Inizia a leggere

Transcript

Inizia a leggere
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
1
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
A mio marito.
L'unico che mi abbia davvero creduta.
L'unico che mi ha spronata ad andare avanti. Con la forza dell'amore.
2
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
I
L'aria fresca di quella mattina d'estate soffiava attraverso le tende, gonfiandole come la vela di una barca
inarcata dal vento marino e uno spiraglio di luce filtrava dalle persiane ancora sonnecchianti, cotte dal sole.
La casa rosa con le gelosie verdi era uno spettacolo per il viandante che le passava accanto.
Adagiata sulla collina della Riviera Ligure di Ponente, tra gli ulivi profumati e le palme africane, ascosa
rarità italiana tutta da scoprire, era una perla dell'ingegno architettonico, con i suoi piccoli balconi bianchi, in
perfetto stile coloniale, da cui ricadevano in un rosso trionfo rigogliosi gerani.
Ridente e incurante degli sguardi, la casa rosa si lasciava ammirare come una bambina vestita a festa che si
avvia alla Messa in un pomeriggio assolato, quando l'aria è nebbiosa di terra sollevata dal vento e il frinire
delle cicale si fa più insistente, quasi assordante nel silenzioso canto della natura.
Francesca si stiracchiò, assaporando la freschezza delle lenzuola di lino, odorose di sapone grezzo.
Sollevando appena le palpebre, osservò il display luminoso della sveglia che segnava le 9 e 15.
Inciampando nella lunga camicia da notte, suo malgrado si alzò e spalancò le persiane. Il sole che la
attraversava, scaldandole cuore e membra, era una gioia cui non si sarebbe sottratta per nessuna ragione al
mondo.
Si chiese come Giulia, sua sorella, avesse potuto rinunciare alla sua terra, accettando di andare a vivere a
Milano, una volta sposata con Marco.
Niente lucciole, né stellate mozzafiato, né romantiche passeggiate serali lungo la riva, quando al tramonto il
sole è una palla infuocata che si spegne nel mare e le onde gentili lambiscono i piedi nudi con fresche
carezze.
Mancavano solo tre mesi alla data delle nozze e la sua casa, un tempo tranquilla, si era trasformata in un
inferno, con un continuo andirivieni di corrispondenza e telefonate tra sua sorella e la futura suocera. Quanto
chiasso per un matrimonio! Si erano sposati tutti, ma Giulia sembrava l'antesignana del genere umano.
Maledicendo la propria sorte, Francesca si disse che per sua sorella era una vera fortuna che le vacanze
scolastiche fossero appena cominciate.
Sua madre le aveva già elencato una serie di mansioni da svolgere ed era stata un vero tormento con quella
storia sulla disponibilità, l'aiuto fraterno e soprattutto con quei discorsi retorici che la volevano a tutti i costi
una donna matura.
In fondo, aveva appena diciannove anni! Aveva conseguito con ottimi voti il diploma di ragioneria e, dopo
un anno di duro studio e gli esami, aveva tutto il diritto di divertirsi un po', che diamine!
Matrimonio era una parola che non aveva ancora considerato, nonostante ci fosse Paolo al suo fianco da
quasi tre anni.
Era un caro ragazzo, figlio di una modesta famiglia contadina. Una di quelle all'antica, dove una stretta di
mano vale più di una firma e la parola d'onore è sacrosanta.
Lui aveva solo due anni più di lei, ma a volte sembrava vecchio come suo padre e quando attaccava a
parlarle del raccolto e del bestiame, non la finiva più. E allora la sua mente correva furtiva al mare, alla
sabbia infuocata sotto il sole di mezzogiorno, agli scogli, dove si posano i gabbiani che aspettano l'onda per
giocare tra gli spruzzi salati.
Era troppo inesperta per chiedersi se il suo giovane cuore rifiutasse l'idea di un impegno serio o si fosse
stancato di un amore, che non era, forse, mai stato tale.
Francesca sbadigliò rumorosamente e un enorme sorriso si disegnò sul suo volto quando si voltò a guardare
Maria Rosa, la sua bambola preferita che pareva fissarla con aria interrogativa.
"Ciao, piccolina! Cosa facciamo oggi? Prendiamo il sole in giardino?", e prendendola fra le braccia, le
schioccò un sonoro bacio sulla guancia paffuta.
"Francesca! Stai ancora dormendo, pigrona?"
La voce di sua madre era stridula e insopportabile.
"No, sono sveglia.", rispose urlando.
"Francesca!”, disse sua madre, affacciandosi alla porta della camera, “Non gridare, ti prego. Sono già arrivati
i genitori di Marco. Sono qui per discutere con Giulia i dettagli del matrimonio... Credo che sarebbero felici
di conoscerti, ma mi stai ascoltando? Per una sola mattina della sua vita, la tua bambola potrebbe rinunciare
alla dose giornaliera di coccole ?", disse lentamente.
"Si chiama Maria Rosa, mamma, Maria Rosa! E poi io, io devo ancora fare colazione…", protestò
debolmente.
"Se ti fossi svegliata un po' prima … ma adesso ti potrai concedere un caffè in compagnia dei signori
Giuffrida, va bene?"
3
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
"E i biscotti?"
"Francesca, basta! Mi farai impazzire. Mettiti addosso un vestito decente e scendi subito in tinello. Non
ammetto ritardi", disse perentoria.
Francesca sorrise tra sé; forse anche lei, al suo posto, sarebbe stata così nervosa.
Indossò un semplice abitino verde mela che metteva in risalto un fisico formoso, si spazzolò energicamente e
si avviò verso il salotto.
La famiglia di Marco discendeva da una nobile casata siciliana. Il suo bisnonno, nato nel 1845 a Partanna, in
provincia di Catania, era membro dell'Accademia di Scienze, Arti e Mestieri di Parigi, Cavaliere della
Legione d'onore, Commendatore dell'Ordine Religioso e Militare di Gerusalemme, del Tempio, del S.
Sepolcro, di Rodi e Malta e non solo.
La leggenda che vorticava attorno alla sua poliedrica personalità, lo voleva anche come una specie di
miracolato.
Si narrava che da piccolo avesse contratto una grave forma di polmonite e che i suoi genitori gli avessero
imposto, come una sorta di fanatico talismano religioso, un abito talare. Il bimbo l'aveva dovuto indossare
per oltre un anno, sino alla completa guarigione. Poi l'ex voto era sfociato nell'ovvia frequentazione del
seminario, ma il giovane aveva mire più alte nel mondo laico e, non senza contrasti, si era iscritto dapprima
all'Università di Catania, conseguendo le lauree in Ingegneria Civile, Chimica e Chimica Farmaceutica, e poi
alla prestigiosa Sorbona di Parigi, ottenendo la laurea d'Ingegnere Costruttore Meccanico, Ponti e Strade.
Intelletto di spicco e fortunato erede di un cospicuo lascito, si era sposato con una donna più giovane di lui di
trent'anni che aveva conosciuto a Orleans. Lei, C. Elvira, di origini italiane, della vecchia Milano delle
carrozze e dei cappellini piumati, dopo un aspro dissenso con suo padre lo aveva lasciato in compagnia della
matrigna in quella casa che in dialetto era nota come “La Ca' di Facc”, in Viale Volta, 2, al secolo Via
Ceresio, un tempo estrema periferia della città.
C. Elvira era poco più di una bambina quando si era trasferita in Francia, abbandonando le sue velleità di
divenire maestra elementare, superbo traguardo per l'epoca.
Si era rimboccata le maniche e aveva imparato il mestiere di bustaia, lavorando duramente presso un famoso
atelier, per assicurarsi il suo mantenimento.
Poi c'era stato l'incontro della sua vita con lui, la sua lotteria fortunata. Nonostante i suoi cinquanta anni, lui
conservava ancora intatta la bellezza virile, che gli derivava da quello spirito indomito e mai sazio di cultura.
Due personalità eccentriche. Lui del profondo Sud, con le sue tradizioni conformiste e filistee, lei del Nord.
Schietta, pratica, indipendente e anche un po' ambiziosa.
Insieme avevano lasciato Orleans per Novara, città strategica e nevralgica per le relazioni tra la Corte di
Francia e i Savoia per i quali lavorava lui in qualità di diplomatico.
Tra i dolori del parto che non risparmiamo nemmeno le più abbienti, C. Elvira aveva dato alla luce Alfonso,
primogenito e padre di Marco e in seguito Gabriella, morta bambina di spagnola, come i figli dei poveracci...
"Buongiorno, signori Giuffrida!"
"Buongiorno ... Francesca...?" rispose la madre di Marco.
"Si, sono io. Avete fatto buon viaggio?"
"Si, grazie. E' sempre piacevole raggiungere la Riviera." disse il signor Giuffrida educatamente.
"Posso offrirvi un caffè?" chiese Francesca, ansiosa di addentare almeno un biscotto.
La napoletana sul gas borbottava rumorosamente e l'aroma che ne fuoriusciva si diffondeva piacevolmente
per tutta la cucina.
"Grazie, lo prendiamo volentieri." rispose la mamma di Marco.
Era rimasta sorpresa nel vedere Francesca, così diversa da sua sorella.
Giulia aveva una figura aggraziata, ma esile; gli occhi erano azzurri, un poco sbiaditi e i capelli chiari e fini.
Aveva mani piccole e perfette, gambe magrissime e lunghe e una vita sottile.
La quasi totale assenza di seno la faceva sembrare ancora più ossuta e spigolosa. Non era difficile
immaginarla, fasciata in un tailleur, avviarsi con passo sicuro in Galleria Vittorio Emanuele, dove Marco
l'attendeva per l'aperitivo trendy delle diciannove.
Era insomma una di quelle donne, il cui posto non poteva essere altro che quello accanto a un uomo d'affari,
come Marco Giuffrida.
Laureata in Economia e Commercio all'Università Bocconi di Milano, era assolutamente sprecata in un
ambiente così provinciale, dove non avrebbe potuto sviluppare le sue doti e il suo ingegno.
4
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
Francesca, invece, pareva adeguarsi benissimo a quella realtà paesana, dove l'aria odorava di erba falciata e
in lontananza si udivano le allegre terzine di un walzer suonato da un'orchestra di importazione romagnola.
Chissà quante volte aveva volteggiato su una pista da ballo consumata dalle coppiette del circolo degli
anziani, stretta fra le braccia di un muscoloso giovane, con la maglietta strappata e i jeans sbiaditi!
Aveva un fisico slanciato e formoso, lunghi capelli corvini, un po' mossi che le ricadevano fluenti sulle
spalle tornite, seno generoso e fianchi ben modellati.
La pelle abbronzata tradiva la sua giovane età, facendola sembrare più matura.
Alzando appena lo sguardo dalla tazzina di caffè, la signora Giuffrida osservò suo marito mentre strabuzzava
gli occhi nel vedere Francesca che, innocentemente, accavallava le gambe.
Si chiese se anche Marco avesse reagito allo stesso modo vedendo quella statuaria bellezza, ma si confortò
pensando che in ogni caso avrebbe sposato Giulia.
"Signora Giuffrida, cosa ne dice della mia piccolina?" La domanda di Angela, la madre delle due ragazze,
interruppe il corso dei suoi pensieri.
"Be', non direi proprio piccolina. Se non sapessi che Francesca ha solo diciannove anni, penserei che sia
quasi coetanea di Giulia."
"Già … Il fatto è che ha ereditato tutti i tratti caratteristici della famiglia di mio marito. Sa, loro sono molto
alti e precoci. Giulia, invece…"
"Assomiglia molto a lei, Angela.", terminò la frase il signor Giuffrida.
"Si, è vero. Francesca è il maschiaccio di casa, ma è proprio una brava ragazza. Sempre disponibile e
premurosa."
Francesca arrossì e si chiese se sua madre fingesse per circostanza o lo pensasse davvero.
Finalmente Giulia apparve sulla porta, con un mazzo di rose profumate che regalò alla suocera e
provvidenzialmente l'attenzione si spostò su di lei.
"Mia cara, ma sono stupende!"
"Signora, è per me un onore averla qui, nella mia casa.", rispose un po' retorica.
Francesca, nauseata dalle moine della sorella, voltò lo sguardo in direzione di sua madre, ma vi colse solo
ammirazione e un sorriso ebete di approvazione.
Annoiata, si volse a guardare Silvestro, il piccolo siamese che si rotolava sul bel pavimento di cotto con un
gomitolo dimenticato da nonna Rosa.
Impigliato tra i fili celesti e il ricamo appena iniziato, aveva rovesciato la ciotola di latte e ora miagolava
disperato.
Nessuno parve accorgersi che Francesca avesse abbandonato la conversazione per sbrogliare le zampe del
gattino, che ora le leccava le dita in segno di gratitudine.
Parlava solo la Signora Giuffrida, Amelia, mentre Giulia e Angela sembravano una perfetta coppia di
cagnolini per auto, con quelle teste ciondolanti, che si abbassavano ed alzavano per approvare ogni sua
parola.
"Per l'abito...”, esordì Amelia.
"Signora Giuffrida, io avrei già pensato veramente …"
"Angela, la prego, è dovere della suocera regalare l'abito alla nuora. Giulia, mia cara, ti porterò a Milano, in
un raffinato negozio di Via Montenapoleone, dove anche mia nipote l'anno scorso ha acquistato uno
splendido vestito, sai, tutto in seta e pizzo francese, una vera meraviglia."
"Grazie, grazie mille, signora" rispose eccitata Giulia.
Francesca osservò il volto di sua madre sul quale si era dipinta un'espressione di amara delusione. Aveva
sempre sognato il giorno in cui avrebbe personalmente cucito l'abito da sposa delle figlie.
Angela, infatti, era un'abile sarta, conosciuta e stimata per la sua capacità e bravura; aveva vestito molte
spose locali e i suoi abiti riportavano da sempre molto successo.
Francesca maledisse mentalmente Giulia, invaghita dal prestigio della famiglia di Marco. Si ripromise di
svegliarla da quel torpore che le faceva dimenticare le vecchie promesse scambiate davanti al camino, una
fredda sera d'inverno o sotto le lenzuola, quando mamma veniva a rimboccare le coperte e raccontava di quel
Principe Azzurro che aspettava sorridente all'altare la sua Principessa, avvolta in una nuvola bianca, con i
fiori freschi tra i capelli, celati appena dall'etereo, lunghissimo velo…
"Giulia, a questo punto dovremmo discutere anche del bouquet. Sai che Marco predilige le rose bianche? Io
suggerisco di fare un mazzo a cascata, con qualche piccolo fiore blu. Concordi, cara?"
"Certamente, signora."
5
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
"Tesoro, è pazzesco che tu mi chiami ancora signora. Per te sono Amelia. Sai, alle mie amiche, ho detto che
noi due siamo molto affiatate. Sono morte di invidia e io non vedo l'ora di presentartele tutte!". Scoppiarono
a ridere insieme.
"Angela, io e sua figlia abbiamo un sacco di cose da dirci, pertanto, se non le dispiace, approfitteremmo della
bellissima giornata per fare una passeggiata lungomare. Tu, caro” disse rivolgendosi al marito “cosa pensi di
fare?"
“Credo che resterò qui, magari in giardino, se alla signora Anela non dispiace.”, rispose garbatamente.
"Signor Giuffrida”, rispose Angela con un sorriso. “Se vuole rinfrescarsi, può salire al piano superiore dove
Francesca le mostrerà un bagno e la camera da letto che ho preparato per lei e sua moglie."
"La ringrazio Angela. Accetterò il suo consiglio."
Dopo aver accompagnato Alfonso al piano superiore, Francesca tornò dalla madre, che intenta ai fornelli,
stava cucinando un ottimo ragù di carne. Il profumo pervadeva l'intera casa ed era un richiamo alle tradizioni
e ai pranzi familiari della domenica.
"Mamma…” sussurrò, cingendole le spalle con affetto.
"Tesoro, mi hai fatto spaventare.", sobbalzò Angela.
"Mamma, ti prometto che sarai tu a confezionare il mio abito di nozze."
"Cosa c'entra questo discorso adesso? Guarda, il sugo sta bollendo, metti tu il dado, ma non scordare un
pizzico di zucchero. Toglie l'acidità al pomodoro."
Era scappata in salotto per nascondere a sua figlia le lacrime di delusione finora trattenute.
Doveva farsene una ragione; in fondo era quello che aveva sempre desiderato. Un uomo ricco, importante e
colto per Giulia, la più assennata e precisa delle sue figliole. La più fine, quella che sapeva dispensare
consigli, che conosceva l'ora e il tempo giusto per ogni cosa, che studiava sino alle tre del mattino per
superare gli esami all'università.
Era quasi giunto il momento della separazione; Marco Giuffrida, quel bel giovane raffinato e la sua signorile
famiglia le stavano sottraendo la sua aristocratica bambina e non c'era tempo per lasciarsi andare alla
nostalgia e alle recriminazioni.
Trascorsero quasi due ore e finalmente Giulia e Amelia rientrarono dalla passeggiata. Il sole splendeva alto e
gli aromi di un pranzo che si annunciava succulento, si spandevano nell'aria stimolando l'appetito di Alfonso
che si svegliò dopo un rilassante riposino.
Dalla finestra della sua camera, si scorgeva il mare che, nell'immensa azzurrità, si confondeva all'orizzonte
con il cielo terso e limpido di una magnifica giornata estiva.
Abbassando lo sguardo, Alfonso vide un uomo che trascinava stancamente con una mano un aratro con il
vomere completamente arrugginito, ancora sporco di terra bruna e umida.
Nell'altra mano, teneva un mazzo di fiori gialli, così vivi e freschi che parevano trarre nutrimento dalla mano
assassina che li aveva recisi.
Una donna, con il grembiule stropicciato e sporco di sugo, gli si faceva incontro e abbracciandolo, gli
prendeva delicatamente i fiori, regalandogli in cambio un radioso sorriso.
L'uomo, lasciato cadere a terra l'aratro, si asciugava col dorso della mano il sudore della fronte e si toglieva il
cappello marrone a falde calato pesantemente sul capo come un macigno.
La donna e l'uomo, stretti in un abbraccio che poteva sembrare senza fine, si avviavano al portone di casa,
disegnando nell'aria un bucolico quadretto di arcana semplicità.
A tavola, non si parlò d'altro che di matrimonio, di parenti da invitare, di fiori e mobili, di vacanze ai tropici,
nella Grande Mela e, più in generale, in giro per il mondo.
Giovanni, il padre di Giulia e Francesca, non aprì quasi bocca. Era un uomo di poche parole, schietto e
pratico, ma soprattutto, non sopportava la millanteria e la ricchezza ostentata a tutti i costi.
La sua azienda agricola contava ormai più di cento braccianti, eppure lui si era sempre rifiutato di sedersi
dietro ad una scrivania, profumato, inamidato e rigido dentro ad un colletto bianco cui non era avvezzo.
L'odore della terra vissuta nei campi, diceva, era l'unica ragione per cui non avrebbe mai dimenticato le sue
umili origini e i sacrifici che gli avevano permesso di costruire un piccolo impero, acquistando poderi ed
intere colline.
Finalmente la tortura del pranzo terminò, gli ospiti si ritirarono e Giovanni poté parlare con sua moglie in
privato.
"Angela, devi aggiungere un ospite per questa sera. Vorrei invitare il signor Robert Cairney”.
"E' il nuovo avvocato, giusto?"
6
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
"Sì. Ha deciso di venire qui con Stefano Angeletti, il commercialista, per illustrarci una serie di nuove leggi
in base alle quali ottenere diversi sgravi fiscali. Inoltre, verrebbe anche per parlare dell'eredità, della
divisione tra Giulia e Francesca… sai… "
"Ti prego, Giovanni, sai che non voglio sentir parlare di questo."
"Tesoro, è un argomento che va affrontato e tu lo sai. Non fare la bambina!", le disse con dolcezza e proseguì
"Sarebbe meglio parlarne almeno con Francesca, visto che Giulia è completamente assorbita dal suo
matrimonio."
Chiamarono la figlia minore che si presentò davanti ai genitori temendo una delle solite ramanzine.
"Francesca” ,incalzò il padre, “Questa sera, la mamma ha bisogno del tuo aiuto per preparare la cena."
"La cena? Papà, ma la mamma non te l'ha detto? Io questa sera esco con Paolo."
"Tesoro, me ne sono dimenticata! Che sbadata!", esclamò Angela, picchiandosi la fronte.
"Francesca, temo che dovrai disdire il tuo appuntamento. Questa sera verrà qui il signor Robert Cairney, il
nostro nuovo avvocato e la tua presenza è praticamente indispensabile."
"Dannazione! E' più di una settimana che aspettiamo di uscire questa sera per vedere i fuochi d'artificio a
Cervo!"
"Mi dispiace, cara, ma la mamma non può certo occuparsi di tutto da sola. Inoltre, vorrei che il signor
Cairney fosse trattato con il massimo rispetto e la massima gentilezza, siamo intesi?"
Il tono non ammetteva contraddizioni. Francesca abbassò lo sguardo e accettò gli ordini di suo padre.
"Molto bene, allora! Siamo d'accordo.”
Appena uscì da casa, Francesca sbottò con sua madre.
"E' incredibile come riesca ad ottenere sempre tutto! Non ci posso credere! Ma chi è questo signor "Carne"?
Uno che vende manzo a più buon mercato degli altri?"
Angela scoppiò a ridere.
"Non si chiama Carne, ma Cairney, Robert Cairney. E' un avvocato americano, dicono, molto in gamba.
Papà lo paga profumatamente. Viene qui per parlarci di nuove leggi e…"
"Ho capito, mamma. Non mi interessa se vende polli, manzo o leggi. Per me è solo un'enorme seccatura!
Paolo ci resterà malissimo…"
"Lo so e hai ragione, scusami con Paolo."
La dolcezza di Angela non lasciava altro spazio alle proteste e Francesca dovette cedere senza più discutere.
7
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
II.
La sera giunse in un battibaleno; la cucina era piena di tegami e pentole fumanti e l'enorme tavolo di
massello scuro, in sala, era stato apparecchiato con cura per nove persone.
La tovaglia di broccato, i candelabri d'argento e i piatti con la rifinitura in oro zecchino aspettavano da tempo
nella vecchia madia la loro occasione importante. E il bel mazzo di fiori di campo, al centro del tavolo,
ricordava ai commensali dove ci si trovasse.
Angela sbirciò l'ora sulla vecchia pendola e corse in camera per scegliere un abito da indossare.
Quel vestito blu cobalto che le aveva regalato Giovanni per il loro anniversario sembrava fatto apposta per
una cena con ospiti così ragguardevoli.
Pensò a Francesca e ai suoi vestiti preferiti: jeans e maglietta e un'espressione di orrore si disegnò sul suo
volto. Chi l'avrebbe sentita poi Giulia, con le sue ramanzine sul “Bon Ton”?
"Francesca! Francesca!" , urlò, sperando che la sentisse.
"Arrivoooo!"
"Meno male!", sospirò Angela tra sé.
Francesca arrivò con il suo vestitino verde mela, qua e là macchiato di sugo e pasticcio di carne e Angela si
benedisse per averla chiamata, prima che fosse troppo tardi.
"Ti si è incastrata la lampo per caso? Mamma, sei uno schianto! Il Signor Carne questa sera non ricorderà
neanche una legge e dovrà ritornare sicuramente!", ridacchiò Francesca.
"Francesca, non si è impigliata nessuna cerniera. Ti volevo solo dire che questa sera abbiamo ospiti e tu non
puoi presentarti con quello straccetto addosso. Ti prego, vai a cambiarti."
"Mamma, dovrò solo aiutarti a servire la cena. Un bel grembiule risolverà la situazione."
"Hai mai visto camerieri con macchie di unto sulla camicia?"
"Non siamo mica al ristorante, qui…".
"Tesoro, i signori Giuffrida frequentano gente importante: politici, imprenditori ed è una vera fortuna per noi
che venga l'avvocato Cairney.“
"Capirai che fortuna…", sbuffò Francesca.
Angela ignorò quel commento, pensando che sua figlia avesse in parte ragione. I suoceri di Giulia non
appartenevano al loro semplice mondo e un divario incolmabile li avrebbe comunque separati, nonostante i
vestiti eleganti e gli avvocati autorevoli.
Francesca aprì il guardaroba e vide solo jeans, magliette e qualche minigonna, poi nascosto in fondo
all'armadio, sotto un cellofan un po' impolverato, quell'abito bianco che le aveva regalato la nonna in
occasione del suo ultimo compleanno.
Le aveva detto, con una strizzatina d'occhi, che con quel vestitino avrebbe incontrato il suo Principe Azzurro.
A nulla era valso ricordarle che il suo ragazzo era Paolo, il figlio del fattore Andrenelli, di cui lei conosceva
il nonno, quell'amabile vecchietto che giocava a carte al circolo del paese.
Nonna Rosa aveva scosso la testa e mentre un'espressione di profonda saggezza si disegnava sul suo viso, le
aveva detto:
"Paolo è un caro ragazzo, ma non sarà mai tuo marito. Non è l'uomo cui sei destinata…"
La nonna aveva sempre creduto nelle grandi storie d'amore e infatti la sua con nonno Giulio era stata proprio
una favola d'altri tempi. Lei era promessa sposa di un tal Zanzottera, ricco e conosciuto commerciante del
milanese, ma il suo cuore di diciottenne si rifiutava di amarlo e batteva per Giulio, un semplice salumiere
dagli occhi azzurri e il cuore grande.
E così, nonostante le ferree regole e le imposizioni del "pater familias", aveva lottato per difendere i suoi
sentimenti e alla fine ci era riuscita, coronando il suo sogno d'amore.
"Dannazione, che nonna tosta!" , si disse Francesca, mentre indossava l'abito bianco.
Distrattamente gettò un'occhiata alla sua immagine riflessa nello specchio e per la prima volta rimase
impressionata. L'abito, con una generosa scollatura incrociata, metteva in risalto un seno pieno e giovane; le
gambe, lunghe e un po' muscolose, spiccavano sotto il tubino che la fasciava e i fianchi, agili e sinuosi, le
conferivano un tocco di vibrante femminilità. I capelli corvini, confusamente spettinati, la donavano una
grinta selvaggia.
"Tesoro, sei pronta?", urlò Angela dalla sua camera.
"Si, mamma.", rispose sommessamente.
"Fatti vedere!"
Francesca apparve un po' intimidita e Angela osservò la sua piccina notando per la prima volta quanto fosse
cresciuta. Era diventata una donna.
"Sei bellissima." le disse.
8
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
"Mamma, ti prego!" , replicò Francesca, arrossendo.
"Direi che mancano solo un bel paio di sandali con un po’ di tacco e penso di potervi rimediare io.",
ridacchiò divertita Angela.
Con le scarpe prestate da sua madre, ora Francesca sembrava più una fotomodella, che la figlia di un ricco
possidente terriero.
"Signora Giuffrida, la prego, si accomodi.", disse Giovanni.
"Marco è già arrivato?" chiese Amelia.
"Si, è di sopra. Si sta cambiando per la cena.", rispose Giulia.
La conversazione in tinello languiva, mentre Angela e Francesca, in cucina, stavano terminando gli ultimi
preparativi.
"Quando arriva il signor Cairney, mamma?"
"Dovrebbe essere qui a momenti. Il signor Angeletti è già qui; l'ho sentito parlare con tuo padre."
L'arrivo di quell'uomo importante e misterioso la riempiva di curiosità e, in fondo, la infastidiva un poco.
Lei, solitamente disinteressata e annoiata di fronte a qualsiasi “roba da grandi”, si sentiva fremere di
un'insolita eccitazione.
Nonna Rosa, nel vederla indossare quell'abito, le aveva sorriso compiaciuta e Francesca si era sentita ancora
più bella, ma vulnerabile.
Sussultò convulsamente, quando il campanello suonò annunciando l'arrivo di Robert Cairney.
"Nervosa?!", scherzò Angela.
"No, mamma, non ti preoccupare. E' solo la mia prima cena mondana!"
"Bene, allora andiamo in tinello. Gli ospiti stanno aspettando."
"Benvenuto, Avvocato Cairney. Le presento la mia famiglia: mia moglie, Angela e le mie figlie, Giulia e …
Ma dov'è Francesca?" disse Giovanni.
"Buonasera, Avvocato." disse Angela e proseguì rivolta al marito:
"Francesca è ancora in cucina, ma ci raggiungerà presto con gli antipasti. La prego, avvocato, si accomodi."
"La ringrazio, signora Angela", rispose educatamente, con un lieve accento americano, porgendole un
delicato mazzo di lilium.
Una piccola ruga di fianco all'occhio destro si increspò, mentre un aperto sorriso si disegnò sul suo volto.
"Lei è troppo gentile. Non doveva assolutamente …" disse Angela, ponendo i fiori in un antico vaso di
bronzo, opera della tradizione artigiana di Cervo.
"Ma le pare, signora. E' stato molto cortese invitare a cena un povero uomo solo, incapace di cucinare!”
"Lei mi lusinga, avvocato. Ma, ecco appunto, Francesca, che arriva con l'antipasto." disse Angela.
Fu come un fulmine a ciel sereno, o come un rumore assordante che squarcia l'aria, altrimenti quieta, facendo
alzare in volo tutte le sue creature.
Quando gli occhi azzurri di Robert incrociarono quelli neri e intensi di Francesca, il tempo sembrò fermarsi
per un lungo interminabile attimo, congelando tutti i commensali nelle pose finora assunte.
I folti capelli biondo cenere ricadevano spettinati sulla fronte del bell'avvocato e gli occhi erano piccoli,
intensamente celesti.
La camicia panna che indossava era appena aperta sul collo abbronzato e le mani, grandi e ben curate,
parlavano di un uomo risoluto e nel pieno del vigore. Fu lui a rompere quel silenzio imbarazzante.
"Buonasera, Francesca."
"Buonasera, Avvocato." , rispose secca.
Quell'uomo poteva essere quasi suo padre a giudicare dall'aspetto e l'effetto che faceva sui suoi ormoni non
le piaceva affatto. Sicuramente aveva moglie e figli a casa, in America e si chiedeva cosa fosse venuto a fare
in Italia, soprattutto in un paese provinciale e rurale.
Le sembrò, per un attimo, che lui avesse indovinato i suoi pensieri, perché si voltò a fissarla con uno strano
sorriso negli occhi, che si chiusero subito dopo in due minuscole fessure celesti.
La signora Giuffrida cercò di attirare l'attenzione su di sé, chiedendogli da quale parte d'America provenisse.
Sembrava che Robert Cairney fosse diventato il centro dell'attenzione generale e che nessuno, compresa
Giulia che lo fissava da un pezzo a bocca spalancata, si ricordasse dell'argomento del giorno: il leggendario
matrimonio da mille e una notte.
"Provengo dalla regione del Montana, tutta pascoli, alture e campagna, un po' come la vostra Liguria.", rise.
"E cosa ci fa un avvocato nel Montana?" , chiese Giulia.
9
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
"Cerca di risolvere le controversie che nascono tra i fattori, forse?", tentò di rispondere Marco, con una lieve
espressione di scherno.
Robert sorrise appena, ma non rispose. Si limitò a scostare il ciuffo ribelle che gli cadeva continuamente
sugli occhi e si servì una piccola porzione di pomodori ripieni.
"Signora Angela, lei è un'ottima cuoca."
"Sono felice che le piaccia la mia modesta cucina."
"E così lei e la signorina Giulia vi sposerete a breve?", chiese Robert cambiando argomento.
"Si, fra tre mesi circa e sarà un avvenimento difficile da dimenticare.", disse con orgoglio, cingendo le spalle
della fidanzata.
"E, perché, se si può sapere?" , chiese Robert con un sorriso ironico.
"Il matrimonio sarà celebrato nel duomo di Milano e il sacerdote che dirà Messa, sarà il Vescovo in
persona."
"Capisco… Pensavo che avreste preferito una piccola chiesa, in un borgo medievale, qui in Liguria. Sapete,
quelle piccole, antichissime chiese in pietra, affrescate sui muri, con i chiostri profumati d'incenso, immerse
quasi in una dimensione senza tempo… Io ne vado pazzo, ma naturalmente provengo dal Montana." , disse
pungente.
"Devo dire, avvocato Cairney, che lei parla molto bene l'italiano." , disse Giulia.
"Comunque”, l'interruppe Amelia. “Quello che è certo è che i ragazzi prediligono l'eleganza di Milano, i suoi
negozi chic …"
"Si certo, l'avevo capito.", troncò Robert.
Francesca, per tutta la durata della cena, non proferì parola, ma continuò ad osservare il bel profilo di Robert
che sapeva elegantemente destreggiarsi in pungenti discussioni con i signori Giuffrida e sua sorella Giulia.
L'avvocato aveva cercato più volte di trovare punti d'incontro e il sostenuto dibattito si era trasformato alfine
in un cordiale colloquio.
Spesso aveva notato sua sorella avvicinarsi un po' troppo al viso di Robert, con la scusa di non aver
compreso le sue parole nel frastuono generale degli ospiti che chiacchieravano fitto.
Francesca le aveva lanciato uno sguardo carico di rimproveri, ma Giulia non ci aveva badato e aveva
proseguito il suo discorso con Robert sull'importanza di una laurea, della cultura e di poter viaggiare, alla
scoperta di popoli con usi e costumi differenti dai propri.
La cena terminò con un dolce rustico, una morbida torta al cioccolato.
"Miei cari ospiti”, disse Angela. “La torta è una specialità di Francesca. E' molto abile in cucina, soprattutto
con i dolci."
"E' a base di cioccolato?" le chiese Robert.
"Si. Cioccolato e nocciole tritate.", rispose Francesca senza aggiungere altro.
"Nel Montana, le nostre donne preparano una torta simile a questa. Sono curioso di assaggiarla."
Francesca gli diede una generosa porzione e attese un commento.
"Complimenti, Francesca. E' stato come riassaporare il gusto della mia terra. ", le disse e la piccola ruga si
corrugò.
Dopo cena, Giovanni, Angela e Giulia si trovarono nello studio con il commercialista Angeletti e l'avvocato
Cairney.
"Lo Stato ha disposto uno sgravio fiscale del trentuno percento a chi acquista una nuova attrezzatura
agricola." gli spiegò Angeletti.
"Si, ma io non ne ho bisogno. Ci sono diversi contadini a cui potrei dare un aumento di stipendio,
raggiungendo esattamente la stessa cifra di un nuovo trattore." rispose Giovanni.
"Certamente” disse Cairney. “Tuttavia lo Stato non prevede sconti per chi decide di fare opere di
filantropia!"
"Quindi io dovrei spendere più di settantamila euro quasi inutilmente? Che cosa direbbero all'indomani i
miei braccianti? Ma … sono molto perplesso."
"Papà, non ti ostinare. D'altro canto si tratta di un'operazione da cui trarre vantaggi.", l'interruppe Giulia.
"Signor Airenti, non esiste un altro … arnese che le occorra?" , gli chiese spazientito Angeletti.
"Si... potrei acquistare qualche nuovo aratro per i miei operai. Angela, tu cosa ne dici?" disse.
"Non saprei, tesoro, ma mi fido di te.”, rispose timidamente.
"Io dico”, affermò Giulia, “Che dovresti comprare una mungitrice elettronica. Sarebbe la soluzione ideale
per ridurre la manodopera.”
“Quanta sicurezza!” disse con un sorriso ironico Robert.
10
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
"Si, però la signorina Giulia non sbaglia. Gli uomini costano sempre di più e procurano solo fastidi. Le
macchine, invece, lavorano finché vogliamo e quando si rompono le rottamiamo. Senza contare che la
tecnologia sta facendo passi da gigante in questo settore." disse fiero Angeletti.
"Forse non avete capito che ci troviamo di fronte ad un uomo...ad un... padrone con principi morali molto
radicati. Il signor Airenti non ha alcuna intenzione di diminuire il personale e preferisce perdere le
agevolazioni che lo Stato propone. Ho capito bene, signor Airenti?"
"Lei ha capito benissimo. E' il nostro commercialista che, per eccesso di zelo, mi suggerisce soluzioni che
non potrei adottare. Comunque, vada per trenta nuovi aratri.", concesse Giovanni.
Angeletti, scuotendo la testa, già batteva le minuscole dita sulla calcolatrice mentre un'evidente espressione
di disapprovazione si tratteggiava sul suo volto.
"Possiamo almeno ordinarne cinquanta? Dai miei calcoli risulta che…", domandò sulla soglia
dell'irritazione.
"Va bene, va bene, Angeletti. Tesoro...”, disse rivolto a sua moglie. ”contatti tu domani la ditta Bonetti per
predisporre l'ordine?"
"Si, certo." rispose Angela.
Francesca, in cucina a lavare pentole e stoviglie, era in preda a una crisi di nervosismo. Di lontano, sentiva il
fragore dei fuochi d'artificio.
Immaginava le bellissime luci che cadevano tuffandosi a cascata nel mare e pensava alla chiesa barocca di
Cervo, illuminata a festa.
Pensava alle viuzze di ciottoli arroccate sulle ardue salite, ai pesanti archi di sassi irregolari che le sovrastano
imponenti, alle minuscole case ricavate nella pietra, con i portoni di legno vecchio e muffoso il cui accesso
era riservato solo alle fattucchiere locali, memoria del tempo passato in cui le streghe di Triora erano messe
al rogo. Il rogo delle umane passioni, delle speranze mescolate in un intruglio difficile da trangugiare, degli
amori impossibili, delle superstizioni da bruciare nel fuoco per scongiurare il pericolo delle sventure.
A quell'ora avrebbe dovuto essere con Paolo a scambiarsi baci e promesse. Era stato del tutto inutile
rimanere a casa poiché alla fine non era stata nemmeno coinvolta nella discussione.
In salotto, i signori Giuffrida e Marco parlottavano a bassa voce tra loro e nonna Rosa, dondolandosi sulla
vecchia sedia impagliata, snocciolava il Rosario, senza farne mistero.
All'anziana donna, quei signori non piacevano proprio, ma si guardava bene dall'esprimere un giudizio.
Angela, sua nuora, l'avrebbe certamente rimproverata dicendole che si trattava dell'alta società di Milano,
dell'élite prestigiosa.
In ogni caso, l'essenziale era la felicità di Giulia e se quel damerino gliela poteva dare...
Silvestro, con un balzo, si accucciò fra le sue gambe flebitiche e nonna Rosa gli accarezzò la testolina
morbida e setosa.
Finalmente, dopo un'ora di pianificazioni, Giulia comparve sulla porta del salotto, visibilmente arrossata.
"Vi prego di scusarmi, ma quando si parla dell'azienda agricola di papà, è bene che io presenzi sempre,
altrimenti quel dolce contadino finirebbe per regalare i suoi terreni ai braccianti!", disse sicura di sé e
aggiunse:
"Francesca, vogliono te, adesso. Non so di cosa debbano ancora parlare."
Francesca con un manifesto moto di rabbia, si tolse il grembiule e si avviò verso lo studio del padre.
La paura di dover nuovamente incontrare quegli intriganti occhi celesti le faceva battere il cuore
all'impazzata.
Bussò educatamente alla porta e suo padre le disse di entrare.
Robert Cairney era ancora lì. Il mento abbassato, la mano nel ciuffo spettinato e ribelle, le gambe, strette nei
pantaloni neri leggermente attillati, erano un poco divaricate, come di chi è avvezzo a fare lunghe cavalcate
nelle praterie sconfinate del Montana.
Chiunque l'avesse osservato in quel momento, avrebbe avuto la netta impressione che anche lui non volesse
incontrare lo sguardo seducente e selvaggio di Francesca.
Lei trasse un profondo sospiro e rimase in piedi, come impietrita.
"Tesoro, siediti.", le disse dolcemente sua madre, ma Francesca non si spostò; sentiva che i battiti del suo
cuore diventavano sempre più insistenti, tanto che si portò una mano sul petto, temendo che quel sussulto si
potesse notare.
"Prego, Francesca.”, disse Robert indicandole un posto sul divano accanto a lui.
"La ringrazio." rispose con un filo di voce.
Robert emanava un profumo fresco, un po' agreste e un po' raffinato. Era decisamente un "cowboy
avvocato." Mascolino, i muscoli guizzanti sotto la camicia, la pelle dorata, le spalle larghe e possenti.
11
Ma il cuore non si arrende...
Manuela Anna Greco
Editore ENNEPILIBRI
"Francesca, abbiamo deciso di affrontare con te questo discorso”, attaccò suo padre. “Per non preoccupare
Giulia, in questo momento così importante della sua vita."
Fu come se l'avessero svegliata dal torpore in cui era scivolata.
"Perché, cosa sta succedendo?" chiese preoccupata.
"Nulla. Ho deciso di affrontare la questione dell'eredità.”
"Non voglio conoscere le tue decisioni, papà fino a quando non si renderà necessario. E poi, io … io non
pretendo niente." rispose nella sua semplicità un po' puerile.
"Ti prego, Francesca, di avere l'atteggiamento maturo che io e tua madre ci aspettiamo da te. Tua sorella sta
per diventare la signora Giuffrida e non credo che suo marito abbia la minima intenzione di trasferirsi qui,
nemmeno in futuro, per mandare avanti una puzzolente, sudicia azienda agricola."
"Papà, nessuno può sputare nel piatto in cui ha mangiato e si è saziato a volontà. Io non lo permetterò. Se
Giulia o meglio, la signora Giuffrida, non vuole proseguire il lavoro dei miei genitori, allora lo farò io e ne
sarò fiera, anzi fierissima. Non ho paura, io, di calzare il cappello da contadina e di avere le unghie sporche
di terra.. io"
Tutti gli astanti rimasero a corto di parole, mentre una lacrimuccia scese furtiva sul bel viso di Angela.
"Bene, era proprio quello che volevo sapere. Se dover vendere questa azienda prima di morire oppure no.
Avvocato Cairney, possiamo allora procedere come concordato. Grazie, Francesca, puoi andare." disse
Giovanni.
Non aggiunse altro. Non avrebbe mai espresso un giudizio sui pareri contrastanti delle proprie figlie o,
peggio, non avrebbe mai esternato i suoi sentimenti.
"Carattere forte e deciso, la piccola Francesca!", disse Robert, abbozzando un sorriso.
"Già, come suo padre." rispose Angela.
"La prego di procedere, Avvocato Cairney." disse spazientito Giovanni.
E così, mamma e papà Airenti stilarono il proprio testamento.
E l'Avvocato Cairney non si rivide per un bel po'.
Cara lettrice, gentile lettore,
ti ringrazio per aver dedicato un po' del tuo tempo alla lettura
del mio romanzo.
Mi auguro di aver raggiunto il tuo cuore con le vibrazioni di
un'emozione e spero che la storia di Francesca ti abbia
appassionato e destato la tua curiosità...
Con i saluti del cuore,
Mag
Collegati al sito www.manuelagreco.com/cuore.html per continuare a condividere le
emozioni del cuore di Francesca.
(Libro a prezzo di copertina (€ 15,50), senza alcuna spesa di spedizione).
www.manuelagreco.com
12