Fathom, la bellezza che viene dal mare Nessun rimorso per Jules

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Fathom, la bellezza che viene dal mare Nessun rimorso per Jules
8
luglioagosto2001
COMICSWORLD
KARYMULLIS
Fathom, la bellezza
che viene dal mare
La scienza, il Nobel
e…il surf
Dal talentuoso Turner un formidabile crossover tra splendide eroine della Top Cow
n Paolo Boschi
Ha un sinuoso corpo da pin
up ed un misterioso passato
affiorato dalle schiumose acque del Pacifico: il suo nome è
Aspen Matthews, la splendida protagonista di “Fathom”,
la serie Top Cow partorita in
toto dal limpido talento di Michael Turner. Il disegnatore
americano, dopo aver lanciato con il suo tratto elegante
Witchblade, aveva creato
questo nuovo affascinante
personaggio, da lui stesso
sceneggiato e disegnato, almeno prima che la sua carriera s’interrompesse per una
grave malattia dalla quale
sembra essersi ora rimesso.
Le origini di Fathom si perdono in un inquietante mistero:
correva il luglio del 1984
quando un Aspen Matthews
adolescente (e priva di memoria) approdava nel porto di
San Diego con l’equipaggio di
una nave da crociera sperduta
nel nulla dieci anni prima. La
ragazza, adottata da un ufficiale del vascello fantasma, è
cresciuta coltivando una
grande passione per l’oceano.
Ai giorni nostri, ormai divenuta un’affermata biologa marina, viene convocata all’avveniristico centro sottomarino
DMD (Deep Marine Discovery), costruito in prossimità
di un veicolo subacqueo di natura sconosciuta conficcato
nelle rocce del fondale sottostante. Per l’avvenente Aspen
è il primo giorno della sua nuova vita (e la riconquista di un
passato avvolto nell’oblio),
perché il direttore del centro
la mette a parte di un’incredibile scoperta: un essere anfibio che si è consegnato volontariamente agli scienziati della base dopo averli attaccati, e
che la bella biologa ricorda di
aver visto da adolescente durante un’immersione. La nostra eroina si troverà nel bel
mezzo di un intrigo interna-
zionale e di un’incipiente
guerra con la specie marina di
cui l’esemplare mostratole fa
parte, e di cui lei stessa costituisce il trait d’union con la
razza umana: in breve Aspen
scoprirà insospettate capacità
fisiche ed un singolare controllo sull’elemento acqua.
Fathom non è propriamente
una bad girl nella concezione
classica del termine: le sue
storie, invece che nell’invalso
background urbano, sono ambientate in una base marina
ipertecnologica, sono basate
su una misteriosa razza acquatica e rivelano atipiche atmosfere incantate e sognanti,
a tratti anche liriche, profonde come il mare, insomma,
per quanto la bellissima protagonista sia allo stesso tempo un personaggio davvero
cool, che intriga anche grazie
alle proprie indubbie grazie fisiche.
L’albo in edicola propone due
storie: l’inizio dello spettaco-
lare crossover che vede Fathom, Witchblade e Tomb Raider (le tre eroine portate al
successo da Turner) opporsi
ad una terribile minaccia venuta dagli abissi marini
nell’ultimo episodio realizzato dal disegnatore americano
prima della malattia, inoltre la
prima parte della saga “Fathom: Killian’s Tide”, disegnata dal giovane pupillo di Turner, Talent Caldwell.
A chiosa dell’albo una notevole pin up gallery con intriganti
istantanee fumettistiche della
bellissima Aspen, realizzata
in gran parte da Michael Turner. Il crossover si presenta
‘bollente’ secondo copione:
Aspen la biologa, Lara l’archeologa e Sara l’ispettrice
ammaliano il lettore a forza di
pose allettanti e sguardi seducenti.
FATHOM N° 7, Summer Special 2001,
bimestrale, pp. 64 [Cult Comics]
PINOCACUCCI
Nessun rimorso per Jules
Bonnot...
La biografia romanzata del nemico pubblico numero uno nella Parigi d’inizio '900
n Paolo Boschi
Torna in una nuova edizione
della Feltrinelli In ogni caso
nessun rimorso, la biografia
romanzata di Jules Bonnot firmata con dovizia di dettagli
storici da Pino Cacucci e già
edita per la prima volta da
Longanesi nel 1994. Il narratore bolognese, classe 1955,
assiduo viaggiatore tra la capitale felsinea e l’America Latina, si era già dimostrato un
ottimo biografo in Tina
(1991), un volume sulla vita di
Tina Modotti.
Cacucci ci racconta la vera
storia di Jules Bonnot partendo (con felice mossa narrativa) dalla fine, con la serrata
scena dell’assedio agli ultimi
esponenti della famigerata
banda Bonnot, un gruppo di
anarchici che avevano terrorizzato Parigi nei mesi precedenti, causando una feroce
repressione antiproletaria.
Siamo a Choisy-le-Roy, nei
sobborghi parigini, domenica
28 aprile 1912; in un palazzo
semi-distrutto dai ripetuti colp i da fuo co de l l e fo rz e
dell’ordine, Jules Bonnot ripulisce un foglio dalla polvere
che brulica nell’aria e comincia a scrivere il suo ultimo
messaggio: «Avevo il diritto
di viverla, quella felicità. Non
me lo avete concesso. E
allora, è stato peggio per me,
peggio per voi, peggio per
tutti… Dovrei rimpiangere
ciò che ho fatto? Forse. Ma
non ho rimorsi. Rimpianti sì,
ma in ogni caso nessun rimorso…».
Ad un dipresso il protagonista
metterà fine alla sua vita e ad
una situazione senza ritorno.
E a ruota ripercorriamo la sua
triste e romantica storia
ripartendo dal 1891: un Jules
Bonnot quindicenne, impegnato in un disumano lavoro
in fabbrica, apprende che nel-
la società il potere è in mano
ai padroni ed ai loro mastini.
Un timido tentativo di rivendicare i propri diritti gli attira
addosso un’accusa (del tutto
i ngi us t i fi cat a ) d i f u r to:
un’etichetta che lo seguirà come un’ombra per tutta la vita.
Pino Cacucci passa in rassegna le (sfortunate) fasi della
tormentata vita di Bonnot
alternandosi a buon ritmo con
gli altri personaggi che
incroceranno la sua strada: il
brigante italiano Giuseppe
Sorrentino (meglio noto come Platano), l’intellettuale
Victor e la moglie Rirette, gli
anarchici Octave e Raymond,
ed infine la bella Judith
Tollon, l’amante di Jules.
In ogni caso nessun rimorso documenta il graduale approccio del protagonista alla
lotta armata contro il potere
costituito, ultimo atto della
variopinta esistenza di un sognatore quasi destinato alla
sconfitta per statuto. Pagina
dopo pagina seguiamo Jules
Bonnot, dopo l’esperienza
operaia, far carriera come
militare, quindi sposarsi e
tentare di mettere su famiglia,
appassionarsi alle automobili
e diventare meccanico, quindi autista di Sir Arthur Conan
Doyle, il contrastato autore di
Sherlock Holmes.
Il continuo infrangersi del sogno di una vita normale lo
spingerà a diventare il primo
rapinatore motorizzato della
storia ed un anarchico sicuro
d i d ov e r tr a u m a tiz z a r e
l’odiata borghesia a tutti costi,
provocando il caos ed il massimo clamore possibile. E, nonostante la fine sia nota a
priori, la storia di questo
romantico antieroe moderno
si rivela avvincente fino
all’ultima pagina.
Pino Cacucci, In ogni caso nessun
rimorso, Milano, Feltrinelli, 2001;
pp. 310
ALINARI
Scultura e Fotografia:
questioni di luce
Nell’ambito della pluriennale collaborazione avviata tra l’Università
degli Studi di Firenze e il Museo di
Storia della Fotografia F.lli Alinari
l’appuntamento di quest’anno è dedicato a: “Scultura e Fotografia:
questioni di luce” che affronta il
tema del complesso rapporto esistente tra l’opera scultorea e il suo
rilevamento fotografico.
L’esposizione è curata dall’Università degli Studi di Firenze, dal
Museo di Storia della Fotografia F.lli
Alinari e dal Ministero per i Beni
Culturali – Galleria D’Arte Moderna
ed è promossa dall’Assessorato alla
Cultura del Comune di Firenze.
Sono documentate, in maniera avvincente per il pubblico, le diverse
pagina precedente
possibilità d’impiego della fotografia, dall’accezione positivista, quale
indispensabile strumento di rilevamento e classificazione, alla sua
diversa valenza di “occhio” che, invece di proporsi in una propria, supposta,
oggettività,
apre
a
inaspettate e suggestive possibilità
di lettura delle opere. In mostra alcuni casi esemplari, tutti illustrati
con materiali prodotti in campagne
universitarie (ad opera principalmente dei fotografi Bertoni e Martellucci) posti in rapporto con i
relativi fondi Alinari.
Per l’età moderna, opere di Donatello, Andrea Della Robbia, Verrocchio
fino a Mochi, al complesso della
Loggia dei Lanzi e ai calchi dei
Prigioni nella grotticina del giardino
di Boboli. Per l’Ottocento, opere di
Bartolini, Rodin e Medardo Rosso.
Per il Novecento, opere di Andreotti
e Romanelli.
Il catalogo, oltre ad una premessa
introduttiva della curatrice Maria
Grazia Messina, propone contributi
di taglio illustrativo, che spiegano le
ragioni, i modi e le successioni nel
tempo delle campagne fotografiche
ad opera di Lorenzo Gnocchi,
Rossella Campana e di Daniela
Cammilli.
Fino al 5 agosto
a Palazzo Pitti-Andito degli Angiolini
orario: 8,15-13,50 ingresso libero
(chiusura 1°, 3°, 5° lunedì del mese
2° e 4° domenica del mese)
Catalogo Alinari
prezzo in mostra Lire 40.000
in Libreria Lire 45.000
Per chi non lo conoscesse, Kary Mullis è lo scienziato che si è
aggiudicato il premio Nobel per la chimica nel 1993,
attribuitogli per la scoperta di una rivoluzionaria tecnica che
permette di moltiplicare segmenti di genoma umano e di
polimeri in genere: la Pcr, ovvero Polymerase Chain Reaction.
Detto questo, se aggiungiamo che la sua autobiografia
s’intitola nientemeno che Ballando nudi nel campo della
mente, il lettore sarà probabilmente confuso, dato che in Italia
il termine scienziato va di pari passo con l’attributo serioso:
non così nel mondo anglosassone, nel quale l’erudito
eccentrico che non si prende troppo sul serio non è una novità.
La scoperta che ha fruttato il Nobel al biochimico americano,
classe 1944, stando a quanto ci racconta, è maturata durante il
tragitto in macchina alla volta del suo chalet di Mendocino,
nell’Anderson Valley, Nord California, un venerdì notte
dell’aprile 1983: in tali circostanze Kary Mullis intuì la reazione
a catena delle polimerasi, metodo innovativo quanto semplice
di replicare all’infinito il Dna, un evento rivoluzionario per la
biochimica e l’ingegneria genetica. Uno scienziato geniale
quanto atipico: il Nobel, conquistato in età relativamente
giovane, gli ha consentito di dedicarsi con maggiore assiduità
al suo hobby preferito, ovvero il surf tra le onde dell’oceano.
Kary Mullis è un’entità anomala nel panorama scientifico
internazionale, appassionato surfista ed amante delle donne
(ha avuto quattro mogli), privo di peli sulla penna e pronto ad
assumersi la responsabilità delle sue dichiarazioni. Qualcuna
suscita perplessità quasi inevitabilmente, ma il lettore si
accorgerà che questo strano scrittore per caso non è affatto
uno scienziato che teme di dire quel che ha da dire. E spesso
riesce a comunicare, oltre ad un’innata ironia (al confine con la
sfrontatezza), cose personali che nessuno confesserebbe: come
un incontro del terzo tipo con un procione luminoso alieno, o
svariate esperienze psichedeliche con le droghe, curiosi esercizi
di telepatia (ed empatia). Oltre a questo Ballando nudi nel
campo della mente ci consegna tutto l’assortito campionario
del Mullis-pensiero, comprendente esternazioni contro la
sociologia, l’effetto serra, la psicologia. Molte delle sue prese di
posizione si possono condividere o meno, ma di sicuro nel
complesso ottengono l’effetto di far insorgere il dubbio, di
stimolare l’approfondimento, in particolare la sua difesa di
Peter Duisberg, sostenitore dell’inesistenza dei dati che hanno
portato Gallo e Montagnier alla scoperta del virus dell’Aids. E
non è finita: Mullis si diletta a schernire il sistema giudiziario
americano in base alla sua esperienza di perito nel noto caso
O.J. Simpson – il noto ex atleta di colore accusato dell’omicidio
della moglie –, difende spassionatamente l’astrologia, parla di
ragni velenosi, provoca in genere. Un’autobiografia ricca di
aneddoti curiosi, di agile lettura, fuori dalle righe e spesso
divertente.
P.B.
Kary Mullis, Ballando nudi nel campo della mente, Milano,
Baldini & Castoldi, 2000; pp. 222
MARGARETDOODY
Aristotele diventa
investigatore...
È diventata un piccolo caso letterario a scoppio retroattivo Margaret
Doody, con la felice invenzione di Aristotele in atipica versione
investigatore part time. L’autrice canadese, docente di Letteratura
comparata alla Notre-Dame University, ha ipotizzato che il genere
romanzo risalga alla Grecia classica (nel monumentale saggio The
true story of the novel): essendo una profonda conoscitrice del
periodo, per diletto ha iniziato a scrivere una storia poliziesca (nel
lontano 1978) con il filosofo per antonomasia come protagonista di
Aristotele detective, continuando poi con il racconto lungo
Aristotele e il giavellotto fatale e quindi con Aristotele e la
giustizia poetica, edito di recente dalla Sellerio in prima edizione
mondiale. L’ultimo titolo in particolare scopre in modo palese il
gioco di rimandi in atto nella trilogia aristotelica: sotto le trame
romanzesche si possono infatti scorgere come palinsesti ideologici
di riferimento i tre trattati fondamentali della filosofia dello
Stagirita: rispettivamente la Metafisica, la Fisica e la Poetica,
esemplificata per l’appunto nell’ultima prova narrativa della Doody.
Al centro di Aristotele e la giustizia poetica troviamo come
sempre Aristotele ed il ventitreenne Stefanos, spalla fissa delle
inchieste del filosofo e suo ex allievo, stavolta intenti a risolvere un
misterioso caso di rapimento. Il romanzo prende avvio nella
primavera del 332 a.C: durante la Notte dei Fantasmi, alla fine
dell’Antisteria, ovvero la Festa dei Fiori che ad Atene si celebra in
febbraio, Aristotele e Stefanos prendono parte ad una Cena
Silenziosa (con viveri e vino a carico) in casa di uno dei signori
dell’argento di Atene. Per i due è una notte strana ed ottenebrata
dall’alcool, per il resto degli astanti pure: si succedono inspiegabili
apparizioni e, soprattutto, viene rapita la bella Antia, ricca ereditiera
che più di un pretendente desidera come sposa. Dell’indagine a
ruota vengono incaricati Aristotele ed il suo giovane braccio destro:
le tracce portano la coppia verso Delfi, e durante il lungo e
movimentato tragitto potranno incontrare personaggi di diversa
estrazione sociale e culturale. Tra delitti, agguati e sorprese i due
protagonisti giungeranno infine a Delfi, e porranno i propri quesiti
alla Pizia – Stefanos sul suo futuro matrimoniale, Aristotele sulla
convenienza di liberare due atipici schiavi trovati per la via –, giusto
in tempo per tirare il bandolo dell’intricata matassa e risolvere il
caso secondo copione, un caso che il detective ed il suo giovane
aiutante avevano già inquadrato ad indagine in corso secondo
un’intrigante ottica filosofico-letteraria. Aristotele e la giustizia
poetica, nonostante la notevole lunghezza, è un romanzo ricco di
suspense, quasi una soap opera sull’alta società della Grecia antica,
dove non c’è l’ombra di un dialogo fuori posto, la trama è rigorosa
e serrata, la ricostruzione storica impeccabile. Resta solo da
augurarsi che la serie continui...
P.B.
Margaret Doody, Aristotele e la giustizia poetica,
Palermo, Sellerio, 2000; pp. 458
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