FARI DI SICILIA - rotocalco moleskine

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FARI DI SICILIA - rotocalco moleskine
Figli del mare e del vento
FARI DI SICILIA
Letterio Rizzo
I fari hanno sempre avuto per l’uomo una
profonda valenza psicologica. Il faro è la luce
nella notte della vita, la stabilità di fronte alle
tempeste dell’esistenza, la promessa mantenuta
della necessità contingente della solitudine. E’
certamente fin dalla prima apparizione nella storia
dell’uomo che la loro funzione e collocazione
geografica hanno evocato questi sentimenti
profondi.
Per quanto non esistano, al momento, prove
archeologiche dell’esistenza di fari di età
precristiana, è certo che segnalazioni luminose
siano state
in uso fin dai primordi della
navigazione. All’inizio questa fu solo diurna, poi,
con il fiorire dei traffici commerciali, divenne
anche notturna con i rischi che ciò comportava.
Per sfruttare anche le notti illuni, in cui le stelle
offrivano sì validi ausili orientativi in alto mare
ma nessun supporto alla navigazione costiera, si
iniziò ad accendere semplici fuochi di legna sulle
spiagge, in prossimità dei luoghi abitati.
La nascita dei veri e propri fari viene
tradizionalmente fatta risalire al 300 a.C. circa, con
la costruzione del Colosso di Rodi ( Carete di Lindo:
305-293 a.C.) e del Faro di Alessandria (Sòstrato di
Cnido: 297-279 a.C., con specchi di Archimede).
Queste strutture avevano un significato religioso
prima che funzionale, omaggi luminosi alle
divinità e solo secondariamente avevano funzione
protettiva.
E’ quasi certo che torri di legno e/o pietra
fossero sicuramente utilizzate già secoli prima
dei monumenti sopra ricordati; fuochi notturni
venivano accessi sulla sommità di queste strutture,
oppure si provvedeva a sollevare su di esse grandi
bracieri mediante sistemi di leve e carrucole.
In Sicilia, ciò avvenne probabilmente a partire
dall’VIII secolo a.C. con il rafforzamento della
colonizzazione greca della Trinacria. A quel
tempo la navigazione militare, e ancor più
quella commerciale, avevano già conosciuto e
godevano di un’enorme sviluppo e avvenivano
anche di notte, vuoi per ragioni di tempo, vuoi
per sfuggire alle aggressioni pirata, nate assieme
al commercio marittimo. I primi fari vennero
quindi probabilmente costruiti dai colonizzatori
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Nel cono d’argento / che a notte / il faro proietta sull’acqua
/ io vedo danzare / farfalle di luce / scintille di mare.
(da: Luci del Faro, di Chirsia).
greci, all’inizio lungo la costa ionica dell’isola e,
successivamente, lungo quella meridionale. Ne
fa cenno, al proposito, anche il grande Omero
(VIII sec. a.C.), quando, al canto XIX, paragona lo
splendore dello scudo di Achille a un faro.
Ai greci fecero seguito i fenici, colonizzatori della
parte occidentale dell’isola mediterranea.
Appare ovvio come questi primitivi fari dovessero
essere edificati in prossimità dei porti, già esistenti
e venissero attivati alla bisogna, non potendo esser
tenuti in funzione a permanenza, anche perché
se le luci notturne erano d’ausilio per i coloni
potevano al contempo esserlo anche per eventuali
pirati armati di intenzioni meno benigne12.
Per avere dei fari permanenti, bisogna attendere i
Romani. Durante l’epoca romana i fari fungevano
anche da torri d’osservazione, potevano essere
posti lontani dalle città ma erano sempre presidiati
da guardie armate che potevano comunicare
mediante segnali luminosi con le torri vicine.
Questa dualità/contrapposizione tra Torri e Fari
mette in luce un aspetto storico-sociologico, spesso
misconosciuto: il Faro rappresenta l’accoglienza
nei confronti dell’amico, la Torre la difesa contro i
nemici; pure questa funzione è, in molti casi, svolta
dalla medesima struttura: il Faro amico/nemico.
Uno dei fari più antichi, se non il primo costruito
in Sicilia, fu proprio quello di Messina, di cui non
è rimasta traccia archeologica (fino ad ora) ma
raffigurato su un denario di Sesto Pompeo coniato
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Lanterna del Montorsoli, Punta San Raineri, Messina
Capo Peloro
dal 42 al 40 a.C.
A partire dall’XI secolo, sorsero comunità di
monaci ed eremiti che avevano, tra le innumerevoli
loro occupazioni, quella di assistere i naviganti
accendendo fuochi lungo le coste o sulle alture.
Così pare facesse il monaco Raineri, poi santificato,
a protezione dello Stretto di Messina e ricordato
ancora oggi dalla Torre omonima sita sulla falce
del porto di Messina.
E’ comunque tra i secoli IX e XVIII, con un
acme intorno al XVI, che i fari godono di una
spettacolare gloria; sono anni di continue scorrerie
da parte dei pirati saraceni lungo le coste sicule. Fari,
torri d’avvistamento, posti di faro, si moltiplicano
in un ambizioso progetto di costruire una rete
di comunicazioni che comprende anche torri e
castelli dell’entroterra; gli avvistamenti costieri
vengono così immediatamente comunicati ai posti
di guardia rivieraschi, ma anche a quelli interni, nel
tentativo di arginare le invasioni.
Ricordiamo tra questi la già citata Torre di
Capo Peloro (Messina, XII secolo), la Torre
della Colombaia di Trapani (XII secolo), la
Lanterna del Castello di Maniace (Siracusa, XVI
secolo), la Torre Avalos (Augusta, XVI secolo),
la Torre Salsa (Siculiana, XVI secolo), tuttora
esistenti, ma l’elenco è nutritissimo. Questo
Punta Libeccio, Isola di Marettimo
attuale.
Indipendentemente dalla loro importanza
funzionale, infatti, tutti sono monumenti storicoartistici, vuoi perché costruite su antichi manufatti
fortificati o perché ne conservano intatta la
struttura, vuoi per i panorami in cui sono immersi
o per quelli che è possibile ammirare dalle loro
sommità.
Tra i fari “moderni” sono da ricordare quello di
Capo Peloro, con luce doppia e torre a otto lati con
fasce bianche e nere; quello di Capo d’Orlando;
l’antico guardiano del mare in contrada Lingua a
Salina, in pietoso e colpevole stato di abbandono;
il magnifico faro di Punta dei Porci (Vulcano), con
la sua torre ottagonale e, infine, il più antico di
tutti, che con la sua storica maestà domina il porto
di Messina, la Lanterna del Montorsoli di Punta
San Raineri.
Ciascuna di queste strutture è testimone silenziosa
e ieratica di un’epopea marinara che ha fatto la
storia della nostra Isola. Oggi uno sparuto gruppo
di appassionati sparsi per il mondo ne difende, con
orgoglio, dignità e ricordo.
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sforzo costruttivo vide impegnati i migliori
architetti e ingegneri d’Italia, tra cui il famoso
bergamasco Ferramolino, ma anche gli ingegni
siculi Ventimiglia, Negro, Geremia, Pigonati. Dal
1547, l’organo amministrativo responsabile del
sistema di avvistamento/segnalazione siciliano è la
Deputazione del Regno di Sicilia.
Per avere una sistematizzazione del settore
segnalamento costiero bisogna attendere però il
1868, allorché Vittorio Emanuele II istituisce la
prima commissione responsabile della cura delle
coste e dei fari (che al momento dell’unificazione
dell’Italia erano solo una cinquantina).
Attualmente in Sicilia esistono più di 50 strutture
di segnalazione costiera di vario tipo, tutte gestite
da Marifari Sicilia, il servizio Fari e Segnalamenti
della Marina Militare, con sede a Messina. Le
Torre storiche di avvistamento, alcune, ma non
tutte adoperate come fari, lungo i 1039 chilometri
di coste, sono invece ben 218; si tratta di veri
capolavori architettonici ognuno meritevole di
una visita turistica e di un destino ben migliore di
quello che prospetta loro l’incuria amministrativa