I REatI In matERIa DI ImmIGRazIonE ClanDEStIna

Transcript

I REatI In matERIa DI ImmIGRazIonE ClanDEStIna
Capitolo VII
I Reati in materia
di Immigrazione Clandestina
Sommario: 1. Il testo unico in materia di immigrazione: le disposizioni penali. - 2. Falsità in titolo di soggiorno.
– 3. Mancata esibizione del documento di identificazione e del permesso di soggiorno. - 4. I reati in materia di immigrazione clandestina. – 5. Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello stato. – 6. Favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina. – 7. Favoreggiamento della permanenza illegale.
– 8. Fornitura di alloggi e contratti abitativi contra legem. – 9.Violazione dell’ordine di allontanamento del
Questore. – 9. Permanenza o reingresso illegali a fronte di un nuovo ordine di allontanamento.
1. Il testo unico in materia di immigrazione: le disposizioni penali
Il d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286 contiene al suo interno la disciplina del fenomeno
migratorio.
Le disposizioni penali che vengono in rilievo riguardano tre categorie di illeciti:
i reati concernenti le esigenze di identificazione (falsità in titolo di soggiorno
ex art. 5; omessa esibizione dei documenti identificativi ex art. 6); i reati in materia
di immigrazione clandestina (ingresso e soggiorno illegale ex 10-bis, i reati di cui
all’art. 12 e quelli previsti dagli artt. 22 co. 12 e 24 co. 6); i reati concernenti il provvedimento di espulsione (illegale permanenza nel territorio dello stato ex art. 14 co.
5-ter e 5-quater).
La normativa in questione, nel suo testo attuale, è il frutto di una serie di ripetuti interventi di riforma, tra i quali si ricordano in particolare la l. 30 giugno 2002, n. 189 (cd.
legge Bossi-Fini) e la l. 24 luglio 2009, n. 94. L’ultima normativa ha inasprito fortemente
un corpus legislativo già improntato ad una certa severità, con l’obiettivo di punire le
violazioni in maniera esemplare, a fini chiaramente deterrenti.
2. Falsità in titolo di soggiorno
Stabilisce il comma 8-bis dell’art. 5 T.U. “Chiunque contraffà o altera un visto di
ingresso o reingresso, un permesso di soggiorno, un contratto di soggiorno o una carta di soggiorno,
ovvero contraffà o altera documenti al fine di determinare il rilascio di un visto di ingresso o di reingresso, di un permesso di soggiorno, di un contratto di soggiorno o di una carta di soggiorno oppure
utilizza uno di tali documenti contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
672
Parte seconda – Le principali fattispecie extracodicistiche
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto che faccia fede fino a querela di falso la reclusione
è da tre a dieci anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso da un Pubblico Ufficiale.”.
A) Elementi costitutivi del reato. Il bene protetto viene generalmente individuato
nella pubblica fede. Soggetto attivo può esso chiunque; il reato è quindi comune.
Per quanto riguarda la condotta tipica, si possono individuare tre diverse modalità
ed altrettanti reati: contraffazione o alterazione del titolo di soggiorno; contraffazione o
alterazione di documento necessario per il rilascio del titolo di soggiorno; utilizzo del
documento alterato o contraffatto.
Per contraffazione si intende la creazione di un atto o documento mai redatto dal suo
vero autore e quindi non preesistente; l’alterazione invece consiste nella modificazione di un
atto o documento autentico dopo la sua definitiva formazione. La terza condotta, infine,
consiste nell’utilizzo da parte di chi non sia concorso nella falsificazione od alterazione.
Quanto all’oggetto materiale, le condotte possono ricadere tanto sul titolo di
soggiorno, quanto sui documenti necessari al suo rilascio.
Il reato è di pura condotta poiché non è richiesto il verificarsi di alcuno specifico evento.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, è dato riscontrare una differenza fra le
varie condotte. Mentre nel caso dell’attività di falsificazione ricadente sul titolo di soggiorno, il dolo è generico, quando la stessa riguardi i documenti necessari al rilascio del
titolo, il dolo è specifico, essendo richiesta anche la finalizzazione al rilascio del titolo
medesimo. Parimenti, il dolo è specifico anche nel caso dell’utilizzo, perché la condotta
deve essere finalizzata all’ingresso o alla permanenza clandestina.
In tutte e tre le ipotesi, la consumazione si registra al momento della realizzazione
della condotta tipica ed il tentativo è ammissibile.
B) Circostanze aggravanti. La norma prevede due aggravanti, l’una di tipo oggettivo,
prevedendo un aumento di pena se la falsità concerne un atto o parte di una atto che
faccia fede fino a querela di falso, e l’altra a carattere soggettivo posto che il trattamento
sanzionatorio si aggrava se il fatto è commesso da un Pubblico Ufficiale.
C) Rapporti con altri reati. La figura delittuosa in esame assorbe le condotte di
alterazione e contraffazione commesse dal privato o dal Pubblico Ufficiale (artt. 476 e
482 c.p.) in base al principio di specialità, dovendo qualificarsi il permesso di soggiorno
come atto pubblico (Cass. Pen., Sez.V, 22/04/2005, n. 19924).
3. Mancata esibizione del documento di identificazione e del permesso di
soggiorno
Il comma 3 dell’art. 6 T.U. dispone che “Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e
agenti di pubblica sicurezza, non ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del
passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno o di altro documento
attestante la regolare presenza nel territorio dello Stato è punito con l’arresto fino ad un anno e
con l’ammenda fino ad euro 2.000”.
capitolo VII – I Reati in materia di Immigrazione Clandestina
673
Quanto al bene tutelato, esso è costituito dalla sicurezza pubblica minacciata dal
rischio che persone non legittimate all’ingresso nel nostro Paese possano costituire pericolo per la collettività.
Il soggetto attivo, invece, è soltanto lo straniero; al riguardo va quindi richiamata la
definizione contenuta nel co. 1 art. 1, d.lgs. n. 286/1998 per il quale si definiscono tali
“(a)i cittadini di stati non appartenenti all’Unione europea e (a)gli apolidi”.
Ci si è chiesti se anche lo straniero clandestino potesse commettere il reato in esame. Il testo originario
della norma prevedeva che il reato si realizzasse quando lo straniero non esibiva il passaporto o altro documento di identificazione, l’illecito in discorso ben poteva quindi essere commesso anche dallo straniero
irregolare. Dopo la modifica ad opera della l. n. 94/2009, la congiunzione disgiuntiva “ovvero” (prima versione: “[…] non ottempera, senza giustificato motivo, all’ordine di esibizione del passaporto o di altro documento di
identificazione ovvero del permesso di soggiorno o di altro documento”), originariamente presente nel corpo della
norma, è stata sostituita con quella copulativa “e”, per cui soltanto il soggetto regolarmente soggiornante
sul territorio italiano può rendersi responsabile del reato (Cass. Pen., Sez. Un., 27/04/2011, n. 16453).
La condotta tipica è costituita dalla mancata esibizione di un documento di identificazione e del titolo di soggiorno. Non essendo richiesta la verificazione di alcun
evento, il reato si può qualificare come omissivo proprio.
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, trattandosi di una contravvenzione si
dovrebbe opinare per la natura indifferentemente dolosa o colposa. Tuttavia, la dottrina
ne evidenzia la natura necessariamente dolosa, dal momento che la norma punisce il
mancato adempimento ad un comando impartito dall’Agente di Pubblica Sicurezza,
per cui l’omissione non può che essere consapevole e volontaria.
Il reato si consuma nel momento in cui lo straniero non adempie all’ordine impartito. Data la natura contravvenzionale, non è ammesso il tentativo.
4. Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato
L’art. 10-bis dispone che “1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che
fa ingresso ovvero si trattiene nel territorio dello Stato, in violazione delle disposizioni del presente
testo unico nonché di quelle di cui all’articolo 1 della legge 28 maggio 2007, n. 68, è punito con
l’ammenda da 5.000 a 10.000 euro. Al reato di cui al presente comma non si applica l’articolo
162 del codice penale.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano allo straniero destinatario del provvedimento di respingimento ai sensi dell’articolo 10, comma 1 ovvero allo straniero identificato durante
i controlli della polizia di frontiera, in uscita dal territorio nazionale.
3. Al procedimento penale per il reato di cui al comma 1 si applicano le disposizioni di cui agli
articoli 20-bis, 20-ter e 32-bis del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274.
4. Ai fini dell’esecuzione dell’espulsione dello straniero denunciato ai sensi del comma 1 non
è richiesto il rilascio del nulla osta di cui all’articolo 13, comma 3, da parte dell’autorità giudiziaria competente all’accertamento del medesimo reato. Il questore comunica l’avvenuta esecuzione
dell’espulsione ovvero del respingimento di cui all’articolo 10, comma 2, all’autorità giudiziaria
competente all’accertamento del reato.
674
Parte seconda – Le principali fattispecie extracodicistiche
5. Il giudice, acquisita la notizia dell’esecuzione dell’espulsione o del respingimento ai sensi
dell’articolo 10, comma 2, pronuncia sentenza di non luogo a procedere. Se lo straniero rientra
illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall’articolo 13, comma 14, si
applica l’articolo 345 del codice di procedura penale.
6. Nel caso di presentazione di una domanda di protezione internazionale di cui al decreto
legislativo 19 novembre 2007, n. 251, il procedimento è sospeso. Acquisita la comunicazione del
riconoscimento della protezione internazionale di cui al decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
251, ovvero del rilascio del permesso di soggiorno nelle ipotesi di cui all’articolo 5, comma 6, del
presente testo unico, il giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere”.
A) Elementi costitutivi del reato. La contravvenzione in esame è stata veicolata all’interno
del d.lgs. n. 286/1998 dalla l. n. 94/2009 e rientra nella competenza del Giudice di Pace. La
ratio dell’incriminazione è duplice: creare uno strumento giuridico che renda più incisivi ed
efficaci i provvedimenti di espulsione ed allontanamento ed introdurre un deterrente psicologico nei confronti dei soggetti che intendono entrare o rimanere clandestini in Italia.
Tanto premesso, il bene protetto dalla norma è la sicurezza pubblica, la quale risulta
pregiudicata dall’ingresso di persone che, in quanto sfornite dei requisiti di ammissibilità nel territorio dello Stato, sono potenzialmente pericolose.
Quanto al soggetto attivo, il reato può essere commesso soltanto dallo straniero.
Sotto il profilo materiale, l’art. 10-bis prevede due ipotesi di reato e due diverse forme di condotta tipica. La prima è l’ingresso illegale che consistente nell’introdursi nel
territorio italiano violando le norme dettate in materia dal testo unico sull’immigrazione e dalla l. 28 maggio 2007, n. 68. La seconda è invece rappresentata dal cd. trattenimento
o soggiorno illegale e punisce chi, pur essendo regolarmente entrato in Italia, vi permane
allorquando non è più legittimato.
La dottrina si è mostrata fin da subito perplessa in ordine alla legittimità costituzionale della nuova
incriminazione. La Consulta, investita della questione, l’ha tuttavia risolta in termini affermativi osservando come la norma in discorso non risulti in contrasto con il principio di offensività, posto che la
stessa non punisce la mera disobbedienza o addirittura il mero status di clandestino, quanto piuttosto
condotte che si pongono in contrasto con l’interesse pubblico al controllo e alla gestione dei flussi
migratori, interesse non certo arbitrario, ma meritevole di considerazione. Osserva infatti la Corte
che l’ordinata gestione dei flussi migratori rappresenta un bene strumentale per la tutela di beni finali,
quali la sicurezza, la sanità pubblica, l’ordine pubblico (Corte cost., sent. 08/07/2010, n. 250)
Nonostante la natura contravvenzionale, l’elemento soggettivo è il dolo generico:
la norma infatti non vuol punire lo straniero irregolare in quanto tale, ma quello che
ha violato volontariamente e consapevolmente la normativa che disciplina l’ingresso
regolare nel territorio dello Stato
Per quanto riguarda il momento consumativo occorre distinguere fra le due
fattispecie tratteggiate dall’art. 10-bis: quella di ingresso illegale ha natura istantanea e
si consuma nel momento in cui lo straniero oltrepassa il confine nazionale; quella di
soggiorno illegale, invece, è di tipo permanente e si consuma nel momento e nel luogo
in cui cessa la condotta antigiuridica. In entrambi i casi il tentativo è inammissibile,
trattandosi di contravvenzione.
capitolo VII – I Reati in materia di Immigrazione Clandestina
675
B) Rapporti con altri reati. L’art. 10-bis si apre con la clausola di riserva “salvo che
il fatto costituisce più grave reato”; anche in considerazione della struttura dell’illecito, la
norma cede dunque il passo a fronte della più gravi fattispecie di cui all’art. 13 co. 13 e
13-bis, 14 co. 5-ter e co. 5-quater, realizzabili unicamente da quegli stranieri già colpiti
da un provvedimento di allontanamento o di espulsione.
5. Favoreggiamento e sfruttamento dell’immigrazione clandestina
Il primo comma dell’art. 12 d.lgs. n. 268/1998 prevede che “Salvo che il fatto
costituisca più grave reato, chiunque, in violazione delle disposizioni del presente testo unico, promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato ovvero
compie altri atti diretti a procurarne illegalmente l’ingresso nel territorio dello Stato, ovvero di altro
Stato del quale la persona non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente, è punito con
la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona”.
A) Elementi costitutivi del reato. Per quanto riguarda l’individuazione del bene
protetto sono emerse due diverse tesi: secondo la prima, il reato sarebbe posto a presidio dell’ordine pubblico, potenzialmente compromesso dall’ingresso di persone prive
del permesso di soggiorno; secondo invece un’altra impostazione, il reato sarebbe plurioffensivo e quindi posto a presidio anche della sicurezza e dignità delle persone il cui
ingresso illegale è favorito o procurato e che quindi sono i soggetti passivi del reato.
Il soggetto attivo è chiunque: il reato è comune e può essere commesso da qualunque soggetto.
In ordine invece all’elemento materiale, due sono le condotte incriminate: l’attività di trasporto degli straniero all’interno del territorio italiano e l’attività volta comunque a procurare l’ingresso illegale in Italia ovvero in altro Stato del quale la persona
non è cittadina o non ha titolo di residenza permanente. Per la precisione, la prima parte
della disposizione in esame punisce chi promuove, dirige, organizza, finanzia o effettua il trasporto di stranieri nel territorio dello Stato, mentre la seconda parte sanziona le condotte
di vero e proprio favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
L’elemento soggettivo si diversifica in relazione alle due fattispecie tratteggiate
dalla norma. Così, per quanto riguarda l’attività di trasporto il dolo è generico, mentre
con riferimento alle condotte di favoreggiamento, il dolo è specifico, dal momento che
occorre il fine dell’ingresso illegale.
Perché si abbia la consumazione del reato non è necessario l’ingresso nel territorio
italiano o di altro Stato, essendo sufficiente l’idoneità della condotta a raggiungere un
simile risultato (Cass. Pen., Sez. I, 13/01/2009, n. 1082). L’eventuale ingresso costituisce
infatti un post factum non punibile, atteso che incide su un iter criminoso che si è già
perfezionato in una fase precedente. Il reato va annoverato nella categoria dei reati di
pericolo eventualmente permanenti, in quanto la condotta penalmente rilevante, oltre
a poter essere singola, può consistere anche in una vera e propria attività dedita al favoreggiamento ovvero allo sfruttamento della immigrazione clandestina (Cass. Pen., Sez.
III, 19/05/2005, n. 35629).
676
Parte seconda – Le principali fattispecie extracodicistiche
Per quanto riguarda il tentativo, parte della dottrina lo esclude in quanto, trattandosi di
un reato di pericolo, si registrerebbe un’eccessiva anticipazione della soglia di punibilità.
B) Circostanze aggravanti e attenuanti. Il reato è aggravato, a norma del comma
3 dell’art. 12, qualora “a) il fatto riguarda l’ingresso o la permanenza illegale nel territorio
dello Stato di cinque o più persone; b) la persona trasportata è stata esposta a pericolo per la
sua vita o per la sua incolumità per procurarne l’ingresso o la permanenza illegale; c) la persona
trasportata è stata sottoposta a trattamento inumano o degradante per procurarne l’ingresso o la
permanenza illegale; d) il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro o utilizzando servizi internazionali di trasporto ovvero documenti contraffatti o alterati o comunque
illegalmente ottenuti; e) gli autori del fatto hanno la disponibilità di armi o materie esplodenti”. Inoltre, in base al disposto del comma 3-bis dell’art. 12, la pena è aumentata
da un terzo alla metà e si applica la multa di 25.000 euro per ogni persona se i fatti
di “a) sono commessi al fine di reclutare persone da destinare alla prostituzione o comunque
allo sfruttamento sessuale o lavorativo ovvero riguardano l’ingresso di minori da impiegare in
attività illecite al fine di favorirne lo sfruttamento; b) sono commessi al fine di trarne profitto,
anche indiretto”. L’art. 12, comma 3-quinquies prevede invece un’attenuante speciale che trova applicazione nei confronti dell’imputato che si adopera per evitare
che l’attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente
l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi
per la ricostruzione dei fatti, per l’individuazione o la cattura di uno o più autori di
reati e per la sottrazione di risorse rilevanti alla consumazione dei delitti.
In deroga all’ordinario regime di bilanciamento fra circostanze (art. 69 c.p.), al
comma 3-quater, il legislatore prevede che “Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste
dagli articoli 98 e 114 del codice penale, concorrenti con le aggravanti di cui ai commi 3-bis e 3-ter, non
possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano
sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti”.
6. Favoreggiamento della permanenza illegale
Il comma 5 dell’articolo 12 d.lgs. 286/1998 così recita: “Fuori dei casi previsti
dai commi precedenti, e salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, al fine di
trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero o nell’ambito delle
attività punite a norma del presente articolo, favorisce la permanenza di questi nel territorio
dello Stato in violazione delle norme del presente testo unico, è punito con la reclusione fino a
quattro anni e con la multa fino a lire trenta milioni. Quando il fatto è commesso in concorso
da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà”.
Il reato in esame non diverge in maniera significativa rispetto a quello analizzato nel
paragrafo precedente, per cui al medesimo si rinvia per l’individuazione del bene protetto
e dei soggetti attivi, con alcune precisazioni, invece, in merito alla condotta tipica. La
norma punisce tutte le condotte volte a favorire la permanenza contra ius dello straniero
in Italia, mentre quelle dirette a favorirne l’ingresso ricadono entro il raggio di operatività
capitolo VII – I Reati in materia di Immigrazione Clandestina
677
dell’illecito disciplinato dal primo comma; il reato in esame stigmatizza pertanto tutti quei
comportamenti che si risolvono in un favoreggiamento in senso tecnico, abbiano esse
natura omissiva o commissiva (Cass. Pen., Sez. I, 11/05/2005, n. 21049).
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, è richiesto il dolo specifico, ossia il fine
si trarre un ingiusto profitto dalla condizione di illegalità dello straniero.
Sotto il profilo della consumazione, il reato ha natura permanente (Cass. pen., sez.
I, 3 febbraio 2004, n. 8064) e si consuma nel momento in cui cessa la condotta antigiuridica; il tentativo è ammissibile.
7. Fornitura di alloggio e contratti abitativi contra legem
L’ultima figura di reato prevista dall’art. 12 è disciplinata nel comma 5-bis, a mente
del quale “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque a titolo oneroso, al fine di trarre
ingiusto profitto, dà alloggio ovvero cede, anche in locazione, un immobile ad uno straniero che
sia privo di titolo di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di locazione, è
punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La condanna con provvedimento irrevocabile ovvero
l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura
penale, anche se e’ stata concessa la sospensione condizionale della pena, comporta la confisca
dell’immobile, salvo che appartenga a persona estranea al reato. Si osservano, in quanto applicabili,
le disposizioni vigenti in materia di gestione e destinazione dei beni confiscati. Le somme di denaro ricavate dalla vendita, ove disposta, dei beni confiscati sono destinate al potenziamento delle
attività di prevenzione e repressione dei reati in tema di immigrazione clandestina”.
Il comma 5-bis stato inserito dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92 e successivamente modificato dalla l. 15 luglio 2009, n. 94.
Il bene giuridico è costituito sempre dall’ordine pubblico potenzialmente compromesso dal fatto di agevolare la permanenza in Italia di soggetti privi del permesso di
soggiorno. Peraltro, il riferimento al titolo oneroso del contratto ed al fine dell’ingiusto
profitto con cui viene concessa la disponibilità dell’immobile induce a ritenere che la
norma tuteli anche lo stato di bisogno abitativo dello straniero irregolare.
Il soggetto attivo è chiunque, per cui il reato ha natura comune.
Quanto alla condotta tipica, il legislatore punisce coloro che concedono, non solo
in locazione, ma sulla base di qualsiasi contratto, la disponibilità di un immobile a soggetti stranieri privi del permesso di soggiorno. Non è dunque rilevante il nomen iuris del
contratto stipulato, in quanto ciò che rileva è l’effetto e la natura onerosa del patto.
L’elemento soggettivo è il dolo specifico di trarre un ingiusto profitto. Ad avviso della giurisprudenza, è inoltre necessario che l’agente persegua l’ingiusto profitto
imponendo condizioni contrattuali inique ed eccessivamente onerose, esorbitanti dal
rapporto sinallagmatico, e quindi, in definitiva, approfittando dell’altrui stato di illegalità
(Cass. Pen., Sez. I, 07/04/2009, n. 19171).
Il reato si perfeziona all’atto della realizzazione della condotta tipica e si consuma
allorquando cessa la situazione antigiuridica. L’illecito è dunque di tipo permanente. Il
tentativo è ammissibile.