Introduzione e Avvertenze

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Introduzione e Avvertenze
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Introduzione
INTRODUZIONE
Nell’ambito del programma di attività, per
l’anno 2002, il CRESA ha ritenuto di realizzare una lettura mirata su uno degli aspetti
più problematici dell’economia e della società della regione, rappresentato dal diverso
grado di sviluppo che caratterizza il territorio montano rispetto alle altre parti della regione.
Il lavoro deriva da più di una motivazione:
la principale sicuramente è rappresentata
dall’idea di delineare un quadro delle diversità di sviluppo della regione sulle quali è
maturata la convinzione che l’Abruzzo si
qualifichi a tutti gli effetti come un sistema
dualistico, quello montano fragile e con una
lenta e difficile crescita e quello collinare e
costiero ben strutturato e decisamente più
dinamico. A questo tema il Cresa ha sempre
riservato una particolare attenzione considerando come la caratterizzazione dualistica
dell’economia regionale potesse rappresentare un elemento di debolezza tale da pregiudicare la crescita, per alcuni versi anche decisa e vivace, che conseguiva nel tempo.
La seconda motivazione, non meno importante, è stata la ricorrenza dell’Anno Internazionale della Montagna che ha rappresentato non solo un’occasione di riflessione sui
problemi della montagna in generale, ma
soprattutto il risveglio di una sensibilizzazione per tutte le istituzioni, per le associazioni
e per gli studiosi nei confronti degli specifici
e complessi problemi della montagna.
Per il Cresa è stata questa un’occasione per
ritornare sul problema, ponendosi ovviamente nell’ottica di una struttura che ha
specifici compiti informativi sui caratteri
dell’economia e del territorio, con l’intento
di dare un contributo conoscitivo che potesse costituire uno strumento utile per tutti
quei soggetti preposti al ruolo di governo
del territorio.
Un motivo aggiuntivo, in qualche modo
complementare ed integrativo, deriva dalla
esigenza degli operatori istituzionali che si
occupano di politiche e di programmazione
di avere informazioni specifiche e di dettaglio sui territori montani, da utilizzare come
misura del grado di svantaggio o di disagio
che più ricorrentemente viene definito marginalità.
In tale senso si ricorda che la generalità delle
disposizioni programmatiche e legislative
considerano il grado di marginalità come
parametro per commisurare l’assegnazione
di risorse e sostegni vari ai territori montani.
Anche la Regione Abruzzo ha stabilito, con
propria legge, una serie di indicatori sulla
base dei quali definire una misura della marginalità dei territori montani attraverso l’uso
di informazioni statistiche e con l’applicazione di un metodo abbastanza semplice.
Da parte del Cresa, tuttavia, si è pensato di
sviluppare un’analisi della marginalità dei
comuni montani attraverso un metodo che
in parte ricomprende quanto stabilito dalle
disposizioni di legge, ma che in un altro
senso consente di delineare la marginalità
attraverso un indicatore con più sfaccettature tale da poter essere riferito anche distintamente a singoli fattori di base che concorrono a creare le condizioni stesse di marginalità e/o di disagio.
Il metodo adottato ripropone uno schema
già sperimentato in occasione di un precedente contributo fornito dal Cresa alla Regione Abruzzo in occasione della vertenza
accesa all’inizio degli anni novanta nei confronti dell’Unione Europea per la fuoriuscita
dell’Abruzzo dall’Obiettivo-1 e i cui risultati
essenziali furono pubblicati all’interno del
Rapporto sull’Economia del 1995.
Lo stesso metodo è stato peraltro arricchito
facendo riferimento anche ad un analogo lavoro sviluppato dall’Istituto di Ricerche della Regione Piemonte (IRES) sul territorio di
competenza.
Il risultato conseguito dalle analisi va ovvia-
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CRESA - La montagna abruzzese - Indicatori di marginalità
mente considerato come l’esemplificazione
di una mappatura della marginalità del territorio montano abruzzese che non vuole
avere né un significato corrispondente alle
direttive di tipo istituzionale né un significato ed una portata scientifica che voglia porsi
come esemplificazione di una particolare
metodologia.
Esso va inteso non solo come una sperimentazione della determinazione del grado di
marginalità ma soprattutto come una sperimentazione empirica di una modalità di lettura del grado di sviluppo del territorio regionale che, oltre alla realizzazione di una
graduatoria, consente anche di evidenziare i
divari che sussistono all’interno del territorio regionale tra le parti più sviluppate e
quelle meno sviluppate.
Nel presentare il lavoro ci sembra doveroso
sottolineare, come già fatto in quello riportato all’interno del nostro Rapporto sull’Economia del 1995, che la finalità assunta è
stata quella di definire una misura del grado
di sottosviluppo utilizzando un insieme di
indicatori che avessero una più elevata correlazione con le specificità dei territori mon-
tani come il degrado demografico, la carenza di servizi, la fragilità dei sistemi produttivi e del livello di vita inteso come capacità
di produzione di reddito.
Un’ulteriore sottolineatura va fatta con riferimento al metodo adottato che per quanto
rigoroso, essendo basato su una selezione di
dati in qualche modo orientata allo scopo,
risente sicuramente di alcune forzature che
tuttavia non pregiudicano la portata complessiva del lavoro. Esso in fin dei conti si
può considerare come un primo approccio
di analisi al fenomeno della marginalità e
quindi decisamente migliorabile.
Ci si augura che l’interesse che lo studio potrà suscitare sia senz’altro corrispondente allo sforzo compiuto, ma soprattutto ci si augura che esso possa costituire non solo una
prima fondamentale risposta alle più generali esigenze conoscitive del nostro territorio, ma anche uno strumento utile ad interpretare quelle sfaccettature e quei caratteri
fondamentali del territorio ai quali, in genere si fa riferimento per le funzioni di governo da parte dei decisori pubblici.
AVVERTENZE
In questo lavoro il territorio montano è identificato dai comuni ricompresi nelle Comunità montane definite dalle leggi attualmente in vigore. La locuzione “comuni non montani”, ricorrente nelle
tavole e nelle tabelle allegate al testo, è da intendersi, pertanto, riferita ai comuni non appartenenti
a Comunità montane. In particolare, tale precisazione vale nei confronti di quei comuni che, pur
ricadendo in zone altimetriche di montagna, non sono inclusi in alcuna Comunità montana, come
è il caso dell’Aquila e di Sulmona. Altrettanto dicasi per comuni che pur non ricadendo in zone altimetriche di montagna, sono comunque ricompresi in Comunità montane.
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