La conservazione degli atti

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La conservazione degli atti
Notariato che fu: La conservazione degli atti
Intanto che si parla di “conservazione a norma” degli atti del Notaio, è interessante tornare
indietro di qualche secolo e scoprire come nel passato si sia regolamentata la custodia dei
rogiti notarili.
Le prime notizie, così come emergono dallo studio documentario, risalgono al XIII secolo.
In grande maggioranza gli Statuti delle città e dei Collegi Notarili comunali impongono al
Notaio l’obbligo di redigere i registri delle ‘Imbreviature’, cioè registri dove veniva trascritto
il testo degli atti e di conservarli.
Ma l’obbligo, che costituiva una garanzia della veridicità dei contratti trascritti e delle copie
o riassunti da essi eventualmente tratti, si esauriva con l’esistenza in vita del Notaio.
L’Italia nel periodo compreso tra il Trecento e il Cinquecento è una realtà estremamente
frammentata e disuguale negli ordinamenti amministrativi oltre che politici.
Così presso la corte sabauda ancora a metà del Quattrocento, alla morte del Notaio erano
generalmente i suoi eredi ad avere il diritto di conservarli e quindi la facoltà di trarne copie
a titolo oneroso e, solo in mancanza di eredi legittimi, le imbreviature venivano affidate al
notaio “propinquior”, cioè più prossimo (1).
A Milano invece già alla fine del Trecento, gli Statuti del Collegio Notarile riconoscevano la
priorità della parentela nel succedere al Notaio defunto nella conservazione dei suoi rogiti,
ma purchè l’erede fosse a sua volta Notaio. In caso contrario era il Collegio Notarile a
designare, al suo interno, il membro più idoneo (2).
Una variante interessante, in direzione della prassi moderna di conservazione degli atti, è
costituita dalla prescrizione contenuta nello Statuto del Collegio dei Notai di Lucca che nel
1348 riconosce agli eredi del Notaio i diritti di custodire e amministrare a proprio vantaggio
i proventi dei suoi archivi, ma con l’obbligo di trasferirli in una apposita Camera di Custodia,
della quale veniva loro consegnata la chiave.
In altri casi ancora il diritto a custodire i registri delle imbreviature era conteso tra differenti
autorità che ne vantavano a titolo diverso la pretesa: è per esempio il caso di una contesa
documentata nel 1319 tra l’ abate del monastero di San Giusto di Susa e Amedeo IV di
Savoia relativamente ai protocolli del Notaio Andrea de Melloretto, dei quali entrambi
pretendevano la giurisdizione (4).
In tutti casi in cui gli eredi erano gli unici proprietari degli archivi e non vi erano norme
diverse che ne regolassero la conservazione, non era infrequente che gli archivi venissero
venduti, costituendo un investimento proficuo anche se non a lungo termine.
Ovviamente il valore del possesso delle Imbreviature di un Notaio diminuiva infatti con il
passare degli anni. “A distanza di una generazione, o al massimo di due, dal decesso del
Notaio che li aveva rogati, veniva a mancare ogni convenienza non solo al loro acquisto ma
anche alla loro ingombrante conservazione” (5).
Per questo motivo, finiva abbastanza presto col verificarsi la dispersione delle Imbreviature.
A partire dal Trecento ormai la carta aveva sostituito la pergamena e non di rado i protocolli
notarili finivano presso le botteghe cittadine come fogli per involgere preparazioni
medicinali o merci alimentari di piccole proporzioni.
Lo stesso fenomeno è testimoniato dalle fonti in occasione di pestilenze, subito dopo le
quali si osserva una grande quantità di atti, rogati da Notai morti nell’epidemia insieme con
i loro discendenti diretti, utilizzati come “stracciafolii”.
Appare chiaro che quanto prima e quanto più attentamente i governi hanno posto cura
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nella conservazione degli “instrumenta” notarili, tanto più ricco e denso di contributi
diversissimi alla storia è il contributo degli archivi dei Notai, ancora troppo poco indagati.
1) da “Raccolta per ordine di materie delle Leggi …”, di F.Amato e C.Duboin, 1868
2) da “Il collegio dei Notai milanesi nel periodo visconteo-sforzesco” di P.Confalonieri, 1965
3) da “La conservazione degli atti notarili negli ordinamenti …”, di A.D’Addario, 1951
4) da “Interventi sabaudi su conservazione e trasmissione di protocolli notarili…”
di P.Cancian, 1989
5) da “Lo studio degli atti notarili dal XIV al XVI secolo, di Marino Berengo, 1973
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