Colpi di coda
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Colpi di coda
Il Rosso e il Nero Settimanale di strategia COLPI DI CODA 14 settembre 2011 La Germania si riconcilia con l’Europa Verso la fine del 1917, poche settimane dopo la presa del potere da parte dei bolscevichi, le forze monarchiche e conservatrici russe formarono l’Armata Bianca, un esercito che raggiunse a un certo punto i due milioni di uomini. Benché guidate da ufficiali di professione, queste forze partirono subito da una posizione di svantaggio, perché i bolscevichi, dopo il colpo di stato, avevano avuto l’accortezza di occupare immediatamente tutti i nodi vitali della macchina del potere, delle comunicazioni e dell’informazione. L’Armata Bianca si spese con generosità e fu ricca di personalità interessanti e conradiane, ma finì sconfitta e dispersa già verso la fine del 1919. Il potere bolscevico uscì rafforzato dalla guerra civile. Perché non sei nell’esercito? Manifesto di propaganda dell’Armata Bianca. 1919. Simmetricamente, ma con molto meno romanticismo, nell’agosto del 1991, un piccolo gruppo di ministri e di alti ufficiali del Kgb organizzò un colpo di stato, che durò tre giorni, con l’intenzione di invertire il corso della storia e restaurare il potere sovietico nella sua forma pre-gorbacioviana. Nei mesi precedenti i baltici avevano proclamato l’indipendenza e i segnali di sfaldamento terminale dell’Unione Sovietica erano ormai evidenti. I putschisti, che avevano ordinato 300mila manette e si preparavano a usarle, furono battuti dalla piazza guidata da Eltsin e finirono arrestati o suicidi. Lungi dall’invertire l’andamento della storia, ne accelerarono il corso. Quattro mesi dopo, alla mezzanotte del 31 dicembre, l’Unione Sovietica cessò di esistere. La storia offre molti esempi di colpi di coda, di ultimi sussulti di chi fiuta nell’aria la sconfitta e si butta fuori tempo massimo nella mischia, nella logica dell’adesso o mai più. Puntualmente, i colpi di coda finiscono con il rafforzare e radicalizzare quello che volevano combattere. Non si conoscono ancora bene le motivazioni delle dimissioni di Stark dalla Bce, ma non è difficile inquadrarle in un contesto più ampio, quello del logoramento emotivo e intellettuale di una serie di T. Sarrazin. La Germania si uomini Bundesbank che hanno concepito il cancella. 2010. Il libro più venduto in Germania nel 2010. loro ruolo europeo come una specie di Un milione di copie. missione impossibile, romanticamente votata alla sconfitta. Dal colto Issing, che lavorava ascoltando Wagner, al dottrinario e professorale Weber, fino a Stark, è stato un susseguirsi di personalità sicuramente votate al patriottismo della Costituzione (l’ideologia ufficiale della Bundesrepublik) e all’Europa, ma permeate del pessimismo di chi sente di dovere trasmettere, nel poco tempo che resta, la luce della civiltà monetaria ai barbari, che un giorno inevitabilmente la offuscheranno per sempre. Tre personalità, Issing, Weber e Stark, da non mettere sullo stesso piano di Thilo Sarrazin, che si è spinto l’anno scorso oltre la linea di confine quando ha scritto un libro da un milione di copie sull’autodistruzione della Germania (ci saranno fra pochi decenni 30 milioni di turchi tra Colonia e Berlino, era il tema, e solo 20 milioni di tedeschi) e quando ha straparlato, facendosi allontanare dalla Bundesbank, a proposito del gene ebraico. Diverse anche, però, dalle personalità dei grandi governatori degli anni Ottanta e Novanta, il socialdemocratico Poehl e il democristiano Tietmeyer, che allora sembravano falchi ma che furono in realtà pragmatici, politici e flessibili, al punto da tollerare per anni livelli d’inflazione doppi o tripli rispetto a quelli di oggi. 2 Quello che è successo è che i governi tedeschi, che volevano uomini di buon senso a guidare il marco, hanno preferito banchieri inflessibili e dottrinari quando hanno temuto l’annacquamento del marco nell’euro. Questo atteggiamento iperdifensivo si è accentuato quando questi banchieri hanno capito che Eurolandia sta da tempo avvicinandosi, sempre più rapidamente, a un bivio. La dissoluzione da una parte, l’integrazione fiscale dall’altra. Non è stata l’integrazione fiscale di per sé a spaventare i falchi, che non sono filosoficamente antieuropei, ma la sensazione che questa verrà gestita in un contesto monetario relativamente compiacente e poco ortodosso. Questo atteggiamento è arrivato al capolinea, come del resto molti altri punti della dottrina tedesca sull’Europa. Pensiamo in particolare all’idea che la pressione dei mercati e gli spread alti vanno bene, perché spingono i governi pigri e furbi a raddrizzare i loro conti. Questa idea è stata spinta fino al parossismo in queste settimane, quando i tedeschi hanno aperto consapevolmente le porte alla speculazione minacciando continuamente la Grecia e l’Italia. Il gioco ha funzionato. Grecia, Spagna e Italia si sono date da fare, confermando paradossalmente l’idea tedesca che l’unico modo per farci reagire è prenderci a bastonate. Il problema, però, è che il gioco ha funzionato troppo. La diga, una volta aperta la falla, è crollata e la speculazione è arrivata ad allagare anche la Francia e le sue banche. Educati fin da giovani alla serietà della moneta. Studenti in visita al Museo del Denaro della Bundesbank. Francoforte. In extremis la Germania è stata colta dal dubbio e si è interrogata. L’anticipo di un anno del pareggio di bilancio italiano e quel punto e mezzo di scostamento greco rispetto agli obiettivi di disavanzo concordati valgono davvero il prezzo che si sta pagando per averli corretti in questo modo, ovvero il rischio di implosione del sistema bancario europeo e, dietro l’angolo, una recessione globale? La Germania, apprendista stregone che ha evocato il demone dei mercati e adesso non sa più come ricacciarlo nella bottiglia, è ora nel momento della resipiscenza e manda in Bce il socialdemocratico Asmussen, certamente portatore dei valori tedeschi, ma più pragmatico di Stark. Quanto alla 3 Grecia, si passa dal Texas Hold’em (fammi fallire e salta tutto, fallisci pure che ci godo) alla civile e fruttuosa conversazione. Nel ravvedimento ha certamente avuto un ruolo la Francia. L’Italia è abituata ad essere oggetto di abusi e maltrattamenti, la Francia molto meno. Vedere i mercati fare scempio delle banche francesi non può che indurre Sarkozy a esercitare pressioni sulla Merkel nella direzione della moderazione. La Merkel, a sua volta, mette il bavaglio ai liberali e alle loro sparate antigreche e costringe la collega finlandese Katainen a dichiarare la questione delle garanzie risolvibile in amicizia. Da qui a fine mese le trappole saranno frequenti. Le trattative con la Grecia saranno serrate, il pacchetto greco dovrà essere approvato dal parlamento, la piazza di Atene dirà la sua, i governativi italiani saranno lavorati al fianco. La comunicazione dei policy maker avrà però un tono diverso e invece di spaventare i mercati cercherà di rassicurarli. E’ possibile che non si siano prodotti danni irreparabili e che i mercati riacquistino un po’ di colore, se non altro per le ricoperture. La Grecia riceverà i soldi a fine mese, a ottobre riprofilerà i bond brevi e medi in circolazione e intanto si penserà a una ristrutturazione più radicale da attuare il meno disordinatamente possibile nella primavera-estate del 2012. Questa crisi ha aspetti assurdi, soprattutto se si pensa che è iniziata, in agosto, in un momento in cui (come siamo poi venuti a sapere) l’economia globale stava riaccelerando. Le piazzate americane sul debito e quelle europee che ben conosciamo hanno distrutto una quantità ingente di ricchezza e avranno ripercussioni sui dati macro che vedremo nelle prossime settimane. Per fortuna (una fortuna che nessuno si merita) i danni si produrranno su una baseline che di suo sarebbe stata moderatamente positiva. Tanto basterà per Ognuno per sé e Dio contro tutti evitare dati troppo pesanti e contenere (L’enigma di Kaspar Hauser). Film di W. Herzog. 1974 quell’attesa febbrile e masochista di double dip catastrofico che dal 2008 si impadronisce delle nostre menti ogni volta che vediamo un meno 0.1 in un dato macro. Chi torna in questo momento da Marte, fresco e riposato, avrà forse lo stomaco per giocarsi un tradable rally. Siamo al quinto mese di ribasso e qualche settimana di rialzo non dovrebbe dare fastidio. 4 Gli emergenti, che sono pieni di soldi, sono pronti a darci una mano, a patto che smettiamo di fare i cretini. La Cina, disgustata dall’America, stava aumentando la sua quota di euro e ora non ha voglia di vederci precipitare. Il solido Qatar si compra una bella quota di banche greche con gli spiccioli che ha in tasca. L’Angola che scoppia di petrolio si prende un pezzo di Portogallo alla volta. Il Brasile vuole dare una mano. Sono i nuovi rapporti di forza. Pensiamo a cosa sarebbe la povera Europa se dovessimo davvero sciogliere l’euro e tornare ai marchini e alle lirette. Ognuno per sé, si intitolava un film di Werner Herzog, e Dio contro tutti. Alessandro Fugnoli +39 02-777181 Disclaimer Kairos Partners SGR SpA Via Bigli 21, Milano. La presente pubblicazione è distribuita da Kairos Partners SGR. 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