Cos`è una buona scuola professionale?

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Cos`è una buona scuola professionale?
Formazione professionale svizzera
Editoriale elairotidE
Cos’è una buona scuola professionale?
Al di là della prigione semantica, questa questione apparentemente semplice è imbarazzante, perché cela
l’incredibile complessità della risposta nella quale il buon senso non ha alcuna presa. Per avanzare un po’,
possiamo sostituire i termini «buona scuola», con «efficace scuola». Anche l’efficacia, però, è una nozione
polisemica con senso e misura dal carattere aleatorio, varianti al variare dell’evoluzione socioeconomica
delle nostre società postindustriali.
La formazione professionale svizzera ha seguito
con uno scarto più o meno grande questa
evoluzione generale. La rivoluzione industriale
del XIX secolo provocò in Svizzera numerosi
cambiamenti strutturali e vide apparire i primi
centri d’apprendistato nell’artigianato e nell’industria, e le prime scuole di commercio nell’insieme delle principali città elvetiche. Successivamente, all’inizio del XX secolo, le scuole com-
plementari artigianali o commerciali dispensarono le loro conoscenze teoriche la sera o la
domenica mattina. E sarà solo nel 1930 che la
Svizzera adotterà la prima legge federale sulla
formazione professionale. Questa legge era innanzitutto economica e di tipo corporativistico,
con lo scopo di proteggere gli interessi delle associazioni professionali. In particolare, la legge
rendeva obbligatorio l’insegnamento professionale e disponeva che i corsi avessero luogo
durante la settimana lavorativa.
Christian Léchenne
Docente professionale
Traduzione:
Vittorio Dell’Era
E
A partire dagli anni cinquanta, il decollo economico della Svizzera va inducendo nuovi bisogni
di manodopera qualificata e la legge del 1930
verrà revisionata nel 1965 per permettere ad
esempio l’avanzamento dell’età di apprendistato – a partire dai 14 anni – e questo contrariamente agli altri paesi europei che avevano
già tendenza a ritardare l’ingresso in tirocinio
per assicurare una migliore formazione generale. In seguito, considerato il notevole sviluppo
dei settori secondario e terziario (più di 120'000
apprendisti nel 1970), si adotterà la nuova
legge federale sulla formazione professionale,
del 1978. Questa legge essenzialmente tecno-
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L
a scuola tradizionale murata nelle sue rispettabili mura si focalizzava infatti su di
un’autorità assoluta e su certi saperi relativamente limitati per ottenere ad esempio una
licenza elementare. Con lo sviluppo economico
e sociale, e con la trasformazione generale dei
paesi industriali, l’accrescimento delle conoscenze e delle qualificazioni è divenuto un’evidenza. Da qui l’orientamento generale dei sistemi educativi moderni verso una massimizzazione delle conoscenze per l’insieme dei giovani attraverso un aumento molto rilevante
della percentuale dei titolari di un diploma di
maturità nell’insieme dell’Europa – la Svizzera
resta un’eccezione – e questo nel quadro della
democratizzazione generale degli studi.
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cratica ha introdotto i corsi d’introduzione obbligatoria nelle formazioni artigianali, la creazione dell’Istituto svizzero di pedagogia per la
formazione professionale, la formazione elementare e l’incoraggiamento alla ricerca nel
settore della formazione professionale.
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Questo lungo preambolo ci sembrava importante per dimostrare che il funzionamento
della formazione professionale svizzera non è
cambiato molto nello spazio di 70 anni. In effetti le associazioni professionali e gli ambienti
economici sono sempre stati gli attori principali
della formazione professionale svizzera, mentre lo Stato è rimasto discretamente in secondo
piano. Di conseguenza, la Svizzera è uno dei
rari Stati al mondo in cui sono le aziende che finanziano l’essenziale della formazione professionale dei giovani. Il rovescio della medaglia è
che le aziende, naturalmente invischiate in una
severa competizione economica, privilegiano
un pensiero utilitario, un’ideologia utilitaria
che scarta tutto ciò che non entra in questo
stesso quadro. Ormai le scuole professionali artigianali o commerciali perseguono la stessa logica utilitaristica che lascia poco spazio ad altri
approcci alle conoscenze e alla cultura. E il recente avvento delle procedure qualità nelle nostre scuole professionali procede dalla stessa filosofia manageriale. Da notare che la nuova
legge sulla formazione professionale, che dovrebbe entrare in vigore a partire dal 2004, si
articola attorno alle stesse visioni economiche,
sociali e politiche.
Di conseguenza una scuola professionale efficace deve dunque funzionare in simbiosi con le
aziende di formazione, il che determina grandemente l’orientamento e il funzionamento
dei nostri centri professionali. La riuscita e l’efficacia di una scuola professionale possono venir misurate in diverse maniere: la misura della
qualità delle prestazioni offerte, i risultati degli
esami di fine tirocinio, le competenze teoriche
o pratiche acquisite e trasferibili nel quadro dell’azienda, la futura carriera dei nostri apprendisti, tra l’altro. Se accettiamo questo quadro di
riferimento professionale e pragmatico, una
scuola professionale performante può essere la
risultante dei seguenti principali fattori:
– Un direttore eccellente gestore e pedagogista
– Un’équipe pedagogica unita ed entusiasta,
formata da insegnanti molto qualificati
– Una cultura di scuola fondata su un progetto
di istituto
– Mezzi finanziari sufficienti
– Un’architettura scolastica adeguata
– Relazioni ottimali con le aziende regionali
Formazione professionale svizzera
Tutto va dunque per il meglio nelle nostre
scuole professionali, con grande soddisfazione
di tutti gli attori interessati: apprendisti, insegnanti, genitori, maestri di tirocinio. Ora, senza
assolutamente voler fare i guastafeste, osiamo
credere che questa visione della scuola professionale ideale presenti certe lacune. Il pensiero
utilitaristico è fondato in effetti sulla logica economica del mercato, articolata attorno alla
competizione, alla performance, a una formazione al servizio della tecnologia e della
naturalizzazione di certe disuguaglianze. Ora,
nell’ottica generale di una società della conoscenza, la formazione generale non può più
limitarsi ai saperi e alle competenze utili.
L’apprendista rappresenta più che una forza
lavoro, e la costruzione della sua identità personale necessita la padronanza di un’estesa
cultura comune, perché c’è una vita al di fuori
del lavoro.
Una cultura generale o una cultura comune integrata è il fermento della persona umana. Per
esistere in una società mutante e multiculturale, le conoscenze non rappresentano più un
lusso per intellettuali chiusi nelle loro cittadelle
del sapere, ma sono la chiave di volta di tutto
l’edificio individuale e sociale.
Di conseguenza, gli obiettivi di una scuola professionale efficiente sono duplici:
– Permettere agli apprendisti di acquisire le
competenze teoriche e pratiche necessarie
all’esercizio della loro professione
– Dare a ogni apprendista i mezzi culturali per
un’apertura a sé e agli altri
Questo vasto programma rappresenta certamente il credo di numerosi insegnanti professionali. Malgrado i dubbi e la stanchezza di certi
giorni, osiamo credere che la grandezza del
loro mestiere – il fuoco pedagogico – si situi in
questa presenza attenta ed entusiasta accanto
ai giovani in formazione.
Insomma, la scuola professionale – organizzazione apprendente – deve essere determinata
prioritariamente da una finalità pensata sul
lungo termine e fondata su una visione etica e
umanistica della persona umana.