Fermate la guerra

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Fermate la guerra
3 Esperienze di vita – La cultura della pace e della legalità
Zlata Filipović
Fermate la guerra!
In poco più di due anni, dalla primavera del 1992 all’estate del 1994,
la guerra che devasta la Bosnia ha provocato la morte di circa duecentomila persone e gettato sulle strade dell’esodo più di tre milioni di rifugiati all’estero e di profughi all’interno della loro patria. Questo conflitto – il primo nel cuore dell’Europa dopo il 1945 – è cominciato nell’aprile del 1992, nello stesso giorno in cui la Repubblica della BosniaErzegovina fu riconosciuta dai Paesi europei e dagli Stati Uniti. Nella
grande abbondanza di testimonianze e di informazioni che ci giungono dalla ex Jugoslavia, le parole di Zlata, il racconto di questa ragazzina che si ispira ad Anna Frank, assumono una risonanza particolare.
Figlia unica, Zlata Filipović è nata a Sarajevo il 3 dicembre 1980. I suoi
genitori sono musulmani, ma nella famiglia scorre sangue croato e serbo. Tuttavia Zlata nega di voler appartenere a una nazionalità precisa.
Odia queste distinzioni che sono la causa della guerra. Zlata ha 11 anni quando esplode l’inferno a Sarajevo. Come tante sue coetanee tiene
un diario dove registra gli eventi minimi dell’esistenza quotidiana: gli
studi, la scuola di musica, gli amici, l’ammirazione per i cantanti, le
modelle famose, i divi della TV. Ma scoppia la guerra e Zlata cambia
in fretta, matura. Il suo mondo è in pezzi, ora vi dominano l’odio cieco, la paura, la disperazione. Al diario, come a un’amica immaginaria
di nome Mimmy, consegna la cronaca di giornate profondamente mutate: le notti passate in cantina, l’esplodere delle granate, le raffiche dei
cecchini, le case in fiamme, gli amici uccisi. Parole che urlano contro
l’ingiustizia di un conflitto brutale, che le ha distrutto l’infanzia.
Eppure Zlata non si perde d’animo: vive, attende, spera.
Scrivendo vuole dar voce «ai tremila bambini morti sotto le bombe,
agli invalidi che s’incontrano per le strade privi di un braccio o di una
gamba». E la sua toccante testimonianza diventa simbolo delle atroci
sofferenze di un popolo, invocazione di pace.
Lunedì 28 dicembre 1992
1. Mimmy: è il nome
dell’amica immaginaria
alla quale Zlata rivolge
le sue pagine di diario.
2. penuria: mancanza,
scarsità.
Cara Mimmy 1,
È un’eternità che mancano sia l’acqua sia la corrente. Quando esco
e non ci sono i bombardamenti, è come se la guerra fosse finita, ma
i problemi causati dalla mancanza d’acqua e dalla corrente, l’oscurità, l’inverno, la penuria2 di legna e di cibo, mi riportano alla realtà,
e allora mi rendo conto che la guerra continua. Perché?
Mentre sono qui seduta e ti sto scrivendo, cara Mimmy, osservo la
mamma e il papà. Stanno leggendo. Sollevano lo sguardo dalla pa-
Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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gina e pensano a qualcosa. A cosa stanno pensando? Al libro che
stanno leggendo, oppure stanno cercando di mettere insieme i pezzi sparpagliati di questo puzzle di guerra? Ritengo che la seconda
ipotesi sia la più probabile. Alla luce della lampada a petrolio mi
sembrano ancora più tristi (non abbiamo più candele di cera, per cui
prepariamo le lampade a petrolio). Guardo papà. Quanto è dimagrito! Secondo la bilancia ha perso 25 chili, ma guardandolo mi sembrano molti di più. Mi viene addirittura da pensare che ormai gli
stiano grandi pure gli occhiali. Anche mamma è dimagrita. In qualche modo è come se fosse rimpicciolita, la guerra le ha fatto venire
anche le rughe. Mio Dio, cosa sta facendo la guerra ai miei genitori?
Non sembrano più mio padre e mia madre. Tutto questo finirà un
giorno? Finiranno le nostre sofferenze così che i miei genitori possano tornare quelli di una volta: pieni di vita, sorridenti, eleganti?
Questa stupida guerra sta distruggendo la mia infanzia, sta rovinando la vita dei miei genitori. PERCHÉ? FERMATE LA GUERRA!
PACE! HO BISOGNO DI PACE!
Adesso mi metterò a giocare a carte con loro!
Ti voglio bene, Zlata
Sabato 17 luglio 1993
Cara Mimmy,
3. GIORNO DELLA
PRESENTAZIONE: gior-
no della presentazione
in pubblico del diario
di Zlata.
GIORNO DELLA PRESENTAZIONE3.
Visto che non eri presente (là c’era solo una parte di te) ti racconterò com’è andata.
È stato meraviglioso.
La presentazione si è tenuta al caffè Jez, dove c’erano tantissime persone meravigliose, la mia famiglia, gli amici, i compagni di scuola.
C’era la corrente (grazie a un generatore), e con le lampadine è stato tutto ancora più bello. Tu e io, Mimmy, dobbiamo ringraziare
Gordana Trebinjac del Centro Internazionale per la Pace per l’ottima organizzazione, e per aver fatto sì che la festa fosse così bella.
Ovviamente c’erano anche le telecamere e i fotografi e un enorme
mazzo di fiori, rose e margherite, per noi, Mimmy.
Alla fine ho letto un messaggio. Ecco cosa ho detto: «Improvvisamente, inaspettatamente, qualcuno sta utilizzando la violenza di una
guerra che mi terrorizza per strapparmi in modo brutale dalle rive
della pace, da splendide amicizie, dai giochi, dagli affetti, dalla gioia.
Mi sento come un nuotatore che è stato costretto, contro la sua volontà, a tuffarsi nell’acqua ghiacciata. Sono stordita, triste, infelice e
spaventata e mi chiedo dove mi stiano portando, mi chiedo perché
abbiano portato via la pace dalle rive serene della mia infanzia. Accoglievo ogni nuovo giorno con allegria, perché aveva una sua bel-
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4. bouquet: termine
francese che significa
«mazzetto di fiori».
lezza. Ero felice di vedere il sole, di giocare, cantare, in poche parole avevo un’infanzia felice. Non ne desideravo una migliore. A poco
a poco mi stanno venendo meno le forze; non riesco più a nuotare
in queste gelide acque. Riportatemi quindi sulle rive della mia infanzia, dove avevo caldo, dov’ero felice e contenta, riportatevi anche
tutti gli altri bambini che sono stati privati dei loro anni felici e a cui
è stata tolta la gioia di vivere.
Il messaggio che voglio comunicare a tutti è uno solo: PACE!»
Alla presentazione del libro c’era anche uno spagnolo, JULIO
FUENTOS. Mi ha fotografato sopra alcuni contenitori (pieni d’acqua, un liquido prezioso a Sarajevo) e la proprietaria si è messa a dare in escandescenze. «OOOHHHH, fate attenzione, non rompeteli!» E infatti non si sono rotti.
Nel complesso è andato tutto bene. Non avrebbe potuto essere altrimenti, visto che si trattava della tua presentazione, Mimmy. Ho
rappresentato te. Tu sai quanto ti voglia bene. Ti ho rappresentato
con tutto l’affetto di cui sono capace.
Quando sono tornata a casa questo pomeriggio, la zia Radmila mi ha
portato un grande vaso avvolto in una carta coloratissima, legata con
un fiocco. Dentro il vaso c’era un pomodoro, un vero pomodoro. È
il più bel «bouquet4» che abbia mai ricevuto.
Ti voglio bene, Zlata
(da Diario di Zlata, Rizzoli, Milano, rid.)
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