Vedi - Una Chiesa a Più Voci
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4 BERGOGLIO, BILANCIO DI UN PAPA LUNEDÌ 9 MARZO 2015 Le frasi della svolta di Bergoglio DUE ANNI DOPO di Marco Politi D ue anni dopo la sua elezione Francesco ha già reso irreversibile il volto nuovo del pontificato. Tornare ad un pontefice-icona, dottrinario, monarca assoluto, non sarà più possibile: pena una drammatica perdita di contatto con la società contemporanea, credente o non credente. Linguaggio È stato rivoluzionato il linguaggio. Quando Francesco dice che i cattolici non devono figliare “come conigli” o spiega al clero di Roma (giorni fa) che ci sono “persone disturbate che si rifugiano nelle istituzioni forti: Esercito e Chiesa”, usa il linguaggio di un parroco in grado di farsi ascoltare da tutti. Un papa-prete capace di parlare anche agli atei come nessun altro prima di lui. Papa Bergoglio ha aperto la transizione verso una Chiesa più comunitaria e partecipata. “Sinodale”, secondo l’espressione degli Ortodossi. Un modello di Chiesa in cui il capo non decide in solitudine imperiale, ma insieme ai vescovi. Il concilio Vaticano II lo ha chiamato “collegialità”, indicando l’immagine di “Pietro insieme agli apostoli”. Collegialità L’avvio di questa riforma si è tradotto nella creazione di un consiglio cardinalizio, coordinato da Oscar Rodriguez Maradiaga e formato da otto porporati di tutti i continenti, cui si aggiunge il segretario di Stato. È il cosiddetto C9, incaricato di “consigliare (il Papa) nel governo della Chiesa universale”. Un embrione di collegialità. All’ultimo concistoro del febbraio scorso l’assemblea dei cardinali di tutto il mondo ha ribadito la necessità di un “sano decentramento” delle competenze, sin qui esercitate esclusivamente dalla Curia romana. E negativo però il ritardo della riforma del governo centrale della Chiesa. Il secondo passo in direzione della collegialità è rappresentato dalla nuova funzione del Sinodo dei vescovi (il parlamentino di Santa Romana Chiesa), non più destinato a rimanere una semplice arena di opinioni, ma – grazie a Francesco – diventato titolare di un potere propositivo per trovare soluzioni ai problemi pastorali più urgenti. L’avere scelto il vescovo teologo Bruno Forte come segretario speciale delle due sessioni sinodali dedicate ai problemi familiari segnala la volontà di “aggiornamento”, LA VERA FEDELTÀ Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i fondamentalisti. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita” “ LA CHIESA CHE CURA Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia. Si devono curare le sue ferite. Poi potremo parlare di tutto il resto” “ I VERI TEMI Non possiamo insistere solo sulle questioni legate ad aborto, matrimonio omosessuale e uso dei metodi contraccettivi” “ FINANZA SENZA REGOLE I mercati non possono godere di un’autonomia assoluta. Senza risolvere i problemi dei poveri non risolveremo quelli del mondo” “ UNA VENTATA DI CAMBIAMENTO DAL 13 MARZO 2013. L’APPROCCIO NUOVO CON LA GENTE, L’ATTENZIONE PER LE DONNE, L’APERTURA SU CELIBATO E UNIONI GAY. E L’IMPEGNO PER LA PACE Francesco, la Chiesa millenaria che vorrebbe tornare giovane per usare lo slogan felice di Giovanni XXIII. Divorziati e gay Concedere democrazia – libertà di parola e di voto come durante il Concilio – significa tuttavia fare i conti con le opposizioni e la possibilità di perdere qualche battaglia: è accaduto al Sinodo del 2014. Francesco ha aperto su temi sin qui tabù: la comunione ai divorziati risposati, le convivenze, le coppie omosessuali, la transessualità ma le resistenze interne al mondo ecclesiastico hanno impedito finora un cambio ufficiale di atteggiamento della Chiesa. L’appassionato intervento sinodale del cardinale di Vienna Christoph Schoenborn sulla solidarietà di due partner gay non ha ricevuto – almeno per il momento – il consenso della maggioranza dell’episcopato. Due anni dopo l’elezione si avverte un solco tra Francesco e quella parte della gerarchia in Vaticano e all’estero, rimasta attaccata alla visione di un papato sacrale, giudice dottrinale UN MARCHIO INDELEBILE AL SUO PONTIFICATO ADDIO AL PAPA ICONA, DOTTRINARIO, MONARCA ASSOLUTO. PIÙ CONTATTO CON LA SOCIETÀ, CREDENTE E LAICA. PIÙ COLLEGIALITÀ E DEMOCRAZIA NELLA VITA DELLA CHIESA inflessibile delle “deviazioni” dai comandamenti del catechismo. Il cardinale americano Francis George (ex arcivescovo di Chicago), quando chiede se “Francesco si rende conto dell’effetto di certe sue parole?”, evidenzia un’offensiva in atto contro il pontefice argentino. Un solco netto esiste anche tra la fascia di sacerdoti – spesso giovani – imbevuti di spiritualismo, dogmatismo e ideologia del potere sacerdotale, che resistono alla declericalizzazione auspicata da Francesco, e invece quei preti, secondo i quali annunciare il Vangelo nella società urbana globalizzata esige di fare i conti con la mescolanza delle culture e – come invita a fare il segretario della Cei, mons. Nunzio Galantino – smetterla di considerare il mondo “brutto, sporco e cattivo”. Il ruolo delle donne Francesco ha avuto il merito di mettere sul tavolo un argomento tabù come il ruolo delle donne nei luoghi decisionali della Chiesa, ma non ha incontrato una risposta entusiastica da parte degli episcopati nel mondo. Nemmeno le donne dell’associazionismo cattolico si sono per ora mobilitate. Colpa di una “certa sfiducia e un’antica abitudine a tacere”, commenta la storica Lucetta Saraffia, che vorrebbe vedere le donne partecipare ai sinodi. Non è detto che in tutti questi campi, su cui si è fatto sentire Francesco, si realizzino cam- Illustrazione di Maurizio Ceccato biamenti concreti già durante il suo pontificato. Lui è un seminatore, i sassi sul suo cammino sono tanti e i suoi avversari – nota il segretario della pontificia Commissione per l’America latina, professor Guzman Carriquiry – si comportano alla pari dei farisei che seguivano Gesù “con animo incattivito, scandalizzati dei suoi incontri con prostitute e peccatori, sempre male interpretando, sperando di poter intravvedere qualsiasi minima deviazione riguardo alla Legge, per giudicarlo e condannarlo…”. Lotta alla pedofilia In tre ambiti precisi il pontefice argentino ha già voltato pagina. Per la prima volta ha destituito, processato ecclesiasticamente e degradato (ridotto allo stato laicale) un vescovo pedofilo: l’ex nunzio nella Repubblica Dominicana Jozef Wesolowski. Per volontà di Francesco subirà inoltre un processo penale in Vaticano. Tuttavia nel comitato anti-abusi, da lui creato, sono emerse resistenze a proposito di nuove Linee guida internazionali più stringenti. La banca vaticana La banca vaticana è stata sottoposta ad una drastica ripulitura dei conti correnti, sono stati firmati accordi di cooperazione giudiziaria con Italia, Germania, Stati Uniti, è stata creato un comitato anti-riciclaggio e una Segreteria per l’Economia, gui- data dal cardinale George Pell, che vigilerà sugli appalti e la regolarità dei bilanci delle varie articolazioni della Santa Sede e che ha portato alla luce fondi riservati (benché regolari) di alcuni organismi, che non erano stati inseriti nel bilancio consolidato del Vaticano. Il presidente delle Ior, il francese Jean-Baptiste de Franssu, spinge per una gestione unica del patrimonio finanziario e immobiliare della Santa Sede. Il terzo settore in cui Francesco ha mostrato una forte impronta è quello geopolitico. Politica estera Ha ridato slancio alla presenza del Vaticano sulla scena internazionale, impedendo una ca- 7 MILIONI DI FEDELI LA MESSA DI MANILA Il viaggio del Papa in Asia e la celebrazione con più fedeli della storia 1, 2 MILIARDI I CREDENTI IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ I CATTOLICI NEL MONDO I fedeli sono in aumento (il 17,2% della popolazione mondiale) LUNEDÌ 9 MARZO 2015 75 % ITALIANI CATTOLICI 5 UN GREGGE DIVISO Solo il 22% dei cattolici va sempre a Messa. Il 54% è critico con la Chiesa FUORI DAL CORO Non indica un inizio ma è il segno della fine di Pietrangelo FENOMENO MEDIATICO Un giornale tutto per lui pubblicato in sei paesi Buttafuoco di Caterina Minnucci ’effetto Marziano a Roma è già alle sue spalle. FranL cesco Bergoglio, il Papa che piace a tutti, ha già esaurito la metafora di Ennio Flaiano. Le Città eterna, infatti, ha più che digerito la novità. Non c’è, Diocenescampi, la pernacchia all’angolo di Via Veneto ma ciò che compete a questo Pontificato è solo reiterazione del popolaresco. Perfino Sergio Mattarella (uno che col cattocomunismo ci campa), prendendo il tram, ricalca l’effetto torpedone del Papa ma tutta questa estetica della sottrazione del fasto curiale, in Bergoglio, non è sottrazione mondana e non è neppure il jihad del francescanesimo. È solo tristo poveraccismo. L’elezione di papa Francesco è seguita alle dimissioni di papa Benedetto XVI. Non è con la morte di una papa che se n’è fatto un altro e la presenza di due pontefici, quella che in altri tempi avrebbe determinato uno scisma, nella beata epoca dei beoti ha assunto un tono easy. Il vecchio è sceso dalla Croce per sparire dalla scena e chiudersi – confortato da musica, studi e preghiere – in un eremo. In circostanze solenni, invece, i due – il bavarese e l’attuale regnante, l’argentino – hanno raddoppiato l’effetto bianco: due di un trono doppio, quello di mistificazione e rinuncia. L’elezione di Bergoglio sorge dalla rinuncia dell’ultimo successore di Pietro. Un segno più che un lapsus. Un potente scrittore, Sergio Claudio Perroni, con Renuntio vobis (edizioni Bompiani) ha saputo ricostruire in un dialogo (con le parole delle Sacre Scritture), l’incontro tra il vecchio che getta l’Anello del Pescatore e il suo unico interlocutore possibile, la verità del Sacro. È venuto dalla fine del mondo, Papa Francesco. Ecco, il lapsus. Ha preso un nome che gli ha permesso di numerare col principio ma tutto il suo teatro è un ammiccare alla fine. Ogni suo gesto – dalla valigetta ventiquattrore all’appartamento di Santa Marta, svuotando il Vaticano – è un prologo al finale. Attento, in ogni sua azione, a ricavarne il plauso dello spirito del tempo, volge tutto in parodia. Chiama Marco Pannella durante uno dei suoi digiuni quando prima di questa scenetta, con altra tempra, e con più rovente battaglia, Giovanni Paolo II scriveva una lettera a Bobby Sands, l’eroe della libertà d’Irlanda. Lo supplicava d’interrompere il digiuno e gli inviava – certo di non poter smuovere dal proposito di lotta quel guerriero – la Croce d’oro con cui i fedeli di San Patrizio avrebbero poi aperto il corteo funebre di Bobby Sands, combattente dell’Esercito repubblicano irlandese. Piace alla gente perché fa arrestare un vescovo pedofilo, alza i lai contro l’omertà e le complicità della Chiesa ma, forte della buona coscienza proprio dell’Inferno, fa un errore blu in punto di caritas se non di pietas: non combatte il peccato, mette le manette ai peccatori. Papa Francesco, perfetto per i souvenir delle bancarelle, sembra sparlare da una centuria di Nostradamus. È nel finale di partita perché sacralità e carisma, con lui, sono optional. Non è un Papa, è solo il direttore generale di un Cda la cui ragione sociale è umana, troppo umana. tastrofica invasione occidentale della Siria, indicando a Israele e Palestina la via di una pace dei coraggiosi, denunciando il traffico di armi dietro ai conflitti in corso, impegnandosi contro le “moderne schiavitù” (la tratta sessuale, quella dei migranti, le fabbriche clandestine). Suo obiettivo, discusso con il presidente Barack Obama, è far dichiarare dall’Onu la tratta degli esseri umani un “crimine contro l’umanità”. I suoi interventi contro la corruzione, la criminalità organizzata, l’ideologia neoliberista del profitto senza regole, il primato assoluto del mercato che produce “scarti” vecchi o giovani, alimentando il precariato permanente, hanno suscitato un’eco vastissima a livello internazionale, ben al di là del mondo cattolico, ma le leadership politiche ed economiche non hanno mostrato nessuna intenzione di elaborare un modello economico ispirato al “bene comune”. Per molti aspetti Francesco è applaudito, ma resta solo. Dentro e fuori la Chiesa. La sua – benché non lo mostri – è un’autentica lotta contro il tempo. L’anno prossimo compirà già ottant’anni e i suoi amici latino-americani non dubitano che quando la vecchiaia si farà sentire, anche Jorge Mario Bergoglio sarà pronto a dimettersi come Benedetto XVI (magari tornando in Argentina). Lo ha anticipato lui stesso ai giornalisti, durante un viaggio. Il papato a termine è l’ultima (silenziosa) riforma di questo pontificato. on una media di circa centomila coC pie vendute, a poco meno di un anno dalla sua nascita in Italia, Il mio Papa, il pri- mo settimanale al mondo - edito da Mondadori - interamente dedicato alla figura di Papa Francesco, dalla fine di marzo sarà stampato anche in altri sei Paesi. Abbiamo chiesto al direttore Aldo Vitali, che guida anche Tv Sorrisi e Canzoni, di raccontarci il segreto di questo successo. Come è nata l’idea di un settimanale dedicato al Pontefice? GLI AVVERSARI La potente Curia non è sconfitta di Carlo Tecce orge Mario Bergoglio ha sempre maJ nifestato distacco verso la Curia, il governo vaticano, ma non ha commesso l’errore di sottovalutare le insidie che si celano dietro le mura leonine. E che per Joseph Ratzinger furono fatali. Con il cambio a palazzo apostolico, seppur l’argentino dimori a Santa Marta, i prefetti di Curia sono cambiati. E quelli che hanno resistito, papa Francesco li ha commissariati. Bergoglio ha creato il dicastero per la gestione economica, affidato all’australiano George Pell, proprio per ridurre il potere di Domenico Calcagno all’Apsa, l’ufficio che amministra l’immenso patrimonio immobiliare. Il cardinale ligure, famoso per la sua passione per le armi da fuoco, è legato a Tarcisio Bertone, l’ex segretario di Stato che s’è ritirato in un attico in Vaticano. Anche Giuseppe Versaldi, prefetto per gli affari economici, è un bertoniano. E rimanda a quel gruppo, ridimensionato con l’avvento di Bergoglio, capitanato dai cardinali Mauro Piacenza e Raymond Burke. La prima crepa, però, è emersa a ridosso del Sinodo di ottobre convocato per discutere di famiglia. Il cardinale Gerhard Ludwig Muller s’è opposto a qualsiasi ipotesi di apertura nei confronti dei divorziati risposati. LA PACE Francesco in Vaticano nel 2014 con il presidente israeliano Shimon Peres e quello palestinese Mahmoud Abbas LaPresse / Ansa Il cardinale tedesco è il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il luogo in piazza Sant’Uffizio dove s’è stagliato per 24 anni il teologo Ratzinger. Muller ha arruolato accanto a sé una minoranza di porporati che soffrono la versione riformista di Francesco. E allora il dissenso è sfociato in una diatriba, neanche troppo a distanza, con l’altro tedesco Walter Kasper. Il papa emerito Ratzinger ha provato a mediare per redimere il con- È nata una notte passeggiando col mio cane Bobo. Riflettevo sull’enorme presa di Francesco su credenti e non. C’era chi dubitava sulla possibilità di riempire un settimanale, ma la realtà è come l’avevo immaginata: il Papa è talmente attivo che è addirittura quasi impossibile “coprirlo” con un settimanale. Che cosa cambierà con l’arrivo delle edizioni internazionali del vostro “diario settimanale”? La nostra linea editoriale, che è quella di adesione al lavoro del Papa, non cambierà. Sarà pubblicato in Germania (con distribuzione anche in Austria, Svizzera tedesca e Liechtenstein), Polonia e Brasile con particolare attenzione al Centro e Sud America. Come sono i conti del giornale, si auto-sostiene? Certo. Si auto-sostiene. Speriamo che le edizioni internazionali ci aiutino ad entrare nella fase due del nostro progetto: aiutare le onlus e le associazioni che si occupano dei bisognosi. E il lavoro nella vostra redazione? Consultiamo l’agenda del Papa e allertiamo i nostri giornalisti. I cambi di timone con Francesco sono all’ordine del giorno: è imprevedibile. Usciamo in edicola il mercoledì: raccontiamo sempre la domenica del Papa e l’Angelus. Poi ci sono i nostri servizi sulle abitudini quotidiane di Francesco, i lettori li amano molto: dagli occhiali ai vestiti che indossa, da ciò che mangia alla musica che ascolta. Raccontiamo della sua passione per il calcio. Ma non si dica che facciamo gossip vaticanesco. BAGNI DI FOLLA Qui sopra, visita in una parrocchia romana. In alto, l’incontro con i giovani Ansa flitto fra i due connazionali. Ma l’intervento non ha consentito a Bergoglio di scardinare l’opposizione dei conservatori. Il fronte vescovi italiani, poi, è una questione irrisolta. Bergoglio non ha un buon rapporto con Angelo Bagnasco, il presidente Cei destinato a lasciare l’incarico tra un paio di anni. Fu Bergoglio, e non il capo dei vescovi italiani, a inaugurare l’assemblea annuale Cei. Il discorso di Francesco fu ruvido e non ci fu entusiasmo in platea. I vescovi sono già pronti a blocchi, già formano cordate per la successione a Bagnasco. Non sarà facile preservare quel territorio di potere. Francesco ha dimostrato di sapere ammaliare le folle e di colpire con ardimento il vecchio sistema. Non sempre vince senza cedere qualcosa. A Bertone, salesiano, consigliò di trascorrere la pensione al Don Bosco di Torino-Valdocco. Ma l’ex primo ministro ha preferito una terrazza su Roma. Che spazio date ai moniti di Papa Francesco contro gli scandali vaticani? Diamo voce a Francesco, alle sue parole e non facendo sintesi giornalistiche che semplificano i problemi, facendolo apparire di volta in volta o rivoluzionario o reazionario (a seconda di quel che serve alla testata...). I nostri lettori amano quando è duro con pedofili, affaristi, mafiosi, politici. E noi anche. Direttore, il Papa le ha donato, autografandone una copia, i diritti per un suo libro di preghiere da allegare al giornale. Che mandato sta portando avanti? Per me è un eroe. All’interno del Vaticano c’è chi non lo ama per la volontà di riportare la Chiesa al suo vero mandato: l’attenzione per gli ultimi. Disapprova gli aspetti mondani della Curia, la sua forza viene dal popolo che lo sostiene. Il Pontefice è un vostro fan? Conosce bene il giornale, l’ultima volta che sono stato da lui gli abbiamo dato tre numeri arretrati che mancavano alla sua collezione. L’unico appunto che mi ha fatto: “Ogni tanto mi trattate da primadonna”. 6 DUE ANNI DI BERGOGLIO LUNEDÌ 9 MARZO 2015 Uno così lo vorrei come vicino di casa di Max Paiella FRANCESCO è una figura nuova: allegro, gioviale, positivo, critico verso i poteri forti, al servizio del cittadino. Non mette crocifissi d’oro, scarpette di Prada o stole di Just Cavalli è sobrio, lui veste Oviesse! È uno che ti telefona, vuole sapere come stai, ti suona alla porta, ti offre una sambuca. È uno che quando lo guardi ti IL FATTO QUOTIDIANO DEL LUNEDÌ riempie di bontà. Ti chiede come va il tuo lavoro, ti dà una pacca sulla spalla e ti chiede come sta nonna, nel frattempo gioca con i bambini. Un simpaticone che quando ti alzi la mattina ti prepara il caffè mac- OLTRE SAN PIETRO “Il Conclave scarnifica sempre i favoriti” di Carlo Tecce V elasio De Paolis per quarant’anni ha insegnato filosofia morale e diritto canonico nelle università cattoliche. Il 13 marzo 2013 era in quel Conclave che ha votato per Papa Jorge Mario Bergoglio. Fu ordinato cardinale da Joseph Ratzinger: “In Vaticano si parlava di imminenti dimissioni di Benedetto XVI, non pensavo che fossero notizie valide. Ratzinger attraversava un periodo difficile per la Chiesa, sotto molti aspetti. Non sentiva in sé la forza per affrontarli, la salute non c’entra. Forse occorreva una carica di energia. C’è stato qualcuno che ha tentato, ma senza esito, di farlo desistere?”. cristiana della vita, all’insegnamento della Chiesa. Cito la Genesi: Dio creò l’uomo a sua immagine, maschio e femmina. I bambini devono crescere con l’amore materno e paterno. Cosa pensa del sacerdozio femminile? La Chiesa ha sempre affermato, con particolare insistenza, che il sacerdozio non può essere conferito alle donne. A giustificazione porta la volontà di Gesù. Non si vede in prospettiva un cambiamento. Le ragioni che vengono portate per comprendere tale volontà divina sono molteplici. Certamente non sono quelle che mettono in questione la dignità della donna. La dottrina della Chiesa sulla pari dignità dell’uomo e della donna è altrettanto ferma e risalente allo stesso Signore. Bergoglio ripeterà la scelta di Ratzinger? Non credo, i due sono molto diversi. Adesso la temibile Curia sembra più disciplinata. Il sacerdote dovrà restare celibe? I giornalisti erano ossessionati dagli scandali in Vaticano, ridotti per entità e numero, diciamo che con Francesco le attenzioni sono rivolte altrove. Non esiste più la lotta di potere? Chi per una vita ha servito la Chiesa può avere legittime ambizioni di carriera, ma tali ambizioni non possono essere sostenute a ogni costo. Quel che va condannato sono i sotterfugi e l’arroganza di chi pensa a se stesso e ignora la propria missione. Dopo il Papa polacco e il Papa tedesco, non era il momento per un italiano? Al Conclave eravamo 115, molti di noi neanche si conoscevano. L’idoneità di un cardinale a essere Papa non dovrebbe riguardare la nazionalità o il continente o l’ambito culturale, bensì la sua capacità di aiutare la Chiesa universale. Il cardinale Angelo Scola era il candidato favorito. Il vecchio adagio dice: entri Papa ed esci cardinale per un motivo elementare. Quale? Il nome che viene pronunciato in anticipo sollecita le riflessioni. Quel cardinale viene esaminato, si scoprono dei limiti, viene scarnificato fino a essere ritirato dalla competizione. Con l’argentino Bergoglio non è andata così. Era una possibilità fra tante. Al quarto o quinto scrutinio, non ricordo bene, è risultato eletto Papa Francesco. Si vede che era una possibilità diffusa. Papa Francesco ha rispettato le attese? chiato, al vetro o lungo. La sera ti rimbocca le coperte e la domenica prima dell’Angelus ti ha già preparato le tagliatelle, ti sveglia dolcemente il lunedì mattina e ti accompagna al lavoro cantando come Julio Iglesias... Che vi devo dire... Io uno così lo vorrei come vicino di casa, come migliore amico, come papà anzi come papa! Velasio De Paolis riceve l’anello di cardinale da Benedetto XVI nel 2010 Ansa PARLA IL CARDINALE VELASIO DE PAOLIS PERCHÉ E COME FU SCELTO BERGOGLIO E NON SCOLA. E JOSEPH RATZINGER? “NON SI SENTIVA PIÙ IN GRADO, LA SALUTE NON C’ENTRA, L’HA SEMPRE SOSTENUTO ” Bergoglio stesso ha più volte affermato che sta attuando il messaggio ricevuto dal Conclave. Il Sinodo non ha seguito Francesco sui progetti di apertura ai divorziati risposati. A che punto siete arrivati? Siamo ancora al tempo degli approfondimenti. Il tema nodale sta nel fatto che i conviventi, sposati civilmente o meno, mentre sono legati con un matrimonio contratto davanti alla Chiesa, non osservano un comandamento di Dio. Perciò non possono ricevere l’eucarestia. Il Papa ha ammesso di non poter giudicare le coppie omosessuali. Vuol dire che il Vaticano le accetterà? Io sono d’accordo con il Papa, non possiamo esprimere un giudizio di condanna. Il giudizio appartiene a Dio. Ma non possiamo omettere le valutazioni di tipo oggettivo per comprendere se sono conformi a una legge morale, a una visione Questa è più che una semplice convenienza, non un dogma. Non è un dogma perché in alcuni casi la Chiesa non lo esige. E non è una semplice convenienza perché risale ai primi tempi della Chiesa, che ne ha sempre ribadito la validità. Il problema è il rapporto tra il sacerdote e i parrocchiani. Il prete è sempre a disposizione giorno e notte, la sua famiglia è quella dei fedeli. Come dovrebbe vivere se avesse una moglie e dei figli? I sacerdoti sono utili perché ci sono i fedeli, non viceversa. Dai divorziati agli omosessuali, perché la Chiesa esclude: non è anacronistico? Il relativismo mette qualsiasi cosa in sospeso, e la Chiesa non può seguire questa strada. Ogni comunità ha le proprie regole danno risalto al senso di appartenenza. Proprio per adempiere a questa sua missione di salvezza eterna, la Chiesa non può non richiamare il fedele inadempiente. E il rapporto tra il Vaticano e la politica è mutato? La Chiesa non deve fare politica, almeno in maniera diretta. Il nostro compito è quello di annunciare il Vangelo e avrà riflessi anche nella politica. Oggi com’è la politica italiana vista da qui, da una finestra che sporge sul colonnato di San Pietro? È frettolosa, è indecifrabile. Parla sovente di riforme senza specificare la direzione. Alla politica mancano i riferimenti etici. Viene data più importanza ai sondaggi che a un’idea di società. NON SOLO ROMA Lontano dal Palazzo e dal pantano italiano di Fabrizio d’Esposito rancesco è un papa che non si offende se lo F chiamano “marxista” anche se poi specifica che lui, ovviamente, non lo è e non lo è mai stato e infine aggiunge: “Conosco tanti marxisti che sono persone perbene”. Nelle banali categorie teopolitiche, papa Bergoglio sarebbe inquadrato come un pontefice progressista. Ma liquidarlo così è troppo superficiale. Del resto, ogni capo della Chiesa ha una personalità complessa. E Francesco non è da meno. È un gesuita, tanto per cominciare, che si è imposto come nome quello del santo che fondò i nemici storici della Compagnia di Gesù, i francescani. E in passato è stato un fiero avversario, dall’altra parte del mondo, della teologia della liberazione. In ogni caso, la sua Chiesa non è quella violentemente anticomunista di Giovanni Paolo II: il pontefice polacco che foraggiò con milioni di dollari Solidarnosc e le dittature militari sudamericane, nel cortile di casa degli americani, come rivelò Roberto Calvi, il banchiere “suicidato” a Londra, in una delle sue ultime lettere minatorie al Vaticano. All’alba degli anni ottanta, tra le mura leonine prese il sopravvento la potente corrente, questa sì di destra pura, dell’Opus Dei, la prelatura fondata da Josemaría Escrivá. Così come, quella di Bergoglio, non è la Chiesa di Ratzinger, il papa teologo che scelse il nome di Benedetto in omaggio al pontefice della Grande Guerra, Benedetto XV. Il pontefice teutonico è stato protagonista di un evento inimmaginabile ai giorni nostri: le dimissioni dal trono di Pietro. Se proprio si vuole trovare un segno politico forte in Francesco è questo: la discontinuità, in senso anti-curiale e anti-italiano, rispetto all’interventismo dell’era ratzingeriana. Un nome per tutti: quello dell’inva- dente Tarcisio Bertone, disastroso segretario di Stato amante dell’opulenta mondanità filoberlusconiana. Una scena per tutte, che risale a una sera estiva del 2010. Il cardinale Bertone si ritrova alla ricca mensa di Bruno Vespa e consorte per mettere a punto il progetto di una nuova Dc. A tavola ci sono: i banchieri Cesare Geronzi e Mario Draghi, Silvio Berlusconi (in quel momento presidente del Consiglio) e il suo fedelissimo Gianni Letta, Pier Ferdinando Casini. Una riunione che mette a nudo l’esaurimento della cosiddetta dottrina Ruini, dal nome del presidente della Cei in carica per più di tre lustri, dal 1991 al 2007. Una dottrina che dopo la fine dell’unità politica dei cattolici, rappresentata dallo Scudocrociato, si è affidata a un trasversalismo totale, testimoniato dai guerrieri teocon e da un robusta militanza ciellina nel centrodestra e dall’elezione di Paola Binetti dell’Opus Dei nel Pd. Ecco, l’elezione dell’argentino Bergoglio al soglio pontificio ha significato la rottura della contiguità con la politica italiana e un cambiamento radicale di prospettiva della Chiesa: dall’ossessione per i valori non negoziabili su vita e matrimonio alla prevalenza della questione sociale. Con questa chiave vanno decifrate alcune dichiarazioni di monsignor Nun- zio Galantino, vescovo della più piccola diocesi calabrese e scelto da Bergoglio come segretario generale della Cei. Dichiarazioni tipo: “Tenendo l’orecchio appoggiato alla storia comune della gente vediamo i limiti di certe agende politiche” oppure “Non è questione se Renzi piaccia a noi o no. Bisognerebbe chiedere alla gente se sta trovando le risposte”. Rispetto a due anni fa è una rivoluzione copernicana, che non distingue più tra partiti amici e no e tenta di stare a una distanza di sicurezza dal Palazzo. Una delle prime immagini di Bergoglio, nella visita lampo a Lampedusa, lo mostra tutto solo, senza ministri intorno per sua esplicita richiesta. L’unica suggestione concreta tra Bergoglio e la politica italiana è il filo gesuitico che lo lega al nuovo capo dello Stato, il palermitano Sergio Mattarella. Nonostante alcune ombre familiari, Mattarella forgiò la sua formazione di democristiano di sinistra nel laboratorio che diede vita alla cosiddetta Primavera di Palermo, esperienza voluta dalla Civiltà Cattolica, rivista della Compagnia, ancor prima che da Leoluca Orlando. E i due sono stati già accostati per il frugale stile di vita. Non a caso la battuta di un ministro di fede ciellina dopo l’elezione di Mattarella è stata questa: “Dopo Bergoglio, ci tocca pure Mattarella”.