Marco Brusati -articoli
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Il creativo non crea, ma associa elementi esistenti in maniera originale e sempre più complessa. Così è creativo il cantante che associa note esistenti per una nuova melodia, è creativo il matematico che associa numeri esistenti per un nuovo teorema ed è creativa la mamma che associa gli stessi quattro cibi che la crisi permette per piatti sempre nuovi. Siamo tutti creativi e nessuno può dire: "Io non lo sono"! Io, tu e il mezzo di mezzo Viviamo le relazioni con gli altri a tre diversi livelli di profondità: io-tu, io-e-i-tuoi-amici, io-medium-tu. Nel primo livello, io sono frontalmente presente a te e tu a me; nel secondo io incontro indirettamente, attraverso di te, le persone della tua sfera relazionale, i tuoi amici; nel terzo io non sono fisicamente presente a te, né tu a me, ma siano connessi attraverso uno mezzo (medium), che sia la rete web sincronica (Whatsapp, Messangers, Skype), diacronica (Facebook, Instagram) o il semplice telefono di casa. La vita dei nostri adolescenti è sempre più schiacciata verso le relazioni di terzo livello, soprattutto a causa di una mistificazione che sta colpendo pesantemente anche il mondo educante, laico o ecclesiale, e che suona così: non è razionalmente possibile oggi fare a meno del web (vero!), ci relazioneremo sempre più con questo medium (vero!), tanto che finiremo praticamente col sostituire le relazioni frontali dell’io-tu con quelle mediate (falso!). La falsità risulta evidente leggendo i numeri del sociologo Cameron Marlow che ha analizzato miliardi di transazioni relazionali su Facebook, medium per eccellenza. Ecco cosa dicono: chi ha oltre 500 “amici” chatta al massimo con una quindicina e si confronta, guarda caso, con chi conosce ed incontra personalmente. Non lo dico per soddisfare quelli del "l'avevo detto io" e che fanno finta che nulla cambi per starsene tranquilli nel loro brodo. E non lo dico nemmeno perché la rete non sia un ambito relazionale specifico, con le sue regole ed i suoi paradigmi. Lo dico perché il mondo educante dovrebbe recuperare, con urgenza, l’intima consapevolezza che è nella relazione io-tu che la persona nasce, vive, si sviluppa, si realizza e che far uscire progressivamente le relazioni educative dall’io-tu finisce per non sostenere la crescita dell’umano, facendo fallire qualunque progetto: e così, anche il web, da fecondo strumento di mantenimento di una relazione primaria ed educante finisce per diventare un illusorio strumento dove vivere la vita che altri hanno preparato, ma che non è la nostra. Marco Brusati 6 novembre 2015 end item end span end row Buoni e cattivi maestri Mi sono francamente stancato del solito mantra sugli adolescenti quasi fossero un'entità staccata dal mondo e non realizzassero la loro vita in un contesto relazionale. Di loro si dice: sono indifferenti; il loro abbigliamento uniformato e griffato ne è un sintomo; le bullo-gang che fanno le peggiocòse non vengono dalle periferie fisiche ma dal centro e sono figli di bravagénte; i loro genitori sono assenti, ma li difendono sempre; mancano speranze condivise; famiglia, scuola ed agenzie educative si rivelano deboli. Ora queste cose mi vengono dette anche dagli insegnanti elementari, perchè bambine e bambini si comportano sempre più come adolescenti, a fianco di adolescenti-genitori-amici. Confesso che vorrei iniziare a sentire dagli educatori una qualche soluzione al problema, o almeno una qualche analisi non puramente descrittiva; e nemmeno vorrei continuare a sentire la classica risposta dell'ignavo "sì, ma il problema sta a monte", perchè, continuando ad andare a monte a cercare il problema, a valle succede di tutto. Così, tanto per avviare la discussione, dico la mia, ben sapendo di non dire tutto: la principale causa del disagio degli adolescenti siamo noi adulti, nessuno escluso, anche se in misura diversa; la croce buttata addosso ai genitori ed agli educatori è operazione sbagliata perché de-responsabilizza chi non fa parte della categoria e lascia soli a remare controcorrente coloro che sono chiamati ad educare, per vocazione o professione. Dirò di più: gli adulti sono troppo spesso indifferenti al bene degli adolescenti e, di conseguenza, gli adolescenti sono troppo spesso indifferenti al loro stesso bene. Sono adulti, per esempio, quelli che gestiscono le discoteche dove, la domenica pomeriggio, svestitissime tredicenni ballano sul cubo; sono adulti quelli che, violando l’intelligenza oltreché la legge, servono alcolici ai minori; sono adulti normalissimi quelli che lasciano case e capannoni liberi per consentire ai figli ed ai loro amici di organizzare feste che, finite, vomitano sulla strada adolescenti devastati, tra cui ragazze pronte per la visita al consultorio dove scoprono cos’hanno fatto sotto i fumi dell’alcol; sono adulti quelli che producono i grandifratelli e che propongono il fannullismo come obiettivo sociale riconosciuto; sono adulti gli autori, i registi, i direttori di programmi mandati alle nove di sera che non solo buttano ragazze seminude davanti alle telecamere, ma le riprendono dal basso all’alto, in un clima di devastante normalità che poi rende abituale spiare la compagna di classe; sono adulti quelli che macellano la vita di migliaia di adolescenti e giovani fingendo di interessarsi alla loro musica e al loro ballo, ma che poi, davanti alle telecamere, li istigano al litigio, alla sfida e all’eliminazione del compagno di studi, alla ribellione verso gli insegnanti, obbligandoli a subire la dirompente umiliazione del televoto, come succede nelle varie trasmissioni dal titolo amichevole; sono adulti quelli che si beano delle infinite file di adolescenti ai provini dei reality musicali televisivi; sono adulti quelli che mettono in mano a tardoinfanti quell'esposizione universale incontrollata e incontrollabile che sono gli smartphone collegati al web. A onor del vero, sono adulti anche quelli che, in buona e santa fede, ripropongono, come in troppe comunità cristiane, stereotipi progettuali, linguistici e comunicativi obsoleti, servendo la Verità con poca fatica di pensiero, mentre là fuori altri adulti imbellettano cadaveri, spacciandoli per star ollivudiàne, con l’amaro risultato che per vent’anni, più o meno dai 12 ai 32 dicono le statistiche, quelle che dovrebbero essere le più belle risorse della Chiesa vengono in massa gettate in gorghi esistenziali diabolicamente illusori e distruttivi. E le cose, stando al mio osservatorio, non solo non cambiano, ma stanno addirittura peggiorando. Occorre veramente fermarsi non solo a riflettere, ma a riflettere su cosa fare, partendo, dico solo partendo, da due convinzioni. La prima: l’educazione deve passare da un sano rapporto degli adolescenti con i mezzi di comunicazione mass-mediale dove, spiace dirlo, i modelli antrolopogici sono radicalmente agli antipodi sia di quelli cristiani, sia di quelli che possano garantire una primaria convivenza sociale; i contenuti con cui crescono gli adolescenti smartphonizzati non vengono dalla famiglia, dalla scuola, dalla parrocchia, come molti ancora si illudono, ma da quello che arriva prima, più facilmente e più spesso, ovvero quello che hanno, è il caso di dirlo, a portata di mano. La seconda: è necessario diventare competenti spine nel fianco della televisione, della radio, della musica, dei gestori di reti, agendo quotidianamente nei massmedia, nella cultura, nella società e nella politica, per salvare i giovani dalla cupidigia degli adulti che di sicuro hanno a cuore il loro proprio portafoglio. Non è vero, dunque, come dicono alcuni, che i nostri figli non hanno maestri; è vero piuttosto che i maestri ci sono, che sono troppi, che sono cattivi e che quelli buoni stanno facendo la pennichella. Marco Brusati 24 ottobre 2015 end item end span end row Parlare di pudore senza pudore Una sconsolata insegnante di scuola media mi ha riferito che le ragazze della sua classe si esibiscono in atteggiamenti provocanti, nell’abbigliamento, nelle relazioni frontali e sui social network. In realtà, ho cercato di rispondere, le ragazze non sono così: le ragazze diventano così a causa di unhumus culturale ed etico alimentato continuamente dal sistema mass-mediale, quello musicale in primis. Il processo in atto è simile a quello che lo psicologo statunitense Stanley Milgram chiamava, già nel 1961, la generazione di uno “stato eteronomico”, che induce la persona a comportarsi come chiede chi è percepito come autorità in un dato momento o in un certo ambito. Nel campo della musica, la star-cantante diventa perciò l’autorità, che determina non solo la percezione di ciò che è bello, cioè la forma artistica, ma anche di ciò che è vero e buono; in particolare, il sistema delle pop-star americane si presenta oggi come un’uniforme e coerente autorità cui obbedire imitandone gli atteggiamenti, che poi sono quelli rilevati dalla sconsolata insegnante. Per esempio, è notizia di questi giorni l’apparizione senza veli di Demi Lovato, che ha postato su Instagram una foto che poco lascia all’immaginazione per il lancio del nuovo disco. Al senza veli e alla gestualità dai forti richiami sessuali ci ha abituato un’altra popstar, Miley Cyrus, che si espone nei video musicali (tra tutti, Wrecking Ball), nei programmi televisivi (tra tutti, il World Music Award) e nella quotidianità della vita. Alle danze erotiche (tra cui il twerking) si prestano pop star come Lady Gaga, Katy Perry e, ora, pure Taylor Swift, ritenuta da molti quella che “certe cose” non le fa. Nudità, violenza e linguaggio scurrile sono invece presenti nel recente video di Rihanna (B*** better have my money). Fermiamo qui l’elenco, perché queste poche artiste hanno venduto centinaia di milioni di copie ed i loro video hanno miliardi (sì, miliardi!) di visualizzazioni: tra le visualizzanti ci sono anche le nostre ragazze, per le quali l’autorità è questo manipolo di artiste, mica la scuola, la famiglia o la comunità cristiana, dentro le quali quasi più nessuno le aiuta a discernere e a scegliere, perché “il mondo della musica è così”, frase che segna il fallimento educativo. Per finire e per inciso, alla sconsolata insegnante ho suggerito pure di iniziare a parlare di pudore senza pudore. Marco Brusati 8 ottobre 2015