Vedi - Una Chiesa a Più Voci

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Vedi - Una Chiesa a Più Voci
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BERGOGLIO, BILANCIO DI UN PAPA
LUNEDÌ 9 MARZO 2015
Le frasi
della svolta
di Bergoglio
DUE ANNI DOPO
di Marco Politi
D
ue anni dopo la sua
elezione Francesco
ha già reso irreversibile il volto nuovo del
pontificato. Tornare ad un pontefice-icona, dottrinario, monarca assoluto, non sarà più
possibile: pena una drammatica
perdita di contatto con la società contemporanea, credente o
non credente.
Linguaggio
È stato rivoluzionato il linguaggio. Quando Francesco dice che
i cattolici non devono figliare
“come conigli” o spiega al clero
di Roma (giorni fa) che ci sono
“persone disturbate che si rifugiano nelle istituzioni forti:
Esercito e Chiesa”, usa il linguaggio di un parroco in grado
di farsi ascoltare da tutti. Un papa-prete capace di parlare anche agli atei come nessun altro
prima di lui.
Papa Bergoglio ha aperto la
transizione verso una Chiesa
più comunitaria e partecipata.
“Sinodale”, secondo l’espressione degli Ortodossi. Un modello di Chiesa in cui il capo non
decide in solitudine imperiale,
ma insieme ai vescovi. Il concilio Vaticano II lo ha chiamato
“collegialità”, indicando l’immagine di “Pietro insieme agli
apostoli”.
Collegialità
L’avvio di questa riforma si è
tradotto nella creazione di un
consiglio cardinalizio, coordinato da Oscar Rodriguez Maradiaga e formato da otto porporati di tutti i continenti, cui
si aggiunge il segretario di Stato. È il cosiddetto C9, incaricato di “consigliare (il Papa) nel
governo della Chiesa universale”. Un embrione di collegialità. All’ultimo concistoro del
febbraio scorso l’assemblea dei
cardinali di tutto il mondo ha
ribadito la necessità di un “sano decentramento” delle competenze, sin qui esercitate
esclusivamente dalla Curia romana. E negativo però il ritardo della riforma del governo
centrale della Chiesa.
Il secondo passo in direzione
della collegialità è rappresentato dalla nuova funzione del Sinodo dei vescovi (il parlamentino di Santa Romana Chiesa),
non più destinato a rimanere
una semplice arena di opinioni,
ma – grazie a Francesco – diventato titolare di un potere
propositivo per trovare soluzioni ai problemi pastorali più
urgenti. L’avere scelto il vescovo teologo Bruno Forte come
segretario speciale delle due
sessioni sinodali dedicate ai
problemi familiari segnala la
volontà di “aggiornamento”,
LA VERA FEDELTÀ
Non si rimane fedeli,
come i tradizionalisti
o i fondamentalisti. La fedeltà
è sempre un cambiamento,
un fiorire, una crescita”
“
LA CHIESA CHE CURA
Io vedo la Chiesa come
un ospedale da campo
dopo una battaglia. Si devono
curare le sue ferite. Poi potremo
parlare di tutto il resto”
“
I VERI TEMI
Non possiamo insistere
solo sulle questioni
legate ad aborto, matrimonio
omosessuale e uso dei
metodi contraccettivi”
“
FINANZA SENZA REGOLE
I mercati non possono
godere di un’autonomia
assoluta. Senza risolvere
i problemi dei poveri non
risolveremo quelli del mondo”
“
UNA VENTATA DI CAMBIAMENTO DAL 13 MARZO 2013. L’APPROCCIO NUOVO CON LA GENTE,
L’ATTENZIONE PER LE DONNE, L’APERTURA SU CELIBATO E UNIONI GAY. E L’IMPEGNO PER LA PACE
Francesco, la Chiesa millenaria
che vorrebbe tornare giovane
per usare lo slogan felice di Giovanni XXIII.
Divorziati e gay
Concedere democrazia – libertà di parola e di voto come durante il Concilio – significa tuttavia fare i conti con le opposizioni e la possibilità di perdere qualche battaglia: è accaduto
al Sinodo del 2014. Francesco
ha aperto su temi sin qui tabù:
la comunione ai divorziati risposati, le convivenze, le coppie omosessuali, la transessualità ma le resistenze interne al
mondo ecclesiastico hanno
impedito finora un cambio ufficiale di atteggiamento della
Chiesa. L’appassionato intervento sinodale del cardinale di
Vienna Christoph Schoenborn
sulla solidarietà di due partner
gay non ha ricevuto – almeno
per il momento – il consenso
della maggioranza dell’episcopato.
Due anni dopo l’elezione si avverte un solco tra Francesco e
quella parte della gerarchia in
Vaticano e all’estero, rimasta
attaccata alla visione di un papato sacrale, giudice dottrinale
UN MARCHIO INDELEBILE
AL SUO PONTIFICATO
ADDIO AL PAPA ICONA,
DOTTRINARIO, MONARCA
ASSOLUTO. PIÙ CONTATTO
CON LA SOCIETÀ,
CREDENTE E LAICA.
PIÙ COLLEGIALITÀ
E DEMOCRAZIA
NELLA VITA DELLA CHIESA
inflessibile delle “deviazioni”
dai comandamenti del catechismo. Il cardinale americano
Francis George (ex arcivescovo
di Chicago), quando chiede se
“Francesco si rende conto
dell’effetto di certe sue parole?”,
evidenzia un’offensiva in atto
contro il pontefice argentino.
Un solco netto esiste anche tra
la fascia di sacerdoti – spesso
giovani – imbevuti di spiritualismo, dogmatismo e ideologia
del potere sacerdotale, che resistono alla declericalizzazione
auspicata da Francesco, e invece quei preti, secondo i quali annunciare il Vangelo nella società urbana globalizzata esige di
fare i conti con la mescolanza
delle culture e – come invita a
fare il segretario della Cei,
mons. Nunzio Galantino –
smetterla di considerare il
mondo “brutto, sporco e cattivo”.
Il ruolo delle donne
Francesco ha avuto il merito di
mettere sul tavolo un argomento
tabù come il ruolo delle donne
nei luoghi decisionali della Chiesa, ma non ha incontrato una risposta entusiastica da parte degli
episcopati nel mondo. Nemmeno le donne dell’associazionismo
cattolico si sono per ora mobilitate. Colpa di una “certa sfiducia
e un’antica abitudine a tacere”,
commenta la storica Lucetta Saraffia, che vorrebbe vedere le
donne partecipare ai sinodi.
Non è detto che in tutti questi
campi, su cui si è fatto sentire
Francesco, si realizzino cam-
Illustrazione di Maurizio Ceccato
biamenti concreti già durante il
suo pontificato. Lui è un seminatore, i sassi sul suo cammino
sono tanti e i suoi avversari –
nota il segretario della pontificia Commissione per l’America
latina, professor Guzman Carriquiry – si comportano alla pari dei farisei che seguivano Gesù
“con animo incattivito, scandalizzati dei suoi incontri con prostitute e peccatori, sempre male
interpretando, sperando di poter intravvedere qualsiasi minima deviazione riguardo alla
Legge, per giudicarlo e condannarlo…”.
Lotta alla pedofilia
In tre ambiti precisi il pontefice
argentino ha già voltato pagina.
Per la prima volta ha destituito,
processato ecclesiasticamente e
degradato (ridotto allo stato laicale) un vescovo pedofilo: l’ex
nunzio nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski. Per
volontà di Francesco subirà
inoltre un processo penale in
Vaticano. Tuttavia nel comitato
anti-abusi, da lui creato, sono
emerse resistenze a proposito di
nuove Linee guida internazionali più stringenti.
La banca vaticana
La banca vaticana è stata sottoposta ad una drastica ripulitura
dei conti correnti, sono stati firmati accordi di cooperazione
giudiziaria con Italia, Germania, Stati Uniti, è stata creato un
comitato anti-riciclaggio e una
Segreteria per l’Economia, gui-
data dal cardinale George Pell,
che vigilerà sugli appalti e la regolarità dei bilanci delle varie
articolazioni della Santa Sede e
che ha portato alla luce fondi riservati (benché regolari) di alcuni organismi, che non erano
stati inseriti nel bilancio consolidato del Vaticano. Il presidente delle Ior, il francese
Jean-Baptiste de Franssu, spinge per una gestione unica del
patrimonio finanziario e immobiliare della Santa Sede.
Il terzo settore in cui Francesco
ha mostrato una forte impronta
è quello geopolitico.
Politica estera
Ha ridato slancio alla presenza
del Vaticano sulla scena internazionale, impedendo una ca-
7
MILIONI
DI FEDELI
LA MESSA
DI MANILA
Il viaggio del Papa
in Asia e la
celebrazione con più
fedeli della storia
1,
2
MILIARDI
I CREDENTI
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
I CATTOLICI
NEL MONDO
I fedeli sono in
aumento (il 17,2%
della popolazione
mondiale)
LUNEDÌ 9 MARZO 2015
75
%
ITALIANI
CATTOLICI
5
UN GREGGE
DIVISO
Solo il 22% dei
cattolici va sempre
a Messa. Il 54% è
critico con la Chiesa
FUORI DAL CORO
Non indica
un inizio
ma è il segno
della fine
di Pietrangelo
FENOMENO MEDIATICO
Un giornale
tutto per lui
pubblicato
in sei paesi
Buttafuoco
di Caterina Minnucci
’effetto Marziano a Roma è già alle sue spalle. FranL
cesco Bergoglio, il Papa che piace a tutti, ha già esaurito la metafora di Ennio Flaiano. Le Città eterna, infatti,
ha più che digerito la novità. Non c’è, Diocenescampi, la
pernacchia all’angolo di Via Veneto ma ciò che compete a
questo Pontificato è solo reiterazione del popolaresco. Perfino Sergio Mattarella (uno che col cattocomunismo ci
campa), prendendo il tram, ricalca l’effetto torpedone del
Papa ma tutta questa estetica della sottrazione del fasto
curiale, in Bergoglio, non è sottrazione mondana e non è
neppure il jihad del francescanesimo. È solo tristo poveraccismo.
L’elezione di papa Francesco è seguita alle dimissioni di
papa Benedetto XVI. Non è con la morte di una papa che
se n’è fatto un altro e la presenza di due pontefici, quella
che in altri tempi avrebbe determinato uno scisma, nella
beata epoca dei beoti ha assunto un tono easy. Il vecchio è
sceso dalla Croce per sparire dalla scena e chiudersi –
confortato da musica, studi e preghiere – in un eremo. In
circostanze solenni, invece, i due – il bavarese e l’attuale
regnante, l’argentino – hanno raddoppiato l’effetto bianco: due di un trono doppio, quello di mistificazione e
rinuncia.
L’elezione di Bergoglio sorge dalla rinuncia dell’ultimo
successore di Pietro. Un segno più che un lapsus. Un potente scrittore, Sergio Claudio Perroni, con Renuntio vobis
(edizioni Bompiani) ha saputo ricostruire in un dialogo
(con le parole delle Sacre Scritture), l’incontro tra il vecchio che getta l’Anello del Pescatore e il suo unico interlocutore possibile, la verità del Sacro.
È venuto dalla fine del mondo, Papa Francesco. Ecco, il
lapsus. Ha preso un nome che gli ha permesso di numerare
col principio ma tutto il suo teatro è un ammiccare alla
fine. Ogni suo gesto – dalla valigetta ventiquattrore all’appartamento di Santa Marta, svuotando il Vaticano – è un
prologo al finale. Attento, in ogni sua azione, a ricavarne
il plauso dello spirito del tempo, volge tutto in parodia.
Chiama Marco Pannella durante uno dei suoi digiuni
quando prima di questa scenetta, con altra tempra, e con
più rovente battaglia, Giovanni Paolo II scriveva una
lettera a Bobby Sands, l’eroe della libertà d’Irlanda. Lo
supplicava d’interrompere il digiuno e gli inviava – certo
di non poter smuovere dal proposito di lotta quel guerriero
– la Croce d’oro con cui i fedeli di San Patrizio avrebbero
poi aperto il corteo funebre di Bobby Sands, combattente
dell’Esercito repubblicano irlandese.
Piace alla gente perché fa arrestare un vescovo pedofilo,
alza i lai contro l’omertà e le complicità della Chiesa ma,
forte della buona coscienza proprio dell’Inferno, fa un
errore blu in punto di caritas se non di pietas: non combatte il peccato, mette le manette ai peccatori. Papa Francesco, perfetto per i souvenir delle bancarelle, sembra sparlare da una centuria di Nostradamus. È nel finale di
partita perché sacralità e carisma, con lui, sono optional.
Non è un Papa, è solo il direttore generale di un Cda la cui
ragione sociale è umana, troppo umana.
tastrofica invasione occidentale
della Siria, indicando a Israele e
Palestina la via di una pace dei
coraggiosi, denunciando il traffico di armi dietro ai conflitti in
corso, impegnandosi contro le
“moderne schiavitù” (la tratta
sessuale, quella dei migranti, le
fabbriche clandestine). Suo
obiettivo, discusso con il presidente Barack Obama, è far dichiarare dall’Onu la tratta degli
esseri umani un “crimine contro l’umanità”.
I suoi interventi contro la corruzione, la criminalità organizzata,
l’ideologia neoliberista del profitto senza regole, il primato assoluto del mercato che produce
“scarti” vecchi o giovani, alimentando il precariato permanente,
hanno suscitato un’eco vastissima a livello internazionale, ben al
di là del mondo cattolico, ma le
leadership politiche ed economiche non hanno mostrato nessuna
intenzione di elaborare un modello economico ispirato al “bene
comune”.
Per molti aspetti Francesco è applaudito, ma resta solo. Dentro e
fuori la Chiesa. La sua – benché
non lo mostri – è un’autentica
lotta contro il tempo. L’anno
prossimo compirà già ottant’anni e i suoi amici latino-americani
non dubitano che quando la vecchiaia si farà sentire, anche Jorge
Mario Bergoglio sarà pronto a
dimettersi come Benedetto XVI
(magari tornando in Argentina). Lo ha anticipato lui stesso ai
giornalisti, durante un viaggio. Il
papato a termine è l’ultima (silenziosa) riforma di questo pontificato.
on una media di circa centomila coC
pie vendute, a poco meno di un anno
dalla sua nascita in Italia, Il mio Papa, il pri-
mo settimanale al mondo - edito da Mondadori - interamente dedicato alla figura
di Papa Francesco, dalla fine di marzo sarà stampato anche in altri sei Paesi. Abbiamo chiesto al direttore Aldo Vitali, che
guida anche Tv Sorrisi e Canzoni, di raccontarci il segreto di questo successo.
Come è nata l’idea di un settimanale dedicato al Pontefice?
GLI AVVERSARI
La potente Curia
non è sconfitta
di Carlo
Tecce
orge Mario Bergoglio ha sempre maJ
nifestato distacco verso la Curia, il
governo vaticano, ma non ha commesso
l’errore di sottovalutare le insidie che si
celano dietro le mura leonine. E che per
Joseph Ratzinger furono fatali. Con il
cambio a palazzo apostolico, seppur l’argentino dimori a Santa Marta, i prefetti di
Curia sono cambiati. E quelli che hanno
resistito, papa Francesco li ha commissariati. Bergoglio ha creato il dicastero
per la gestione economica, affidato all’australiano George Pell, proprio per ridurre
il potere di Domenico Calcagno all’Apsa,
l’ufficio che amministra l’immenso patrimonio immobiliare. Il cardinale ligure,
famoso per la sua passione per le armi da
fuoco, è legato a Tarcisio Bertone, l’ex
segretario di Stato che s’è ritirato in un
attico in Vaticano. Anche Giuseppe Versaldi, prefetto per gli affari economici, è
un bertoniano. E rimanda a quel gruppo,
ridimensionato con l’avvento di Bergoglio, capitanato dai cardinali Mauro Piacenza e Raymond Burke. La prima crepa,
però, è emersa a ridosso del Sinodo di
ottobre convocato per discutere di famiglia. Il cardinale Gerhard Ludwig Muller
s’è opposto a qualsiasi ipotesi di apertura
nei confronti dei divorziati risposati.
LA PACE
Francesco in Vaticano nel 2014 con
il presidente israeliano Shimon Peres e quello
palestinese Mahmoud Abbas LaPresse / Ansa
Il cardinale tedesco è il prefetto della
Congregazione per la dottrina della fede,
il luogo in piazza Sant’Uffizio dove s’è
stagliato per 24 anni il teologo Ratzinger.
Muller ha arruolato accanto a sé una minoranza di porporati che soffrono la versione riformista di Francesco. E allora il
dissenso è sfociato in una diatriba, neanche troppo a distanza, con l’altro tedesco
Walter Kasper. Il papa emerito Ratzinger
ha provato a mediare per redimere il con-
È nata una notte passeggiando col mio cane Bobo. Riflettevo sull’enorme presa di
Francesco su credenti e non. C’era chi dubitava sulla possibilità di riempire un settimanale, ma la realtà è come l’avevo immaginata: il Papa è talmente attivo che è
addirittura quasi impossibile “coprirlo”
con un settimanale.
Che cosa cambierà con l’arrivo delle edizioni internazionali del vostro “diario settimanale”?
La nostra linea editoriale, che è quella di
adesione al lavoro del Papa, non cambierà. Sarà pubblicato in Germania (con distribuzione anche in Austria, Svizzera tedesca e Liechtenstein), Polonia e Brasile
con particolare attenzione al Centro e Sud
America.
Come sono i conti del giornale, si auto-sostiene?
Certo. Si auto-sostiene. Speriamo che le
edizioni internazionali ci aiutino ad entrare nella fase due del nostro progetto:
aiutare le onlus e le associazioni che si occupano dei bisognosi.
E il lavoro nella vostra redazione?
Consultiamo l’agenda del Papa e
allertiamo i nostri giornalisti. I
cambi di timone con Francesco
sono all’ordine del giorno: è imprevedibile. Usciamo in edicola il
mercoledì: raccontiamo sempre la
domenica del Papa e l’Angelus.
Poi ci sono i nostri servizi sulle abitudini quotidiane di Francesco, i
lettori li amano molto: dagli occhiali ai vestiti che indossa, da ciò
che mangia alla musica che ascolta. Raccontiamo della sua passione per il calcio. Ma non si dica che
facciamo gossip vaticanesco.
BAGNI DI FOLLA
Qui sopra, visita in una parrocchia romana. In alto, l’incontro con i giovani Ansa
flitto fra i due connazionali. Ma l’intervento non ha consentito a Bergoglio di
scardinare l’opposizione dei conservatori. Il fronte vescovi italiani, poi, è una
questione irrisolta. Bergoglio non ha un
buon rapporto con Angelo Bagnasco, il
presidente Cei destinato a lasciare l’incarico tra un paio di anni. Fu Bergoglio, e
non il capo dei vescovi italiani, a inaugurare l’assemblea annuale Cei. Il discorso di Francesco fu ruvido e non ci fu
entusiasmo in platea. I vescovi sono già
pronti a blocchi, già formano cordate per
la successione a Bagnasco. Non sarà facile
preservare quel territorio di potere. Francesco ha dimostrato di sapere ammaliare
le folle e di colpire con ardimento il vecchio sistema. Non sempre vince senza cedere qualcosa. A Bertone, salesiano, consigliò di trascorrere la pensione al Don
Bosco di Torino-Valdocco. Ma l’ex primo ministro ha preferito una terrazza su
Roma.
Che spazio date ai moniti di Papa
Francesco contro gli scandali vaticani?
Diamo voce a Francesco, alle sue
parole e non facendo sintesi giornalistiche che semplificano i problemi, facendolo apparire di volta in volta o rivoluzionario o reazionario (a seconda di quel che serve alla testata...). I
nostri lettori amano quando è duro con
pedofili, affaristi, mafiosi, politici. E noi
anche.
Direttore, il Papa le ha donato, autografandone una copia, i diritti per un suo libro
di preghiere da allegare al giornale. Che
mandato sta portando avanti?
Per me è un eroe. All’interno del Vaticano
c’è chi non lo ama per la volontà di riportare la Chiesa al suo vero mandato:
l’attenzione per gli ultimi. Disapprova gli
aspetti mondani della Curia, la sua forza
viene dal popolo che lo sostiene.
Il Pontefice è un vostro fan?
Conosce bene il giornale, l’ultima volta
che sono stato da lui gli abbiamo dato tre
numeri arretrati che mancavano alla sua
collezione. L’unico appunto che mi ha
fatto: “Ogni tanto mi trattate da primadonna”.
6
DUE ANNI DI BERGOGLIO
LUNEDÌ 9 MARZO 2015
Uno così
lo vorrei come
vicino di casa
di Max
Paiella
FRANCESCO è una figura nuova: allegro, gioviale, positivo,
critico verso i poteri forti, al servizio del cittadino.
Non mette crocifissi d’oro,
scarpette di Prada o stole di Just Cavalli è sobrio, lui veste
Oviesse!
È uno che ti telefona, vuole sapere come stai, ti suona alla
porta, ti offre una sambuca.
È uno che quando lo guardi ti
IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ
riempie di bontà. Ti chiede come va il tuo lavoro, ti dà una
pacca sulla spalla e ti chiede come sta nonna, nel frattempo
gioca con i bambini. Un simpaticone che quando ti alzi la
mattina ti prepara il caffè mac-
OLTRE SAN PIETRO
“Il Conclave scarnifica
sempre i favoriti”
di Carlo Tecce
V
elasio De Paolis per quarant’anni ha
insegnato filosofia morale e diritto canonico nelle università cattoliche. Il 13
marzo 2013 era in quel Conclave che
ha votato per Papa Jorge Mario Bergoglio. Fu
ordinato cardinale da Joseph Ratzinger: “In Vaticano si parlava di imminenti dimissioni di Benedetto XVI, non pensavo che fossero notizie
valide. Ratzinger attraversava un periodo difficile per la Chiesa, sotto molti aspetti. Non sentiva
in sé la forza per affrontarli, la salute non c’entra.
Forse occorreva una carica di energia. C’è stato
qualcuno che ha tentato, ma senza esito, di farlo
desistere?”.
cristiana della vita, all’insegnamento della Chiesa. Cito la Genesi: Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina. I bambini devono
crescere con l’amore materno e paterno.
Cosa pensa del sacerdozio femminile?
La Chiesa ha sempre affermato, con particolare
insistenza, che il sacerdozio non può essere conferito alle donne. A giustificazione porta la volontà di Gesù. Non si vede in prospettiva un cambiamento. Le ragioni che vengono portate per
comprendere tale volontà divina sono molteplici. Certamente non sono quelle che mettono in
questione la dignità della donna. La dottrina della Chiesa sulla pari dignità dell’uomo e della
donna è altrettanto ferma e risalente allo stesso
Signore.
Bergoglio ripeterà la scelta di Ratzinger?
Non credo, i due sono molto diversi.
Adesso la temibile Curia sembra più disciplinata.
Il sacerdote dovrà restare celibe?
I giornalisti erano ossessionati dagli scandali in
Vaticano, ridotti per entità e numero, diciamo
che con Francesco le attenzioni sono rivolte altrove.
Non esiste più la lotta di potere?
Chi per una vita ha servito la Chiesa può avere
legittime ambizioni di carriera, ma tali ambizioni non possono essere sostenute a ogni costo.
Quel che va condannato sono i sotterfugi e l’arroganza di chi pensa a se stesso e ignora la propria missione.
Dopo il Papa polacco e il Papa tedesco, non era il
momento per un italiano?
Al Conclave eravamo 115, molti di noi neanche
si conoscevano. L’idoneità di un cardinale a essere Papa non dovrebbe riguardare la nazionalità o il continente o l’ambito culturale, bensì la
sua capacità di aiutare la Chiesa universale.
Il cardinale Angelo Scola era il candidato favorito.
Il vecchio adagio dice: entri Papa ed esci cardinale per un motivo elementare.
Quale?
Il nome che viene pronunciato in anticipo sollecita le riflessioni. Quel cardinale viene esaminato, si scoprono dei limiti, viene scarnificato
fino a essere ritirato dalla competizione.
Con l’argentino Bergoglio non è andata così.
Era una possibilità fra tante. Al quarto o quinto
scrutinio, non ricordo bene, è risultato eletto Papa Francesco. Si vede che era una possibilità diffusa.
Papa Francesco ha rispettato le attese?
chiato, al vetro o lungo. La sera ti rimbocca le coperte e la
domenica prima dell’Angelus
ti ha già preparato le tagliatelle, ti sveglia dolcemente il
lunedì mattina e ti accompagna al lavoro cantando come
Julio Iglesias... Che vi devo dire... Io uno così lo vorrei come
vicino di casa, come migliore
amico, come papà anzi come
papa!
Velasio De Paolis riceve l’anello di cardinale da Benedetto XVI nel 2010 Ansa
PARLA IL CARDINALE
VELASIO DE PAOLIS
PERCHÉ E COME
FU SCELTO BERGOGLIO
E NON SCOLA.
E JOSEPH RATZINGER?
“NON SI SENTIVA PIÙ IN
GRADO, LA SALUTE NON
C’ENTRA, L’HA SEMPRE
SOSTENUTO ”
Bergoglio stesso ha più volte affermato che sta
attuando il messaggio ricevuto dal Conclave.
Il Sinodo non ha seguito Francesco sui progetti di
apertura ai divorziati risposati. A che punto siete
arrivati?
Siamo ancora al tempo degli approfondimenti. Il
tema nodale sta nel fatto che i conviventi, sposati
civilmente o meno, mentre sono legati con un
matrimonio contratto davanti alla Chiesa, non
osservano un comandamento di Dio. Perciò non
possono ricevere l’eucarestia.
Il Papa ha ammesso di non poter giudicare le coppie omosessuali. Vuol dire che il Vaticano le accetterà?
Io sono d’accordo con il Papa, non possiamo
esprimere un giudizio di condanna. Il giudizio
appartiene a Dio. Ma non possiamo omettere le
valutazioni di tipo oggettivo per comprendere se
sono conformi a una legge morale, a una visione
Questa è più che una semplice convenienza, non
un dogma. Non è un dogma perché in alcuni casi
la Chiesa non lo esige. E non è una semplice convenienza perché risale ai primi tempi della Chiesa, che ne ha sempre ribadito la validità. Il problema è il rapporto tra il sacerdote e i parrocchiani. Il prete è sempre a disposizione giorno e
notte, la sua famiglia è quella dei fedeli. Come
dovrebbe vivere se avesse una moglie e dei figli? I
sacerdoti sono utili perché ci sono i fedeli, non
viceversa.
Dai divorziati agli omosessuali, perché la Chiesa
esclude: non è anacronistico?
Il relativismo mette qualsiasi cosa in sospeso, e la
Chiesa non può seguire questa strada. Ogni comunità ha le proprie regole danno risalto al senso di appartenenza. Proprio per adempiere a
questa sua missione di salvezza eterna, la Chiesa
non può non richiamare il fedele inadempiente.
E il rapporto tra il Vaticano e la politica è mutato?
La Chiesa non deve fare politica, almeno in maniera diretta. Il nostro compito è quello di annunciare il Vangelo e avrà riflessi anche nella
politica.
Oggi com’è la politica italiana vista da qui, da una
finestra che sporge sul colonnato di San Pietro?
È frettolosa, è indecifrabile. Parla sovente di riforme senza specificare la direzione. Alla politica
mancano i riferimenti etici. Viene data più importanza ai sondaggi che a un’idea di società.
NON SOLO ROMA
Lontano dal Palazzo
e dal pantano italiano
di Fabrizio d’Esposito
rancesco è un papa che non si offende se lo
F
chiamano “marxista” anche se poi specifica che lui, ovviamente, non lo è e non lo è mai
stato e infine aggiunge: “Conosco tanti marxisti che sono persone perbene”.
Nelle banali categorie teopolitiche, papa Bergoglio sarebbe inquadrato come un pontefice
progressista. Ma liquidarlo così è troppo superficiale. Del resto, ogni capo della Chiesa ha
una personalità complessa. E Francesco non è
da meno. È un gesuita, tanto per cominciare,
che si è imposto come nome quello del santo
che fondò i nemici storici della Compagnia di
Gesù, i francescani. E in passato è stato un fiero
avversario, dall’altra parte del mondo, della
teologia della liberazione. In ogni caso, la sua
Chiesa non è quella violentemente anticomunista di Giovanni Paolo II: il pontefice polacco
che foraggiò con milioni di dollari Solidarnosc
e le dittature militari sudamericane, nel cortile
di casa degli americani, come rivelò Roberto
Calvi, il banchiere “suicidato” a Londra, in una
delle sue ultime lettere minatorie al Vaticano.
All’alba degli anni ottanta, tra le mura leonine
prese il sopravvento la potente corrente, questa
sì di destra pura, dell’Opus Dei, la prelatura
fondata da Josemaría Escrivá.
Così come, quella di Bergoglio, non è la Chiesa
di Ratzinger, il papa teologo che scelse il nome
di Benedetto in omaggio al pontefice della
Grande Guerra, Benedetto XV. Il pontefice
teutonico è stato protagonista di un evento
inimmaginabile ai giorni nostri: le dimissioni
dal trono di Pietro. Se proprio si vuole trovare
un segno politico forte in Francesco è questo: la
discontinuità, in senso anti-curiale e anti-italiano, rispetto all’interventismo dell’era ratzingeriana. Un nome per tutti: quello dell’inva-
dente Tarcisio Bertone, disastroso segretario
di Stato amante dell’opulenta mondanità filoberlusconiana. Una scena per tutte, che risale a
una sera estiva del 2010. Il cardinale Bertone si
ritrova alla ricca mensa di Bruno Vespa e consorte per mettere a punto il progetto di una
nuova Dc. A tavola ci sono: i banchieri Cesare
Geronzi e Mario Draghi, Silvio Berlusconi (in
quel momento presidente del Consiglio) e il
suo fedelissimo Gianni Letta, Pier Ferdinando
Casini. Una riunione che mette a nudo l’esaurimento della cosiddetta dottrina Ruini, dal
nome del presidente della Cei in carica per più
di tre lustri, dal 1991 al 2007. Una dottrina che
dopo la fine dell’unità politica dei cattolici,
rappresentata dallo Scudocrociato, si è affidata
a un trasversalismo totale, testimoniato dai
guerrieri teocon e da un robusta militanza ciellina nel centrodestra e dall’elezione di Paola
Binetti dell’Opus Dei nel Pd.
Ecco, l’elezione dell’argentino Bergoglio al soglio pontificio ha significato la rottura della
contiguità con la politica italiana e un cambiamento radicale di prospettiva della Chiesa:
dall’ossessione per i valori non negoziabili su
vita e matrimonio alla prevalenza della questione sociale. Con questa chiave vanno decifrate alcune dichiarazioni di monsignor Nun-
zio Galantino, vescovo della più piccola diocesi
calabrese e scelto da Bergoglio come segretario
generale della Cei. Dichiarazioni tipo: “Tenendo l’orecchio appoggiato alla storia comune
della gente vediamo i limiti di certe agende politiche” oppure “Non è questione se Renzi piaccia a noi o no. Bisognerebbe chiedere alla gente
se sta trovando le risposte”. Rispetto a due anni
fa è una rivoluzione copernicana, che non distingue più tra partiti amici e no e tenta di stare
a una distanza di sicurezza dal Palazzo. Una
delle prime immagini di Bergoglio, nella visita
lampo a Lampedusa, lo mostra tutto solo, senza ministri intorno per sua esplicita richiesta.
L’unica suggestione concreta tra Bergoglio e la
politica italiana è il filo gesuitico che lo lega al
nuovo capo dello Stato, il palermitano Sergio
Mattarella. Nonostante alcune ombre familiari, Mattarella forgiò la sua formazione di democristiano di sinistra nel laboratorio che diede vita alla cosiddetta Primavera di Palermo,
esperienza voluta dalla Civiltà Cattolica, rivista
della Compagnia, ancor prima che da Leoluca
Orlando. E i due sono stati già accostati per il
frugale stile di vita. Non a caso la battuta di un
ministro di fede ciellina dopo l’elezione di
Mattarella è stata questa: “Dopo Bergoglio, ci
tocca pure Mattarella”.