Riparazione degli Edifici in Muratura: il “Manuale” della

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Riparazione degli Edifici in Muratura: il “Manuale” della
Riparazione degli Edifici in Muratura: il “Manuale” della Regione
dell’Umbria
Prof. Ing. Antonio Borri, Ing. Antonio Avorio
Dipartimento di Ingegneria delle Acque e delle Strutture, Università degli Studi di Perugia, Italy
Ing. Giovanni Cangi
Libero professionista, Città di Castello, Italy
SOMMARIO :
Nel presente articolo vengono riportati, in forma sintetica, alcuni dei criteri e delle metodologie
per gli interventi di riparazione e consolidamento degli edifici in muratura appartenenti ai centri
storici danneggiati dal sisma umbro-marchigiano del 1997.
Le procedure descritte sono contenute nella pubblicazione “Manuale per la riabilitazione e la
ricostruzione postsismica degli edifici” promosso dalla regione dell’Umbria e diretto ai
progettisti impegnati nella ricostruzione.
Lo scopo è quello di fornire indicazioni operative di carattere interdisciplinare coinvolgendo
professionalità proveniente da molteplici aree disciplinari.
ABSTRACT: The outline of the methodologies and criteria for straightening and retrofitting
historical masonry building is reported in this paper.
The described procedures are contained in a interdisciplinary handbook promoted by Regione
dell’Umbria after 1997 umbro-marchigiano earthquake.
The aim of this work is to provided comprehensive guidelines for the designers involved in the
reconstruction process.
1 INTRODUZIONE
La Regione dell’Umbria, nella fase di definizione delle regole e dei criteri da seguire per la
ricostruzione ha voluto dare un segnale di particolare attenzione nei confronti della tutela e della
valorizzazione dei centri storici e delle tipologie edilizie tradizionali, promuovendo e curando la
predisposizione di un Manuale indirizzato principalmente ai professionisti che stanno operando
in Umbria sugli edifici storici.
Molti degli edifici danneggiati dal sisma umbro-marchigiano del Settembre 1997 e seguenti
appartengono a centri storici, e rappresentano, singolarmente o nel loro complesso una
testimonianza tangibile della identità storica e culturale di queste Città.
Nella difficile fase di avvio della ricostruzione e di definizione delle regole e dei criteri, la
Regione dell’Umbria ha voluto fornire ai professionisti che operano in Umbria sugli edifici
storici uno strumento di guida e di riferimento, approvando la predisposizione di un “Manuale
per la riabilitazione e la ricostruzione post-sismica degli edifici” [3].
Il coordinamento generale del Volume è stato curato dal Prof. Francesco Gurrieri, Preside
della Facoltà di Architettura di Firenze, ed il Capitolo: “Riparazione e consolidamento degli
edifici in muratura” è stato affidato al Prof. Antonio Borri della Facoltà di Ingegneria di
Perugia, con la collaborazione dell’Ing. Antonio Avorio della stessa Facoltà e dell’Ing.
Giovanni Cangi, libero professionista in Città di Castello (PG). Tale Capitolo si occupa in
particolare degli interventi sulle tipologie edilizie di tipo tradizionale, che, anche quando non
possiedano i requisiti propri di quella monumentale, siano degne comunque di significativo
interesse sia per loro stesse che per l’insieme unitario che concorrono a definire. Il testo si pone
quindi nella logica di una ricostruzione che, pur tenendo adeguatamente conto delle aspettative
in merito alla sicurezza antisismica, risulti compatibile con la tutela di quel patrimonio
architettonico, storico ed ambientale di cui è ricca l’area interessata dagli eventi sismici.
In questo articolo, con lo scopo principale di rendere nota l’iniziativa della Regione Umbria
in seno alla comunità tecnico scientifica che maggiormente si interessa di tale problema,
vengono sinteticamente riportati alcuni principi e alcune tipologie d’intervento contenuti nel
volume [3].
2 OBIETTIVI ED ASPETTI METODOLOGICI
La tipologia e le modalità di realizzazione degli interventi sugli edifici in muratura, contenuti
nel testo in oggetto sono conformi ai principi generali elencati nelle specifiche
“Raccomandazioni per la progettazione e la realizzazione degli interventi di ricostruzione e di
ripristino, con riparazione e miglioramento sismico, compatibili con la tutela degli aspetti
architettonici, storici e ambientali”.
Tali disposizioni, emanate dalla Regione dell’Umbria, sono caratterizzate da un carattere
preminentemente conservativo. In particolare si è inteso indirizzare i progettisti verso interventi
che combinino una maggior sicurezza con gli aspetti storico-ambientali, l’attenzione al possibile
reimpiego di materiali e delle tecniche tradizionali, la necessità di una adeguata conoscenza e di
una approfondita analisi dell’edificato, la ricerca di un adeguato livello di qualità
dell’intervento.
Altro documento di riferimento è costituito dalle “Istruzioni generali per la redazione dei
progetti di restauro nei beni architettonici di valore storico-artistico in zona sismica”, approvato
in data 29/10/96 dal Comitato nazionale per la prevenzione del Patrimonio Culturale dal rischio
sismico del Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali e successivamente fatto proprio, con
alcune integrazioni, dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici.
L’obiettivo perseguito è quello di riuscire, per quanto possibile, a coniugare insieme la
sicurezza con la conservazione. Come strategia operativa di riferimento è stata quindi adottata
quella di una “manutenzione di tipo attivo”, ovvero interventi di tipo manutentivo (propri della
natura stessa della fabbrica storica) rispondenti però in termini concreti ed effettivi anche alle
esigenze di un comportamento antisismico.
Nella direzione di una “ricostruzione compatibile” si pongono, tra le altre, due
considerazioni: a) la maggiore consapevolezza del ruolo affidatoci (non tanto eredi assoluti di
un patrimonio che ci appartiene, quanto invece custodi di un bene che abbiamo ricevuto in
prestito e che deve essere riconsegnato alle generazioni future); b)le minori certezze sulla
efficacia reale di interventi parziali di consolidamento che rendono la fabbrica muraria un
ibrido, con un comportamento misto (e talvolta incongruente) tra quello della muratura storica e
quello degli elementi in c.a. ivi inseriti.
In questa logica, per riuscire ad esprimere una corretta diagnosi, assumono particolare
importanza argomenti quali l’analisi dei tipi edilizi e la puntuale ed organica lettura della
struttura (spesso mascherata dagli interventi che si sono succeduti nel tempo), operazioni
propedeutiche alla individuazione delle giuste chiavi dell’intervento, ovvero di quanto è
necessario per sanare i problemi effettivi del manufatto, rimanendo preminentemente all’interno
del linguaggio strutturale originario.
Seguendo questo percorso (all’interno della tradizionale sequenza logica: processo
diagnostico-diagnosi-terapia), spesso, almeno in manufatti con adeguata qualità muraria,
risultano essere sufficienti interventi leggeri e localizzati per dare (o per restituire) ad un edificio
il livello di sicurezza antisismica prefissato. Lo scopo principale della terapia, al di là della
eliminazione dei sintomi (riparazione dei danni), è quindi di tipo eziologico-patogenetico,
tendente cioè alla rimozione delle cause che li hanno prodotti, arrivando anche alla eliminazione
degli altri principali elementi di rischio individuati e considerati inaccettabili.
Nel Manuale è stato dato anzitutto un particolare rilievo agli interventi sulla murature atti al
conseguimento di quella qualità muraria, presupposto indispensabile per poter contare su un
comportamento meccanico adeguato, ed ai collegamenti tra i diversi elementi e tra i diversi
organismi, data la rilevanza di questo aspetto sull’analisi dei possibili cinematismi di collasso.
Un errore troppo spesso osservato in edifici oggetto di “adeguamento” è stato infatti quello di
interventi di irrigidimento dei solai che hanno trascurato di considerare se la compagine muraria
era in grado o meno di sopportare le azioni orizzontali che le venivano attribuite.
Sanate quindi prioritariamente le carenze strutturali riguardanti la qualità, il metodo
ricognitivo suggerisce l’intervento strettamente necessario, che consisterà, fondamentalmente,
nella ricostituzione dei meccanismi resistenti, se deteriorati, o nel loro rafforzamento, se
giudicati insufficienti, accanto alla introduzione di nuovi presìdi ove vengano rilevate
sostanziali carenze strutturali.
Il progetto dell’intervento strutturale deve discendere quindi dall’analisi dei meccanismi di
distacco attivati od attivabili dal sisma, verificando anche, in un processo ricorsivo tra diagnosi
e terapia, che ogni altro possibile meccanismo di danno sia evitato dall’insieme degli interventi
proposti. Il metodo consiste quindi nell'individuare quali sconnessioni sono presenti o possono
formarsi nella muratura ed in conseguenza di ciò quali cinematismi (meccanismi di collasso)
possono rendersi possibili.
Il compito è facilitato dall'esperienza dei sismi precedenti, che consente di fare riferimento a
tipologie ben identificabili di meccanismi di collasso, anche se, in generale, questi dipenderanno
dalla tipologia edilizia considerata, dalle effettive condizioni delle connessioni e dalle eventuali
precarietà introdotte dalle manomissioni o dal degrado.
Un particolare impegno è stato profuso nel testo in oggetto nell’analisi del comportamento e
dei possibili interventi in edifici di tipologia seriale, propria dei centri storici, data la carenza di
riferimenti bibliografici e la complessità del problema, ben diversa da quella dell’edificio
isolato.
3 ESEMPI DI SCHEDE
A titolo esemplificativo si riporta una sintesi di alcune delle indicazioni e delle schede
riguardanti: a) interventi di incatenamento; b) cordoli di sommità.
3.1 Interventi di incatenamento
In assenza di ammorsature fra il muro di facciata e i muri ortogonali, quando pure l'ancoraggio
dei solai risulta inefficace, la resistenza della parete alle azioni ortogonali è legata
essenzialmente alla snellezza; in queste condizioni il muro oppone ben poca resistenza al
ribaltamento (I modo di danno) e può essere spinto anche da forze relativamente modeste oltre
la configurazione limite di equilibrio. In questi casi le modeste resistenze al ribaltamento della
parete possono essere compensate efficacemente attraverso una migliore disposizione e
realizzazione dei vincoli. Il vincolo prodotto dal solaio in legno nei confronti dell'azione sismica
infatti è di tipo monolatero: la parete non può spostarsi verso l'interno ed è contenuta nello
spostamento verso l'esterno solo dall'attrito che si produce per effetto del peso del solaio sul
muro. Non è ovviamente possibile riporre un livello di fiducia sufficiente sull'efficacia
dell'attrito; come pure per l'ammorsatura tra muri ortogonali.
La vulnerabilità dell'organismo edilizio risulta quindi fortemente condizionata dai
meccanismi di danno di I modo, e il loro controllo rappresenta il primo obiettivo di qualsiasi
intervento di prevenzione. In questa sede, per ragioni di brevità, si esamina soltanto l’intervento
di incatenamento, cercando in particolare di individuare e definire i criteri di collocazione e
dimensionamento. A tal fine è necessario procedere in maniera parallela affiancando l'analisi
cinematica dei meccanismi con la soluzione progettuale: porre una catena significa modific are
lo schema resistente e quindi occorre esaminare nuovamente la struttura per identificare i nuovi
meccanismi di danno. Tale operazione è quindi necessariamente ricorsiva.
Le catene vanno di regola poste al livello dei solai. Il tirante deve riportare ai muri trasversali
la forza che provocherebbe il ribaltamento della parete esterna. Il problema meccanico è quindi
quello di individuare un percorso per tale trasmissione che non presenti anelli deboli e che non
provochi pericolose concentrazioni di tensioni.
I tiranti posti in prossimità dei muri trasversali sono i più efficaci, ma spesso è necessario
disporre ancoraggi anche in posizioni intermedie. Quest’ultima soluzione deve essere
considerata anche quando la distanza tra due capochiavi non è sufficiente a garantire la
formazione di un arco di scarico (creato dalla spinta sismica) sufficiente all’interno del muro. In
generale è opportuno comunque che la distanza non sia maggiore di 10 volte lo spessore
murario (e comunque non più di 5 m) e che tali interassi siano valutati anche in relazione alla
esistenza e frequenza di elementi passanti (diatoni).
I meccanismi di danno che interessano le pareti murarie sollecitate da azioni sismiche
complanari (secondo modo di danno) si innescano facilmente ma, in genere, comportano valori
del moltiplicatore di collasso piuttosto elevati e quindi di rado evolvono fino al collasso. Il muro
lesionato dall'azione orizzontale agente nel suo piano scorre su se stesso o ruota rispetto ad un
punto di cerniera per effetto dell'azione sismica ma, se ben costruito, non perde la capacità
portante.
Se il muro è eseguito secondo le regole dell'arte tale modalità di danno si può definire duttile,
in analogia alle costruzioni in cemento armato e in acciaio: le lesioni nelle pareti murarie
possono raggiungere, infatti, la larghezza di diversi centimetri senza che si producano pericolose
perdite di equilibrio.
Occorre soffermarsi su un altro aspetto molto importante, relativo alla distribuzione delle
azioni taglianti sulle varie pareti di controvento. Nel caso di solai rigidi, la prassi di calcolo
attualmente utilizzata consente di ripartire le forze orizzontali in ragione della rigidezza dei vari
maschi murari. In presenza di solai lignei o in acciaio e laterizio occorre attribuire a ciascun
setto solo le forze orizzontali prodotte dai carichi verticali che in condizioni statiche gravano su
tale setto (aree d'influenza).
L’intervento di incatenamento esercita effetti positivi anche in corrispondenza dei
cinematismi di secondo modo. L’incremento di resistenza nel piano si realizza però soltanto se
il tirante raggiunge porzioni di muratura dove l’azione trasmessa dal capochiave può scaricarsi a
terra.
3.2 I cordoli di sommità
L’efficacia dei cordoli di sommità condiziona fortemente la sicurezza dell'edificio. Non è
possibile interpretare l’azione del cordolo in relazione ai meccanismi di primo e secondo modo:
l’azione di questi dispositivi è infatti molto più complessa e la loro efficacia dipende dalla
misura in cui realizzano la riduzione delle spinte delle travi dei tetti, la distribuzione dei carichi
verticali in condizioni statiche, la ripartizione degli sforzi orizzontali originati dal sisma, il
collegamento delle murature ortogonali, il raggiungimento del comportamento scatolare.
In pratica tutte queste caratteristiche non sono ottenibili insieme se non con interventi che
possono stravolgere le strutture murarie, con grave pregiudizio per la conservazione e, se mal
eseguiti, anche per la sicurezza dell'edificio. Può essere opportuno, pertanto, puntare l'attenzione
solo su alcune delle funzioni "fondamentali", come il collegamento tra le pareti, il contenimento
delle spinte e la scatolarità.
In luogo dei classici cordoli in cemento armato, si propongono due soluzioni già
sperimentate: il cordolo in muratura armata e il cordolo-catena in acciaio (schede C e D).
Mentre il primo svolge anche una modesta ripartizione dei carichi, il cordolo in acciaio ha il
solo scopo di ridurre le spinte del tetto e collegare le murature verticali.
In maniera sintetica si elencano le seguenti caratteristiche positive e negative che possono
indirizzare nella scelta tra i due sistemi.
Cordolo in muratura armata:
richiede lo smontaggio del tetto;
si realizza con facilità con perimetri piani; è più difficile seguire la pendenza dei timpani;
ha una buona deformabilità verticale, il che gli consente di scaricare i pesi sulle murature
sottostanti evitando il cosiddetto "effetto trave" dei cordoli in cemento armato[7];
si può utilizzare l'armatura per vincolare sporti di gronda o cornicioni in laterizio o pietra;
si può realizzare in laterizio o pietra consentendo il rispetto dell'estetica dell'edificio.
non crea problemi di ponte termico.
Cordolo in acciaio:
può essere messo in opera con o senza lo smontaggio del tetto;
si può prevedere per la singola parete o per tutto il perimetro sommitale fino a diventare
quindi un vero e proprio cerchiaggio;
in murature con apprezzabili curvature orizzontali o molto irregolari occorre sagomare il
profilato e livellare l'area di appoggio;
non ridistribuisce le spinte del tetto sui setti murari che continuano a ricevere gli stessi
carichi verticali e orizzontali, non altera pertanto in maniera negativa i meccanismi resistenti
dell'edificio;
negli edifici non intonacati ha un elevato impatto estetico;
richiede una manutenzione minima (trattamento antiruggine) se non coperto di intonaco;
l’intervento è reversibile.
Le soluzioni riportate nelle schede C e D vanno senz'altro nella direzione di fornire
dispositivi per la riduzione delle spinte dell'orditura dei tetti, il collegamento delle murature e,
nel caso del cordolo in muratura armata, anche la distribuzione dei carichi verticali senza
alterare in maniera significativa il funzionamento globale della fabbrica storica in muratura.
4 CONCLUSIONI
Il presente articolo riporta, per brevità, solo alcuni dei criteri e delle metodologie contenuti nel
testo predisposto per la Regione dell’Umbria. Si rinvia al Manuale per un esame più completo
ed approfondito del lavoro svolto.
BIBLIOGRAFIA
[1] Giuffrè, A. 1993. Sicurezza e conservazione dei centri storici . Il caso Ortigia. Bari: Editori Laterza.
[2] Giuffrè, A. 1999. Codice di Pratica per la sicurezza e la conservazione del centro storico di Palermo.
Bari: Editori Laterza.
[3] Giovanetti, F. 1992. Manuale del recupero di Città di Castello. Roma: Edizioni Dei.
[4] Marconi, P. 1998. Manuale del recupero della città di Palermo. Palermo: Flaccovio Editore.
[5] Giovanetti, F. 1998. Manuale del recupero del comune di Roma – seconda edizione. Roma: Edizioni
Dei.
[6] Braga, F. et Al. 1998. Commentario al D.M. 16/01/1996 e alla Circolare 65/AA.GG del 10/04/97.
Potenza, Lamisco Editore.
[7] AA. VV. 1999. Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postisismica degli edifici. Roma:
Edizioni Dei.
INTERVENTI DI CONNESSIONE TRA LE CORTINE MURARIE
Scheda
MU6
Iniezioni armate
Operazioni:
Materiali:
1)
barre d’acciaio Inox o passivato ad aderenza migliorata
2)
eventuali ancoraggi per l’estremità delle barre
3)
malta cementizia moderatamente espansiva e trattata
1)
individuazione della disposizione dei perfori;
2)
foratura della muratura con sonde
esclusivamente rotative. I fori possono essere
inclinati di 45° oppure orizzontali, disposti lungo
in modo tale da reagire il meno possibile con i solfati
i giunti su tutto lo spessore. L’interasse è
eventualmente contenuti nelle murature
funzione dello spessore e della presenza di
Volume
occupato dalla
malta iniettata
diatoni nella muratura. Si suggerisce comunque
di utilizzare interassi minori di 60 cm;
3)
pulitura dei fori per mezzo di getto di aria in
pressione e lavaggio con acqua per garantire
una migliore aderenza tra muratura e malta
4)
successivamente iniettata;
inserimento delle barre d’acciaio munite di
distanziatori perimetrali per evitare il contatto
con la muratura;
5)
iniezione della malta a bassa pressione
(circa 2 atm). In alcuni casi è opportuno
realizzare efficienti ancoraggi con piastre alle
estremità delle barre al fine di eliminare il rischio
di sfilamento. Utilizzando barre piegate ad L si
rende necessario solo un ancoraggio
sull’estremità opposta;
6)
Barra piegata
ad L
Piastrina di
ancoraggio
Realizzazione di diatoni artificiali
Φ
5 a spirale;
malta cementizia moderatamente espansiva e trattata
in modo tale da reagire il meno possibile con gli
individuazione della disposizione dei perfori.
Questi avranno diametro di ca. 15 cm e
gabbia d’armatura in acciaio Inox o passivato 5 barre Φ
8 e staffa
2)
Operazioni:
1)
Materiali:
1)
riempimento della testa del foro e copertura
degli eventuali ancoraggi con malta cementizia.
saranno disposti ad interasse inferiore a 1 m;
2)
inserimenti della gabbia;
3)
iniezione della malta cementizia con sabbia
fine e additivi fluidificanti;
eventuali solfati contenuti nelle murature.
4)
Bonifica della porzione di muratura vicina al
diatone con iniezioni di malta.
Scheda
TI3
CONTROLLO DEI MECCANISMI DI PRIMO MODO TRAMITE LE CATENE METALLICHE
Sollecitazione
sismica
Stato di fatto
In presenza di murature non ammorsate con
le pareti ortogonali e costituite da due cortine
separate (caso limite: muri a sacco) il collasso
prevedibile è quello indicato a lato. Il
cinematismo è in generale influenzato dalla
presenza di carichi verticali.
Gli appoggi, in questo e negli schemi che
seguono, si considerano monolateri (reagenti solo
a compressione)
A
B
Sollecitazione
sismica
Incatenamento semplice
Il posizionamento di catene a ridosso del
muro di spina, senza alcun intervento sul
muro di prospetto, riduce fortemente le
probabilità di collasso per ribaltamento
C'
modificandone le modalità.
A
B
Sollecitazione
D'
Incatenamento con consolidamento
sismica
della muratura
L'intervento di incatenamento abbinato al
consolidamento della muratura operato
C'
mediante l'introduzione di elementi passanti
che connettano i due paramenti (vedi scheda
MU6) cambia ulteriormente le modalità di
crisi incrementando i valori del moltiplicatore
di collasso.
A
Incatenamento con consolidamento della
muratura e collegamento del martello murario
Se agli interventi previsti per l'intervento precedente se
ne aggiungono altri volti al collegamento tra le due
pareti ortogonali (ad esempio i perfori armati), la
probabilità di avere un cinematismo di ribaltamento è
remota.
La sollecitazione, in questo caso, viene integralmente
trasferita al pannello ortogonale che, disposto in
direzione parallela a quella del sisma, oppone una
maggiore resistenza.
Sollecitazione
sismica
CO NSOLIDAM ENTO DELLE VOLTE: SO LUZIO NI PREMODERNE INTEG RATE CON I
NUOVI MATERIALI
Sched a
VO7
La c os truz ione di arc hi di rinforzo all'intrad os so di strutture vo lta te s i p uò c on sid erare u na tec nic a prem oderna di pres idio
ed è sic ura m ente c ons igliab ile qu alora sia p os s ibile interv enire all'interno d el loc ale voltato. In q uesta s c hed a s i prop one
una varian te m ig liorativ a o tten uta m ed iante il ric orso a na stri di tess uto in m ateriale c om pos ito po ste tra l'arco di rinforz o e
la v olta.
La p rese nza d ell'arc o ha lo s c op o di aum e ntare lo s p ess o re in c hiav e, c o nse ntendo un a v ariaz ion e m aggio re della linea dei
ca ri c hi e q uindi m ag gio re s tab ilità . In p iù l'arc o c onfina la fibra o bb ligand ola ad a derire all'intrados so della vo lta c he
altrim enti tend ereb be a dis tac c ars i e res tereb be ad erente per effetto de lla s o la res ina e com unq ue fino alla res istenza a
tra zio ne della m uratura.
La s equ enza d ell'in terv ento è la s eg uen te: rego larizz az ione d ella s u perfic ie c o n s trato di m alta c em entizia, pos a in op era
delle fib re c on i p rod otti c o llanti (r esine ep os s idi ch e), p rotezio ne de lle fibre, c os tru zione dell'arco di rinforz o. L'arc o può
ess ere im p os tato s ullo s tes s o co nc io d i im p os ta d ella vo lta (s e lune ttata); in q ues to cas o è opp ortuno disp orre i m attoni in
fo glio au m entando lo s p es so re d ell'arc o in p ros s im ità d ella c hiav e. N el c aso d i v o lte a botte e volte a croc iera prive di c onc i
d'im pos ta, s i può c o struire l'a rc o c on m atto ni p o sti d i te sta, c reand o d ei piedritti in ad erenz a.
Mec c anis m o di da nno della struttura
v olta ta
nastro teso all'intradosso
M ec c anis m o d i d anno p er la v olta
c on i nastri all'in trados so
nastro teso all'estradosso
C on so lid am en to c o n nas tro d i m ateriale
c om po sito e arc o di rinforz o all'intrados so
Se il nas tro di c om p os ito è pos iz iona to all'intrados so,
l'eq uilib rio è g arantito so lo dall'ad erenz a tra lo s trato di
res ina e la s upe rfic ie d ella v olta. In a ltri term ini il nastro
tes o all'intra dos s o tende a s ta c c ars i e a dis pors i
se c ond o la co rda , so llec ita ndo a trazione la zona
d'inc ollag gio . Qu esto no n a vv iene se l'ap plicaz ione è
fa tta all'estrad os s s o: q ui la traz ione nel nas tro provo ca
una tens ione di c om p res s ione sulla v olta.
nastro di materiale
materiale composito
composito
lunetta
lunetta
arco
arco di rinforzo
rinforzo
Scheda
TI1
CRITERI DI DIMENSIONAMENTO DELLE CATENE: INTERVENTO SU UNA SINGOLA
CELLA A LIVELLO DI TUTTI DI SOLAI
Pianta (sez. B-B)
s1
d
L1
s2
A
h2
A
h1
d
h +h
Pf =  1 2  ⋅ (L1 + L2 ) ⋅ s1 ⋅ γ m
 2 
Ptot = Pf + Pc + Ps
h +h
Pc =  1 2  ⋅ d ⋅ s2 ⋅ γ m
 2 
Ps = d ⋅ ( L1 ⋅ C1 + L2 ⋅ C2 )
Forza con cui dimensionare la catena:
DESCRIZIONE DEI SIMBOLI
Pf = peso muro di prospetto
Pc = peso muro di controvento
Ps = carico complessivo dei solai
angolo di crisi (valore indicativo 30°)
h1 = altezza piano sottostante la catena
s1
F1 = Ptot ⋅ c
Una volta dimensionate e posizionate correttamente le catene,
si può passare ad esaminare lo schema statico riportato sotto
che rappresenta l'arco di scarico conseguente alla spinta
ortogonale al muro.
α=
F1
h2 = altezza piano sopra la catena
s1 = spessore medio della muratura sul prospetto
s2 = spessore medio muro di controvento
d = lunghezza media d'influenza del muro di spina
L1, L2 = larghezza area di influenza dei solai
C1, C2 = carichi dei solai (carico permanente + accidentale secondo le
combinazioni previste dalla normativa)
γm = p e s o s p e c i f i c o m u r a t u r a ( s i c o n s i d e r a i n p r i m a
a p p r o s s i m a z i o n e i l v a l o r e m e d i o d i 2 0 0 0 d N / m ³)
c = coefficiente sismico come da normativa (eseguendo una verifica allo
stato limite occorre utilizzare β1 = β2 = 2 )
F2
REALIZZAZIONE DEL CORDOLO IN MURATURA ARMATA CON SPORTI DI GRONDA IN
LEGNO E LATERIZIO E CON CORNICIONI IN SOLO LATERIZIO
Scheda
CO10
Nella foto 1 si osserva la posa dei primi due filari di mattoni con l'armatura costituita da
4 φ 16 e staffe φ 6 p o s t e a d u n i n t e r a s s e d i 1 8 c m .
Nella foto 2 vengono sistemate le staffe secondarie per il collegamento alla soletta.
Lo schema 3 riporta le due soluzioni degli sporti; da notare come nella soluzione con
sporto di gronda in legno gli zampini di legno siano sistemati tra le staffe secondarie a
cui la rete elettrosaldata è legata.
In foto 4 è riportata la soluzione con sporto di gronda in laterizio. In particolare si
osserva la gabbia metallica a supporto del cornicione.
3F o t o 1
Foto 2 4
3Schema
Foto 4 4
3
Foto dal "Corso di riqualificazione sulle tecniche di recupero dell'edilizia storica" - Laboratorio Scuola Operaia Bufalini, Città di Castello 1998 coordinatori: Ing. G. Cangi, Arch. G. Boni) - Regione Umbria Ob. 4 - Formazione continua.
Il cordolo in muratura armata consente un cantiere più "leggero" rispetto al cordolo in cemento armato. Gli unici elementi di qualche ingombro
sono le armature, mentre limitati sono i quantitativi di malta necessari. Tutto questo aumenta considerevolmente la sicurezza del cantiere.
CORDOLO SOMMITALE PER SINGOLA PARETE REALIZZATO SENZA LA
RIMOZIONE DEL TETTO
Scheda
CO8
Profilo metallico Fe 360
trattato con vernici antiruggine o
provvedimenti equivalenti
Staffa piegata posta
a cavallo del bolzone
e saldata alla catena
Paletto ripartitore
dei carichi saldato
al profilato
Fazzoletto di
irrigidimento
Manicotto di
tensione
Particolare della carpenteria metallica
Si consiglia l'impiego di acciaio da
carpenteria del tipo Fe360 per la
maggiore duttilità.