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Pubblicato il 25 Settembre 2012
La Bohème di Puccini al M acerata opera Festival 2012 laurea due belle voci
Emergono Meli e la Gamberoni
servizio di Giosetta Guerra
MACERATA - La scenografa Federica Parolini opta per una scenografia minimalista ricca di colore con
un minifondale trapezoidale spennellato, posters, pochi arredi sparsi tra cui una stufa. Con il disegno
luci di Alessandro Verazzi il fondale all’inizio prende la forma di una pineta di soli tronchi, la scena è
scura nel I atto, sì da non distinguere i visi dei bohémiens, poi quando Mimì perde la chiave e Rodolfo
dice “è b uio pesto” la luce è bella chiara. Ottime le luci per atmosfere surreali nel II atto. La costumista
Silvia Aymonino fa indossare a Marcello una mantellina a uncinetto, a Schaunard una tuta rossa, un
cappotto a scacchi b/n e una parrucca riccioluta, a Rodolfo jeans neri, camicia a scacchi e scarpe da
tennis, a Musetta un attillato e vistoso abito in lamè d’argento, veste Parpignol da Babbo Natale.
Tutto in accordo con le idee registiche di Leo Muscato, che racchiude in un ambiente gioioso,
variopinto e tanto bohémien scene d’amore, di vita, di morte e di contestazione.
La cura dei dettagli è certosina: nella soffitta c’è il battuscio come via d’accesso, Marcello dipinge a terra (è tanto povero che
non ha neanche un cavalletto), Rodolfo ha sulle spalle una coperta (visto che non ha il riscaldamento), Musetta firma
autografi come una diva, il quartiere latino ha un aspetto tra il circo con palloncini volanti, berretto da Babbo Natale in testa a
tutti, e la discoteca con un chitarrista rock, la b arrière d’Enfer con la classica cancellata è qui una Fonderie d’Enfer in mano a
scioperanti con cartelli di protesta contrastanti, si vedono bidoni accesi, un furgoncino, poliziotti, spazzini, gente in bicicletta,
coro dietro l’arco. In palcoscenico cambi a vista, molto colore, vivacità e movimento per una Bohème giovane e scintillante
nonostante la miseria.
Qualche incongruenza nel IV atto: Marcello quando dice “Che penna infame” usa la macchina da scrivere, Musetta annuncia
che Mimì malata è per le scale, invece Mimì arriva da una corsia d’ospedale che si apre sul fondale e distesa su una barella
con la flebo viene spinta da due infermieri in palcoscenico (uno scollamento di tempo e d’azione). Bei quadretti coreografici
in scena grazie a Michela Lucenti e all’Ensemble di teatro fisico Balletto Civile. L’opera termina con le figure in controluce.
Al debutto nel ruolo protagonista, Francesco Meli delinea un Rodolfo dinamico e moderno, scenicamente molto credibile;
vocalmente emerge per la freschezza dello smalto, la brillantezza del registro acuto, la bellezza dello squillo, la ricchezza dei
colori, la fluidità del suono, l’abilità tecnica a piegare la voce alle esigenze delle situazioni, dall’attacco maschio con voce
scura di Che gelida manina, alla gentilezza del canto soffuso in Talor nel mio forz iere che si illumina nella speranza,
all’intensità dell’interpretazione specialmente nel IV atto, dove la voce tenorile è nel pieno della bellezza timbrica, della
delicatezza delle sfumature e il suono corre e si espande in arena.
Voce melodiosa con la tinta pucciniana è quella di Carmen Giannattasio nei panni di Mimì . Il soprano esib isce delicate
mezze voci, suono rotondo, acuti lunghi e luminosi, ma gravi vuoti (Sì, mi chiamano Mimì ), ha un bel colore vocale, ma marca
troppo la erre, il canto è per lo più spinto, ma sa anche alleggerire e sono pieni anche i suoni a mezza voce. Melodiosa e
brava interprete, purtroppo all’aperto non arriva tutto, il sottovoce si perde.
Certo, a pensarci bene, Mimì è proprio una ragazza facile, ci sta subito e lo chiama immediatamente amore. O era una
furbetta?
Magnifica la Musetta di Serena Gamberoni, un soprano dalla voce di bellissimo timbro, luminosa, estesa, scintillante, che
sgorga naturalmente con una linea di canto morbida e fluida e una tecnica d’emissione sul fiato, bravissima e bellissima
nelle vesti di una diva in lamè, domina il palcoscenico come un punto luce sia visivo che vocale. Ha una buona voce di
baritono Damiano Salerno (Marcello), sostiene il suono e canta bene.
Voce
autorevole
per Colline, quella
timb rata e morb ida del b asso Andrea
Concetti, ricca di colori negli accenti e
nella modulazione dei suoni; perfetta la
s u a Vecchia zimarra per colore e
gestione della voce. Negli altri ruoli
abbiamo
apprezzato
Andrea
Porta
(Schaunard ),
Alessandro
Pucci
(Parpignol ), Antonio Stragapede (Benoit),
Lucio Mauti (Alcindoro), Roberto Gattei
(Sergente dei doganieri ), Gianni Paci
(doganiere), Giovanni Di Deo (Venditore).
Sempre
presente
con
discrezione,
sommessa anche nelle pagine più
scoperte l’Orchestra Regionale
delle
Marche, ben diretta
Paolo Arrivabeni.
Hanno contribuito anche scenicamente il
bravo Coro Vincenzo Bellini preparato da
David Crescenzi, il Coro di voci bianche
Pueri Cantores Zamberletti (che si
saranno anche divertiti) e la Banda
Salvadei Città di Macerata.
Crediti fotografici: Foto Tabocchini
Nella miniatura in alto: Serena Gamberoni ottima Musetta
Al centro: i bohèmiens nel Quartiere latino
In basso: Damiano Salerno, Carmen Giannattasio e Francesco Meli