Lezione 9 Il principio “un passo avanti”
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Lezione 9 Il principio “un passo avanti”
ANTEPRIMA Lezione 9 Il principio “un passo avanti” Tratta da https://www.produzionidalbasso.com/project/mesmer-lezioni-di-mentalismo/ Alla fine del Cinquecento Horatio Galasso descrive un gioco di prestigio con le carte che sfrutta un ingegnoso gap: uno sfasamento temporale tra ciò che lo spettatore crede stia avvenendo e ciò che succede davvero. Gli anglofoni lo chiamano “metodo one ahead”, un passo avanti. 9.1 La percezione extrasensoriale di tre carte Uno spettatore divide il mazzo in tre mazzetti, più o meno della stessa altezza. Tenendo la mano a qualche centimetro da ciascuno, il mentalista è in grado di indovinare il valore delle tre carte in cima. Come funziona il gioco? Per presentare questo numero di pseudo-chiaroveggenza il mentalista deve conoscere il valore della carta in cima al mazzo (la chiameremo a) e seguire con l’occhio dove essa va a finire durante il taglio dello spettatore. Identifichiamo quel mazzetto con la lettera A; chiameremo gli altri due B e C e le carte che hanno in cima rispettivamente b e c. A B C Passando la mano sul mazzetto B, il mentalista finge di percepire il valore di una carta e dice: «Sento che questa carta è un…» e nomina la carta a. È una bugia: egli sa che a si trova in cima al mazzetto A. Prima che il pubblico possa verificare, prende la carta b, la guarda e annuisce tra sé e sé, fingendo di aver indovinato. A B C Poi sposta la mano sul mazzetto C e ripete la recita: «Sento che questa carta è un…» e nomina la carta b. In questo momento, il mentalista è “un passo avanti” rispetto al pubblico: egli ha già in mano la carta b, perché l’ha presa un attimo fa, ma il pubblico crede che egli sia in procinto di prenderla dal mazzetto C. A B C Come prima, il mentalista prende la carta c, la guarda e sorride soddisfatto, fingendo di aver indovinato – ma limitandosi a tenerla in mano senza mostrarla. Poi passa la mano su A, il mazzetto lasciato per ultimo, dicendo che la prima carta è c. A B C Presa anche quest’ultima, la mette insieme alle altre e getta l’intera tripletta sul tavolo a faccia in alto: i presenti possano constatare che le ha indovinate tutte. 9.2 Vedere le carte con i polpastrelli All’inizio del Settecento Richard Neve sfrutta il principio “un passo avanti” applicandolo a un intero mazzo di carte. Come nell’effetto precedente, il mentalista deve conoscere il valore di una carta – l’ultima del mazzo. Supponiamo che si tratti del 3. Nascondendo il mazzo dietro la schiena, prende la carta che conosce, la capovolge e la porta in cima al mazzo. Fingendo di leggerne il valore con la punta delle dita, dice: «Sento che questa carta è un 3.» Per dimostrare di aver letto bene, riporta le carte in vista rivolgendo il 3 verso il pubblico; tenendo il mazzo verticalmente davanti a sé, egli vede la nuova carta che si trova in ultima posizione (per esempio il 4) e la memorizza (vedi la figura a destra.) A questo punto si trova nella stessa condizione di partenza: all’insaputa del pubblico egli conosce l’ultima carta, e quindi può portare il mazzo dietro la schiena, capovolgere il 4, portarlo in prima posizione e fingere di “percepirne” il valore con le dita. Riportando il mazzo in vista, mostra al pubblico di aver letto correttamente e si porta di nuovo un passo avanti sbirciando l’ultima carta. Il gioco può ripetersi all’infinito. 9.3 Lo specchio di Cagliostro Il gioco può essere presentato in modo più sfacciato senza portare le carte dietro la schiena. Il mentalista memorizza segretamente il valore della prima carta (per esempio il 2), apre la mano sinistra e appoggia il mazzo sul palmo in alto, collocandolo sulla metà più vicina al polso. Coinvolgendo uno spettatore, lo invita a sollevare una porzione di mazzo e appoggiarla sulla punta delle quattro dita. A poca distanza l’uno dall’altro, i mazzetti si troveranno in posizione simmetrica. 2 2 2 pubblico 3 Suggerendo che tra i due ci sia uno specchio invisibile, il mentalista solleva la prima carta del mazzetto vicino al polso e finge di nominarne il valore, annunciando quello della carta vista inizialmente: «La mia è un 2, e la tua?». Quando lo spettatore solleva la sua carta, scopre con sorpresa che anche la sua carta è un 2. Memorizzando la carta appena sbirciata (e chiamata con un nome diverso), il mentalista è di nuovo un passo avanti rispetto allo spettatore. Rimettendo le carte sul rispettivo mazzetto e collocando la propria metà sull’altra, il mazzo torna nella condizione in cui il gioco è partito: il mentalista ne conosce la prima carta e può ripetere la stessa sequenza di prima, restando sempre “un passo avanti” rispetto allo spettatore (o a diversi spettatori uno dopo l’altro.) L’aspetto sfacciato consiste nel ricavare l’identità della carta successiva senza nascondere il gesto, durante un movimento che appare come una mera fioritura teatrale − utile al più a evocare visivamente la simmetria tra i due mazzetti. 9.4 Celo, celo, manca Nella maggior parte degli effetti di mentalismo il performer dimostra di possedere doti percettive straordinarie; raramente il focus è incentrato sullo spettatore e le sue capacità. Il principio “un passo avanti” può essere utilizzato per invertire la narrativa classsica, dimostrando che uno spettatore è in grado di compiere azioni prodigiose. Per rendere ancora più misterioso l’effetto è utile sostituire alle carte da gioco un mazzetto di figurine. Il mentalista spiega che la nascita di Ebay ha sottratto molta poesia alla ricerca delle figurine mancanti di una collezione: una volta ci si trovava tra amici, ci si scambiava quelle doppie, si stilavano lunghe serie di numeri da depennare uno alla volta, via via che i “buchi” venivano completati. Oggi, con il motore di ricerca di Ebay, trovare la numero 215 è diventato talmente semplice che riceverla a casa per posta non offre più alcun brivido; eppure chi ha vissuto quell’epoca ha sviluppato una straordinaria capacità di individuare − tra le figurine di un mazzetto − quelle mancanti. Coinvolgendo uno spettatore che ha memoria di quell’esperienza, il mentalista sparpaglia sul tavolo alcune figurine a faccia in alto, in modo che il numero di ciascuna sia coperto. Prima di iniziare ha memorizzato il numero a corrispondente a un’immagine ritratta su una figurina. In mano ha un foglietto pieno di numeri scritti a matita, molti dei quali sono barrati: si tratta di una “mancolista”, ovvero un elenco delle figurine che mancano per completare la raccolta. Fingendo di leggere il foglietto, il mentalista dice: «Una delle figurine che cerco è la numero a. Potrei passarle in rassegna una per una, ma sarebbe un lavoro lunghissimo. Preferisco affidarmi al tuo intuito: secondo te, qual è tra queste?» Se lo spettatore dovesse toccare la figurina a, il mentalista lo invita a capovolgerla e verificare di aver indovinato: il gioco si conclude qui. Più probabilmente lo spettatore toccherà una figurina il cui numero è b. Prendendola in mano, il mentalista sorride soddisfatto e finge di continuare a leggere dal foglietto: «Qui dice che mi manca anche la b. Mi sapresti dire dove si trova?» Se lo spettatore tocca la carta a, il mentalista la prende dal tavlo, la unisce alla prima e butta entrambe sul tavolo a faccia in alto: lo spettatore può verificare di aver individuato esattamente le due figurine richieste. Più spesso lo spettatore toccherà una carta c; il mentalista si limita a prenderla in mano e ne memorizza il valore. Poi aggiunge: «Quella che più mi ha fatto impazzire è questa!», accompagnando la frase con il gesto di raccogliere la carta a − quella che ha tenuto d’occhio sin dall’inizio. Fingendo di leggerne il dorso, il mentalista dice: «Eccola, la numero c!» Poi butta sul tavolo le tre figurine con i numeri verso l’alto: i presenti possono verificare che lo spettatore ha toccato correttamente entrambe le figurine che gli sono state richieste. In questa versione del gioco, che più spesso viene presentato con un mazzo di carte, i tre numeri richiesti sembrano provenire dalla “mancolista”: il mentalista finge di usare il foglietto come promemoria, ma gli dà poca importanza, per evitare che qualcuno si insospettisca e voglia controllarlo. Una mancolista che risulti “credibile” deve presentare una selezione di numeri tra 1 e 300 scritti a penna (come se la lista fosse stata realizzata a un certo punto della raccolta); la maggior parte di essi è coperta da segni di matita: su alcuni c’è una riga orizzontale, su altri un pallino pieno, altri sono stati cancellati con una X. La lista deve dare l’impressione di essere stata aggiornata in momenti diversi, man mano che successive porzioni di album sono state completate. I numeri “superstiti” devono essere pochi, e tra loro c’è il primo che viene nominato. 9.5 I tre pensieri Il principio “un passo avanti” è particolarmente efficace quando applicato a semplici biglietti su cui scrivere i pensieri degli spettatori. Per dimostrare di essere in grado di leggere nella mente di tre spettatori il mentalista si presenta con tre foglietti di carta e una penna. Coinvolgendo un primo spettatore, lo invita a pensare – senza nominarlo – al nome di una persona con cui vorrebbe uscire a cena. Scrutandone lo sguardo, il mentalista ne coglie il pensiero e lo trascrive sul primo biglietto. Solo quando il foglietto con la scritta si trova sul tavolo, lo spettatore annuncia ad alta voce il nome della persona pensata. Un secondo spettatore è invitato a immaginare l’importo del conto del ristorante. Come prima il mentalista cerca di indovinarlo, trascrivendo l’impressione sul secondo biglietto. Solo quando questo viene lasciato sul tavolo, lo spettatore annuncia l’importo scelto mentalmente. Un terzo spettatore deve completare la vicenda immaginaria, rispondendo mentalmente alla domanda: «Rientrate a casa in taxi?» Cercando di indovinare se la risposta è sì o no, il mentalista scrive la sua impressione sul terzo foglietto e appoggia quest’ultimo sul tavolo. Lo spettatore annuncia, dunque, se la risposta alla domanda è positiva o negativa. Riprendendo in mano i tre foglietti, il mentalista parte dal fondo e mostra di aver letto bene la scelta del terzo spettatore: sul foglietto c’è scritta correttamente la sua risposta. Mostrati in sequenza gli altri due, entrambi risultano corretti: il mentalista è stato in grado di leggere nel pensiero sia l’importo del conto, sia il nome del commensale immaginato. Come funziona il gioco? L’effetto si basa su un continuo sfasamento tra ciò che avviene e ciò che lo spettatore crede stia succedendo. Mentre il primo spettatore sta pensando al nome, il mentalista scrive entrambe le risposte “sì” e “no” nei pressi dei bordi esterni del foglietto, la prima vicino a quello sinistro, la seconda al destro. Quando il secondo spettatore sta scegliendo l’importo, il mentalista è un passo indietro, perché sul secondo foglietto scrive il nome annunciato a voce alta dal primo spettatore. Quando è il turno del terzo spettatore, il mentalista finge di leggergli nel pensiero, ma scrive sul terzo foglietto l’importo annunciato dal secondo spettatore un attimo prima. Sparpagliando i tre biglietti sul tavolo, il mentalista evita che gli spettatori si accorgano che non li legge nell’esatto ordine in cui li ha scritti. Partendo dal biglietto con le due parole vicino ai lati esterni, egli lo tiene coprendo con il pollice e l’indice la risposta sbagliata: tenendolo con la mano destra nasconderà il “sì”, mentre se lo tiene con l’altra nasconderà il “no”; mostrando solo la risposta corretta, il mentalista dimostra di aver azzeccato il pensiero dell’ultimo spettatore. Gli altri due foglietti potranno essere mostrati senza celare alcunché, dimostrando di aver letto correttamente tutti i tre pensieri degli spettatori. Riferimenti bibliografici Il principio “un passo avanti” è sfruttato per la prima volta in Galasso 1593, pp. 68-9. La visione delle carte con i polpastrelli è descritta in Neve 1716, p. 113. La versione del gioco che sfrutta le figurine è mia e viene descritta qui per la prima volta. In Abbott 1907, pp. 263-5 la tecnica viene applicata a biglietti su cui sono scritte delle domande: il mentalista non ne indovina la formulazione ma sembra in grado di rispondere a ciascuna prima di leggerla. L’effetto 9.1 nella descrizione originale in Galasso 1593, pp. 68-9.