Osteoartrite: cosa possiamo fare oltre ad utilizzare i FANS by J
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Osteoartrite: cosa possiamo fare oltre ad utilizzare i FANS by J
Close window to return to IVIS in collaborazione con RICHIESTO ACCREDITAMENTO SOCIETÀ CULTURALE ITALIANA VETERINARI PER ANIMALI DA COMPAGNIA SOCIETÀ FEDERATA ANMVI organizzato da certificata ISO 9001:2000 INFORMATION SCIVAC Secretary Palazzo Trecchi, via Trecchi 20 Cremona Tel. (0039) 0372-403504 - Fax (0039) 0372-457091 [email protected] www.scivac.it Close window to return to IVIS 50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC Osteoartrite: cosa possiamo fare oltre ad utilizzare i Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei? Jacques Debraekeleer DVM, Dipl ECVCN, Ghent, Belgio Introduzione Manifestazioni cliniche L’osteoartrite (OA) è una sindrome complessa, di natura progressiva e difficile da descrivere con una sola definizione. Si tratta di un disordine delle articolazioni mobili (sinoviali) caratterizzato da deterioramento della cartilagine articolare, formazione di osteofiti, rimodellamento osseo, modificazioni dei tessuti periarticolari e vari gradi di infiammazione non purulenta di lieve entità 1. L’osteoartrite è una sindrome molto comune, tanto che si stima che colpisca fino ad un cane su cinque sopra l’anno di età 1. L’osteoartrite causa dolore, tumefazione periarticolare, crepitio, rigidità e perdita di escursione del movimento ed atrofia muscolare 3, 4. Di conseguenza, i cani possono manifestare la tendenza a restare indietro durante le passeggiate, essere riluttanti a giocare, correre, camminare, salire le scale o saltare sull’auto, trovano difficoltà ad alzarsi quando sono coricati e zoppicano. Alcuni mostrano un cambiamento della personalità e possono diventare aggressivi. Trattamento della malattia Eziopatogenesi L’osteoartrite può essere primitiva, ma di solito è secondaria a qualche tipo di trauma. Si ritiene che la forma primaria sia la conseguenza di un difetto delle proprietà biomateriali della cartilagine articolare o sia associata ad un logoramento meccanico dovuto all’invecchiamento 2, 3. L’osteoartrite secondaria è causata da forze normali che agiscono su un’articolazione anomala (come avviene nel caso dell’aumento della lassità nella displasia dell’anca, nella rottura del legamento crociato craniale [CCL] o nella displasia del gomito) o da forze anormali su un’articolazione normale, come nel caso di un’eccessiva attività sportiva e delle fratture intrarticolari 1. Indipendentemente dalla causa iniziale, la malattia progredisce alla fine lungo una via molecolare comune 1, 2. Questa prevede l’intervento di enzimi che degradano la cartilagine, come le metalloproteinasi della matrice (ad es., la stromelisina [MMP-3]) e l’aggrecanasi, che distrugge la struttura della cartilagine scindendo le unità degli aggrecani 1, 2, 3. Le modificazioni dei proteoglicani possono avvenire prima che si rendano visibili le lesioni macroscopiche. Ciò provoca la perdita di spessore e di elasticità della cartilagine, due importanti proprietà che consentono l’assorbimento dei carichi meccanici esercitati attraverso l’articolazione durante il movimento. Di conseguenza, si può avere un aumento dell’instabilità articolare ed un aggravamento della malattia, che conducono a sfaldamento, fessurazione, eburneazione dell’osso subcondrale, rimodellamento osseo e formazione di osteofiti. Parallelamente, vengono prodotti citochine ed eicosanoidi che causano vari gradi di infiammazione 1, 3. In seguito al danno cartilagineo, si ha la perdita nel liquido sinoviale di proteoglicani e frammenti di cartilagine 1. Ciò innesca le risposte infiammatorie della sinovia, che aggravano l’infiammazione ed il dolore. Il trattamento ideale dell’osteoartrite deve prendere in considerazione tutti gli aspetti della malattia, attraverso il controllo del peso per ridurre il rischio di ulteriori danni meccanici, il rallentamento della progressione del processo patologico mediante l’inibizione degli enzimi responsabili della degradazione ed il controllo dei segni clinici tramite la riduzione del dolore e dell’infiammazione ed il miglioramento della mobilità e della stabilità articolare. Oltre alla terapia classica basata sull’impiego dei FANS, eventualmente integrata da somministrazione a brevissimo termine di corticosteroidi, moderata attività fisica e fisioterapia, recentemente è stata oggetto di maggiore attenzione la modificazione della dieta, per la sua capacità di migliorare le condizioni generali degli animali colpiti 3, 5-8. Dieta Nell’organismo, si può avere la conversione di un acido grasso poliinsaturo (PUFA), l’acido linoleico (LA) (ω-6) in acido arachidonico (AA) e quella di un altro, l’acido alfalinolenico ALA (ω-3), in EPA e DHA. Per questo l’ALA compete con l’LA, utilizzando gli stessi enzimi per produrre il PUFA a catena più lunga PUFA (Fig. 1). L’AA e la sua controparte ω-3, l’EPA, sono entrambi incorporati nelle membrane cellulari. In caso di danneggiamento delle cellule si ha il rilascio di fosfolipasi, che avvia una reazione a cascata in cui l’AA viene convertito in PG e TXA della serie 2 ad opera della ciclossigenasi ed in LT della serie 4 dalla lipossigenasi. L’EPA viene convertito dagli stessi enzimi, ma i prodotti terminali, PG-3 e TXA-3 ed LT-5, sono molto meno infiammatori. L’impiego di una dieta ricca di PUFA ω-3 e povera di ω-6 può diminuire le reazioni infiammatorie e, quindi, ridurre il dolore. Close window to return to IVIS 50° Congresso Nazionale Multisala SCIVAC PUFA ω-6 PUFA ω-3 Acido linoleico (LA) 18 : 2 n-6 ↓ Acido γ-linolenico (GLA) 18 : 3 n-6 ↓ Acido diomo-γ-linolenico (DGLA) 20 : 3 n-6 ↓ Acido arachidonico (AA) 20 : 4 n-6 Acido α-linolenico (ALA) 18 : 3 n-3 ↓ Acido stearidonico 18 : 4 n-3 ↓ Acido eicosatetraenoico (ETA) 20 : 4 n-3 ↓ Acido eicosapentaenoico (EPA) 20 : 5 n-3 ↓ Acido docosaesaenoico (DHA) ← ∆6 Desaturasi (- 2H) → ← Elongasi (+ 2C) → ← ∆5 Desaturasi (- 2H) → Elongasi (+ 2C) → FIGURA 1 - I due PUFA omega-3 ed omega-6 – LA ed ALA – sono in competizione per gli stessi enzimi. Studi condotti Recentemente, tre studi clinici condotti nel cane (controllati, randomizzati, in doppio cieco) hanno dimostrato un significativo miglioramento dei segni clinici dell’osteoartrite, come la capacità di alzarsi, camminare, correre e giocare, nei cani alimentati con una dieta contenente elevati livelli di acido eicosapentaenoico (EPA) ed acidi grassi omega-3 totali (Hill’s* Prescription Diet* Canine j/d*) 8. La dieta ha anche significativamente diminuito i livelli sierici di acidi grassi ω-6, in particolare di AA, significativamente aumentato i livelli sierici di acidi grassi ω-3 come l’EPA e significativamente diminuito il rapporto ω-6 : ω-3. In uno degli studi, quando gli animali sono stati alimentati con la dieta di prova è stato possibile ridurre il dosaggio degli antinfiammatori non steroidei fino al 25% 8. Un quarto studio, effettuato presso i Veterinary College della Florida e del Kansas, ha confermato i risultati delle tre indagini cliniche utilizzando l’analisi dell’andatura mediante piastra di forza. Il miglioramento del carico dimostrato dalla modificazione del picco di forza verticale è stato dell’82% nei cani trattati con la dieta di prova (ricca di EPA ed acidi grassi ω-3) a fronte del 31% soltanto nel gruppo di controllo 8. Inoltre, recenti studi ‘in vitro’ hanno dimostrato che la cartilagine del cane può reagire in modo differente da quella di altre specie animali ed hanno indicato che l’EPA è l’unico PUFA ω-3 in grado di abrogare il catabolismo dei proteoglicani della cartilagine mediato dall’aggrecanasi, mentre il DHA o l’ALA non ne sono capaci 7. Pertanto, l’EPA è non solo in grado di diminuire la reazione infiammatoria, come gli altri acidi grassi ω-3, ma anche di rallentare la degradazione della cartilagine e, quindi, la progressione dell’osteoartrite del cane. Infine, una recente indagine condotta nei pazienti umani con osteoartrite ha dimostrato che l’osso spongioso possiede livelli più elevati di grasso e presenta concentrazioni significativamente aumentate di AA, l’ω-6 equivalente dell’EPA (ω-3) 9. * Trademarks owned by Hill’s pet Nutrition Inc. L’aggiunta di L-carnitina alla dieta può servire a rallentare l’atrofia muscolare, perché contribuisce a mantenere la massa muscolare 10, 11. Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. Johnston SA. Osteoarthritis Joint anatomy, Physiology, and Pathobiology. Veterinary Clinics of North America: Small Animal Practice, 1997; 27 (4): 699-723. Bennett D, May C. Joint Diseases of dogs and cats - Chapter 149. In: Textbook of veterinary internal medicine 4th edition SJ Ettinger & EC Feldman Eds. WB Saunders Company, Philadelphia, PA 1995; Vol. 2: 2032-2077. Hulse D. Treatment methods for pain in the osteoarthritic patient. 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