Gestione dell`emorragia massiva e della coagulopatia da trauma
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Gestione dell`emorragia massiva e della coagulopatia da trauma
MINERVA ANESTESIOL 2013;79(Suppl. 1 al No. 10):145-50 Gestione dell’emorragia massiva e della coagulopatia da trauma: il protocollo Early Coagulation Support (ECS) G. NARDI1, V. AGOSTINI2, C. PELLEGRINI3 L’emorragia è oggi la più importante causa di morte nelle vittime di Trauma Grave. La coagulopatia indotta dal trauma (TIC) è una conseguenza non rara dell’emorragia massiva e riconosce una genesi multifattoriale. Per molto tempo si è ritenuto che la TIC fosse conseguenza della diluizione dei fattori della coagulazione dovuta al rimpiazzo volemico. Benché i cristalloidi (e in misura ancor maggiore i colloidi) interferiscano sfavorevolmente con il processo di coagulazione, la diluizione di fattori e piastrine è solo una delle cause di TIC e in genere non si manifesta nelle primissime fasi dopo il trauma. Altri fattori possono determinarne l’insorgenza con modalità diverse e in tempi più rapidi. Già nel 2003 Brohi 1 aveva osservato che il 25% dei traumatizzati gravi giungeva in PS con un quadro di coagulopatia in atto, documentato da un INR >1,5, pur avendo ricevuto una limitata quantità di fluidi nel pre-ospedaliero. In una recente revisione dei dati del Registro Italiano Traumi (RIT), abbiamo confermato l’osservazione di Brohi. I pazienti giunti in PS con quadro di ipotensione presentavano un INR significativamente più elevato rispetto ai pazienti normotesi, pur avendo ricevuto mediamente la stessa quantità di fluidi. L’incremento dell’INR risultava invece correlato con le alterazioni del pH, del BE e dei lattati. Alla luce dei dati più recenti si può ipotizzare che la TIC sia la conseguenza di una complessa serie di alterazioni fisiopatologiche che alterano la coagulazione attraverso meccanismi differenti. È già stato ricordato il ruolo dell’emodiluizione. La genesi della coagulopatia precoce, già presente all’arrivo del paziente e non correlata alla somministrazione di fluidi, va ricercata in un meccanismo di attivazione di catene di mediatori indotta dalla coesistenza di ipoperfusione con un danno tissutale. L’ipoperfusione determina acidosi e numerosi studi hanno dimostrato l’importanza di questo fattore nella genesi della TIC. Tuttavia l’acidosi di per sé non scatena la TIC, altrimenti si complicherebbero con una coagulopatia tutte le condizioni di grave acidosi metabolica. È fondamentale il ruolo del danno tissutale ed esiste una correlazione lineare tra entità del danno e frequenza/gravità della coagulopatia. Ipoperfusione, acidosi e danno tissutale scatenano una cascata di eventi che conduce ad un degrado del fibrinogeno e all’attivazione non controlVol. 79, Suppl. 1 al N. 10 1Centro per lo Shock e il Trauma, Azienda Ospedaliera S. Camillo-Forlanini, Roma, Italia 2Struttura Dipartimentale di Medicina Trasfusionale, Ospedale Bufalini USL Cesena, Italia 3Unità Operativa Anestesia e Rianimazione, Azienda Ospedaliera Rummo Benevento, Italia lata della fibrinolisi. L’acidosi si associa inoltre ad una riduzione relativa di alcuni fattori della coagulazione (in particolare V e VIII) la cui importanza nella genesi della TIC non è ancora completamente chiarita. Un limitato numero di pazienti con TIC presenta invece un’attivazione rapida e incontrollabile del processo di fibrinolisi. L’iperfibrinolisi può essere la manifestazione iniziale della coagulopatia: si parla in questo caso di iperfibrinolisi primaria precoce. Questa condizione è gravata da altissima mortalità (60-80%) e può essere affrontata solo con somministrazione precoce di antifibrinolitici. L’efficacia della somministrazione precoce di acido tranexamico per ridurre la mortalità nell’emorragia da trauma è stata dimostrata dal recente CRASH 2 Study, un CRT condotto su oltre 20.000 pazienti 2. La somministrare di acido tranexamico entro le prime 3 ore a tutti i traumatizzati con emorragia attiva o a rischio di emorragia è fortemente raccomandata (1A) dalle Linee Guida Europee in corso di pubblicazione. Un’iperfibrinolisi può però insorgere anche più tardivamente nel corso del trattamento e dev’essere esclusa in tutti i pazienti con sanguinamento non controllabile. La TIC ha pertanto una genesi multifattoriale dove emodiluizione, ipoperfusione, acidosi e danno tissutale hanno un ruolo determinante, ma grandissima importanza riveste anche l’ipotermia. Rianimazione ipovolemica, prevenzione dell’ipotermia e supporto precoce della coagulazione rappresentano, unitamente alla Damage Control Surgery, i capisaldi della Damage Control Resuscitation (DCR) 3, la strategia attraverso la quale si cerca di correggere precocemente le condizioni che favoriscono l’emorragia e la compromissione dell’emostasi e di limitare al tempo stesso i danni da ipoperfusione. Il concetto di DCR è stato sviluppato in seguito a studi MINERVA ANESTESIOLOGICA 145 NARDI GESTIONE DELL’EMORRAGIA MASSIVA E DELLA COAGULOPATIA DA TRAUMA:... osservazionali in teatro bellico 4 che hanno dimostrato una riduzione della mortalità nei feriti sottoposti a trasfusione massiva (MT) che avevano ricevuto plasma (FFP) molto precocemente e con un rapporto plasma/emazie prossimo a 1:1, decisamente più elevato rispetto a quelle che fino ad allora erano le raccomandazioni della letteratura 5. Queste osservazioni sono state successivamente confermate da numerosi studi condotti anche in ambito civile. Benché tutti gli studi condotti fino a questo momento presentino limitazioni metodologiche che possono limitarne la validità 6,7, la somministrazione precoce di plasma con elevato rapporto FFP/PRBC è stata adottata nei protocolli di trasfusione massiva della maggior parte dei Trauma Center americani ed europei. L’alternativa a questa strategia, pur con analoghe finalità, è quella utilizzata attualmente da diversi ospedali austriaci e tedeschi, che prevede la somministrazione rapida di alte dosi di fibrinogeno a tutti i pazienti con emorragia massiva, con l’eventuale somministrazione addizionale di altri fattori della coagulazione sotto forma di complesso protrombinico (PCC). È previsto che questo trattamento sia guidato sin dall’inizio attraverso un monitoraggio Point of Care eseguito con la tromboelastometria o la tromboelastografia 8. Il monitoraggio precoce è fondamentale per consentire un trattamento mirato e limitare i rischi di complicanze trombotiche correlati all’utilizzo di farmaci trombogenici come il PCC. Sul piano fisiopatologico, il ricorso precoce al fibrinogeno ha solide basi razionali: il 40% dei pazienti che giungono ipotesi in PS ha un valore di fibrinogeno inferiore alla norma ed è stato dimostrato che dopo l’infusione di 4 Unità di emazie il livello di fibrinogeno scende in media al di sotto dei 120 mg/dl, un valore considerato critico. Nell’attuale pratica clinica il plasma viene utilizzato come fonte di fibrinogeno. 1000 ml di plasma contengono approssimativamente 2 gr di fibrinogeno. Nell’ottica prevista dalla strategia plasma/ emazie 1:1 ad ogni 4 Unità di emazie dovrebbe corrispondere la trasfusione di 4 Unità (1000 ml) di plasma; dato che 1000 ml di plasma contengono 2 gr di fibrinogeno, questo apporto di fibrinogeno con il plasma dovrebbe compensare almeno temporaneamente l’atteso deficit. Il limite della strategia 1:1 è il tempo necessario per rendere effettivamente disponibile il plasma, dato che esso, anche quando di produzione industriale, viene abitualmente conservato come plasma congelato e richiede inoltre l’esecuzione di test di compatibilità. Diversi studi hanno valutato nella pratica clinica il tempo intercorso tra la richiesta e l’effettiva somministrazione del plasma, riportando intervalli medi superiori a 60-70’ 9. Vi è pertanto un intervallo durante il quale il paziente ha verosimilmente un basso livello di fibrinogeno e durante questa fase il rapporto 1:1 non può essere rispettato. Il vantaggio effettivo della strategia proposta dagli austriaci è quindi la rapidità con cui il fibrinogeno è reso disponibile. Però questo approccio, sebbene attraente, comporta problematiche organizzative non indifferenti e la necessità di disporre h 24 di un monitoraggio tromboelastometrico o tromboelastografico. Inoltre non vi sono ad oggi studi controllati che ne dimostrino la superiorità rispetto all’approccio plasma/emazie 1:1. Vi è inoltre un importante limite potenziale nel trattamento basato sui 146 soli fattori (plasma free): in assenza di plasma, il ripristino volemico deve essere interamente assicurato da infusione di fluidi sotto forma di cristalloidi (e colloidi) e questi, a loro volta, alterano la coagulazione. La strategia ottimale per prevenire o correggere la coagulopatia da trauma non è pertanto stata ancora definita ed è attualmente oggetto di progetti di ricerca. Le trasfusioni di plasma si associano a importanti effetti collaterali con un incremento dei rischi di ARDS, MODS (multiple organ disfuntions) e infezioni 10, complicanze che aumentano in modo proporzionale alla quantità di plasma infuso. Però, mentre per i pazienti che richiedono una trasfusione massiva (> 10 Unità di emazie) vi è documentazione che la somministrazione precoce di plasma si associa a una riduzione della mortalità, nei pazienti che ricevono meno di 6 Unità di emazie gli svantaggi legati alle complicanze superano i potenziali vantaggi e si traducono in un aumento dei tempi di degenza e di ventilazione oltre che del tasso di infezioni 11. È pertanto difficile stabilire una strategia che bilanci i vantaggi di un rapido supporto della coagulazione con il ricorso a trasfusioni precoci di plasma nei pazienti con emorragia massiva, con i rischi addizionali correlati con l’utilizzo del plasma in pazienti in cui la quantità di emazie trasfusa non risulta così elevata. L’identificazione precoce dei pazienti a rischio di trasfusioni massive è estremamente difficile. Sono stati proposti diversi criteri per facilitare la loro identificazione, ma una recente valutazione dei sei score più utilizzati ha confermato che il loro valore predittivo è lungi dall’essere ottimale 12. In traumatizzati gravi con emorragia non controllabile, ipotensione, acidosi metabolica severa (elevati valori di BE e lattati) e anemia acuta all’arrivo in PS sono correlati con una mortalità molto elevata. Una quota dei pazienti che giunge in PS con emorragia acuta e segni di grave ipoperfusione decede prima di poter essere sottoposto a trasfusione massiva. Questo dato introduce significativi bias nelle analisi che utilizzano la trasfusione massiva come entry criteria per valutare la predittività dei parametri d’ingresso. Alcuni parametri clinici e laboratoristici ottenibili rapidamente all’ingresso del paziente in PS si correlano bene con la probabilità che il paziente possa richiedere una trasfusione massiva e possono essere utilizzati come criteri per avviare un intervento di supporto precoce alla coagulazione 13. Nel definire i criteri di attivazione dell’ECS, abbiamo ritenuto di utilizzare l’associazione di una emorragia non controllabile con il rilievo di uno o più dei seguenti criteri: – PAS <100 – Lattati >5.0 mmol (o 45 mg/dl) – BE <- 6 – Hb <9 gr/l – INR >1,5 (criterio utile per i pz trasferiti da altre strutture). È difficile trovare un equilibrio tra la necessità di assicurare un intervento rapido di supporto alla coagulazione e i rischi correlati con trasfusioni non necessarie. L’utilizzo dei fattori della coagulazione è stato proposto anche come strategia per limitare le trasfusioni di plasma in pazienti che, pur presentando una emorragia significativa, MINERVA ANESTESIOLOGICA Ottobre 2013 GESTIONE DELL’EMORRAGIA MASSIVA E DELLA COAGULOPATIA DA TRAUMA:... NARDI Figura 1. Vol. 79, Suppl. 1 al N. 10 MINERVA ANESTESIOLOGICA 147 NARDI GESTIONE DELL’EMORRAGIA MASSIVA E DELLA COAGULOPATIA DA TRAUMA:... Figura . – EGD: ROTEM-guided Therapy. non richiedono una trasfusione massiva (< 10 Unità di emazie nelle 24 ore). L’adozione di questa strategia in alcuni Trauma Center Austriaci, ha permesso, secondo i risultati di analisi retrospettive, di limitare l’utilizzo di piastrine e ridurre le trasfusioni 14,15. Questi risultati sono stati però ottenuti utilizzando una goal directed strategy sotto monitoraggio ROTEM e non sono stati confermati da studi prospettici, né in diverse condizioni organizzative in assenza di monitoraggio viscoelastico. 148 Benché la strategia plasma free proposta da Schöchl 16 sia molto attraente, non è facilmente adottabile dalla gran parte dei Trauma Center italiani perché richiede grande disponibilità di fattori (con elevati costi correlati) e la possibilità di disporre (h 24) di un monitoraggio immediato della coagulazione con ROTEM o TEG. Inoltre recenti dati di letteratura sconsigliano l’impiego dei colloidi per la correzione dell’ipovolemia acuta. Pertanto, almeno nei MINERVA ANESTESIOLOGICA Ottobre 2013 GESTIONE DELL’EMORRAGIA MASSIVA E DELLA COAGULOPATIA DA TRAUMA:... pazienti che richiedono trasfusione massiva, il plasma potrebbe rappresentare non solo una fonte di fibrinogeno e fattori labili, ma anche un importante supporto volemico. Lo Steering Committee del Trauma Update Network (gruppo di coordinamento a cui partecipano molti Trauma Center italiani) ha sviluppato di recente un protocollo per la prevenzione e il trattamento della TIC (Early Coagulation Support - ECS) 17. Lo scopo del protocollo è quello di migliorare e omogeneizzare l’approccio terapeutico ai pazienti con emorragia acuta da trauma in linea con le raccomandazioni delle nuove Linee Guida Europee di recente pubblicazione. L’ECS è stato sviluppato ricercando la compatibilità tra le misure terapeutiche raccomandate e le risorse attualmente disponibili negli ospedali italiani e ne è pertanto prevista una possibilità di corretto impiego anche in assenza di livelli “ideali” di monitoraggio. Gli obiettivi dell’ECS sono: 1. assicurare il supporto precoce della coagulazione riducendo il time-to-treat e garantendo la rapida correzione del deficit iniziale di fibrinogeno. 2. limitare l’utilizzo (inappropriato) di plasma nei pazienti che non ne avrebbero necessità (quelli che richiedono meno di 6 unità di emazie nelle 24 ore) e per i quali la trasfusione di plasma si associa a effetti collaterali sfavorevoli che superano gli eventuali vantaggi. Di seguito i principi su cui si basa l’ECS. – Tutti i pazienti emorragici (o a rischio di emorragia) devono ricevere precocemente la terapia anti-fibrinolitica (entro le prime 3 ore dal trauma). – La gravità dell’ipoperfusione e il rischio di coagulopatia si correlano con i livelli di Lattati e BE e pH (oltre che con i valori di PA e di Hb). – È prioritario correggere l’anticoagulazione indotta da farmaci. – Poiché in caso di emorragia critica il fibrinogeno è il fattore del processo coagulativo più rapidamente compromesso è fondamentale assicurare precocemente il ripristino di concentrazioni adeguate. – I restanti fattori della coagulazione diminuiscono in modo significativo solo in un tempo successivo e solo in seguito a emorragia massiva (due volte la massa ematica). – Le piastrine diminuiscono in modo significativo solo dopo emorragia massiva ma la loro funzionalità può essere limitata significativamente dall’ipotermia. – Il supporto volemico può essere assicurato con i soli cristalloidi nei pazienti con emorragia non imponente e che richiedono trasfusione di ≤ 6 PRBC nelle 24 ore. – Andrebbero evitate le trasfusioni di Plasma e PTL ai pazienti che non hanno una emorragia massiva In caso di emorragia massiva, è opportuno trasfondere plasma precocemente in rapporto Plasma/PRBC > 1:2 (ma non superiore a 1:1). – Devono essere evitati i colloidi. Tutti i colloidi interferiscono con la coagulazione. – Le piastrine vanno trasfuse con l’obiettivo >100.000 fino a risoluzione dell’emorragia acuta; non è necessario iniziare la trasfusione di piastrine immediatamente – – – – NARDI dopo l’ingresso del paziente (salvo i casi di anti-aggregazione). Il controllo e la correzione dell’ipotermia è fondamentale e va ricercato con ogni mezzo. Il monitoraggio della coagulazione andrebbe garantito con ricorso a metodiche viscoelastiche (ROTEM/ TEG); in assenza di questi strumenti i parametri della coagulazione (INR, PTT) oltre a, fibrinogeno e piastrine, vanno monitorizzati a intervalli ravvicinati. È fondamentale raccogliere sistematicamente i dati clinici, di utilizzo degli emoderivati e di outcome in tutti i pazienti che vengono trattati con protocolli di trasfusione massiva. La flowchart del ECS è presentata in Figura 1 mentre in Figura 2 è presentato lo schema di trattamento Goal Directed da utilizzare quando è disponibile un monitoraggio viscoelastico. Il protocollo ECS è attualmente già in uso in alcuni importanti Trauma Center italiani ed è in programma uno studio multicentrico prospettico per verificarne l’impatto sull’outcome e sul consumo di emazie, plasma e piastrine. Bibliografia 1. Brohi K, Singh J, Heron M et al. Acute traumatic coagulopathy. J Trauma 2003;54:1127-130. 2. Shakur H, Roberts I, Bautista R, Caballero J, Coats T et al. Effects of tranexamic acid on death, vascular occlusive events and blood transfusion in trauma patients with significant haemorrhage (CRASH-2): a randomized, placebo - controlled trial. Lancet 2010;376:23-32. 3. Duchesne JC, McSwain NE, Cotton BA et al. Damage Control Resuscitation: the new face of damage control. J Trauma 2010;69:976-90. 4. Borgman M, Spinella P, Perkins M et al. 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