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n° 369 - marzo 2015 © Tutti i diritti sono riservati Fondazione Internazionale Menarini - è vietata la riproduzione anche parziale dei testi e delle fotografie Direttore Responsabile Lorenzo Gualtieri - Redazione, corrispondenza: «Minuti» Edificio L - Strada 6 - Centro Direzionale Milanofiori I-20089 Rozzano (Milan, Italy) www.fondazione-menarini.it Giovanni Boldini, lo specchio di una società che cambia Il segno di un artista che senza cercare di riprodurre o superare la realtà, con un percorso autonomo interpreta il fermento del magico periodo della Belle Époque Giovanni Boldini: Il caricaturista Sem Collezione privata Il nome di Boldini richiama immediatamente uno dei momenti più stravaganti e fervidi della cultura artistica europea, quello della Belle Époque. Sarebbe riduttivo però, limitare il lavoro del pittore ferrarese solo a quel periodo: nella sua lunga carriera, infatti, sono distinguibili fasi diverse che testimoniano la continua ricerca sperimentale, cui affiancava l’entusiasmo del proprio genio creativo. A vent’anni, nel 1862, lascia Ferrara per spostarsi a Firenze, allora centro del fermento dell’Avanguardia artistica. Entra così in contatto con gli esponenti di prestigio del gruppo dei macchiaioli, artisti guidati dall’insofferenza nei confronti delle costrizioni accademiche e raccolti intorno allo studio di una realtà creata dalla luce a guisa di macchie di colore di- stinte o sovrapposte. Frequenta i loro luoghi di incontro, il Caffè Michelangiolo e il Caffè Doney, e recepisce il valore della pittura tonale che portano avanti, aderendo e contribuendo al movimento. Tuttavia, non si sente mai del tutto integrato, e mantiene sempre una certa indipendenza artistica. A differenza degli amici macchiaioli, che esprimono le loro conclusioni artistiche principalmente nell’osservazione della natura, Boldini subisce il fascino degli ambienti eleganti nelle rutilanti metropoli europee. Firenze comincia a stringerglisi addosso, sente che per nutrire la sua indole deve allontanarsi dalla provincia per approdare a realtà urbane dal respiro più ampio. Comincia quindi a viaggiare e, dopo una breve parentesi a Londra, pag. 2 arriva nel 1871 a Parigi, la città degli impressionisti. Il fascino del movimento è forte, ma pur tenendo stretti rapporti con i maggiori rappresentanti, in particolare con Degas, Boldini conserva una tale libertà di spirito che riesce a tenersi fuori da ogni significativo coinvolgimento espressivo. Le contaminazioni sono costruttive e sicuramente identifica gli aspetti che più lo interessano, come quelli legati al colore, ma riesce a far emergere la sua originalità. Si concentra sulla ritrattistica, genere nel quale eccelle da sempre e si fa interprete di un mondo in evoluzione e soprattutto di quello declinato al femminile. Le sue pennellate sono rapide come la società che ritrae, una società in accelerazione, quella dei purosangue in corsa, dai cavalli alle Bugatti. Le sue “sciabolate” di colore non sono concepite per allontanarsi o superare la realtà, ma sono un modo (il suo modo), comunque innovativo e lontano dalle accademie, per cogliere l’“attimo fuggente”. Boldini crea un personale metodo per bloccare la fugacità e l’irripetibilità dell’istante di vita, ma non nello stile en plein air impressionista o quello bucolico dei macchiaioli, perché egli preferisce sempre l’esecuzione in studio, il contesto urbano. Il suo impegno si concentra nello sfidare la sensibilità femminile. Delle donne, in quel preciso periodo storico, non coglie solo la bellezza, ma si sofferma anche sulla consapevolezza di un diverso ruolo in una società che sta cambiando. Nella Parigi di inizio secolo egli celebra il mito della femme fatale che, liberata dalla crinolina e forte del potere seduttivo che le appartiene, svela spensierata le proprie grazie. Boldini è abile nel catturare l’irripetibile istante in cui la bellezza raggiunge il maggior fulgore e che conferisce alle sue ispiratrici una straordinaria disinvoltura. In quelli sguardi ora seducenti, ora malinconici, in quell’irrequietezza aleggia sempre una sorta di insoddisfazione e si intuisce il senso di provvisorietà che spira sottaciuto in tutta l’opera. La mostra Boldini. Lo spettacolo della modernità, aperta fino a giugno nei Ritratto di M.me Charles Max Parigi, Musée d’Orsay Musei di San Domenico a Forlì, offre una visione articolata e approfondita sulla multiforme attività creativa dell’artista in ogni fase della sua carriera cercando di valorizzare non solo i dipinti, ma anche la straordinaria produzione grafica dei disegni, acque- La Grand Rue à Combes la Ville - Museum of Art - Philadelphia, The Georges W. Elkins Collection pag. 3 relli e incisioni. Un’attenzione particolare è posta anche verso la prima stagione dell’opera di Boldini, quella degli anni trascorsi a Firenze. Una fase caratterizzata dalla produzione di piccoli dipinti, soprattutto ritratti, cui è affiancata la possibilità di poter vedere parte del ciclo dei dipinti murali, testimonianti la sua “stagione macchiaiola”, realizzati nella villa vicino a Pistoia detta la Falconiera, residenza degli inglesi Falconer. È preso in esame, poi, il periodo dell’arrivo a Parigi, ancora caratterizzato dalla produzione di paesaggi e scene di genere di piccolo formato, per arrivare al momento che l’ha consegnato alla storia, quello dei grandi ritratti mondani per i quali diventa maestro di fama internazionale. Una mostra che intende celebrare il genio di un artista che non cerca né di avvicinarsi né di superare la realtà che osserva, ma che, pur prendendo la direzione di certe novità antiaccademiche, giunge a un risultato completamente personale riuscendo ad afferrare la bellezza e il sentimento di un’epoca. anna martinelli Ritratto di Marthe Regnier Collezione privata