Restituzioni all`esportazione

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Restituzioni all`esportazione
SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)
14 aprile 2005 (*)
«Restituzioni all’esportazione – Dichiarazione inesatta – Nozione di “domanda” – Sanzione –
Presupposti»
Nel procedimento C-385/03,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi
dell’art. 234 CE, dal Bundesfinanzhof (Germania) con decisione 30 luglio 2003, pervenuta in
cancelleria il 12 settembre 2003, nella causa
Hauptzollamt Hamburg-Jonas
contro
Käserei Champignon Hofmeister GmbH & Co. KG,
LA CORTE (Prima Sezione),
composta dal sig. P. Jann, presidente di sezione, dalla sig.ra N. Colneric, dai sigg. J. N. Cunha
Rodrigues, E. Juhász (relatore) ed E. Levits, giudici,
avvocato generale: sig.ra C. Stix-Hackl
cancelliere: sig.ra K. Sztranc, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 25 novembre 2004,
considerate le osservazioni presentate:
–
per lo Hauptzollamt Hamburg-Jonas, dal sig. M. Blaesing, in qualità di agente;
–
per la Käserei Champignon Hofmeister GmbH & Co. KG, dai sigg. U. Schrömbges e O.
Wenzlaff, Rechtsanwälte;
–
per la Commissione delle Comunità europee, dal sig. G. Braun, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 20 gennaio 2005,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1
La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’art. 11, n. 1, primo e secondo
comma, del regolamento (CEE) della Commissione 27 novembre 1987, n. 3665, recante modalità
comuni di applicazione del regime delle restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli
(GU L 351, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 2 dicembre 1994,
n. 2945 (GU L 310, pag. 57; in prosieguo: il «regolamento n. 3665/87»).
2
Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra la Käserei Champignon
Hofmeister GmbH & Co. KG (in prosieguo: la «Käserei») e lo Hauptzollamt Hamburg-Jonas (ufficio
doganale competente; in prosieguo: lo «Hauptzollamt»), vertente sull’applicazione a tale società
della sanzione prevista dall’art. 11, n. 1, primo comma, lett. a), del regolamento n. 3665/87.
Contesto normativo
3
I ‘considerando’ primo e terzo del regolamento n. 2945/94, che ha modificato l’art. 11 del
regolamento n. 3665/87, sono formulati come segue:
«[C]onsiderando che la normativa comunitaria in vigore prevede la concessione di restituzioni
all’esportazione unicamente sulla base di criteri obiettivi, in particolare per quanto riguarda la
quantità, la natura e le caratteristiche del prodotto esportato, nonché la destinazione geografica
dello stesso; che alla luce dell’esperienza acquisita deve essere potenziata la lotta contro le
irregolarità e, in particolare, contro le frodi a danno del bilancio comunitario; che a tal fine è
«necessario adottare disposizioni per il recupero degli importi indebitamente versati, nonché
sanzioni tali da indurre gli esportatori a rispettare le norme comunitarie;
(…)
considerando che le informazioni errate fornite da un esportatore possono condurre al pagamento
indebito di restituzioni, se l’errore non viene scoperto, mentre se l’errore viene individuato, appare
del tutto giustificato applicare all’esporta[tore] una sanzione in proporzione all’importo che avrebbe
indebitamente percepito qualora l’errore non fosse stato scoperto (...)».
4
L’art 3 del regolamento n. 3665/87 dispone quanto segue:
«1.
Per giorno dell’esportazione si intende il giorno in cui il servizio doganale accetta la
dichiarazione d’esportazione nella quale è indicato che verrà richiesta una restituzione.
2.
La data di accettazione della dichiarazione d’esportazione determina:
a)
il tasso della restituzione applicabile se la restituzione non è stata fissata in anticipo;
b)
gli adeguamenti del tasso della restituzione eventualmente necessari se la restituzione è
stata fissata in anticipo.
3.
È assimilato all’accettazione della dichiarazione d’esportazione qualsiasi altro atto avente
effetti giuridici equivalenti a tale accettazione.
4.
Il giorno di esportazione è determinante per stabilire la quantità, la natura e le caratteristiche
del prodotto esportato.
5.
Il documento utilizzato all’atto dell’esportazione per beneficiare di una restituzione deve
recare tutti i dati necessari per il calcolo dell’importo della restituzione, in particolare:
a)
la designazione dei prodotti secondo la nomenclatura utilizzata per le restituzioni;
b)
la massa netta dei prodotti o eventualmente la quantità espressa nell’unità di misura da
prendere in considerazione per calcolare la restituzione;
c)
qualora risulti necessario per il calcolo della restituzione, la composizione dei prodotti in
causa o un riferimento a tale composizione.
Qualora il documento contemplato nel presente paragrafo sia la dichiarazione d’esportazione,
quest’ultima deve recare anche le indicazioni suddette nonché la dicitura Codice restituzione.
6.
Al momento dell’accettazione o dell’intervento dell’atto i prodotti sono sottoposti a controllo
doganale fino a quando lasciano il territorio doganale della Comunità».
5
L’art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87 recita come segue:
«1.
Qualora si constati che, per ottenere una restituzione all’esportazione, un esportatore ha
chiesto una restituzione superiore a quella spettante, la restituzione dovuta è quella relativa
all’effettiva esportazione ridotta di un importo pari:
a)
a metà della differenza tra la restituzione richiesta e la restituzione relativa all’effettiva
esportazione;
b)
al doppio della differenza tra la restituzione richiesta e la restituzione dovuta, qualora
l’esporta[tore] abbia fornito deliberatamente false informazioni.
Si considera restituzione richiesta l’importo calcolato in funzione delle informazioni fornite a norma
dell’articolo 3 o dell’articolo 25, paragrafo 2. Qualora il tasso della restituzione vari in funzione della
destinazione, la parte differenziata della restituzione richiesta si calcola in base alle informazioni
fornite a norma dell’articolo 47.
La sanzione di cui alla lettera a) non si applica:
–
in caso di forza maggiore;
–
in casi eccezionali in cui, dopo l’accettazione da parte delle competenti autorità della
dichiarazione di esportazione o della dichiarazione di pagamento, si verifichino eventi non
imputabili all’esportatore, a condizione che egli notifichi tali eventi alle competenti autorità
immediatamente dopo averli constatati, e comunque entro il termine di cui all’articolo 47,
paragrafo 2, salvo nei casi in cui dette autorità abbiano già accertato che la restituzione
richiesta era inesatta.
(...)».
6
L’art. 25, n. 1, del regolamento n. 3665/87 dispone quanto segue:
«Quando l’esportatore esprime il proprio intento di esportare i prodotti o le merci dopo
trasformazione o magazzinaggio e di fruire di una restituzione, in applicazione delle disposizioni di
cui agli articoli 4 o 5 del regolamento (CEE) n. 565/80, per poter beneficiare del regime suddetto,
egli deve presentare alle autorità doganali una dichiarazione, in appresso denominata dichiarazione
di pagamento.
Gli Stati membri possono dare alla dichiarazione di pagamento un’altra denominazione».
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8
I dati che tale dichiarazione di pagamento deve recare sono precisati all’art. 25, n. 2, di tale
medesimo regolamento.
L’art. 47, nn. 1 e 2, del regolamento n. 3665/87 prevede quanto segue:
«1. La restituzione viene versata, su richiesta specifica dell’esportatore, unicamente dallo Stato
membro nel cui territorio è stata accettata la dichiarazione di esportazione.
La domanda di restituzione è presentata:
a)
per iscritto: a tal fine, gli Stati membri possono prevedere un modulo speciale;
b)
oppure avvalendosi di sistemi informatici (...).
2.
La pratica relativa al versamento della restituzione o allo svincolo della cauzione deve essere
presentata, salvo forza maggiore, entro 12 mesi dalla data di accettazione della dichiarazione
d’esportazione».
Controversia principale e questione pregiudiziale
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Il 29 luglio 1996 la Käserei presentava, conformemente all’art. 3 del regolamento n. 3665/87, una
dichiarazione d’esportazione relativa a una spedizione di formaggi contenente in particolare
formaggio fuso e rientrante in diversi codici della nomenclatura utilizzata per le restituzioni
dell’organizzazione comune dei mercati.
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Il 12 agosto 1996 la Käserei presentava allo Hauptzollamt una domanda per il pagamento
anticipato delle restituzioni all’esportazione relativamente a tale spedizione. La detta società, però,
escludeva espressamente il formaggio fuso dall’oggetto di tale domanda. Le voci 4 e 5 del modulo
relative al formaggio fuso venivano cancellate e corredate da una menzione scritta a mano. Con
una lettera allegata alla domanda di pagamento, la Käserei comunicava allo Hauptzollamt di non
chiedere restituzioni con riferimento a tale prodotto.
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Lo Hauptzollamt versava l’importo della restituzione all’esportazione per le voci non cancellate,
ma, con decisione 26 marzo 1997, imponeva una sanzione alla Käserei, perché il formaggio fuso
menzionato nella dichiarazione d’esportazione di cui trattasi nella causa principale non poteva
beneficiare di una restituzione essendovi aggiunti grassi vegetali. Di conseguenza, tale ufficio
stimava che la detta società aveva richiesto restituzioni più elevate di quelle spettanti.
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Contro tale decisione la Käserei proponeva opposizione, che non veniva accolta. Il suo ricorso
veniva invece accolto dal Finanzgericht Hamburg, il quale dichiarava che tale società non aveva
domandato alcuna restituzione con riferimento alle voci 4 e 5 del formulario, non potendo la
presentazione della dichiarazione d’esportazione essere considerata una domanda del genere, e
che, di conseguenza, il regime sanzionatorio non trovava applicazione.
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Lo Hauptzollamt proponeva ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al Bundesfinanzhof.
Quest’ultimo rileva che la soluzione della causa principale dipende dall’accertamento se la domanda
di restituzione ai sensi dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87 corrisponda alla presentazione
della dichiarazione d’esportazione ai sensi dell’art. 3 di tale medesimo regolamento oppure, al
contrario, alla presentazione della domanda di pagamento di cui all’art. 47, n. 1, del detto
regolamento.
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Stimando che la risposta a tale problema non può essere chiaramente dedotta dal dettato
dell’art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87, il Bundesfinanzhof ha deciso di sospendere il
procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se l’art. 11, n. 1, primo e secondo comma, del regolamento n. 3665/87, (...) – anche alla luce del
principio di proporzionalità – debba essere interpretato nel senso che false informazioni, riguardanti
singole voci doganali elencate nella dichiarazione d’esportazione, che possono condurre a una
restituzione all’esportazione più elevata di quella spettante all’esportatore, determinano da sole la
riduzione a titolo di sanzione della restituzione all’esportazione nell’importo stabilito in tali
disposizioni, anche se viene espressamente indicato in relazione alla domanda di pagamento, che
deve essere effettuata a norma del diritto nazionale, che non è richiesto il pagamento della
restituzione all’esportazione per le voci doganali di cui si tratta nella dichiarazione d’esportazione».
Sulla questione pregiudiziale
Osservazioni presentate alla Corte
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Secondo la Käserei, non è la dichiarazione d’esportazione, ma la domanda di pagamento di cui
all’art. 47, n. 1, del regolamento n. 3665/87 che costituisce la domanda di restituzione ai sensi
dell’art. 11, n. 1, del detto regolamento. Ne consegue, a suo parere, che il regime sanzionatorio
previsto a tale art. 11, n. 1, non si applica qualora solamente la dichiarazione d’esportazione
contenga dati errati relativi a restituzioni all’esportazione.
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La Käserei rileva che, secondo l’art. 11, n. 1, primo comma, del regolamento n. 3665/87, si
prevede una sanzione qualora un esportatore richieda una restituzione all’esportazione più elevata
di quella spettante. Orbene, tale disposizione non preciserebbe in cosa consiste una siffatta
domanda. Secondo la Käserei, in mancanza di una precisazione del genere, solo la domanda di
restituzione, che è prevista dall’art. 47 del detto regolamento, è determinante.
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La Käserei espone che, ai termini di tale art. 47, n. 1, il pagamento della restituzione
all’esportazione è subordinato a una domanda scritta dell’esportatore e gli Stati membri possono, al
riguardo, prevedere un modulo speciale. Nell’ordinamento tedesco, l’art. 15 del regolamento sulle
restituzioni all’esportazione (Ausfuhrerstattungsverordnung) del 24 maggio 1996 (BGBl. 1996 I,
pag. 766) prevedrebbe un formulario del genere. Nel modello di formulario prescritto da tale
regolamento, all’autore della domanda sarebbe esplicitamente indicato che viene chiesto il
pagamento di restituzioni all’esportazione per tutti i prodotti elencati in tale domanda. La
dichiarazione d’esportazione sarebbe chiaramente distinta dalla domanda di pagamento della
restituzione e solo con la presentazione di tale domanda, in diritto tedesco, l’esportatore
chiederebbe espressamente una restituzione all’esportazione. All’udienza, la Käserei ha sostenuto
che la dichiarazione d’esportazione nell’ordinamento giuridico tedesco è solo una dichiarazione
d’intenti che non apre nessuna procedura di restituzione presso l’ufficio doganale tedesco
competente.
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Secondo la Commissione, la domanda di restituzione di cui all’art. 11, n. 1, primo comma, del
regolamento n. 3665/87 viene fatta al momento della presentazione della dichiarazione
d’esportazione ai sensi dell’art. 3 di tale regolamento. Essa sottolinea, a tale proposito, che,
nell’ambito del detto art. 11, n. 1, «si considera restituzione richiesta l’importo calcolato in funzione
delle informazioni fornite a norma dell’articolo 3 o dell’articolo 25, paragrafo 2», del medesimo
regolamento.
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La Commissione invoca altresì lo scopo del regolamento n. 3665/87. Essa sostiene che l’efficacia
dissuasiva di quest’ultimo sarebbe in gran parte compromessa se fosse accolta l’interpretazione del
Finanzgericht Hamburg. A suo parere, l’accettazione della dichiarazione d’esportazione significa che
i prodotti passano sotto il controllo delle autorità doganali e sono sottoposti a verifiche. Queste
ultime avrebbero solo uno scarso valore e la loro efficacia dissuasiva sarebbe nulla, ove la sanzione
non si fondasse sulle informazioni contenute nella dichiarazione d’esportazione, bensì sulla
domanda di pagamento, che può essere presentata anche più tardi. L’interpretazione fornita dal
Finanzgericht Hamburg potrebbe portare a situazioni in cui l’esportatore presenta una dichiarazione
d’esportazione contenente informazioni errate e introduce la domanda specifica di restituzione solo
successivamente, quando è sicuro che gli errori non saranno scoperti.
Risposta della Corte
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Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se il documento in funzione del
quale si applica la sanzione prevista all’art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87 sia la
dichiarazione d’esportazione di cui all’art. 3 di quest’ultimo oppure la domanda specifica di
pagamento di cui all’art. 47, n. 1, del medesimo regolamento.
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Occorre ricordare che l’art. 11, n. 1, primo comma, del regolamento n. 3665/87 prevede
l’applicazione di una sanzione a un operatore economico che domanda una restituzione
all’esportazione superiore a quella spettante. L’art. 11, n. 1, secondo comma, del medesimo
regolamento dispone che si considera restituzione richiesta l’importo calcolato in funzione delle
informazioni fornite a norma dell’art. 3 o dell’art. 25, n. 2, di tale regolamento. La seconda frase di
tale secondo comma prevede peraltro che delle informazioni fornite a norma dell’art. 47 del
medesimo regolamento si tiene conto nel calcolo della restituzione richiesta «[q]ualora il tasso della
restituzione vari in funzione della destinazione».
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Ne discende che, qualora il tasso di restituzione non vari, occorre fondarsi unicamente sull’art. 3 o,
eventualmente, sull’art. 25, n. 2, del regolamento n. 3665/87 per calcolare l’importo della
restituzione richiesta ai sensi dell’art. 11, n. 1, di tale regolamento. Ne consegue altresì che il
documento o i documenti che contengono i dati di cui a tali artt. 3 o 25, n. 2, in base ai quali viene
calcolato l’importo della restituzione, costituiscono la domanda che fa scattare, in ragione delle
informazioni errate, l’applicazione della sanzione prevista al detto art. 11, n. 1.
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Quanto all’interpretazione dell’art. 3 del medesimo regolamento, occorre rilevare, come ha
indicato l’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, che da tale articolo non si evince
necessariamente che l’importo della restituzione richiesta è calcolato in funzione delle informazioni
fornite soltanto nella dichiarazione d’esportazione. In particolare, il n. 5 di tale art. 3 non precisa la
denominazione del documento che deve essere presentato per beneficiare di una restituzione
all’importazione. Esso si riferisce unicamente al «documento utilizzato all’atto dell’esportazione».
Inoltre, il secondo comma del detto art. 3, n. 5, prevede l’ipotesi in cui «il documento contemplato
nel presente paragrafo sia la dichiarazione d’esportazione». Ne consegue che il documento da
presentare per ottenere una restituzione non è necessariamente la dichiarazione d’esportazione.
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Spetta, infatti, a ciascuno Stato membro predisporre, nel proprio ordinamento nazionale, i moduli
necessari per conformarsi alle disposizioni dell’art. 3 del regolamento n. 3665/87. Si può
incorporare in un’unica dichiarazione d’esportazione il documento utilizzato all’atto dell’esportazione
per ottenere una restituzione oppure possono esistere moduli distinti.
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Quale che sia la denominazione del documento utilizzato nell’ordinamento nazionale per
beneficiare di una restituzione, l’art. 3, n. 5, del regolamento n. 3665/87 impone che tale
documento sia presentato «all’atto dell’esportazione» e non dopo. Ne risulta che il detto documento
non può essere la domanda di pagamento di cui all’art. 47, n. 1, del medesimo regolamento, dato
che quest’ultima può essere presentata entro i dodici messi successivi alla data di accettazione
della dichiarazione, ovvero molto dopo l’operazione d’esportazione.
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La suesposta analisi è conforme all’economia, alla ratio e alla finalità del regolamento n. 3665/87.
Per quanto concerne la sua economia, occorre rilevare che tale regolamento contiene norme
sostanziali e procedurali relative all’ottenimento delle restituzioni all’esportazione. Come rilevato
dall’avvocato generale ai punti 48 e 50 delle sue conclusioni, gli artt. 3 e 11 del detto regolamento
prevedono norme sostanziali che figurano al titolo 2, capitolo I, intitolato «Diritto alla restituzione».
Per contro, l’art. 47, n. 1, del medesimo regolamento, incluso nel titolo 4, «Procedura di
pagamento della restituzione», prevede unicamente le formalità amministrative che l’esportatore
deve adempiere per ottenere il pagamento della restituzione. L’entità di quest’ultima dipende dalle
informazioni contenute nel documento che attesta il diritto alla restituzione e non nel documento di
natura tecnica, che costituisce, certamente, un presupposto per il pagamento della restituzione, ma
non il fondamento normativo del diritto a tale pagamento. Ne consegue che, conformemente
all’economia del regolamento n. 3665/87 e al sistema da esso istituito, la domanda di restituzione
ai sensi dell’art. 11, n. 1, del detto regolamento è introdotta a norma dell’art. 3 o, eventualmente,
dell’art. 25, n. 2, di tale medesimo regolamento, ma non attraverso la presentazione della
domanda di pagamento di cui all’art. 47, n. 1.
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Quanto alla finalità del regolamento n. 3665/87, risulta dal primo ‘considerando’ del regolamento
n. 2945/94 che esso persegue l’obiettivo di combattere le irregolarità e le frodi constatate in
materia di restituzioni all’esportazione (v. sentenza 11 luglio 2002, causa C-210/00, Käserei
Champignon Hofmeister, Racc. pag. I-6453, punto 60). Orbene, l’interpretazione secondo la quale
sarebbe possibile presentare validamente una domanda di restituzione per prodotti già esportati
pregiudicherebbe tale obiettivo, poiché le autorità competenti non sarebbero più in grado di
svolgere controlli fisici sui detti prodotti, controlli tuttavia necessari affinché l’obiettivo del
regolamento n. 3665/87 possa essere raggiunto. Non si può quindi consentire che la domanda di
restituzione, di cui all’art. 47, n. 1, di tale regolamento e che può essere presentata entro dodici
mesi dopo l’accettazione della dichiarazione d’esportazione, possa costituire la domanda di
restituzione ai sensi dell’art. 11, n. 1, del medesimo regolamento.
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Il controllo fisico dei prodotti per i quali sono state richieste restituzioni costituisce uno strumento
importante per combattere le irregolarità e le frodi nel settore delle restituzioni all’importazione. A
tale proposito occorre rilevare che, per assicurarsi che lo scopo delle verifiche sia pienamente
garantito, è imperativo che i controlli si svolgano dopo che l’esportatore ha presentato una
domanda di restituzione vincolante. Come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte,
l’efficacia dissuasiva delle sanzioni previste all’art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87 è in gran
parte annullata ove sia possibile presentare la domanda di restituzione dopo che sono stati
effettuati i controlli dei prodotti. L’esportatore potrebbe adeguare la sua domanda di restituzione a
seconda dei risultati di un eventuale controllo.
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Ne consegue che il procedimento di verifica delle domande di restituzione dev’essere considerato
parte integrante del regime delle restituzioni all’importazione previsto dal regolamento n. 3665/87.
Per individuare il documento che costituisce la domanda di restituzione, bisogna dunque prendere
in considerazione non quello che riguarda il pagamento della restituzione, ma quello che fa scattare
il sistema di verifica della domanda di restituzione.
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Il giudice del rinvio, facendo riferimento al principio di proporzionalità, domanda se l’infliggere la
sanzione prevista dall’art. 11, n. 1, del regolamento n. 3665/87 possa essere considerato
sproporzionato, qualora il pagamento di una restituzione non sia richiesto dall’esportatore né
accordatogli dalle autorità competenti.
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A tale proposito occorre ricordare, innanzi tutto, che, ai punti 59-68 della citata sentenza Käserei
Champignon Hofmeister, la Corte ha già accolto il carattere proporzionato della sanzione. Al detto
punto 68, la Corte ha dichiarato che la sanzione prevista dall’art. 11, n. 1, primo comma, lett. a),
del regolamento n. 3665/87 non viola il principio di proporzionalità, in quanto non la si può ritenere
né inidonea a realizzare lo scopo perseguito dalla normativa comunitaria, ossia la lotta contro le
irregolarità e le frodi, né esorbitante rispetto ai mezzi necessari per raggiungerlo.
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Inoltre, occorre rilevare che il regolamento n. 3665/87 prevede circostanze ben definite nelle quali
un esportatore che chiede una restituzione più elevata di quella spettante può ugualmente evitare
di vedersi applicata la sanzione prevista dall’art. 11, n. 1, di tale regolamento. Ai sensi del terzo
comma, secondo trattino, di tale disposizione, la sanzione di cui trattasi non si applica «in casi
eccezionali in cui, dopo l’accettazione da parte delle competenti autorità della dichiarazione di
esportazione o della dichiarazione di pagamento, si verifichino eventi non imputabili all’esportatore,
a condizione che egli notifichi tali eventi alle competenti autorità immediatamente dopo averli
constatati, e comunque entro il termine di cui all’articolo 47, paragrafo 2, salvo nei casi in cui dette
autorità abbiano già accertato che la restituzione richiesta era inesatta».
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Tuttavia, occorre precisare che la modifica della domanda di restituzione costituisce una modifica
sostanziale e non procedurale. Una modifica del genere dev’essere portata a conoscenza delle
autorità competenti mediante la presentazione di un documento specifico, motivato, e non
mediante la presentazione di un semplice modulo, alla stregua della domanda di pagamento
prevista dall’art. 47, n. 1, del regolamento n. 3665/87.
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Infine, occorre sottolineare che risulta dal tenore e dalla finalità del regolamento n. 3665/87 che il
legislatore comunitario ha voluto che la sanzione prevista all’art. 11, n. 1, di tale regolamento non
fosse applicata dopo che il bilancio comunitario ha subìto una perdita finanziaria a causa del
pagamento indebito di una restituzione all’esportazione, ma in una fase a monte, allorché
l’esportatore include informazioni inesatte, seppur non deliberatamente, nella domanda di
restituzione.
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Il terzo ‘considerando’ del regolamento n. 2945/94 enuncia che «le informazioni errate fornite da
un esportatore possono condurre al pagamento indebito di restituzioni, se l’errore non viene
scoperto, mentre se l’errore viene individuato, appare del tutto giustificato applicare
all’esporta[tore] una sanzione (...)». Di conseguenza, è ininfluente al riguardo il fatto che
l’esportatore, a seguito della scoperta delle informazioni errate contenute nella dichiarazione
d’esportazione, non abbia domandato né ottenuto il pagamento della restituzione interessata. Nel
sistema instaurato dal regolamento n. 3665/87, la sola eventualità che informazioni errate possano
comportare il pagamento indebito delle restituzioni è sufficiente perché venga applicata la sanzione
prevista dall’art. 11, n. 1, di tale regolamento.
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Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la questione sottoposta dichiarando
che l’art. 11, n. 1, primo e secondo comma, del regolamento n. 3665/87 deve essere interpretato
nel senso che informazioni errate contenute in un documento previsto all’art. 3, n. 5, di tale
regolamento, ossia la dichiarazione d’esportazione o qualsiasi altro documento utilizzato all’atto
dell’esportazione, che possono condurre a una restituzione all’esportazione più elevata di quella
applicabile, comportano l’applicazione della sanzione di cui al detto articolo. Tale regola si applica
anche se, nell’ambito della domanda di pagamento menzionata all’art. 47 del medesimo
regolamento, viene espressamente indicato che non è richiesto il pagamento della restituzione
all’esportazione per taluni prodotti elencati in tale documento.
Sulle spese
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Nei confronti delle parti della causa principale il presente procedimento costituisce un incidente
sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute per
presentare osservazioni alla Corte, diverse da quelle delle dette parti, non possono dar luogo a
rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:
L’art. 11, n. 1, primo e secondo comma, del regolamento (CEE) della Commissione 27
novembre 1987, n. 3665, recante modalità comuni di applicazione del regime delle
restituzioni all’esportazione per i prodotti agricoli, come modificato dal regolamento (CE)
della Commissione 2 dicembre 1994, n. 2945, deve essere interpretato nel senso che
informazioni errate contenute in un documento previsto all’art. 3, n. 5, di tale
regolamento, ossia la dichiarazione d’esportazione o qualsiasi altro documento utilizzato
all’atto dell’esportazione, che possono condurre a una restituzione all’esportazione più
elevata di quella applicabile, comportano l’applicazione della sanzione di cui al detto
articolo. Tale regola si applica anche se, nell’ambito della domanda di pagamento
menzionata all’art. 47 del medesimo regolamento, viene espressamente indicato che non
è richiesto il pagamento della restituzione all’esportazione per taluni prodotti elencati in
tale documento.
Firme
* Lingua processuale: il tedesco.