Era una casa bellissima

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Era una casa bellissima
Era una casa bellissima
Si rincorrono con la bici per la pineta avvolta dalla notte. Da poco è passata la
mezzanotte e l'aria, come sempre nei posti di mare, a quest'ora è diventata
finalmente più fresca.
La bici di lui è leggermente più grande di quella di lei. Però lei è più veloce e,
col vino che le riscalda le gambe, si diverte a sorpassarlo tagliandogli la strada.
Lo sa che lui è sveglio, che non rischia di farlo cadere. Sta giocando. Gli
innamorati lo fanno, giocano a farsi male. Lo fanno per gioco, chiaro non si
farebbero mai male sul serio.
Sono stati a cena fuori. Il proprietario della pizzeria di fronte casa conosce lui
da quando era poco più che un bambino. Lei la vede quella sera per la prima
volta. Quando lui gliela presenta, il vecchio gli lancia un occhiolino. Cerca di
farlo con discrezione. Ma non può fare a meno di sottolineare il fatto che per
lui, vecchio lupo di mare, quella è proprio un bel pezzo di ragazza.
Ma in quel sorriso sornione si legge anche altro. Cose come: bravo, è bella, è
molta bella, forse troppo per te. Goditela, prima che se ne accorga. Sono così le
ragazze a quest'età, vedono la bellezza dove la bellezza non c'è. Se ne
accorgono sempre troppo tardi però, quando oramai sono passati gli anni o
quando vengono lasciate per una che magari è più brutta, ma una che non farà
storie per niente e si accontenterà di quel poco che riceve. Una con la quale
vivranno sicuramente felici e contenti. Il proprietario della pizzeria queste cose
le sa e ci ripensa, mentre li accompagna al loro tavolo e, camminando, prende la
ragazza sotto braccio.
Ceneranno in giardino, un giardino tirato su dalla spiaggia. Si promettono che
torneranno un giorno per il pranzo, dopo aver fatto il bagno. Si promettono
tante cose, mentre il vino sale, gli occhi di lei si accendono, quelli di lui
fuggono altrove. Ma lei non ci bada più di tanto, mentre il vino sale e la vita è
così bella. Però la testa le diventa pesante. Sarà il vino, si dice, oppure tutto il
sole di oggi. Certo, sicuramente sarà così, pensa tra sé, mentre oltre alla testa
piano piano anche le spalle le diventano pesanti. Nel dubbio, ci beve su,
accarezza il bicchiere e non smette mai di sorridere.
Concludono la cena con un caffè e poi vanno via, sulle loro biciclette che
tagliano la pineta in mille strade diverse, disegnate dai piedi veloci di lei,
seguite dal passo meno veloce di lui.
Si stanno rincorrendo da almeno mezz’ora, quando alla fine si fermano davanti
a una vecchia villa. L'edera abbraccia le sue mura color caffè, che si alzano da
un giardino di piante e piccoli alberi da cortile.
- Qui, di giorno, deve essere bellissimo.
Commenta lei.
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- Sai che pace, vivere qui.
Conferma lui, mentre sono fermi, di fronte la casa, ad osservarla.
- Vendesi!
Esulta a un tratto lui.
- Davvero? Compriamola! - risponde subito lei - Dai, entriamo!
- Sei pazza?
Lei non risponde, sorride, poggia la bici e inizia a cercare un punto da cui
arrampicarsi per entrare. Trascorrono circa mezz'ora a cercare un posto da cui
poter scavalcare senza farsi scoprire dai passanti. Ma, quando sembrano averlo
trovato lei, nell'aggrapparsi al muretto, cade tra le braccia di lui.
Il resto, ovviamente, è storia. Sappiamo bene cosa faranno, chiaramente non
aspetteranno di arrivare a casa. C’è il mare e la notte, complici dei giovani
innamorati, loro che non possono aspettare, perché si amano troppo o, forse
perché, si sono innamorati troppo presto e la fretta è rende il loro tempo una
trottola che scivola via chissà dove.
Dopo un anno tornato a cercare quella casa. Camminano piano sulle loro
biciclette, le stesse dell'anno passato, ma le gambe sembrano essersi
appesantite. Sicuramente è il caldo, pensano. O forse qualche chilo in più
accumulato sui fianchi di lei, mentre lui è snello e impeccabile come sempre.
Adesso, che è pieno giorno, sono visibili le crepe sui muri che quella notte
erano assolutamente invisibili, mentre l'edera sembra divorare l’estetica e, in
generale, ovunque sono cresciute erbacce.
- Ricordi, volevamo comprarla - dice lui.
Lei non risponde, sorride. Ma non è un sorriso vero. Più che altro, un
movimento del viso. Gli occhi sono coperti dagli occhiali da sole.
- Eravamo ubriachi. Altrimenti non si spiega. Guarda che rudere. Sembra
cadere a pezzi. Dai, andiamo - conclude lui e, prima che lei abbia il tempo di
rispondere, è già partito con la bicicletta. Lei invece indugia un attimo prima di
ripartire. Questione di attimi, subito lo segue.
Sente, adesso, le gambe ancora più pesanti.
L'anno dopo lei passerà di nuovo davanti alla casa. Ma sarà sola. La guarderà di
nuovo. Il suo sguardo è coperto ancora dagli occhiali da sole. Il sorriso
congelato in una smorfia. Vorrebbe che almeno una lacrima scendesse sul suo
viso. Solo perché di solito in questi casi si piange, si ripensa alle cose belle e ci
si strugge dentro perché la vita sa essere spietata.
Ma non lo fa. Invece pensa che si, è vero, alla fine era solo un rudere, quella
casa tanto carina, che aspetta solo di essere tirata giù. Vorrebbe poterlo fare lei,
visto che nessuno lo ha ancora fatto, tirarla giù a forza di vangate.
Invece va via. Non è in bici, ma a piedi. Cammina per la pineta, con le mani
strette nelle tasche di una felpa invecchiata. Mentre cammina, guarda il mare.
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Adesso, finalmente, piange. Anzi adesso le lacrime scendono tutte insieme.
Sembrano voler sfidare l'asprezza del mare. Lei prova a tirarle indietro. Ma non
ci riesce. Le lacrime che tornano indietro hanno sapore di ruggine.
Così le lascia andare, sperando che si confondano, insieme a tutto quel mare,
insieme a tutto quello che non tornerà mai più.
E mai più è proprio ciò che sembra volerle sussurrare il mare, mentre il cielo si
copre di nuvole scure e da lontano qualcuno le agita la mano.
Ci metterà un po’ a riconoscere il signore della pizzeria. In piedi, con la testa
coperta dall’impermeabile, guarda l’orizzonte. Una linea dritta dove poggia la
sua solitudine e che lui osserva non per cercare risposte, ma solo conferme per
tutto quel che il mare, di per sé, non potrà più restituire.
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