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369 Giovanni Boldini, lo specchio di una societa che cambia_Layout 1
n° 369 - marzo 2015
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Giovanni Boldini, lo specchio
di una società che cambia
Il segno di un artista che senza cercare di riprodurre o superare la realtà, con un
percorso autonomo interpreta il fermento del magico periodo della Belle Époque
Giovanni Boldini: Il caricaturista Sem
Collezione privata
Il nome di Boldini richiama immediatamente uno dei momenti più stravaganti e fervidi della cultura artistica europea, quello della Belle Époque. Sarebbe riduttivo però, limitare
il lavoro del pittore ferrarese solo a
quel periodo: nella sua lunga carriera,
infatti, sono distinguibili fasi diverse
che testimoniano la continua ricerca
sperimentale, cui affiancava l’entusiasmo del proprio genio creativo.
A vent’anni, nel 1862, lascia Ferrara per spostarsi a Firenze, allora centro del fermento dell’Avanguardia artistica. Entra così in contatto con gli
esponenti di prestigio del gruppo dei
macchiaioli, artisti guidati dall’insofferenza nei confronti delle costrizioni accademiche e raccolti intorno
allo studio di una realtà creata dalla
luce a guisa di macchie di colore di-
stinte o sovrapposte. Frequenta i loro
luoghi di incontro, il Caffè Michelangiolo e il Caffè Doney, e recepisce il valore della pittura tonale che portano
avanti, aderendo e contribuendo al
movimento. Tuttavia, non si sente
mai del tutto integrato, e mantiene
sempre una certa indipendenza artistica.
A differenza degli amici macchiaioli,
che esprimono le loro conclusioni artistiche principalmente nell’osservazione della natura, Boldini subisce il
fascino degli ambienti eleganti nelle
rutilanti metropoli europee. Firenze
comincia a stringerglisi addosso, sente
che per nutrire la sua indole deve
allontanarsi dalla provincia per approdare a realtà urbane dal respiro più
ampio. Comincia quindi a viaggiare
e, dopo una breve parentesi a Londra,
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arriva nel 1871 a Parigi, la città degli impressionisti.
Il fascino del movimento è forte,
ma pur tenendo stretti rapporti con
i maggiori rappresentanti, in particolare con Degas, Boldini conserva
una tale libertà di spirito che riesce a
tenersi fuori da ogni significativo coinvolgimento espressivo. Le contaminazioni sono costruttive e sicuramente
identifica gli aspetti che più lo interessano, come quelli legati al colore,
ma riesce a far emergere la sua originalità. Si concentra sulla ritrattistica, genere nel quale eccelle da sempre e si fa interprete di un mondo in
evoluzione e soprattutto di quello declinato al femminile.
Le sue pennellate sono rapide come
la società che ritrae, una società in accelerazione, quella dei purosangue in
corsa, dai cavalli alle Bugatti. Le
sue “sciabolate” di colore non sono
concepite per allontanarsi o superare
la realtà, ma sono un modo (il suo
modo), comunque innovativo e lontano dalle accademie, per cogliere
l’“attimo fuggente”. Boldini crea un
personale metodo per bloccare la fugacità e l’irripetibilità dell’istante di
vita, ma non nello stile en plein air impressionista o quello bucolico dei macchiaioli, perché egli preferisce sempre l’esecuzione in studio, il contesto
urbano.
Il suo impegno si concentra nello sfidare la sensibilità femminile. Delle
donne, in quel preciso periodo storico, non coglie solo la bellezza, ma
si sofferma anche sulla consapevolezza
di un diverso ruolo in una società che
sta cambiando. Nella Parigi di inizio
secolo egli celebra il mito della femme
fatale che, liberata dalla crinolina e
forte del potere seduttivo che le appartiene, svela spensierata le proprie grazie. Boldini è abile nel catturare l’irripetibile istante in cui la bellezza raggiunge il maggior fulgore
e che conferisce alle sue ispiratrici una
straordinaria disinvoltura. In quelli
sguardi ora seducenti, ora malinconici, in quell’irrequietezza aleggia
sempre una sorta di insoddisfazione
e si intuisce il senso di provvisorietà
che spira sottaciuto in tutta l’opera.
La mostra Boldini. Lo spettacolo della
modernità, aperta fino a giugno nei
Ritratto di M.me Charles Max
Parigi, Musée d’Orsay
Musei di San Domenico a Forlì, offre
una visione articolata e approfondita
sulla multiforme attività creativa dell’artista in ogni fase della sua carriera
cercando di valorizzare non solo i dipinti, ma anche la straordinaria produzione grafica dei disegni, acque-
La Grand Rue à Combes la Ville - Museum of Art - Philadelphia, The Georges W. Elkins Collection
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relli e incisioni.
Un’attenzione particolare è posta anche verso la prima stagione dell’opera
di Boldini, quella degli anni trascorsi
a Firenze. Una fase caratterizzata dalla
produzione di piccoli dipinti, soprattutto ritratti, cui è affiancata la possibilità di poter vedere parte del ciclo dei dipinti murali, testimonianti
la sua “stagione macchiaiola”, realizzati nella villa vicino a Pistoia detta
la Falconiera, residenza degli inglesi
Falconer. È preso in esame, poi, il periodo dell’arrivo a Parigi, ancora caratterizzato dalla produzione di paesaggi e scene di genere di piccolo formato, per arrivare al momento che
l’ha consegnato alla storia, quello dei
grandi ritratti mondani per i quali
diventa maestro di fama internazionale.
Una mostra che intende celebrare il
genio di un artista che non cerca né
di avvicinarsi né di superare la realtà
che osserva, ma che, pur prendendo
la direzione di certe novità antiaccademiche, giunge a un risultato completamente personale riuscendo ad
afferrare la bellezza e il sentimento di
un’epoca.
anna martinelli
Ritratto di Marthe Regnier
Collezione privata