Fronte PDF - Il Resto del Cremlino

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Fronte PDF - Il Resto del Cremlino
I Comontisti
L’acido lisergico nasce da una fortuita
casualità e dalla segale cornuta. Il dottor
Albert Hofmann, ricercatore per la casa
farmaceutica svizzera Sandoz, sta
cercando un antidolorifico per il parto.
Durante le ricerche, alcune gocce del
suo intruglio cadono su una sua mano,
trapassano il guanto chirurgico ed
entrano in circolazione.
Tornando a casa in bicicletta, il dottore
prova per la prima volta nella storia gli
effetti dell’Lsd. Oggi Hofmann ha più di
novant’anni e, stando a sentire le sue
dichiarazione, l’ultimo acido se l’è fatto
qualche anno fa. Da quelle pedalate in
preda alle allucinazioni ad oggi ne è
passata di acqua sotto i ponti. C’è stata
la controcultura degli anni
sessanta/settanta con la sua voglia di
aprire orizzonti mentali mai toccati e
trovare finalmente la quinta dimensione.
C’è stato Timothy Leary, il professore
pazzo di Harvard, che lo sperimentava
su studenti consenzienti e teorizzava la
possibilità di curare le malattie mentali
con l’acido. C’è stato Abbie Hoffman,
un freak che andava in giro con una
bandiera americana ritagliata come
camicia, che a un suo processo aveva
consigliato al giudice di farsi di Lsd.
Ci sono stati gli happening artistici di
Ken Kesey a base di acido e musica dei
Grateful Dead registrati e pubblicati su
nastro. Forse c’è stata di mezzo anche la
Cia con il fine di usare la sintetizzazione
della segale cornuta come siero della
verità negli interrogatori.
La Cia, non l’associazione degli
agricoltori, quella vera, a stelle e strisce.
Tra la primavera del 1971 e quella del
1972, c’è stata anche una comune, in un
piccolo paesino del valdarno inferiore,
abitata da “alieni” che parlavano una
lingua sconosciuta, troppo difficile da
imparare e da comprendere per quei
terrestri che gli vivevano intorno.
In un cascinale contadino, ormai
distrutto per la costruzione della
superstrada Fi-Pi-Li, un gruppo di
ragazzi, provenienti dalle metropoli del
nord, sbarcavano dalle loro navicelle
spaziali. Quella casa stava a Ponte a
Egola, nei pressi del cimitero, i suoi
abitanti si definivano comontisti e
volevano restare fuori dalla logica
mercantilista del produci-consumacrepa. Quello che desideravano era una
rivoluzione dell’essere, del proprio
quotidiano. Anche loro, come molti altri
a quei tempi, volevano aprire le loro
menti tramite l’uso di sostanze
psichedeliche, spezzare le catene
dell’Ego, osservare il mondo con quello
sguardo che contorce la spazialità. Una
visione d’insieme che confonde i confini
fisici degli oggetti alterando le
dimensioni ed il tempo.
Barbe e capelli lunghi affiorano dalle
foto e sembrano quelle pubblicate negli
album dei Grateful Dead. Scenari lunari
con alberi spogli, quadri bucolici in
bianco e nero. Scorre l’utopia
comontista di un tempo e la realtà
odierna di quelle persone. Senza retorica
e la scontata nostalgia di chi troppo
spesso racconta quegli anni. La
rivoluzione non era una cosa seria e
forse non lo è mai stata.
Non si sovverte l’esistente con facce
grigie e l’antipatia dei burocrati.
Sarà una risata che vi seppellirà, diceva
un manifesto di quegli anni, dove un
anarco-sindacalista parigino se la rideva
mentre veniva ammanettato.
Jerry Garcia diceva che la loro serietà
stava nella loro spensieratezza. Gli anni
settanta furono anni intensi. Non ci
furono solo le P38 e la lotta armata, la
deriva militare del movimento, furono
anche anni di grande sperimentazione,
una ventata di creatività che si espanse a
macchia d’olio, anni di grande
partecipazione politica e sociale.
La comune pontegolese dei comontisti
era lì a tre passi dalla moltitudine del
cuoio, l’apertura mentale e la paura
antica dell’arcano fecero il resto. La
voglia di curiosità non bastò perché le
due realtà entrassero in contatto.
Di quella casa non ci sono più tracce
così come il suo ricordo non compare
nella memoria collettiva di un paese.
I Provos olandesi sostenevano di essere
come Amanite Muscarie, i funghi delle
favole, quelli rossi con i pallini bianchi, e
tramite le spore avrebbero diffuso le
loro idee. Al contrario l’unica
caratteristica che avvicinò ad un fungo
la comune dei comontisti fu quella di
scomparire nel nulla così come dal nulla
era comparsa.
non di una sana analisi della fase
storica* bensì umano rimorso di chi un
giorno sente fischiare il treno e si
accorge di non aver combinato un cazzo
negli ultimi 16-17 anni della sua vita.
Pace all’anima sua...
Ancora di più comprendiamo le ragioni
di Pecoraro Scanio. Per lui passare dal
simbolo del solicchio che ride a quello
del lavoro che piange e che muore è un
po’ troppo. Non ce la fa. Sarebbe un
trauma forse peggiore di quando smise
di guardare i puffi e cominciò a leggere
roba seria, tipo Tex Willer.
Pace anche all’anima sua...
Pace all’anima loro che sanno benissimo
quello che fanno ma evidentemente non
ci conoscono. Perchè se ci conoscessero
saprebbero che questa soddisfazione noi
non gliela daremo mai.
Che non rinunceremo alla nostra storia
e ai simboli del lavoro.
Unità. Certo, i comunisti lo hanno detto
per anni, in solitudine. Ma anche
autonomia e diversità, perchè la
presenza organizzata e autonoma dei
comunisti nella società garantisce che la
[Ivo Tarl]
sinistra tutta non cada nell’oblio del
moderatismo e della rinuncia
all’alternativa di sistema. Ricordate il 20
Singing in the rainbow
ottobre? Senza i comunisti non c’è la
“I simboli non sono importanti. Sono
sinistra.
fondamentali” diceva uno. Altrimenti
Buon 2008, Fabio. Buon 2008, Alfonso.
non si capisce il motivo per cui il dinamico Non ci avrete mai.
arcobalenista Alfonso Pecoraro Scanio ed
il socialcerchiobottista Fabio Mussi si
affannino in questo modo per far fuori la * Per ora non abbiamo recuperato la
teoria del socialfascismo anche se non
falce, il martello e la stella d’Italia.
escludiamo di farlo in tempi
Noi lo capiamo, davvero, che a Fabio
relativamente brevi.
Mussi venga un sudorino freddo di
fronte a un bel falcione: reazione figlia