Burj Khalifa. Al Sharq Tower. Supergrattacieli firmati dai team di

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Burj Khalifa. Al Sharq Tower. Supergrattacieli firmati dai team di
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LA CITTÀ VERTICALE
> i ca t al i z za t ori d i i nn ov a zi on e
Burj Khalifa. Al Sharq Tower. Supergrattacieli firmati dai team di Chicago e New York dello
studio Skidmore, Owings & Merrill. Progetti che dettano nuovi standard architettonici per il
Medio Oriente. Diventando modelli per il futuro di Dubai. A illustrarli il managing partner
George J. Efstathiou e il design partner Gary Haney di Francesca Druidi
In apertura, render notturno dell’entrata
all’Al Sharq Tower di Dubai progettata
dallo studio Skidmore, Owings &
Merrill. In alto a destra, l’architetto
Gary Haney, design partner di SOM
tra i responsabili del progetto
Bruce Graham, l’architetto che progettò la Sears Tower
di Chicago (oggi Willis Tower) affermava che “storicamente le torri non costituiscono un orgoglio solo per i
proprietari, ma anche per le città in cui si elevano”. E se
Chicago ha vissuto il suo periodo di massimo fulgore costruttivo nel secolo scorso, con il proliferare di importanti
megastrutture rivolte al cielo, in questi ultimi anni è stata
Dubai a imporsi sulla scena dell’architettura internazionale. Grazie anche a progetti come il Burj Khalifa, l’edificio più alto al mondo, inaugurato il 4 gennaio scorso e,
non a caso, ideato dalla stessa società di cui faceva parte
Bruce Graham: la Skidmore, Owings & Merrill (SOM),
una delle realtà maggiormente all’avanguardia in campo
architettonico, urbanistico e ingegneristico. L’innovativo
contributo lasciato da Graham e dagli altri professionisti
dello studio in materia di supergrattacieli rappresenta
un’eredità quanto mai tangibile e significativa. Perché
questi progetti, come sottolinea George J. Efstathiou,
managing partner della società e capo architetto del Burj
Khalifa non si limitano a comparire sul portfolio aziendale: «A Dubai si privilegiano le torri per la stessa ragione per cui sono apprezzate in ogni luogo: se amate,
possono assurgere al ruolo di ambasciatori e dunque di
sinonimi di una città». Come evidenzia inoltre Gary
Haney, design partner del team SOM di New York responsabile dell’Al Sharq Tower, in fase di realizzazione a
Dubai, «le torri sono considerate simboli di vitalità economica e spirito imprenditoriale. Esprimono l’orgoglio e
le aspirazioni degli Emirati Arabi, svolgendo la stessa
funzione dell’Empire State Building e del Chrysler Building a New York nel 1930, e della Sears Tower e delle
Hancock Towers a Chicago negli anni 70». Quando lo sviluppo architettonico procede a un passo così rapido,
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Nella pagina a fianco, il
Burj Khalifa realizzato da
Skidmore, Owings &
Merrill. A fianco, George
J. Efstathiou, managing
partner di SOM e capo
architetto per il progetto
del Burj Khalifa. Sotto,
il Burj in fase di
costruzione. Nella
pagina successiva,
render di interni
del Burj Khalifa
come è avvenuto a Dubai, può sopraggiungere quello
che Haney chiama «lo “scatenarsi” di energia creativa».
Anche i committenti contribuiscono a incoraggiare i processi di innovazione richiedendo sempre l’ultima novità
in termini di progettazione e tecnologia. «Negli Stati
Uniti, gli imprenditori del settore – aggiunge Haney –
sono più che altro interessati a formule testate e provate
volte a massimizzare il loro ritorno sull’investimento.
Negli Emirati Arabi, invece, i clienti vogliono qualcosa
che non si sia mai visto prima». Mirabile sintesi di forma
iconica, ingegnosa struttura ed elevata qualità degli
spazi, l’Al Sharq Tower è un grattacielo a uso residen-
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ziale dotato di 100 piani, destinato a ospitare anche un
centro benessere, piscine, cinema, ristoranti, sale giochi
e sala per ricevimenti. «È l’espressione del sistema strutturale – afferma – che conferisce all’edificio il suo carattere distintivo». La purezza della sua forma, nove volumi
cilindrici che raggiungono i 360 metri di altezza, delineati
da una struttura a spirale in filigrana, caratterizzerà il profilo della Sheikh Zayed Road. «La sfida più impegnativa
– chiarisce l’architetto – è stata la costruzione di un supergrattacielo in un luogo dalle dimensioni realmente
ridotte. Il coefficiente di snellezza è di 10 a 1, mentre per
le torri è solitamente di 7 a 1. La maggiore fonte di ispi-
razione è stata il ponte strallato, in quanto l’edifico si
comporta alla stregua di un ponte verticale con i cavi
esterni che forniscono rigidità e resistenza al vento». Alla
creazione di Burj Khalifa o Burj Dubai, come viene informalmente chiamato, torre che ha frantumato tutti i precedenti record di altezza con i suoi 828 metri, ha lavorato
un team di oltre 90 ingegneri e architetti di SOM. «La
geometria e gli elementi della torre – specifica Efstathiou
– rievocano il fiore del deserto e riflettono modelli tipici
dell’architettura islamica, pur rivolgendosi alla comunità
globale. Il progetto fonde influenze storiche e culturali
con una tecnologia all’avanguardia, anche per quanto ri-
guarda il design interno. Il Burj Khalifa definisce così
nuovi standard per i tall building. Per questo, spero vivamente possa essere ritenuto un portabandiera della
progettazione di qualità in regione». La torre si compone
di tre elementi in vetro e calcestruzzo sviluppati attorno
a un nucleo centrale. Un arretramento su ciascun elemento snellisce il corpo dell’edificio mano a mano che
questo continua la sua ascesa nello skyline. Giunto all’estremità, il cuore del Burj Dubai emerge come uno
stelo d’erba. La base particolarmente larga della torre, a
forma di Y, ha permesso di mitigare l’impatto delle correnti d’aria a cui è sottoposta. «Abbiamo dovuto tenere
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conto delle forze naturali: gravità, vento, calore, umidità
e sismicità. Lastre in calcestruzzo rinforzato e pareti speciali conferiscono un’alta resistenza al fuoco, mentre un
sistema di rivestimento esterno a elevata prestazione
consente di resistere alle temperature estreme di Dubai
durante l’estate». Due nuovi progetti firmati dallo studio
SOM di Chicago sono già all’orizzonte: per il 2011 è previsto il completamento dell’Infinity Tower, dalla conformazione elicoidale, mentre tra pochi mesi sarà
inaugurata la Rolex Tower. «Più riusciamo a esplorare
cosa è possibile realizzare con i supergrattacieli in
quanto soluzioni residenziali e a uso misto – evidenzia
Efstathiou – più riusciremo a progettare le città del fu-
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LE TORRI SONO CONSIDERATE SIMBOLI DI
VITALITÀ ECONOMICA E SPIRITO
IMPRENDITORIALE. ESPRIMONO L’ORGOGLIO
E LE ASPIRAZIONI DEGLI EMIRATI ARABI
turo». La società è del resto impegnata in tutta l’area, da
Abu Dhabi all’Arabia Saudita, dal Qatar al Bahrain passando per il Kuwait. «L’aspetto più interessante di Dubai
– racconta Gary Haney – è l’espressione del suo spirito
imprenditoriale, interpretato come l’inevitabile risultato
di una comunità d’affari che sta raggiungendo la “maggiore età”, puntando a una propria collocazione sul mercato mondiale». Per Efstathiou, che lavorando al Bury
Dubai ha potuto osservare la città all’apice della sua
espansione e di conoscere in prima persona il paesaggio
e la popolazione di una regione che, nonostante sia
spesso sulla stampa, non è ancora ben compresa,
«Dubai possiede proprie personalità ed estetica, determinate dal boom edilizio e da alcuni studi di architettura
locali. Queste cambieranno ancora, dal momento in cui
nuovi progetti verranno realizzati nell’ambito di un mercato sempre più sofisticato e in costante mutamento.
Credo che Dubai e molti altri luoghi in Medio Oriente
possano essere considerati laboratori di innovazione.
Dove si parla di sperimentazione, ma dal quale emergono, trattandosi ancora di laboratori, risultati buoni così
come esiti meno positivi».