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UN BEL TACER ......
di MARISA FERRARIS
Il famoso chef stellato entra nel suo superattico con aria soddisfatta. Getta con noncuranza le chiavi della
Porsche sulla consolle d’epoca e si guarda allo specchio. La sua immagine riflessa è esattamente quello
che si aspetta di vedere: un bell’uomo di successo, cinquant’anni, abbronzato e sorridente. Ha con sé un
cesto di funghi, appena colti sotto lo sguardo vigile della telecamera. Un’idea della titolare del network
per cui lavora, un’affascinante miliardaria maniaca della coltura bio. Grande comunicatrice, l’ha
trasformato da chef di un buon ristorante di provincia, nel suo amante prima e in una star cono-sciuta in
tutto il mondo poi. E’ una donna di potere, disinibita. Sesso fantastico, non come con la bella, stupida
sottomessa che ha sposato. Una moglie di rappresentanza, con poche pretese, che lui sopporta solo
perché sorride sempre, non si lamenta mai e lo adora.
Nella splendida cucina, sul laminato a specchio, appoggia il cesto ed estrae il primo fungo d’aspetto
bello e sodo, raccolto a favore della telecamera. Che fatica averlo fatto da solo, lui che i funghi li ha
sempre acquistati e che poco li riconosce, ma la sua nuova immagine di chef a kilometro zero è stata
creata nei minimi particolari.
Li farà trifolati, il suo piatto preferito, uno dei pochi che cucina, ormai. Tutto finzione, tutto registrato,
tutto inventato. Si versa un bic-chiere di vino rosso, quello del piccolo podere toscano, scoperto durante
un appassionato week end con la sua amante. Da quando l’ha citato nella sua famosa trasmissione, il
proprietario deve acquistare il vino dai poderi vicini, per sopperire agli ordini che fioccano da tutto il
mondo. Bene, altro guadagno assicurato. Mentre osserva in controluce il superbo colore, ecco sua
moglie arrivare. Lei sorride come sempre, si avvicina e guarda il cestino.
E’già passato un mese da allora, ma non sono ancora riuscita a partire. Troppe interviste, troppi amici ad
aiutarmi a superare il “ triste momento”, troppe cose da sistemare. La Polizia ha cercato il veleno
ovunque, anche nel vino, nelle famose bottiglie numerate del piccolo podere, dove sei stato così spesso
con lei.
Credevi non avessi compreso, ma ho sospettato subito. La tua supponenza non poteva immaginare che la
stupida e sottomessa moglie potesse leggerti dentro così profondamente. Anche quel giorno ho capito
che eri stato con lei, dopo la registrazione in quel bosco. L’ho riconosciuto subito, appena mi sono
avvicinata, il suo disgustoso e dolciastro profumo. Ho abbassato gli occhi rassegnata e così l’ho visto:
lui, l’Angelo Sterminatore come lo chiamava mio nonno. Quando lo accompagnavo a cercare i funghi,
me lo indicava spesso con timore reverenziale, quasi rispettoso per la sua potenza. Un piccolo pezzetto
di Amanite può ucciderti in ventiquattro ore e la sua micidiale tossina, può intaccare tutto un cestino di
funghi. Ho cercato di avvertirti, ma tu, molto scocciato, mi hai zittita subito. Certo, non potevi accettare
che mi permettessi di aprire bocca su qualcosa che stavi preparando in cucina. Così ti ho osservato in
silenzio, tagliare, condire, mescolare e infine gustare il tuo bel piatto di funghi trifolati, sorseggiando il
tuo vino rosso e sorridendo alla tua bella vita. Non ti sei sognato di offrirmeli, tanto era il gusto che
ricevevi da quel piatto. Non hai nemmeno notato, nel tuo finto palato da gourmet, il leggero retrogusto
amarognolo del veleno. Poi ti ho salutato e sono partita per raggiungere la mia amica al mare. Alla
guida, immaginavo la tossina viaggiare nel tuo corpo fino a raggiungere il fegato, attaccarlo e mandarlo
in necrosi, nello stesso modo in cui tu hai lentamente ucciso quello che provavo per te, le mie speranze,
la mia serenità. Solo dopo l’autopsia ci si è resi conto che i funghi erano avvelenati e il caso si è chiuso
come un tragico errore che il grande chef aveva fatto. Partirò presto per le Cayman: tanti saluti dalla tua
bella, sottomessa, ma non stupida moglie .
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