Scheda spettacolo Il Papa la carezza la luna_1

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Scheda spettacolo Il Papa la carezza la luna_1
SCHEDA SPETTACOLO
Il Papa, la carezza, la luna.
A cinquant’anni dal Concilio Vaticano II
Gruppo Narrazione “ Il Nardo” – Teatro Mondo Piccino – Nino Pozzo
Vengono scanditi i nomi di 23 donne pescate come da un fiume notturno (cfr. Adriana Valerio, Le madri
del Concilio. Ventitré donne al Vaticano II). Cadute nell’oblio e riscoperte dopo cinquant’anni di silenzio.
Inizia così la narrazione de “ Il Papa, la carezza, la luna” con questo filo invisibile che intesse la memoria del
Concilio Vaticano II. La scena poi si apre su una finestra, segno di apertura e di accoglienza, metafora di un
modo di vivere e sentire la chiesa. Chiesa che si apre al mondo e non si difende dal mondo. Una voce
arcana ricorda le parole di Angelo Giuseppe Roncalli, nel punto di salutare il popolo della Bulgaria: la
promessa di una luce sempre accesa alla finestra. Piccola luna dentro la notte. Poi un balzo di molti anni:
28 ottobre 1958, quell’uomo diventa papa con il nome di Giovanni XXIII detto il Papa Buono. E dalla sua
finestra la chiesa può tornare a vedere gli alberi di pesco e di ciliegio fiorire: è una nuova primavera. La
chiesa fino a quel momento era come un grande deserto, la valle di cui parla Ezechiele, piena di ossa aride.
Arriva la sera del Concilio: la sera in cui la luna sembra vestita di festa. Il Papa pronuncia un discorso che
trova scritto nel cuore: parla della carezza da portare ai bambini, delle lacrime da asciugare, di un cammino
di pace da fare insieme. E’ come se il Papa quella notte danzasse con la luna. La chiesa come la donna curva
di cui parla il vangelo viene rialzata e invitata anch’essa a danzare.
Il 3 giugno del 1963 Papa Giovanni muore lasciando un immenso rimpianto. Il concilio continua, ma
piano piano la speranza cede il passo alla paura…
Il racconto ci porta come in volo in un piccolo paese del Centro America: El Salvador. L’arcivescovo
Mons. Oscar Arnulfo Romero (siamo tra il 1977 e il 1980) incarna nel suo corpo la chiesa segnata da Papa
Giovanni : la chiesa dei poveri, dei profeti. Continua il filo invisibile intrecciato dalle donne. Marianela
Garcia Villas, nuova Antigone, si prende cura dei corpi straziati e lotta con il suo popolo per i diritti umani e
la giustizia. Il 24 marzo del 1980 una pallottola ferma il cuore di Romero, mentre celebra la messa. Il suo
sangue si mescola con quello del suo Maestro.
Tutto il suo Paese sembra un grande Golgota e ancora le donne sono come una unica madre addolorata
che piange i suoi figli e le sue figlie.
Sembra infranto il sogno del Concilio, finita l’utopia sperata. Ma nelle piccole comunità della terra,
soprattutto le donne, come già Maddalena nel Vangelo, resistono alla morte opponendo una commovente
passione di vita. Grazie a questa resistenza di risurrezione la Chiesa ritrova, nonostante tutto, la fonte del
Vangelo. L’acqua viva che zampilla e da vita alla terra. Un’acqua che scorre tra le generazioni e fa rifiorire la
vita. Come in un antico fonte scorga l’acqua che mette in movimento le idee e i sogni.
Il deserto piano, piano si fa giardino. Nel crepuscolo di un agosto ormai finito risuona la voce
dell’arcivescovo Carlo Maria Martini. E’ un invito appassionato ma anche dolente. Un invito a non dare
spazio alla paura. A soffiare sulle braci del Vangelo, che sfocia in una domanda al cuore di ciascuno: e tu?
Ritorna la finestra con il lume nella notte, ritorna a danzare la luna… e noi?
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