Notai in posa (1) - Digital Office N

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Notai in posa (1) - Digital Office N
Fuori programma: Notai in posa (1)
Dopo aver incontrato i due ritratti del Notaio don Salvador Dalì y Cusì che Salvador
Dalì nei primi anni Venti eseguì del padre (cfr. Notariando n.6 del novembre 2010),
un’affine curiosità conduce a cercare qualche altro esempio di Notai che si siano messi in
posa per il pittore.
Nel variegato ambito del ritratto europeo del secondo millennio, si incontrano diversi dipinti
con questo soggetto. Va detto che per la più parte di essi occorrerebbero indagini
approfondite per accertare che il personaggio ritratto fosse davvero un Notaio e non
genericamente un personaggio legato all’applicazione della Legge o all’amministrazione
della Giustizia.
Almeno in un caso anche un’analisi sommaria come quella condotta in questa sede è valsa
ad una rettifica. Infatti nella tela della National Gallery di Edimburgo più nota come “Portrait
of a Notary” (1510), l’uomo raffigurato non doveva essere un Notaio, malgrado fosse
abbastanza ricco da poter commissionare il proprio ritratto al pittore fiammingo Quentin
Massys, fondatore della scuola di Anversa.
Cambacerebbe tutto: il grande foglio nella mano sinistra inanellata e, nella destra, una
penna d’oca, una croce sottile e un bocciolo di rosa, a ricordare i tanti “signa tabellionum” cioè i disegni di tabellionato che costituivano, diversi per ognuno, i segni distintivi che i
Notai apponevano insieme alla firma alla conclusione dell’atto – comprendenti in modo
ricorrente il simbolo della croce e fiori stilizzati.
Peccato che l’indagine radiologica del dipinto abbia mostrato che penna d’oca e croce,
come pure gli altri oggetti posti sul piano davanti all’uomo, siano tutte aggiunte posteriori.
Attendibile sembra essere invece il titolo “Portrait of a Notary” di una piccola tavola su
legno di Arie de Vois conservata all’Hermitage di San Pietroburgo. Ancora un artista
nordico, olandese, che, ha dipinto il suo Notaio nella seconda metà del Seicento.
Il fondo è scuro, severa la veste nera, e una certa attenzione psicologica caratterizza il
Notaio, che sembra colto in una pausa di riflessione mentre è intento a scrivere con la
consueta penna d’oca. Sebbene ormai stemperata rispetto al secolo precedente, perdura la
vigile attenzione alla realtà che è propria della pittura nordica e l’artista è ancora pronto a
qualificare il Notaio attraverso gli strumenti della sua attività, i calamai e due documenti
voluminosi con vistosi sigilli rossi ben visibili nel lato sinistro del dipinto.
Spostando lo sguardo all’Italia, sembra sia del tutto verosimile l’identificazione con un
Notaio del “Vecchio seduto in poltrona” ritratto da Giovan Battista Moroni nella
seconda metà del Cinquecento. Dipinta dall’artista nei suoi ultimi anni, non è possibile
fornire un link diretto dell’immagine della tela che può però essere visualizzata
agevolmente nel catalogo on-line del sito dell’Accademia Carrara di Bergamo dove è
conservata.
Conforme alle indicazioni della Controriforma in direzione di figure realistiche e
umanamente vere, il bellissimo ritratto sembra sia quello del Notaio Giovanni Battista
Seradobati, attivo ad Albino dove il pittore era nato e stabilmente rientrato nel 1562.
L’anziano Notaio, vestito di nero e col capo coperto, reca un libro nella mano sinistra e pare
essersi distolto dalla lettura per stabilire col pittore un contatto che colpisce per intensità e
per un senso di gravità e di malinconia.
La ricerca condotta per l’occasione di questo scritto nell’inventario digitale degli atti notarili
dell’Archivio di Stato di Bergamo ha evidenziato che un Notaio con questo nome è
effettivamente documentato ad Albino, proprio negli anni della datazione presunta del
ritratto: “Seradobati Gio Batta fu Gio Luigi” risulta infatti attivo tra il 1560 e il 1581.
www.digitalofficen.it - Notariando n.11, maggio 2011
E’ ancora possibile aggiungere che il legame della famiglia Seradobati con la professione
notarile doveva essere stretto: dal 1520 fino al 1659 sono documentati ben nove Notai, dei
quali forse un fratello “Alessandro fu Gio Luigi” e Luigi e Giacomo, entrambi “fu Gio Batta”,
forse i figli Notai dell’uomo ritratto dal Moroni.
Approssimativamente allo stesso periodo appartengono i Notai che figurano, in posizione
defilata rispetto agli Avogadori in veste porpora, nelle tele di Jacopo (il Tintoretto) e
Domenico Robusti collocate nei locali giudiziari del Palazzo Ducale di Venezia, nelle sale
dell’Avogaria e dei Censori al piano loggiato.
Non che non sia evidente la precisa caratterizzazione fisionomica (del resto i Robusti furono
i ritrattisti della società veneziana dell’epoca), ma la tipologia di questi ritratti è del tutto
differente da quella moroniana: le figure dai lineamenti austeri, nelle quali solo il volto si
stacca dal rigido nero dei lunghi abiti, valgono occasionalmente più per celebrare una
magistratura severa che per raccontarci della loro particolare umanità.
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