Buona strada Anno 4 Numero 11 Pagina 3 3) continua capitava che

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Buona strada Anno 4 Numero 11 Pagina 3 3) continua capitava che
Buona strada
Anno 4 Numero 11
3) continua
capitava che tardavo perché dovevo rispettare la coda
per la cassa, al rientro mi aspettavano le botte.
Ricordo di quando era venuto a sapere di un episodio
della mia infanzia, frequentavo le elementari ed un mio
compagno di scuola ( 9,10 anni) si era innamorato di
me. Lui entra in casa ed inizia a picchiarmi tanto da
finire all’ospedale, geloso anche dei medici che mi
prestavano le cure... mi trascina via e mi riporta a casa.
Beveva molto e quando esagerava dormiva, ma trovava
ogni pretesto per picchiare me e spesso anche i
bambini. Il maschio cresceva con il terrore per il padre,
quando lo sentiva arrivare si nascondeva nell’armadio e
sottovoce mi domandava se papà era ubriaco... mi si
stringeva il cuore e mi salivano le lacrime. In quel
periodo il bambino aveva 2,3 anni... piccolo, ma già
grande per quello che vedeva e subiva. Nei suoi occhi
vedevo la paura e la rabbia per il padre. Non aveva
ancora due anni che già recitava poesie: era bellissimo
il mio piccolo. Io me lo coccolavo, me lo baciavo, ma
dovevo farlo di nascosto, quando lui non era presente,
diceva che doveva crescere uomo... come lui, e se ci
sorprendeva picchiava entrambi.
Ricordo che quando rientrava, ubriaco, dovevo
nascondere velocemente coltelli ed ogni cosa potesse
servirgli per far del male ai bambini ed a me. A volte
mettevo delle coperte fuori casa, sotto il tetto, e di notte
dormivo lì, con i miei figli, quando lui era arrabbiato.
Ho sofferto fin da bambina, di mal di testa. Crescendo
per le violenze fisiche e morali subite, i dolori erano
diventati sempre più forti. Un giorno arriva a casa, dice
di aver preso un medicina per il mio mal di testa,
doveva farmi una iniezione. Pensai subito che mi
volesse uccidere, avevo paura, ma lo lasciai fare, mi
fece una siringa in vena. Mi sentii subito molto meglio,
niente più dolori, non avevo più paura, senza
pensieri. Il giorno seguente mi chiese come mi
sentivo, era disposto a farmi un’altra iniezione, accettai
e continuai ancora per un anno e 5 mesi, continuai a
drogarmi con l’efedrina che mi procurava lui. Dopo
quasi 4 anni di matrimonio infelice, lacrime versate,
dolori fisici e morali, maltrattamenti, mi vedo
entrare in casa un gruppo di uomini. Ero talmente
terrorizzata, che non ricordo quanti fossero: 5,6 forse
8. Minacciano di mettere una bomba in casa,
uccidendo me e i miei bambini, se mio marito non si
fosse presentato ad un appuntamento, ad una certa ora.
Quella stessa sera mio marito arriva a casa malconcio,
lo avevano picchiato, lividi per tutto il corpo, non ho
provato dispiacere per lui: se lo meritava. La mattina
seguente gli dico della visita dei suoi “amici”, lo
aspettano. Lui sente che gli sono rimasti pochi giorni
di vita, mi minaccia, vuole fare fuori anche me, nessun
altro doveva avermi. Gli domando cosa ne sarebbe
stato dei bambini. Ci penserà lo stato, risponde. Mi
aspettavo di morire da un momento all’altro, non
sapevo cosa fare, dove andare, giovane e senza
esperienza, con due bambini piccoli.
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Quella sera lui non rientra, neppure le sere successive,
ero abituata alle sue assenze. Trascorsi tre giorni, mi
vedo arrivare a casa la polizia: lo avevano ucciso (33
anni). Ero esaurita, non sapevo se piangere... se ridere.
La polizia mi porta in una casa protetta con i bambini,
dove siamo rimasti per quattro mesi. Smetto con la
droga, ma inizio con le sigarette. Mi ritrovo a 26 anni
con un divorzio, vedova e due bambini stupendi, che
mi hanno dato la forza di continuare a vivere. Non ne
volevo più sapere degli uomini, non mi sarei più
sposata. Mi sono buttata nel lavoro, commercio di
frutta e verdura, lavoravo giorno e notte. I bambini me
li guardava mia sorella, vivevano con lei e col marito.
Dopo un anno vengo a sapere, da una vicina di casa,
che mia sorella trascura i miei figli, che li vede
spesso al cancello di casa, piangono. Mi precipito a
casa e scopro che era vero, mio cognato li odiava e
mia sorella non li amava più cosi tanto. Avevo già
un gruzzoletto di denaro, inizio il commercio con
la Turchia, cosi potevo lavorare di giorno e stare con
i miei figli la sera. Il lavoro stava andando bene, dopo 4
anni sono riuscita a comprare una casa, arredarla... non
mi mancava nulla, finalmente mi sentivo realizzata. Ed
ecco che arriva il mio “principe azzurro”: non c’era
nessuno al mondo più bravo di lui. Quando partivo per
la Turchia, lui di sua iniziativa restava con i miei figli
senza che io glielo chiedessi, mi aiutava nel trasporto
delle merci al mercato (cassette pesanti). Non era
sposato, ma la verità era che non lavorava. Mi sentivo
forte dalle mie esperienze, ed ero sicura che questa
volta non avrei sbagliato. Nello stesso periodo muore il
mio primo marito, ho dovuto provvedere al funerale, i
suoi parenti non se lo potevano permettere, era pur
sempre il padre di mia figlia. Decidiamo di convivere,
aspetto un bambino, mi sposo per la terza volta. Inizio
la mia nuova vita con lui frequentando bar, discoteche,
casinò... tutto andava bene finché non finirono i “miei”
soldi. Aprii gli occhi e mi resi conto che lui non
amava i miei figli, prima non vedevo e non volevo
vedere, gli dava fastidio la loro presenza, era molto
attaccato e amava la terza: sua figlia. Non mi ha mai
picchiata, non mia ha mai detto una parolaccia, non
abbiamo mai litigato, ma ha iniziato a frequentare
altre donne. Delusa un'altra volta, disperata, ho
iniziato a bere. Bevevo per non vedere quello che mi
stava facendo, bevevo per non vedere il suo
comportamento con i miei figli. Lui mi incoraggiava a
bere, alla sera mi offriva un bicchierino, non faccio nulla
di male (pensavo). Sera dopo sera, con gli amici, da
sola, mi alzavo al mattino e al posto della colazione
bevevo un bicchiere per sentirmi meglio. Un giorno
scopro che mio marito mi ubriacava per poi abusare di
mia figlia, aveva 14 anni. Lei si vergognava di dirmi
questa cosa, non voleva che litigassimo, temeva che mi
arrabbiassi con lei, non voleva sentirsi in colpa per un
altro divorzio.