L`Eta del Nervosismo

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L`Eta del Nervosismo
Il Rosso e il Nero
Settimanale di strategia
L’ETÀ DEL NERVOSISMO
11 ottobre 2012
Tutti molto ansiosi, ma ancora vivi
Joachim
Radkau
è
uno
storico tedesco che
da trent’anni studia
la storia degli stati
d’animo delle masse
e delle élites del suo
paese nei confronti
della modernità. In
particolare, Radkau
si
è
occupato
dell’ondeggiare della
psiche tedesca tra la
nostalgia
della
natura (da difendere Una riunione del circolo di Bloomsbury, con Keynes al centro.
strenuamente
in
quanto vissuta come simbolo dell’innocenza perduta) e l’idolatria della
tecnica, strumento della volontà di potenza.
La fase in cui questo ondeggiare ha prodotto la lacerazione nevrotica più
intensa è stata quella guglielmina, a cavallo tra Ottocento e Novecento. È un
periodo in cui coesistono faticosamente i valori della tradizione, difesi da un
apparato statale tardofeudale, e quelli di una borghesia irrequieta che cerca
di darsi un’identità culturale proiettandosi nella modernità.
L’Età del Nervosismo è il titolo, molto significativo, di un libro che
Radkau ha dedicato a quest’epoca. Non solo il mondo tedesco, del resto, ma
l’intera Europa di allora ci appare oggi febbricitante. Le élites si danno
all’esoterismo, alla psicanalisi, alla cocaina. Isteria, nevrastenia e pulsioni
autodistruttive sono malattie dello spirito diffuse non solo tra gli artisti, ma
anche tra personalità politiche e culturali. Max Weber, grande sacerdote e
cantore dell’implacabile razionalità borghese e capitalista, si lascia
affascinare da ogni forma di New Age dell’epoca e passa lunghi anni
entrando e uscendo da un esaurimento nervoso. Keynes, parte integrante
dell’estremamente inquieto circolo di Bloomsbury, vive in modo meno
lacerante di Weber il conflitto tra razionalità e irrazionalità, ma solo perché
incorpora consapevolmente entrambe nel suo sistema.
Rispetto
a
quell’epoca
il
mondo di oggi
appare sedato e
culturalmente
piatto e opaco. In
alcune sfere della
vita
pubblica,
tuttavia, si nota in
modo sempre più
evidente un tasso
crescente
di
inquietudine.
La
Grande Recessione
ha dato avvio a
Esponenti della Società Psicoanalitica Viennese. A sinistra,
questo processo ma
seduto, Freud. 1922.
è l’Europa, ancora
una volta, a mandare in circolo in tutto il mondo le tossine della sua crisi.
Tra gli operatori economici e nei mercati la situazione di nervosismo è
evidente. Le imprese americane e giapponesi (in Europa il fenomeno è meno
evidente) sono liquide come non sono mai state perché hanno paura di tutto.
Le banche europee non prestano soldi alle imprese e parcheggiano a tasso
zero presso la Bce gran parte della liquidità che la Bce stessa ha messo a loro
disposizione.
Quanto ai mercati, Christopher Cole nota giustamente che, benché ci sia
mediamente poco rischio nei portafogli, questo rischio è sistematicamente
protetto. Se tutti si assicurano contro un ribasso azionario con opzioni, nota
Cole, le possibilità di un ribasso devastante diminuiscono. La volatilità
realizzata, del resto, è bassa, almeno se si guarda alla borsa americana. Ciò
nonostante le put lontane, quelle che vengono comprate per proteggersi da
ribassi pesanti o addirittura rovinosi, sono molto ricercate (e quindi costose).
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In pratica ci sembra che il mercato viva in due dimensioni psicologiche.
Nella prima si sente come un bambino circondato dalla protezione delle
banche centrali. In questo stato oscilla dolcemente e vive una quotidianità
leggermente euforica che lo porta addirittura a sopravvalutare, qua e là,
qualche asset di rischio.
Nella seconda dimensione il bambino intuisce con orrore che la rete di
protezione delle banche centrali potrebbe anche rompersi. Questa sensazione
lo mette in uno stato d’ansia permanente.
In America parlare di incertezza significa da due anni che si è
repubblicani. C’è un modo codificato di esprimersi per cui se si parla di
insufficiente domanda aggregata per spiegare la crisi si è democratici, se si
parla di incertezza si è contro Obama. Il presidente, dicono i suoi avversari,
crea uno stato d’ansia diffuso,
parla continuamente di alzare le
tasse,
produce
(insieme
al
Congresso) regole sempre più
complicate e incomprensibili e si
mostra ostile alle imprese, che lo
ricambiano
investendo
e
assumendo il meno possibile.
In realtà, senza volere per
forza dare ragione ai repubblicani
(nel mondo c’è anche un’evidente
carenza di domanda aggregata), il
tema dell’incertezza è serio e ha
portata globale. Olivier Blanchard
gli dedica tutta la sua prefazione al
rapporto semestrale del Fondo
Monetario e ha in mente, molto
più che l’America, la sua Europa.
L’Europa continua a fare tutto
a metà. Salva la Grecia una, due,
tre volte ma sempre con il braccio
corto. Decide l’unione bancaria per La Casa dei Russi sul Monte Verità di Ascona,
salvare le banche spagnole (e non un’area in cui agli inizi del Novecento si
culto della terra, naturismo,
solo) ma si divide immediatamente praticavano
veganismo, olismo. Fu frequentata a lungo da
su
come
realizzarla.
Vara Weber e Jung.
l’ambizioso
programma
di
acquisto di titoli italiani e spagnoli ma Italia e Spagna tergiversano e la
Germania è ben contenta del rinvio. La strategia della Merkel di tenere
sempre tutti sulla corda funziona in termini di consenso interno tedesco, ma
fa pagare un prezzo alto non solo all’Europa ma al mondo intero.
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In America molti stanno vendendo in borsa perché preoccupati dalle
nuove aliquote su dividendi e capital gain che scatteranno automaticamente
se non si raggiungerà un accordo in Congresso dopo le elezioni. Molto del
rialzo degli ultimi mesi era stato trainato dai titoli con alto dividendo e la
nuova temutissima aliquota li potrebbe penalizzare.
C’è poi, naturalmente, l’incertezza sull’assetto politico generale
dell’America per i prossimi quattro anni. Non solo Romney si è riavvicinato
nei sondaggi a Obama, ma anche per i due rami del Congresso non ci sono
previsioni sicure.
In questo momento, in ogni caso, c’è più incertezza sul breve termine, il
fiscal cliff, che sul medio. I due candidati hanno programmi diversi, ma
l’effetto netto sulla crescita di lungo termine è difficile da valutare. Obama
aumenterebbe il carico fiscale, ma continuerebbe a esercitare sulla Fed una
forte pressione per una politica monetaria ultraespansiva. Romney
abbasserebbe le aliquote ma metterebbe un tetto massimo alle detrazioni,
con un effetto
netto neutrale, ma
eserciterebbe meno
pressioni sulla Fed.
Romney ha poi un
programma
aggressivo sul lato
dell’offerta,
in
particolare
sull’energia. Dando
libertà
di
estrazione a tutti
creerebbe
molti
posti di lavoro e
ridurrebbe il costo
Helena Blavatsky e Henry Steel Olcott, fondatori del movimento
interno delle fonti
teosofico.
energetiche.
Sul fiscal cliff, invece, non si sa nulla. Un gruppo bipartisan di deputati
centristi si è messo al lavoro per trovare una soluzione, ma il potente senatore
Schumer li ha immediatamente scomunicati.
La crescita, nel frattempo, rimane debole ovunque anche se in America i
dati, che per parecchie settimane sono stati costantemente deludenti,
cominciano a essere quanto meno contrastati. La ripresa dell’occupazione,
che nella clima politico surriscaldato qualcuno ha voluto definire un falso
statistico, è in parte reale, in parte dovuta a fattori di stagionalizzazione che
nei mesi precedenti avevano giocato contro e in parte è dovuta ad assunzioni
da parte del governo. Le assunzioni in vista delle elezioni non sono solo un
fenomeno mediterraneo.
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Muoversi nei mercati, nei prossimi tre mesi, non sarà per niente facile. In
un clima di nuovo negativo qualche buona sorpresa sugli utili, su cui le attese
sono basse, potrebbe ridare lustro alle borse. Ancora più forte sarebbe
l’effetto positivo di una richiesta ufficiale spagnola di aiuto alla Bce. Se in
America dovesse vincere Romney la reazione di Wall Street sarebbe positiva,
anche se di breve durata.
Fare previsioni in questo contesto è molto al di là delle nostre capacità,
ma una considerazione di fondo rimane valida. Su debolezza conviene
comprare. Il temuto aumento delle tasse non sarà, alla fine, così pesante
come si teme. Se i dividendi verranno tassati molto, le società ne
distribuiranno meno e faranno più ricorso all’acquisto di azioni proprie, che
genera per l’azionista (a parità di altre condizioni) un capital gain aggiuntivo
che rimarra tassato in modo ragionevole. Se in Europa gli spread torneranno
a salire, la Spagna chiederà aiuto e il programma della Bce potrà finalmente
partire.
In sintesi, non è vero che la regola di non combattere contro le banche
funziona sempre. È però vero che funziona quasi sempre.
Alessandro Fugnoli +39 02 777181
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