Prime pagine - Codice Edizioni
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Indice Introduzione 6 7 9 10 La percezione è decisione Le teorie formaliste La decisione è simulazione dell’azione Ringraziamenti 13 Parte I. La decisione è razionale o irrazionale? 15 16 17 19 22 23 26 27 29 33 36 38 Capitolo I Il cervello della scommessa e della logica L’utilità e le teorie normative, descrittive e prescrittive Il decisore ideale: le teorie normative “Errare humanum est. Perseverare diabolicum!” La Prospect Theory L’uomo economico e la “cassetta degli attrezzi” cognitiva Algebra cognitiva Modelli mentali: la pericolosa efficacia dei grafici La geometria del pensiero: una guida al divorzio? La compatibilità, o come accendere un fornello in cucina Storia di un fallimento Difficoltà nell’unificazione delle teorie Capitolo 41 42 46 51 II Emozione e decisione L’espressione delle emozioni secondo Darwin Il volto della decisione: sopracciglia aggrottate, bocca serrata Il radicamento somatico delle emozioni: la teoria di James-Lange IndiceIndice VIVIVI 52 57 58 58 60 60 65 67 72 78 La nozione di sistema limbico Amigdala e paura condizionata Le teorie psicologiche delle emozioni L’emozione e il movimento Tipologie delle emozioni e tipologia delle decisioni Le teorie ispirate dalla fenomenologia Le teorie cognitive e le teorie della valutazione Viene prima la cognizione o l’emozione? Decisione e indecisione? Decisione e punto di vista Capitolo 83 84 86 88 93 95 97 100 101 102 105 III Patologia della decisione Riconoscere un volto o un oggetto Mio padre è un impostore! La deliberazione: funzione corticale o subcorticale? I disturbi ossessivi La perseverazione Disturbi della decisione e lesioni della corteccia frontale ventromediana Memoria di lavoro e presa di decisione: meccanismi diversi Dal concetto di marcatore a quello di emulazione Disturbi della decisione e sindrome della demenza frontotemporale (DFT) Dopamina e decisione motoria 107 Parte II. Decidere insieme al mio doppio 109 111 115 118 126 129 130 Capitolo IV Fuggire e catturare La cellula di Mauthner o la decisione di fuggire Fuggire o catturare, questo è il problema I misteri del collicolo La decisione è selezione Ancora e sempre l’inibizione La neuromodulazione e la riconfigurazione di reti 133 133 Capitolo V Equilibrio e moto La caduta della persona anziana: un problema cognitivo di decisione Indice 135 137 139 142 144 147 150 VII Una gerarchia di livelli a incastro Primo modello interno nel midollo spinale Un cancello che seleziona i dati dei sensi Secondo modello interno: il cervelletto Terzo e quarto livello: il controllo dei gangli della base e della corteccia Decisione posturale e malattia di Parkinson La decisione gerarchizzata Capitolo 176 178 VI Deliberare con il corpo: io e il mio doppio Il doppio e l’eautoscopia: “to be me or not to be me!” L’ipotesi del corpo virtuale L’oggetto è all’estremità dello sguardo L’arto fantasma I disordini della conoscenza del corpo: come si decide che un arto ci appartiene? La coscienza dello spazio personale Il doppio e la decisione 185 Parte III. Decisione, percezione e preferenza 187 189 190 192 196 208 Capitolo VII La percezione visiva è decisione: fisiologia del dubbio La frammentazione del mondo visivo Campi recettivi: una finestra sul mondo “Magno” e “parvo”, due vie per l’analisi del mondo visivo La percezione visiva è una scommessa? La cecità al cambiamento: vedere o non vedere? 151 152 159 160 163 171 211 215 218 223 229 Capitolo VIII Decisione e riconoscimento delle forme: ambiguità e rivalità La teoria dei geoni La decisione percettiva La rivalità binoculare; il gatto del Cheshire Il riconoscimento rapido delle forme naturali. La categorizzazione Indice VIII 235 237 244 248 Capitolo IX Conflitti sensoriali: la percezione del movimento La via corticale del movimento visivo Rispondere o non rispondere: i neuroni della scelta Ansia spaziale e decisione: la paura di cadere Capitolo 251 252 253 254 256 258 259 259 262 263 X Fontane Acqua Geometria Zampillio Rimbalzo e immersione Scorrimento La vasca della serenità Al crocevia delle strade Esprit de finesse Convinzione 265 Parte IV. Il pensiero magico 301 305 307 Capitolo XI Fisiologia della preferenza Fisiologia della paura La corteccia orbitofrontale: flessibilità e contestualizzazione L’intenzione di agire: l’intersezione dell’accumbens Un supervisore: la corteccia del giro del cingolo anteriore La corteccia del giro del cingolo anteriore e l’individuazione dell’errore Esecuzione e selezione dell’azione: i gangli della base Dopamina e gratificazione Un tentativo di modellizzare il ruolo della dopamina nei processi decisionali La parabola della decisione familiare Fisiologia dell’esitazione L’emozione sta alla decisione come la postura sta al gesto 309 309 “Penso dunque inibisco” Il bacio sospeso 267 268 273 283 288 294 295 297 299 Capitolo XII Indice 311 313 316 317 320 323 325 326 IX La triade “fuggire, lottare, restare immobili” Individuare la novità: una distrazione? I tic e il sussulto Il ruolo della corteccia prefrontale: le scimmie giocano a carte Penso, dunque inibisco. Decisione e competizione La competizione tra giudizio numerico e valutazione dello spazio Come sconfiggere un rivale in amore Inibizione e ragionamento logico 353 354 356 361 366 369 Capitolo XIII Il cervello che emula e genera strategie: il pensiero a briglia sciolta Il pensiero a briglia sciolta Strategie cognitive per ricordare le strade Memoria dei tragitti ed elaborazione dei conflitti: ponderazione o decisione? Lo spazio e la decisione Decisione e cambiamento di punto di vista: il calcio di rigore Il gioco notturno: la teoria dei percorsi mentali Strada e panoramica: due strategie per immaginare il percorso per arrivare alla posta Basi neurali del ragionamento decisionale: deduzione e induzione Ragionamento deduttivo e ragionamento probabilistico La ruota della fortuna Il viaggio in Egitto La confabulazione, un deficit del rapporto con la realtà? Il pensiero magico Epilogo 377 381 Riferimenti iconografici Indice analitico 333 333 335 337 340 342 345 347 350 Capitolo I Il cervello della scommessa e della logica Se si sa esattamente quello che si farà, allora perché farlo? P. PICASSO Il cervello umano è un calcolatore che per prendere decisioni utilizza la teoria delle probabilità, o quanto meno processi analoghi?1 Già Pascal e Fermat si intrattenevano, per corrispondenza, sull’equità nei giochi. È noto l’interesse del primo per le scommesse. Consiglia di scommettere che Dio esiste, perché così facendo si ha tutto da guadagnare – la vita eterna – e niente da perdere – visto che, se Dio non esiste, c’è il nulla. Ma la concezione moderna della probabilità si deve a Jakob Bernoulli, nella sua Ars conjectandi pubblicata nel 1713, come teoria generale della decisione razionale in condizioni di incertezza. Nell’opera getta le basi dell’interpretazione classica della probabilità come “motivo di credere”, cioè uno stato dello spirito umano piuttosto che uno stato del mondo2. La parola chiave che farà fortuna e che rimane alla base di alcune teorie moderne è “utilità”. Cramer scriveva nel 1728: «Il matematico apprezza il denaro in rapporto alla sua quantità, le persone comuni in funzione dell’utilità che ha per ognuno». Non è importante il valore assoluto del denaro ma l’uso che se ne può fare. Il nipote di Jakob, Daniel Bernoulli, riprese quest’idea nel 1738 e le diede una formulazione matematica3. 1 L. Krüger, L.J. Daston, M. Heidelberger, The Probabilistic Revolution, vol. 1: Ideas and History, The MIT Press, Cambridge, Mass. 1990. Si può consultare anche un’opera recente di introduzione alle teorie della decisione:T. Connolly, H.R.Arkes, K.R. Hammond (a cura di), Judgement and Decision Making: An Interdisciplinary Reader, Cambridge University Press, Cambridge 20002. 2 Si veda anche I. Hacking, L’emergenza della probabilità, tr. it., Il Saggiatore, Milano 1987. 3 Bisogna citare anche i contributi essenziali di Emile Borel,Bruno De Finetti,John Maynard Keynes e Frank P. Ramsey per quanto riguarda i fondamenti moderni della probabilità soggettiva. Savage ha passato alcuni anni a Roma per studiare con De Finetti.Si è sempre considerato suo allievo. 16 Parte I. La decisione è razionale o irrazionale? Questo punto di vista sui fondamenti della decisione ci porta dunque a una teoria della convinzione e del valore. Le persone prenderebbero effettivamente le proprie decisioni in funzione delle convinzioni che hanno sul valore.Vediamo sinteticamente di che cosa si tratta. L’utilità e le teorie normative, descrittive e prescrittive L’idea di utilità fu tenace, visto che duecento anni più tardi, nel 1994, Von Neumann e Morgenstern la ripresero in un libro che ha fatto epoca, Theory of Games and Economic Behaviour, e la definirono una «funzione di utilità» che starebbe alla base delle scommesse4. La scelta dell’homo œconomicus ottimizzerebbe l’«utilità attesa» della sua realizzazione. In altre parole, l’individuo valuterebbe, prevederebbe, scommetterebbe sulle possibili conseguenze delle sue scelte e ottimizzerebbe il risultato previsto. Si ritrova qui uno schema vicino a quello proposto da R.A. Schmidt5, di cui abbiamo discusso in Le Sens du mouvement, schema che insiste sull’importanza della previsione delle conseguenze dell’azione come controllo dell’azione stessa e della scelta di strategie. Nel 1954, Leonard Savage estendeva l’approccio di Von Neumann e Morgenstern (basato strettamente sulla frequenza) in direzione di un’interpretazione soggettivista della probabilità. Proponeva, in Les Fondements de la statistique, di utilizzare le scelte di un soggetto per inferirne due funzioni: una «funzione di probabilità soggettiva» e una «funzione di utilità». Introduceva una dimensione nuova, più psicologica, che definiva «probabilità personale». Influenzato da De Finetti e Ramsey, che avevano interpretato la probabilità come grado di convinzione, ha ricercato assiomi basati direttamene 4 J. von Neumann, O. Morgenstern, Theory of Games ad Economic Behaviour, Princeton University Press, Princeton 1944.Von Neumann, in un articolo del 1928, nel frattempo dimenticato, aveva già gettato le basi della teoria dell’utilità: J. von Neumann, Zur Theorie der Gesellschaftsspiele, “Mathematische Annalen”, 100, 1928, pp. 295-320. A pagina 1 del suo trattato con Morgenstern, ci tiene a precisare che la teoria aveva già quasi vent’anni. L’idea centrale è che se, e solamente se, le scelte (le preferenze) di un soggetto obbediscono a un insieme di sei assiomi, allora una tale funzione esiste, definita a meno di una trasformazione lineare. Poi, numerosi lavori hanno cercato di “allentare” a turno alcuni di questi assiomi (ad esempio la transitività) e di mostrare che una funzione di utilità esiste ancora, ma che le sue proprietà sono meno regolari. 5 R.A. Schmidt, A schema theory of discrete motor skill learning, in “Psychological Review”, 82, 1975, pp. 225-260. Il cervello della scommessa e della logica 17 sulla razionalità delle azioni piuttosto che sulle loro conseguenze. Introduceva anche un «principio della cosa sicura» («sure thing principle») secondo cui, se preferiamo una cosa X a una cosaY, qualunque sia lo stato del mondo, dobbiamo preferire X a Y anche se sappiamo esattamente qual è lo stato del mondo6. Queste teorie hanno influenzato profondamente gli psicologi, che negli anni Cinquanta vi si sono ispirati per elaborare le teorie della decisione legata al campo dell’assunzione del rischio, della decisione medica (per correggere gli errori dei medici fondati su giudizi intuitivi) e così via. Oggi si possono distinguere tre componenti principali che si compenetrano nelle teorie moderne7.Alcuni mirano a costruire una teoria normativa dei processi di ottimizzazione delle nostre decisioni, che determina il modo di procedere; altri, una teoria descrittiva dei processi reali grazie ai quali prendiamo le nostre decisioni; infine, esiste una terza teoria, prescrittiva, che elabora modelli utilizzabili per migliorare la pertinenza delle nostre scelte. Il decisore ideale: le teorie normative L’ipotesi fondamentale delle correnti normative consiste nel supporre che esista un decisore idealmente razionale il cui comportamento risponde ad assiomi formulati in modo molto chiaro. Per contrasto, le teorie descrittive cercano di stabilire regolarità nei comportamenti reali dei decisori. In questo caso, la teoria emerge dall’osservazione e non da un’assiomatica, da principi enunciati a priori. Riassumere tali teorie non rientra nelle nostre finalità. Sono state oggetto di numerose variazioni.Alcuni autori hanno insistito sul fatto che decidere è scommettere, e che la scommessa può essere oggetto di studi empirici.Ward Edwards (1954) introdusse gli psicologi all’opera dei pio6 Non è mia intenzione descrivere tutti gli elementi di queste teorie. Per esempio, il meccanismo del «pari équitable» è il meccanismo fondamentale della teoria. Una idealizzazione paragonabile a quella della macchina di Carnot per la termodinamica.Vi gioca un ruolo normativo essenziale, ma la sua legittimità cognitiva è contestabile. 7 R. Hastie, N. Pennington, Cognitive approaches to judgment and decision making, in J. Busemeyer, R. Hastie, D. Medin, Decision Making from a Cognitive Perspective,Academic Press, London 1995, pp. 1-31. 18 Parte I. La decisione è razionale o irrazionale? nieri della teoria delle probabilità e della teoria della decisione8. Queste ricerche mostrano presto che tutti gli assiomi della teoria della probabilità e tutti gli assiomi della teoria dell’utilità (per non parlare delle loro possibili combinazioni) sono contraddetti dalla maggior parte dei soggetti reali in situazioni sperimentali controllate, che riproducono però le scelte della vita quotidiana. La vita è una scommessa: quasi tutte le decisioni si fondano su un certo numero di dati sensoriali, di avvenimenti, di fatti, di documenti che non sono sufficienti per prendere una decisione. Non prendiamo le decisioni, siano esse motorie o intellettuali, al termine di un’analisi esclusivamente razionale della situazione. Quando ci si sposa, quando si sceglie un mestiere o un luogo di residenza, è necessario fare una scommessa. E siccome la decisione è un processo fondamentale della vita psicologica, si può elaborare una scienza sperimentale e studiarla in laboratorio mettendo i soggetti in situazioni di gioco, come faranno Damasio e i neuropsicologi. Fu però necessario attendere il 1973 perché due ricercatori, Daniel Kahneman e Amos Tversky (allievo di Edwards) pubblicassero il primo articolo paradigmatico in questo ambito. Prima nel 1979 e poi nel 1993, svilupparono una teoria cognitiva completa (la Prospect Theory e poi la Cumulative Prospect Theory). Questa teoria non si contrappone alle teorie normative, ma spiega come e perché i decisori reali seguano leggi diverse. Il valore delle teorie normative viene messo in evidenza al fine di comprendere, per contrasto, questi fenomeni. Sostengono, ad esempio, che se le persone devono fare previsioni ed elaborare un giudizio, prevedono il risultato che pare loro più rappresentativo dell’insieme dei fatti a disposizione9. Farebbero così previsioni che non dipendono dal valore dei fatti o dalla probabilità che può essere inferita dalle conseguenze passate. Le persone considerano solo il grado di rappresentatività dell’insieme degli indici di cui dispongono, il che spiegherebbe un grande numero di errori di valutazione. 8 Non fu, beninteso, il primo. Suppes e Davidson e molti altri (Friederick Mosteller e Philip Nodee nel 1951, ad esempio) avevano adottato il metodo della scelta sperimentale tra diverse scommesse per sondare le effettive preferenze dei soggetti. Preston e Baratta, nel 1947, avevano già tracciato una curva delle probabilità decisionali. 9 D. Kahneman, A.Tversky, On the psychology of prediction, in “Psychological Review”, 80, 4, 1973, pp. 237-251. Si veda anche D. Kahneman,A.Tversky (a cura di), Choises,Values and Frames, Cambridge University Press, Cambridge 2000. Il cervello della scommessa e della logica 19 “Errare humanum est. Perseverare diabolicum!” Errare è umano. Perseverare è diabolico. In effetti sembra proprio che l’essere umano faccia molti errori di valutazione10. Una causa frequente è la pressione sociale. Questa è spesso all’origine di decisioni perfettamente razionali.Tuttavia, la tendenza a essere d’accordo con gli altri appare come una ragione forte degli errori collettivi. Induce spesso i gruppi a prendere posizioni più radicali rispetto a quelle di ciascuno dei membri che li compongono. Questo effetto amplificante è pericoloso, soprattutto se è potenziato da un meccanismo di rilancio. Dopo una vacanza estiva, alcuni bambini sono stati divisi in due gruppi per partecipare a una gara. Due amici, separati nei due gruppi, alla fine della gara erano diventati nemici. Il loro giudizio era stato modificato dalla gara. Un’altra causa è il dominio gerarchico. In Inghilterra, un aereo si era schiantato in seguito all’esplosione di un motore. Il pilota aveva commesso un errore fatale: aveva spento il motore che funzionava, causando la caduta dell’apparecchio su un’autostrada. Ora, l’hostess sapeva che il motore in panne era l’altro, ma non aveva osato dirlo al pilota per rispetto della gerarchia. Gli esempi di questo genere sono così numerosi che l’esercito francese ha da poco modificato i propri regolamenti al fine di autorizzare i soldati a non obbedire qualora ritengano che il loro comandante dia un ordine contrario alla morale o non corrispondente ai criteri appresi. Questa modifica della regola per cui il soldato, secondo il manuale di istruzioni, doveva obbedire “senza discussioni né mormorii” rappresenta una vera e propria rivoluzione! L’emozione, che, come è noto, guida la decisione, può quindi costituire un classico motivo di errore. Porta infatti a focalizzarsi su so10 R.Amalberti, Evolution des concepts sur l’erreur humain, in “Médecine Aéronautique et Spatiale”, 34, 136, 1995, pp. 227-233; S. Sutherland, Irrationality:The Ennemy Within, Constable, London 1992; M. Piattelli Palmarini, L’illusione di sapere, Mondadori, Milano 1993; R.E. Nisbett, L. Ross, Human Inference: Strategies and Shortcomings of Social Judgment Prentice-Hall, Englewood Cliffs 1980; C. Morel, Les Décisions absurdes. Sociologie des erreur radicales et persistentes, Gallimard, Paris 2002; C. Kerdellant, Le Prix de l’incompétence: histoire des grandes erreurs de management, Denoël, Paris 2000; D.Vaughan, The Challenger Launch Decision, Chicago University Press, Chicago 1997. 20 Parte I. La decisione è razionale o irrazionale? luzioni immediate e a trascurare altre soluzioni possibili. Ad esempio, se abbiamo smarrito il portafoglio, ci capita spesso di cercare freneticamente attorno a noi senza considerare l’insieme dei luoghi dove potremmo averlo perso. Dopo esserci liberati con uno sforzo dall’emozione, possiamo considerare la sequenza delle azioni compiute e trovare l’oggetto perduto. Il desiderio di avere ragione è uno dei motivi di errore più frequente. Siamo convinti che l’automobile che abbiamo acquistato sia la migliore, pur avendo esitato a lungo prima della scelta finale. Ci risulta difficile anche accantonare un’ipotesi che abbiamo formulato. Per illustrare questa resistenza, facciamo l’esperimento seguente: data una serie di tre cifre, provate a trovare la regola che presiede alla loro formazione! Ecco la prima serie: “2, 4, 6”. Scegliete ora voi alcune serie di cifre per verificare la vostra ipotesi sulla regola. L’esperienza dimostra che sceglierete preferibilmente serie del tipo “22, 24, 26”, ovvero cifre pari e intervallate sommando a ognuna un 2, che sembrano obbedire alla regola più evidente nella prima serie piuttosto che sperimentarne altre. Questa regola, essendo la più evidente, può nascondere ogni altra regola, come ad esempio “qualsiasi serie di cifre crescenti” che produrrebbe più “diversi” infiniti della precedente. Questa persistenza di false convinzioni è una caratteristica di cui sarà necessario trovare i meccanismi biologici. La facilità di accesso a conoscenze immagazzinate nella memoria è un altro fattore importante negli errori di valutazione. Le persone pensano che ci siano più parole che iniziano con una determinata lettera che parole con la stessa lettera in terza posizione, perché le parole sono organizzate nella memoria secondo la lettera iniziale11. Gli errori di valutazione possono essere legati al modo in cui viene rappresentato un problema, oppure, il punto di vista da cui è posto un problema può modificare, o addirittura capovolgere, le 11 I dati riguardanti l’inglese portano a parole che iniziano con la lettera “r” e le parole che hanno la lettera “r” in terz’ultima posizione. Il rapporto reale è di 3 a 1, ma tutti si sbagliano e invertono il rapporto. Più sconvolgente ancora è la valutazione sulle parole che finiscono per “ing”, e le parole che hanno la lettera “i” in terzultima posizione. In francese funziona con “nd” e “n” in penultima. Si veda M. Piattelli Palmarini, op. cit. Il cervello della scommessa e della logica 21 preferenze12. «Un problema decisionale è definito attraverso gli atti [il corsivo è mio] o le opzioni tra cui bisogna scegliere, i risultati o le conseguenze di questi atti, le contingenze o le probabilità condizionali associate alla loro scelta. L’espressione “quadro della decisione” designa la concezione che ha il decisore dei propri atti, dei risultati e delle contingenze associate alle sue scelte […]. I quadri alternativi per una decisione possono essere paragonati a prospettive diverse di una scena visiva»13. Notiamo l’analogia con la percezione dello spazio. Il punto è che il «quadro» della decisione può, cambiando, capovolgere la decisione stessa, mentre, secondo Tversky e Kahneman, un cambiamento di punto di vista su due montagne non dovrebbe cambiare la loro altezza relativa, se la percezione che se ne ha è vera: in questo modo i due autori mettono in evidenza come una decisione dipenda non soltanto dal contenuto, ma anche dal contesto. L’ignoranza dei fatti oggettivi a beneficio delle opinioni, anche se dubbie, è un’altra rischiosa causa di errori. In particolare, disponiamo di un repertorio di strategie cognitive nell’ambito del quale rischiamo di commettere gravi errori. Ad esempio, in una città l’85% dei taxi è blu e il 15% è verde14.Avviene un incidente e un testimone si ricorda che era coinvolto un taxi verde. Il calcolo statistico mostra che in realtà c’è più di una possibilità che il taxi coinvolto fosse blu. Nonostante questi dati, i soggetti rispondono a torto che il taxi era sicuramente verde. Sono influenzati dal testimone, anche se la sua testimonianza non vale granché. In generale, l’uso delle statistiche potrebbe facilmente evitare gli errori di valutazione, ma la mente umana non è propensa a fidarsi di esse; preferisce cimentarsi in valutazioni personali. Cercheremo, in questo libro, di individuare le basi biologiche di questa preferenza, tracciando una fisiologia della preferenza e analizzando, nello stesso tempo, le basi naturali delle strategie cognitive. 12 A.Tversky, D. Kahneman, The framing of decision and the psychology of choice, in “Science”, 211, 1981, pp. 453-458. D. Kahneman,A.Tversky (a cura di), op. cit. 13 A.Tversky, D. Kahneman, op. cit., p. 453. 14 Il caso è discusso in M. Piattelli Palmarini, op. cit.