arrì» due forestieri sopraggiunsero dalla parte opposta.
«Caspita» disse uno «questa poi! C’è un carro tirato da un cavallo e si
sentono le grida del carrettiere, ma il carrettiere non si vede».
«Qui c’è qualcosa sotto», disse l’altro, «andiamo dietro al carro e guardiamo dove si ferma».
Il carro entrò nel bosco e arrivò proprio nel punto in cui era stata
spaccata la legna. Allora Pollicino gridò al padre:
«Hai visto, babbo, che sono arrivato col carro? Ora mettimi giù».
Il padre prese il cavallo con la sinistra e con la destra gli tirò fuori
dall’orecchio il figliolino, che tutto allegro andò ad accoccolarsi su un
filo di paglia. A questa scena i due forestieri restarono senza parole
per la meraviglia. Poi uno prese l’altro da parte e gli disse:
«Senti, quel tipettino potrebbe far la nostra fortuna, basterebbe portarlo in una grande città e mostrarlo a pagamento; dobbiamo comprarlo». Andarono dal contadino e gli proposero:
«Vendici l’ometto, con noi si troverà bene».
«No» disse il contadino «è il mio tesoro e non lo venderei per tutto
l’oro del mondo».
Ma Pollicino, quando sentì la proposta gli si issò su una spalla arrampicandosi su una piega della giacca e di lì gli sussurrò all’orecchio:
«Babbo, dammi pure via, tanto vedrai che ritorno».
Allora il padre lo cedette per una bella somma di denaro ai due uomini.
«Dove ti vuoi mettere? » chiesero al piccolino.
«Ah, mettetemi pure sulla tesa (2) del cappello, lì potrò sgranchirmi
un po’ le gambe a passeggiare e ammirare il panorama senza pericolo
(1) cantonata: angolo formato dai muri (2) tesa: parte sporgente del cappello che
esterni di una casa fra una strada e l’altra. gira intorno alla base della cupola.
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Pollicino
di cascare». Fecero come voleva e dopo che Pollicino ebbe preso congedo dal padre si avviarono. Camminarono fino a quando, al crepuscolo, il piccolino disse:
«Mettetemi giù, ho un bisogno urgente».
«Resta pure su» rispose quello che lo portava sulla tesa «non mi fa
specie (3), anche gli uccelli ogni tanto lasciano andar giù qualcosa».
«No» disse Pollicino «conosco la buona creanza (4), mettetemi a terra
alla svelta». L’uomo si tolse il cappello e depose il piccolino su un campo
lungo la strada; e il piccolino, dopo aver saltellato un po’ qua e là insinuandosi tra le zolle, all’improvviso sparì dentro una tana di topo che
intanto aveva adocchiato. «Buonanotte signori miei» gridò di lì «proseguite pure senza di me» e si fece una bella risata alle loro spalle.
Quelli accorsero e armati di bastoni, frugarono anche dentro la tana
di topo, ma fu fatica sprecata: Pollicino si ritirava sempre più giù, e
siccome era ormai quasi buio, ai due non restò che tornarsene pieni
di rabbia e con le tasche vuote da dove erano venuti.
Quando Pollicino fu sicuro che se ne fossero andati, riemerse dal suo
corridoio sotterraneo.
«È pericoloso camminare al buio per i campi» disse «come nulla ci si
rompe uno stinco o l’osso del collo». Ma fortuna volle che inciampasse in un guscio vuoto di lumaca.
«Dio sia lodato» disse «qui passerò la notte al sicuro» e ci si sistemò.
Poco dopo, proprio mentre stava per addormentarsi, sentì passare due
uomini; uno diceva: «Come faremo a pigliargli tutti i suoi soldi e tutto
il suo argento a quel riccone del parroco?».
«Potrei dirtelo io» si intromise Pollicino.
«Che succede?» esclamò spaventato uno dei ladri. «Ho sentito qualcuno parlare». Si fermarono tendendo l’orecchio e Pollicino riprese:
«Portatemi con voi e io vi aiuterò».
«Ma dove sei?».
«Guardate in basso e ascoltate da dove viene la voce» rispose.
(3) non mi fa specie: non mi disturba, non (4) creanza: educazione.
mi meraviglia.
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Le fiabe dei fratelli Grimm
Alla fine i ladri lo trovarono e lo sollevarono da terra.
«Sentilo!» dissero «quest’aggeggino ci vuol aiutare».
«Ecco» ribattè lui «io m’infilo tra le sbarre dell’inferriata ed entro nella camera segreta del parroco, poi vi passo quello che volete».
«Suvvia (5) » dissero «vedremo di cosa sei capace».
Quando arrivarono alla parrocchia, Pollicino s’insinuò nella camera,
ma subito gridò con quanto fiato aveva: «Volete tutto quello che c’è
qui dentro?».
I ladri impauriti risposero: «Parla piano, così svegli tutti».
Ma Pollicino fece come se non avesse sentito e gridò di nuovo:
«Insomma, cosa volete? Volete tutto quel che c’è?».
Lo sentì la cuoca che dormiva nella stanza accanto: si mise a sedere
sul letto e tese l’orecchio. I ladri però, spaventati, si ritirarono; ma poi
si rifecero coraggio e pensando che il piccolino si prendesse gioco di
loro, tornarono sui loro passi e gli sussurrarono:
«Adesso fa’ sul serio e deciditi a passarci qualcosa». E Pollicino gridò
più forte che mai:
«Io vi darò tutto, voi badate a tender le mani».
Queste parole le udì distintamente la serva in ascolto, che saltò giù dal
letto e spalancò di colpo la porta. I ladri se la dettero a gambe; correvano come se avessero il diavolo alle calcagna e la serva, non vedendo
nulla di sospetto, andò a prendere un lume. Col lume guardò poi in
tutti gli angoli senza trovare nulla, perché intanto Pollicino se l’era
squagliata nel fienile, e tornò a letto pensando di aver sognato a occhi
aperti e orecchie stappate.
Arrampicatosi tra i fili di fieno, Pollicino si era trovato il posto adatto
per una dormita; pensava di riposarsi un po’ e rimettersi in cammino
appena giorno. Ma prima di tornare dai suoi genitori lo aspettavano
altre avventure. Eh sì, ce n’è di tribolazioni e affanni a questo mondo!
La serva si era alzata che non era ancora giorno fatto per governare
(6) le bestie, e per prima cosa andò nel granaio dove prese una brac(5) Suvvia: forza, su; esprime impazienza (6) governare: accudire.
o esortazione.
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Pollicino
ciata di fieno. La prese proprio dove si era sdraiato a dormire il povero
Pollicino che dormiva sodo e non si accorse di nulla. Si svegliò solo
quando fu nella bocca della mucca che l’aveva arraffato (7) insieme
al fieno.
«Dio mio» gridò «come ho fatto a finire nel follatoio (8)» ma poi capì
dov’era. L’importante, lì, era evitare di finire tra i denti e venir masticato; ma poi gli toccò scivolare giù nello stomaco. «In questo stanzino
si sono dimenticati di fare le finestre» disse «il sole non ci arriva e non
ci portano nemmeno un lume». L’alloggio non gli piaceva per niente,
ma la cosa peggiore era che dalla porta continuava a entrar fieno e di
posto ce n’era sempre meno. Alla fine fu colto dalla paura e gridò più
forte che poté:
«Non me ne portare più di fieno! Non me ne portare più!». La serva
stava mungendo la mucca, e quando sentì parlare senza veder nessuno, anzi con la stessa voce che aveva sentito la notte, si spaventò talmente che cadde dallo sgabellino e versò tutto il latte, poi corse a precipizio dal padrone gridando:
«Santo cielo, signor parroco, la mucca ha parlato».
«Sei ammattita» rispose il parroco, però andò nella stalla a vedere
cosa succedeva. E ci aveva appena messo piede che Pollicino gridò di
nuovo: «Non portarmene più di fieno, non portatemene più». Allora
si spaventò anche il parroco, pensò che nella mucca fosse entrato uno
spirito maligno e ordinò di ammazzarla. Fu macellata, e lo stomaco
dov’era infilato Pollicino fu buttato nel letamaio; per lui fu una bella
fatica riuscire a farsi strada nel budello, ma alla fine ce la fece; solo
che, proprio mentre stava per sbucar fuori con la testa, ne successe
un’altra. Entrò un lupo affamato e in un sol boccone ingoiò stomaco e
tutto. Bèh, Pollicino non si perse d’animo; “chissà” pensò “che il lupo
non mi dia retta” e dalla pancia gli gridò:
«Caro lupo, io so dove puoi farti una magnifica scorpacciata».
(7) arraffato: afferrato.
(8) follatoio: attrezzo usato per pigiare
l’uva.
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Le fiabe dei fratelli Grimm
«E tu dimmelo» disse il lupo.
«In una casa così e così» rispose Pollicino e gli descrisse per filo e per
segno la casa paterna «dalla grondaia ci entrerai di soppiatto e troverai focacce, lardo e salcicce a volontà».
Il lupo non se lo fece dire due volte, entrò in casa di notte per la grondaia e nella dispensa trovò di che riempirsi la pancia finché ce n’entrò. Quando fu sazio fece per andarsene, ma era diventato così grosso
che per uscire non poté fare la stessa strada che aveva fatto per entrare. Proprio su questo aveva contato Pollicino, che cominciò a dimenarsi, agitarsi con gran baccano e a strepitare a più non posso nella
pancia del lupo.
«Stai zitto » disse il lupo «finirai per svegliare tutti».
«Eh» disse il piccolino «tu hai mangiato a crepapelle, voglio la mia
parte di spasso anch’io» e ricominciò a strillare con tutte le sue forze
daccapo. Alla fine suo padre e sua madre si svegliarono, corsero alla
dispensa e guardarono dentro da uno spiraglio. Come videro che c’era
un lupo corsero via, l’uomo a prendere la scure e la donna la falce.
«Resta dietro» disse l’uomo mentre entravano «se dopo che l’ho colpito non è ancora morto, tocca a te; gli devi tagliare la pancia». Intanto Pollicino, udendo la voce di suo padre, gridò:
«Babbo mio, sono qui, nella pancia del lupo».
Allora il padre disse tutto contento: «Dio sia lodato, abbiamo ritrovato il nostro bambino», dopodiché alzò il braccio e sferrò un colpo tale
alla testa del lupo che lo stese morto. Marito e moglie andarono poi a
prendere forbici e coltello, gli tagliarono la pancia e tirarono fuori il
piccolino.
«Ah» esclamò il padre «quanto siamo stati in pena per te!».
«Eh sì, babbo, di giri per il mondo ne ho fatti parecchi; ma adesso
grazie a Dio respiro di nuovo aria buona». «Ma dove sei stato?».
«Ah, babbo, sono stato in una tana di topo, in uno stomaco di mucca e
in una pancia di lupo, adesso però resto con voi».
«E noi non ti rivenderemo mai per tutto l’oro del mondo» dissero i
genitori abbracciando e baciando il loro caro Pollicino. Gli dettero da
mangiare e da bere e lo rivestirono da capo a piedi perché in viaggio
tutto quello che aveva addosso si era rovinato.
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Affrontiamo il testo
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■
Chi sono i protagonisti della fiaba?
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■
Quale desiderio aveva la moglie del contadino?
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■
Perché il figlio che finalmente nasce viene chiamato “Pollicino”?
4
■
Pollicino riesce a convincere il padre a guidare il carro col cavallo. In che modo poi lo conduce?
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5
■
Che cosa fanno i due forestieri quando vedono il carro senza
carrettiere?
❏ Perché mette sempre in bocca il dito pollice
❏ Perché non è più lungo di un dito pollice
❏ Perché ha un piccolo dito pollice
❏ Seguono il carro
❏ Assalgono il carro
❏ Si mostrano poco interessati
6
■
Il padre accetta l’offerta dei due forestieri, ma Pollicino lo convince a tenerlo con sé.
Indica con una crocetta se quest’affermazione è:
❏ vera
❏ falsa
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Excerpt of the full publication
Estratto distribuito da Biblet
Le fiabe dei fratelli Grimm
7
■
Perché i due forestieri sono costretti a proseguire il viaggio
senza Pollicino?
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8
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Pollicino, mentre sta dormendo nella conchiglia, ascolta i discorsi di due uomini: rispondi alle seguenti domande.
• Quali discorsi fanno i due uomini?
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• In che modo Pollicino promette di aiutarli?
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• Perché i due uomini sono scettici sulla riuscita del progetto di Pollicino?
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• Che cosa fa Pollicino quando raggiunge la stanza del parroco?
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9
■
Perché Pollicino si risveglia nella bocca della mucca?
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10 Pollicino finisce nello stomaco di un lupo. In che modo riesce a
■
uscirne?
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Pollicino / esercizi
11 Come si conclude la storia?
■
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Riflettiamo sul contenuto
1
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Pollicino è piccolo ma ha molte qualità. Individuale ed elencale.
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2
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I due forestieri che propongono al padre di comprare Pollicino
lo fanno perché interessati o disinteressati?
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3
■
“Nelle case degli altri c’è baccano e allegria, la nostra invece è
proprio un mortorio”, dice il marito alla moglie. Spiega perché
l’uomo fa questa affermazione.
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4
■
Pollicino viene definito un bambino molto giudizioso. Esaminando i suoi comportamenti, condividi questo giudizio?
❏ Sì
❏ No
Spiega il perché della tua valutazione.
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Estratto distribuito da Biblet
Le fiabe dei fratelli Grimm
La piccola guardiana d’oche ..................................................... Pag. 133
Biancaneve .................................................................................
» 143
L’Acqua dell’eterna giovinezza .................................................
» 157
Il vecchio nonno e il nipotino ..................................................
» 167
L’oca d’oro ..................................................................................
» 171
Il coraggioso piccolo sarto .......................................................
» 179
Re Bazzaditordo.........................................................................
» 193
I dodici fratelli ...........................................................................
» 203
I figli d’oro ..................................................................................
» 213
Unocchina, Pardocchina e Trisocchina ...................................
» 223
I musicanti di Brema .................................................................
» 235
Biancarosa e Rosarossa ............................................................
» 243
I tre omini nel bosco .................................................................
» 255
Il gatto con gli stivali .................................................................
» 265
Lo spirito nella bottiglia ...........................................................
» 275
288
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Estratto distribuito da Biblet
rin
bi
ti
la
Leggere per conoscere
nuovi mondi e per riflettere su cose già conosciute. Leggere per perdersi
nei labirinti dell’immaginazione e, attraverso la
finzione letteraria, capire
i problemi del mondo che
ci circonda. Leggere per
“sentirsi convinti che ogni
libro degno di questo nome rappresenta una concentrazione, un compendio e una forte semplificazione di cose complicate”.
(H. Hesse)
Le fiabe dei fratelli Grimm
Con la loro raccolta di fiabe,
i fratelli Grimm si ripromettevano di salvare dall’oblio
la grande tradizione favolistica del Medioevo tedesco,
in cui essi vedevano la testimonianza più profonda della poesia popolare. Oltre a
rifarsi alla tradizione tedesca
raccolsero anche fiabe di
altri paesi europei. Fedeli
alla trama, ma soprattutto
allo stile, mirarono a conservare la freschezza e la magia
del racconto orale. Si rac-
contano esperienze e desideri umani attraverso motivi
ricorrenti, ogni volta con
combinazioni e variazioni
nuove. Principesse, principi,
gnomi, fate, streghe, matrigne, sorellastre, animali parlanti animano queste storie
meravigliose ambientate in
boschi incantati e castelli
fantastici.
Le fiabe dei fratelli Grimm
sono tra le più tradotte, ristampate e diffuse della letteratura mondiale.
Excerpt of the full publication
iva pe
collana di narr at
r la scuola media
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